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Il segreto della libreria sempre aperta

Il segreto della libreria sempre aperta di Robert Sloan edito da Corbaccio prima edizione 2013.

Ragazzi, che bel libro!

Clay Jannon, il protagonista di questo romanzo, è un trentenne che la crisi ha centrifugato fuori dalla propria vita e da tutte le sue sicurezze.

Si ritrova “a spasso” dopo aver fatto il web designer a San Francisco, ma siccome è un tipo che non si arrende e non vuole perdere la libertà che ha conquistato, accetta di fare il commesso notturno in una libreria molto strana. E’ la “libreria sempre aperta” del signor Penumbra (e quanto stimola la nostra fantasia di lettori questo nome, non lo sto nemmeno a spiegare), poi i clienti sono pochi e il più delle volte non acquistano i libri ma prendono semplicemente in prestito antichi volumi, collocati su scaffali quasi inaccessibili, che Clay riesce a raggiungere solo grazie alla sua abilità un po’ scimmiesca di arrampicarsi.

Il giovane, viene assunto con l’avvertenza di non leggere mai i libri che sono destinati al prestito, pena il licenziamento. Ben presto però, la sua naturale curiosità unita a quella del suo coinquilino gli farà dare una sbirciatina e quello che vede lo lascia di sasso.

Nei libri non ci sono parole ma soltanto fogli su fogli di lettere sparse a caso; o almeno così sembra. Inizia qui il mistero che porterà il nostro eroe ad infilarsi in una storia che si dipana tra una antica setta bibliofila e le nuove tecnologie, tra l’odore dei libri antichi e la asetticità di Google.

Clay si butta a capofitto nell’analisi di questi strani componimenti, coinvolgendo in questa ricerca tutti i propri amici e una bellissima ragazza il cui lavoro sarà fondamentale per sbloccare una situazione che sembra senza via d’uscita.

Si renderà poi conto, parlandone con il signor Penumbra, che il mistero va ben oltre i limiti angusti del negozio in cui lavora.

Fra codici misteriosi, società segrete, pergamene antiche e motori di ricerca, Robin Sloan ha preparato un romanzo d’amore e d’avventura, che lancia una sfida alla nostra curiosità, al nostro desiderio di un’esperienza nuova ed elettrizzante. Un viaggio in quell’universo magico che è la libreria.”

Attenzione a non farsi raggirare da questo bel romanzo; per quanto Clay sia un protagonista simpatico e credibile, che affronta con estrema ironia le situazioni che gli si presentano, i veri protagonisti di “Il segreto della libreria sempre aperta” sono e rimangono sempre i libri, vittime dello scontro tra l’editoria tradizionale e quella digitale.

Assistiamo infatti ad una battaglia vera e propria tra il tradizionalismo ottuso è la modernità imperante.

Lo stile letterario di Robin Sloan è intelligente e molto coinvolgente (scommetto che, come è capitato a me, farete fatica a chiudere il libro perchè è ora di dormire) e costringe il lettore a guardare in maniera disincantata il presente e ad immaginare il futuro.

Questo libro è veramente una ventata d’aria fresca in un ambiente polveroso e asfissiante. “Un libro sui lettori e per i lettori”.

Se quest’anno leggerete un solo libro, fate almeno che sia questo.

Libro molto consigliato.

 

Il seggio vacante

Il seggio vacante di J. K. Rowling edito da prima edizione 2012.

Si tratta del primo romanzo pubblicato dalla Rowling dopo la fortunatissima saga del maghetto Harry Potter; l’aspettavamo tutti al varco per poterla giudicare ma, se ancora ce ne fosse bisogno, la signora ha dimostrato il suo grande valore di scrittrice contemporanea con un romanzo avvincente, introspettivo e illuminante sulla vera natura dei rapporti umani.

Nella cittadina di Pagford, piccolo centro della provincia inglese, il potente e rispettato Barry Fairbrother muore improvvisamente mentre accompagna la moglie Mary al ristorante per festeggiare l’anniversario.

