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Io non esisto

Io non esisto di Cristiana Carminati edito da Edizioni E/O prima edizione 2014.

Non è mia consuetudine recensire un libro appena termino di leggerlo; solitamente preferisco far decantare le sensazioni in modo che il giudizio sia più possibile scevro da qualsiasi influenza, ma in questo caso devo fare una eccezione.

Anticipo che ho trovato questo romanzo giallo molto intrigante e ben scritto e ringrazio chi ha avuto il buon cuore di segnalarmelo.

Trattandosi di un thriller la sinossi sarà il più possibile vaga per non “spoilerare” troppo a chi si vorrà cimentare nella lettura.

Nella Roma contemporanea una giovane ragazza di buona famiglia si appresta a uscire con il fidanzato. Durante la cena i due hanno un litigio per futili motivi e, cercando di rafforzare il suo potere sul giovane, la ragazza decide di uscire dal ristorante affinché il ragazzo si preoccupi e sia costretto ad inseguirla.

Fuori dalla soglia, la mano del destino stravolge la sua vita facendole accettare un passaggio da una persona sconosciuta della quale però la ragazza prova immediata fiducia.

La madre della vittima riceve, qualche giorno dopo il rapimento, una telefonata in cui le si intima di non sporgere denuncia ma di affidare l’indagine all’investigatore privato Andrea Hoffmann.

Nel corso del romanzo si scoprirà che anche l’investigatore Hoffmann è collegato a tutta la storia e che, per poter avanzare nella risoluzione dell’enigma, sarà costretto ad analizzare una parte della propria vita che aveva sempre evitato di conoscere.

Seguiremo Andrea nelle strade di Roma alla ricerca di quel “filo rosso” che lo porterà a conoscere meglio se stesso, la sua storia ma anche la realtà di una mente malata che organizza il rapimento per vendicarsi di una situazione di cui nessuno ha colpa.

Come già anticipato è un giallo molto ben scritto, affascinante in alcuni tratti. Troverete difficile chiudere il libro e tornare serenamente alla vostra vita perché sulla pelle vi resterà un brivido di tensione.

L’autrice è bravissima nel tenere alta la suspance per tutta la durata del romanzo, e a tenere il lettore agganciato alla storia. Ho trovato molto interessante il fatto di lasciare al rapitore il compito di eliminare i vari personaggi che potrebbero essere sospettati, fino ad arrivare ad avere un numero molto esiguo di sospetti.

Come tutti i gialli alla fine il bene trionferà sul male ma proprio l’ultimo capitolo insinuerà il dubbio che la storia ancora non sia giunta a conclusione.

I personaggi e le ambientazioni sono ben descritte ed è facile per il lettore immaginare lo svolgimento dell’azione.

Se proprio voglio trovare una nota negativa devo segnalare che la struttura del romanzo con capitoli brevi e continui salti temporali non mi affascina particolarmente, ma questa è una questione di gusto personale che non deve inficiare la bontà di questo romanzo.

Visto l’avvicinarsi delle festività natalizie, questo libro può essere una strenna molto interessante da donare a chi si diletta nella lettura del romanzo giallo.

Libro molto consigliato.

Ritratto di signora

Ritratto di signora di Henry James edito da E-Newton, prima edizione 1881.

Considerato un caposaldo della letteratura io l’ho trovato di una noia mortale. Sono arrivato in fondo solo per la mia grande forza di volontà e per poterne poi parlare male.

Isabel Archer è una giovane e bella ragazza che vive nella cittadina di Albany negli Stati Uniti. Una zia inglese ricca e stravagante la invita ad accompagnarla in un viaggio in Europa. La prima tappa del viaggio è ovviamente l’Inghilterra nella casa del signor Touchett, marito della zia, e il figlio della coppia Ralph. Sia il signor Touchett che Ralph sono entrambi ammalati e nel corso del romanzo troveranno la morte.

Ralph perde immediatamente la testa per la bella Isabel ma, cosciente della gravità della propria malattia, non esterna i suoi sentimenti.

Anche un amico di Ralph, Lord Warburton, si innamora di Isabel e le chiede di sposarlo, ma la ragazza fiera della libertà appena assaporata, decide di declinare la richiesta anche perché è desiderosa di fare il viaggio in Europa promesso dalla zia.

Lo zio Touchett muore e, dietro insistenza di Ralph, lascia a Isabel un’eredità consistente. Alla notizia della ricchezza ereditata Isabel ne è inizialmente contenta ma, alla lunga, capirà che proprio quel denaro le renderà la vita un inferno.

Isabel conosce Madame Merle, una ricca avventuriera, che le presenta il giovane Gilbert Osmond del quale Isabel si innamora perdutamente nonostante quest’ultimo sia senza sentimenti e anche molto egoista.

Sia la zia che il buon Ralph cercano di far capire ad Isabel che Gilbert non è l’uomo giusto per lei ma, la ragazza decide di sposarlo e di andare a vivere con lui a Roma.

La vita della ragazza scivola sempre più nella noia e Isabel inizia a comprendere che Gilbert non le da quello che lei desiderava. E’ un uomo chiuso su se stesso e senza alcuna attenzione nei confronti della giovane moglie e soltanto quando Isabel si recherà a Londra, a trovare il cugino Ralph morente riuscirà ad ammettere di aver sbagliato a sposarlo.

Quasi a sorpresa rientra nella vita di Isabel, Caspar Goodwood, il ragazzo che spasimava per lei quando ancora viveva negli Stati Uniti; questi capisce l’infelicità della donna e cerca di convincerla a chiedere la separazione dal marito; Isabel, pur rendendosi conto che Caspar le darebbe quella serenità e quel calore familiare che il marito non è mai riuscito a darle, decide nuovamente di essere fedele al giuramento matrimoniale e torna a Roma dal marito.

Libro noioso, verboso, scritto con un linguaggio ottocentesco, descrive ogni minimo elemento sia esso il comportamento di un cane che fa le feste, siano le sensazioni e le emozioni di tutti gli attori della storia annoiando il lettore in maniera terrificante.

Ho trovato la trama minima e inconsistente, sempre in attesa del colpo di scena che purtroppo non accade mai.

Proprio perché si tratta di un romanzo dell’ottocento i personaggi sono dipinti con estrema precisione; ma proprio questa eccessiva accuratezza nelle descrizione rende il libro difficile da leggere. Le descrizioni sono lunghe, noiose ed esasperatamente precise.

In pratica si tratta di un libro che racconta una vita che non ha motivo per essere raccontata.

Libro assolutamente non consigliato.

Maledetta primavera

Maledetta primavera di Paolo Cammilli edito da Porto Seguro prima edizione 2012.

Come diceva la cara Mara Maionchi “per me è no”!

Comprato sull’onda del battage multimediale e consigliato da diverse persone, anticipo che la lettura di questo romanzo mi è pesata parecchio.

Ma procediamo con ordine. Prima il riassunto e poi le mie considerazioni.

Il romanzo è ambientato a Settimo Naviglio, un paesino alle periferie di Milano in cui l’aria che si respira è di monotonia totale.

In questa noia aberrante si muovono i tre protagonisti principali di questa storia. Fabrizio Montagner, trentacinquenne un po’ sfatto che sogna ad occhi aperti; Carlotta, giovane, mozzafiato e gentile solo con chi vuole lei e Ginevra, l’amica del cuore di Carlotta. Le due ragazze insieme si sentono padrone del mondo e si permettono di rischiare forte perché sono convinte che la loro avvenenza sia il lasciapassare giusto per uscire da tutti i guai.

I tre sono legati da un oscuro segreto. Senza alcuna avvisaglia, quando meno ce lo si aspetta un sentimento sgorga tra Fabrizio e Carlotta. I due iniziano una storia, che sembra la più bella e dolce del mondo dopo l’idillio tra Giulietta e Romeo ma che forse non è quello che sembra.

All’improvviso irrompono sulla scena due crudelissimi fatti di sangue che getteranno una nuova luce inquietante su tutti gli attori di questa tragi-commedia.

Tra insane passioni, amori delicati, amicizie pericolose e crimini efferati, quello che appare evidente è la società alla deriva in cui gli attori agiscono; Un’Italia banale e morbosa, figlia della televisione e con una pericolosa deriva dei valori fondamentali quali il rispetto della vita e il valore dell’impegno sia personale che sociale.

Uno dei grossi problemi di questo romanzo è che lo stile di scrittura continua a cambiare; sembra quasi che l’autore stia raccontando la storia agli amici, ma che non abbia le idee molto chiare; che continui a confondersi e quindi sia costretto a dei salti temporali avanti e poi indietro per poi tornare avanti.

I capitoli spesso sono molti brevi (a volte addirittura una sola facciata) spezzando troppo frequentemente la trama, e obbligando il lettore ad un continuo inseguimento del filo narrativo.

I personaggi sono poco definiti nelle loro specifiche psicologiche. Non viene chiarito, per esempio, perché le ragazze si comportino in maniera così insopportabile e, fino alla fine, il personaggio di Fabrizio risulta inutile e senza alcuno spessore. I personaggi secondari sembrano totalmente avulsi dalla realtà che li circonda, come se fossero stati inseriti a forza nel racconto (anche se poi sono proprio loro quelli che portano a conclusione la parte “gialla” del romanzo).

Non aspettatevi un giallo vero e proprio o un romanzo rosa; più che altro questo è un romanzo con una parte che potrebbe diventare una storia gialla, e una parte che andrebbe bene per la letteratura amorosa.

Senza alcun dubbio, libro totalmente non consigliato.

Il segreto di Luca

Il segreto di Luca di Ignazio Silone edito da Mondadori prima edizione 1956.

Luca Sabatini torna nel paese di origine Cisterna dei Marsi, dopo quarant’anni di detenzione nelle patrie galere. Il suo rientro scatena le paure degli abitanti che lo ritengono ancora colpevole nonostante sia stato graziato perchè il vero colpevole ha confessato in punto di morte.

Qualche giorno dopo il suo rientro in paese, la vita del piccolo comune è agitata dall’arrivo di un noto uomo politico, Andrea Cipriani, figlio di un grande amico di Luca.

L’incontro tra i due incuriosisce il politico che abbandona momentaneamente la sua attività pubblica per fare un’indagine privata con l’intento di scoprire quali siano stati i motivi che hanno portato Luca a non difendersi durante il processo.

L’indagine prende le mosse da un colloquio con Don Serafino, ex parroco di Cisterna, seguito poi una chiacchierata con il mugnaio e la di lui moglie. Le cose che scopre lo portano ad andare nel comune di Perticara dove parla con Gelsomina, la sorella di Lauretta che al tempo dei fatti era la fidanzata di Luca.

Continuando la sua ricerca Andrea scopre che Luca ha avuto una relazione con una donna sposata. Scoprirà anche il nome della donna, Ortensia, ma ancora non riesce a scoprire dove Luca abbia trascorso la notte in cui è stato commesso il delitto di cui Luca è stato accusato e in conseguenza arrestato.

Sarà lo stesso Luca a rivelarglielo quando Andrea gli porterà il diario segreto di Ortensia.

Ovviamente per scoprire quale sia il segreto e quali siano state le motivazioni per cui Luca non si è difeso durante il processo, dovrete leggervi il libro.

Si tratta di un romanzo breve ma molto intenso, ogni pagina è ricca di simboli e richiede riflessione. Tra i simboli presenti nel libro la croce e l’aceto meritano una menzione speciale. La croce perchè, essendo il modo di firmare degli analfabeti, si è associata all’idea che sia la firma dei derelitti; l’aceto invece si collega, nella mente di Andrea con l’odore dell’innocenza perseguitata.

Ripeto è un libro breve però è uno di quei romanzi che rimangono impressi nella mente e nell’anima dei lettori. La capacità di scrittura quasi ermetica di Silone obbliga il lettore al completamento dei caratteri, delle “scenografie” e lo porta a riflettere sulla forza delle motivazioni che costringono le persone a fare le scelte più bizzarre anche quando sono sfavorevoli.

Le ambientazioni, i personaggi, le trame, le luci e i colori sono appena accennati ma tanto basta per trasportare il lettore in questo paesino e nelle vite dei protagonisti.

Libro consigliato.

Odissea

Odissea di Omero edito da Grandi Classici Tascabili Marsilio (ma quasi tutte le case editrice ne hanno pubblicato almeno un’edizione).

Protagonista di questa opera mastodontica che si staglia fulgida nell’alto dell’empireo cielo della letteratura è Odisseo, alias Ulisse, un guerriero che non ama le battaglie, un navigatore che non ama il mare. Il suo lungo viaggio di ritorno è un’avventura di dolore e di angoscia; la vera guerra è quella che combatte in patria, tra le mura della sua casa per ricomporre gli affetti e restaurare il dominio, per poter vivere e invecchiare in prosperità e in pace.

Dunque, Ulisse insieme ai suoi uomini vuole tornare a casa dopo la guerra di Troia. Sono stati anni di battaglie nei mari dell’egeo ma gli dei hanno altri piani ed ecco che troviamo il nostro eroe navigare da un porto all’altro alla ricerca della strada per tornare a casa.

In ogni luogo dove il fato li porta ad attraccare i nostri eroi dovranno vedersela con personaggi fantastici che si opporranno ai loro propositi; ma il coraggio e la determinazione di questi uomini faranno le umane e le divine cose per riuscire nel loro intento.

L’incontro con il gigante Polifemo e la strabiliante fuga dalla sua caverna, l’esperienza con la maga Circe, il canto affascinante delle sirene sono solo alcuni degli episodi che ci presentano un Ulisse deciso ad ogni costo ad andare fino in fondo.

Anche quando giungerà alla sua amata Itaca, prima ancora di gettarsi tra le braccia della moglie amatissima, o di poter vedere il figlio che ancora praticamente non conosce, vuole vedere e sapere tutto.

Nei ventiquattro canti che compongono questa meravigliosa opera di letteratura, l’elemento essenziale è il conflitto tra la volontà del protagonista e le difficoltà che il destino (impersonato dagli dei) colloca davanti a lui.

Il “viaggio” ha una durata di quaranta giorni, durante i quali emerge sempre più fulgido l’eroismo di Ulisse determinato a superare gli ostacoli con la sua forza di volontà.

Proprio questa sua enorme volontà corrisponde esattamente al fine dell’opera: l’uomo può fare qualsiasi cosa purché abbia un obiettivo da raggiungere e che questo obiettivo per lui sia vitale.

Ovviamente mi sono ben guardato da scrivere un qualsivoglia “riassunto” dell’opera perché l’Odissea non si può riassumere, ma solo gustare in punta di lingua. Ammetto che alcuni passaggi li leggevo addirittura a voce alta, perché ritengo che l’alta letteratura vada goduta non solo dal cervello nella lettura silenziosa, ma anche assaporata sulla lingua e versata nelle orecchie come un balsamo prezioso che migliora e innalza la nostra esistenza.

L’uomo, cantami, dea, l’eroe del lungo viaggio, colui che errò per tanto tempo dopo che distrusse la città sacra di Ilio. Vide molti paesi, conobbe molti uomini, soffrì molti dolori, nell’animo, sul mare, lottando per salvare la vita a sé, il ritorno ai suoi compagni.”

Libro da leggere assolutamente.

La storia del centenario che saltò dalla finestra e scomparve

La storia del centenario che saltò dalla finestra e scomparve di Jonas Jonasson edito da Bompiani prima edizione 2009.

Il protagonista di questo libro è Allan un anziano che proprio in occasione del suo centesimo compleanno (e mentre nella casa di riposo dove vive si stanno organizzando i festeggiamenti per il suo compleanno), decide che vuole andare a “farsi un giro” e a comprare una bottiglia di liquore.

Senza nemmeno togliersi le ciabatte scavalca una finestra e si allontana dal nosocomio e da quella burbera della direttrice. Arrivato alla stazione dei pullman, Allan si imbatte in uno strano giovane biondo che si accompagna con una grossa valigia. La vescica del giovane biondo ha bisogno di essere svuotata ma nel piccolo bagno della stazione dei pullman non c’è abbastanza spazio e così il giovane chiede ad Allan di tenergli un momento la valigia sicuro che il vecchietto non farà certo colpi di testa.

Arriva una corriera e siccome Allan non ha alcuna destinazione, decide di salire su quel pullman portandosi dietro la grossa valigia. Quello che Allan non sa è che lo strano giovane biondo è in realtà un criminale affiliato ad una gang dedita al traffico di droga.

Capelli bianchi, schiena incurvata, artrosi, un inizio di demenza senile e un paio di ciabatte, Allan si avvia verso un’avventura ai limiti del surreale in cui si trasformerà in criminale prima, in fuggiasco poi, in allevatore di elefanti e si circonderà di buoni amici conosciuti per caso.

Allan, prima solo, incontrerà Julius Jonnson un settantenne solo e male in arnese con cui scoprirà il misterioso contenuto della valigia e con cui affronterà il giovane biondo quando questi busserà alla porta della casetta dove i due si nascondono e…

Il duo si trasforma ben presto in una eterogenea combriccola di personaggi che, volenti o nolenti, si troveranno a dover affrontare situazioni inverosimili che supereranno con una buona dose di fantasia e di “fattore C”.

Il tutto accompagnato dai racconti della gioventù di Allan grazie ai quali scopriamo che il nostro centenario ha avuto una vita avventurosa e piena di attività di successo e incontri importanti.

Devo ammettere che, mentre la parte “romanzesca” del libro è scorrevole e fondamentalmente ben costruita, i flash back sulla vita di Allan li ho trovati spesso pesanti (per non dire noiosi).

Sembra quasi che i due filoni siano stati scritti da mani diverse perchè, mentre il romanzo suscita a volta anche un po’ di ilarità, la parte storica è fumosa e sostanzialmente noiosa.

Il romanzo nella sua interezza si lascia comunque leggere senza particolari guizzi di fantasia o divertimento.

E’ un romanzo molto nordico; forse parte della mia difficoltà con questo libro nasce dal fatto che la letteratura nordica non mi è molto congeniale a partire dalla difficoltà nel leggere i nomi.

Probabilmente il mio giudizio abbastanza negativo deriva anche da questa mia idiosincrasia nei confronti dei romanzi del nord Europa. In fondo ho avuto la stessa reazione anche con altri autori delle stesse latitudini.

Credo che se il testo fosse stato sviluppato seguendo solo le peripezie di Allan e i suoi amici probabilmente avremmo tra le mani un piccolo romanzo divertente ed invece siamo di fronte ad un libro che, pur nel suo potenziale, lascia completamente indifferenti al termine della lettura.

Libro non consigliato.

La biblioteca di notte

La biblioteca di notte di Alberto Manguel edito da Archinto prima edizione 2007.

Libro strano ma molto affascinante questo di Manguel. Comincio col dire che non si tratta di un romanzo e che non si tratta di un saggio. Se dovessi descriverlo direi che si tratta di una colta dissertazione sulla “biblioteca” come entità. Mi piace molto la struttura del libro. Ogni capitolo analizza un ruolo della biblioteca. La biblioteca come mito, come ordine, come spazio, come mente, come isola sono solo alcuni delle funzioni della biblioteca che vengono analizzate nel corso del libro.

Per esempio il capitolo in cui si analizza la biblioteca come ordine, prende le mosse dalla normale classificazioni che si usa in tutte le biblioteche del mondo per poi passare alla classificazione che ognuno di noi utilizza nella propria biblioteca (sia essa fisica o mentale); inoltre l’autore nel corso del capitolo ispeziona i vari metodi di classificazioni che si potrebbero usare per differenziare i libri nella propria biblioteca personale, le relative motivazioni, i pro e gli eventuali contro.

Siccome trovo difficile spiegare cosa intendo dire proverò ad illuminarvi con alcune delle frasi che maggiormente mi hanno colpito, in modo che ognuno possa farsi la propria idea personale di cosa contiene il libro.

L’esperienza di un uomo può diventare, attraverso l’alchimia delle parole, l’esperienza di tutti, e quell’esperienza, distillata nuovamente in parole, potrà servire a ciascun lettore per qualche fine unico e segreto”.

Ogni biblioteca è, per necessità, una creazione incompleta, un work-in-progress, e ogni scaffale vuoto preannuncia i libri che verranno”.

Ogni biblioteca accoglie e rifiuta. Ogni biblioteca è per definizione il risultato di una scelta, ed è necessariamente limitata nel suo ambito. Ed ogni scelta ne esclude un’altra, quella non fatta. L’atto della lettura corre sempre parallelo a quello della censura”.

C’è un abisso incolmabile tra il libro che è stato decretato un classico della tradizione ed il libro (quello stesso libro) che abbiamo fatto nostro per istinto, emozione e comprensione: con esso abbiamo sofferto, gioito, l’abbiamo tradotto nella nostra esperienza e, nonostante ci sia giunto tra le mani sommerso da strati di lettura, in fondo siamo noi a scoprirlo per primi, un’esperienza sorprendente e inaspettata. […] Questo modesto ius primae noctis garantisce ai libri che chiamiamo classici la loro unica, utile immortalità”.

Citare è un continuo conversare con il passato per dare un contesto al presente. Citare è attingere alla Biblioteca di Babele; citare è riflettere su quanto è già stato detto, e se non lo facciamo, parliamo in un vuoto dove non c’è voce umana che possa risuonare”.

Ma tra tutte le citazioni che potrei fai tratte da questo libro, e vi assicuro che potrebbero essere moltissime, quella che preferisco è la seguente: “Ho trascorso mezzo secolo a raccogliere libri. Con immensa generosità, i miei libri non mi hanno mai chiesto nulla, e mi hanno offerto in cambio ogni genere di illuminazione. […] I miei libri sanno infinitamente più di me, e sono loro grato che sopportino addirittura la mia presenza. Talvolta mi sembra di abusare di questo privilegio”.

Non sono sicuro di essere riuscito a spiegare il concetto però aggiungo che sicuramente è un libro bello, forse più adatto a chi usa la lettura come atto di comprensione che non come forma di svago. Ammetto che alcune volte mi sono trovato a dover rileggere interi passaggi perchè avevo la sensazione (quasi sempre confermata) di essermi perso qualcosa di importante.

Libro sicuramente consigliato a chi, come me, ama i libri come amici sinceri e come portali temporali che permettono di studiare il passato, leggere il presente o di immaginare il futuro, le biblioteche come parchi divertimento, e la lettura come libero atto supremo di formazione e svago.

La regina scalza

La regina scalza di Ildefonso Falcones edito da Longanesi prima edizione 2013. 

Il terzo romanzo di Falcone non è il migliore dei tre ma nemmeno quello che mi è piaciuto meno.

Dunque, cominciamo col dire che in questo romanzo non c’è un vero protagonista. Il romanzo segue più storie all’interno della stessa famiglia. Conosceremo Caridad, una ex schiava proveniente da Cuba che si aggira nelle strade della Siviglia del 1748. La donna si aggira per la città in preda alla febbre altissima e alle paure per il suo futuro ora che quello che era il suo padrone è morto lasciandola libera ma completamente sola.

Proprio nel momento in cui sente più vicina la morte, Caridad incontra Melchor un uomo rude e sprezzante, a capo di una delle famiglie gitane più importanti di tutta Siviglia, che la porta a casa propria ma non se ne occupa personalmente. Grazie a questo atto di umanità, Caridad incontra Milagros la giovane nipote di Melchor.

Milagros è una giovane che trasuda bellezza da ogni poro e come tutte le gitane ha il coraggio e la sfrontatezza della sua età e della sua razza. Si diverte a mettere in difficoltà gli uomini che incontra seducendoli per gioco per poi lasciarli con un palmo di naso.

Tra Milagros e Caridad nasce una amicizia bellissima, profonda e sincera che sperano durerà per tutta la vita.

La bella Milagros si invaghisce dell’arrogante Pedro Garcia, il giovane rampollo della famiglia “nemica” di quella di Melchor.

Il tutto si complica quando un editto regio bandisce i gitani come fuori legge; questo insieme alla cocciutaggine di Milagros, fa esplodere la famiglia obbligando i componenti a scappare per mezza Spagna nel tentativo di sistemare gli eventi privati. In tutto questo andirivieni Melchor, Caridad e Milagros dovranno separarsi e… solo seguendo le loro avventure si capirà se torneranno a riunirsi e in che modo.

Come suo solito Falcones scrive un romanzo di ambientazione storica; questa volta ci racconta della condizione dei gitani nella Spagna del XVIII secolo. Il suo romanzo è ricco, scorrevole, intrigante e la capacità descrittiva di Falcones permette di “vedere” gli avvenimenti, i paesaggi attraverso gli occhi dei tre protagonisti.

Nonostante le oltre 700 pagine (vi prego non fatevi spaventare dalla mole del libro), il romanzo scorre veloce e leggero; senza mai diventare verboso o annoiare.

Avrei preferito che venisse trattato un po’ più approfonditamente la situazione gitana dopo l’emissione del regio decreto di espulsione, ma probabilmente sarebbe stato poco coerente con la narrazione scelta dall’autore relativamente alla vita dei tre protagonisti.

Non scopro certo io il valore di Ildefonso Falcones, la sua abilità linguistica, la sua capacità nel creare trame complesse ma intriganti, la sua bravura nel raccontare i personaggi con brevi descrizioni che stimolano la curiosità del lettore obbligandolo a “riempire gli spazi” in modo da raffigurarsi gli attori.

Se vi sono piaciuti gli altri due libri di Falcones, non potete perdervi questo. Lo amerete come lo amo io!

Chi ti credi di essere?

Chi ti credi di essere? di Alice Munro edito da prima edizione 1978.

Oh mio dio, non so proprio che dire di questo libro… beh cominciamo dalla fine… diciamo che la sua autrice ha vinto il Nobel per la letteratura nel 2013.

Il libro che proverò ad analizzare oggi è una raccolta di racconti. Mi rendo conto che dicendo così vi ho fuorviato perché in realtà, si potrebbe dire che si tratti di dieci racconti separati che però hanno sempre i medesimi protagonisti.

Uff anche così non vi ho ancora detto niente. Riproviamo.

La protagonista di queste dieci storie è Rose che per tutta la sua vita si è sentita chiedere “Chi ti credi di essere?” da tante persone nel paesino di West Hanratty dove è cresciuta.

Tra le tante persone che l’hanno assillata con la domanda che da il titolo al libro, sicuramente la più insistente è stata la madre Flo, donna pratica e un po’ volgare, meschina ma generosa, che per Rose incarna quella realtà provinciale che vorrebbe tanto abbandonare.

I dieci capitoli raccontano dieci momenti della vita di Rose nella sua costante ricerca di una via di fuga da una realtà che le sta stretta e che prova a lasciarsi alle spalle.

Dalla successione dei capitoli (che comunque sono organizzati in ordine cronologico), emerge il conflitto tra il desiderio di fuga e la necessità di restare legata alle proprie radici, al proprio paese e, in un certo qual senso, a quella madre tanto ingombrante quanto assente.

Seguiremo la vita di Rose dalla sua infanzia con un padre chiuso che sa risolvere i conflitti soltanto a cinghiate; la vedremo adolescente in viaggio a Toronto vittima (ma anche complice) di una iniziazione sessuale ad opera di un ministro di culto; è la giovane innamorata di un dottorando di storia della stessa università che Rose frequenta grazie ad una borsa di studio; sarà la donna adulta coinvolta in una sordida relazione extraconiugale; diviene poi la madre apprensiva di una figlia che riconosce essere più saggia di lei; ed infine sarà la donna matura che ritorna nel luogo da cui tutto è cominciato per riallacciare il filo del rapporto con la madre ormai quasi sul punto di essere ricoverata in casa di riposo.

Non è mia consuetudine raccontare tutta la trama di un libro, e questa recensione, nonostante quello che possa sembrare, rispetta questo ideale. Infatti, nel corso delle storie molte saranno le sorprese che attendono il lettore.

Certo non è un libro facile anche perché le storie possono apparire (ad un lettore distratto) totalmente avulse le une dalle altre; ed invece il fil rouge è rappresentato proprio da Rose e da quella sua smania di fuggire da una realtà soffocante. Sarà però la solitudine che proverà nel corso di questa fuga, la benzina che la farà ritornare nel suo paesello a quella vita semplice e un po’ banale che tanto aveva odiato quando la vivevano i suoi genitori.

Non mentirò dicendo che il libro mi sia particolarmente piaciuto eppure, onestà intellettuale vuole che ammetta, che a questo libro non si può restare indifferenti.

Rimane nel ricordo come una canzone che si pianta nella testa e che si è obbligati a canticchiare. La storia è certamente minima eppure quando si finisce questa raccolta di racconti ci si accorge di essere più ricchi di quando si fosse prima di iniziare.

Libro consigliato ai lettori più “coraggiosi”.

Limonov

Limonov di Emmanuel Carrére edito da Adelphi prima edizione 2011.

Limonov non è un personaggio di fantasia ma una persona esistente. Il suo nome è Edward Veniaminovich Savenko nato del 1943; scrittore e politico russo, fondatore e leader del partito Nazional-Bolscevico viene definito come un nazionalista moderato, socialista della linea dura e attivista dei diritti costituzionali. Nel corso del libro scopriremo che fu avversario politico di Vladimir Putin e alleato dell’ex campione mondiale di scacchi Gary Kasparov.

Il libro ha uno sviluppo obbligatoriamente temporale che prende le mosse dall’infanzia nella città di Kharkov in Ucraina dove la famiglia si è trasferita; nel corso della lettura scopriremo come la sua vita nella cittadina ucraina gli stesse stretta e già allora non sopportava certe angheria che viveva. Durante l’adolescenza frequenta bande di strada con il contorno di piccoli reati. Durante questo periodo inizia a scrivere i suoi versi.

Nel 1967 si trasferisce a Mosca dove sposa Yelena Shchapova, svolge i più vari lavori ma riesce ad entrare in contatto con l’ambiente letterario della città e riesce a pubblicare a proprie spese, i primi volumi.

Nel 1974 la coppia lascia Mosca e si trasferisce a New York dove Limonov lavora per un giornale in lingua russa come correttore di bozze; frequenta circoli punk, conosce Lou Reed e scrive il suo primo libro.

Nel 1982 si separa dalla moglie e si trasferisce a Parigi dove collabora con diversi giornali attraverso i quali rafforza la sua immagine di “rosso-bruno” (fascio-comunista) o nazional bolscevico.

Lo vedremo poi tornare in Russia alla caduta del regime comunista e impegnarsi nella vita politica del paese con risultati poco più che mediocri.

Sicuramente la vita di Limonov è stata (ed è tutt’ora) una grande avventura controcorrente; come dice l’autore nelle prime pagine del libro “è stato teppista in Ucraina, idolo dell’underground sovietico, barbone e poi maggiordomo di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei balcani e ora, nell’immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desperados. Lui si vede come un eroe ma lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio”. E se Carrère ha deciso di scriverlo, figurarsi se non lo faccio io.

Ultima annotazione: è indubbiamente un libro strano su un personaggio che, personalmente, ignoravo totalmente. Eppure devo ammettere che la lettura di questa biografia è sicuramente affascinante; forse per la vita del protagonista o forse per l’abilità scrittoria dell’autore che non concede pause nella suspance narrativa. Inoltre, con la lettura di questo testo, ci viene raccontata (in maniera assolutamente parziale) la situazione russa dagli anni ’60 ai giorni nostri.

Libro sicuramente interessante.

P.S. Ho delle difficoltà a trascrivere i nomi russi, quindi se trovate qualche errore… bhe siate magnanimi!