Pagford è in apparenza, un idilliaco borgo con la piazza acciottolata, i giardini sempre ben curati, una antica abbazia; ma dietro questa facciata di sogno si nasconde una realtà piena di conflitti. Conflitti tra ricchi e poveri, antiche lotte tra conservatori e progressisti, ataviche battaglie tra genitori e adolescenti, mogli e mariti, insegnanti e studenti, fratelli e sorelle…

Barry, banchiere e allenatore della squadra di canottaggio della scuola Winterdown di Yarvil, era un uomo affabile, sempre sorridente ed altruista che si è sempre impegnato per lo sviluppo dei quartieri più degradati della città dai quali egli stesso proveniva. Si interessava di chi, come era stato lui, viveva in condizioni disagiate cercando di migliorarne la condizione, soprattutto dei giovani che forgiava attraverso il canottaggio.

Alla sua morte improvvisa e devastante, nella piccola comunità si apre l’aspra battaglia per conquistare il suo seggio nel consiglio municipale. La dipartita del caro Barry, amato da tutti ma anche odiato da parecchi, libera quelle forze che per troppo tempo sono state trattenute all’interno del paese, dando il via ad uno scontro frontale che nasce da invidie sopite, rivalità, pregiudizi, egoismi, frustrazioni, odio razziale e anche fantasie morbose.

Così, nel corso della storia, vediamo i vari personaggi rivelare la propria vera identità, quasi come se togliendo una maschera, svelassero che la cortesia, l’affabilità, l’affetto erano state solo un mezzo per raggiungere i propri scopi.

Alla fin fine poco importa chi la spunterà e diventerà il nuovo consigliere municipale, perchè quando il clamore degli eventi dapprima grotteschi, e poi progressivamente sempre più tragici si sarà placato, la vita di molti abitanti di Pagford, così come la vita del paese, non saranno più le stesse.

Non scopro certo io il valore della Rowling come scrittrice eppure questo per lei, è stato probabilmente un libro difficilissimo da scrivere, perchè sapeva che tutti l’avrebbero giudicata sulla scorta del successo della saga precedente; nonostante tutta questa tensione la “english lady” produce un romanzo molto ben costruito e ricco di personaggi raccontati con dovizia di particolari.

I personaggi sono disegnati in maniera approfondita e non si può fare a meno di parteggiare per tizio e non sopportare caio, indignarsi per gli atteggiamenti di qualcuno e gioire segretamente per le piccole vittorie di un altro personaggio della storia.

La trama è avvincente anche se la numerosità degli attori costringe a volte il lettore, a fermarsi per cercare di ricostruire il personaggio, la sua storia e il suo passato; come tutti i buoni romanzi è difficile, alla fine di un capitolo, trovare il coraggio di chiudere il libro perchè la tensione, quasi palpabile, forza la volontà e costringe a leggere ancora un po’.

Libro consigliato.

 

Il barone rampante

Il barone rampante di Italo Calvino – prima edizione 1957.

Cosimo, figlio dodicenne del Barone di Ombrosa, paese immaginario della Liguria, è un giovane ribelle e non accetta di sottostare alle regole di etichetta. Una sera a cena si rifiuta di mangiare le lumache cucinate dalla sorella; richiamato dai genitori Cosimo si arrampica sull’elce del proprio giardino e promette di non scendere più.

All’inizio tutti prendono la sua uscita come una ragazzata ma ben presto si accorgeranno che il convincimento del ragazzo è molto forte e che davvero non ha alcuna intenzione di scendere dall’albero.

Il suo albero è la sua casa è vero, ma al contempo è anche la sua prigione e così Cosimo inizia ad esplorare il suo territorio passando di ramo in ramo, di albero in albero.

Si accorge che con questo sistema può andare anche molto lontano e così inizia ad allontanarsi sempre più dalla casa paterna. Il primo luogo che visita è il giardino degli Ondariva che praticamente confina con la loro proprietà. Qui vede per la prima volta vede e conosce Violante (nota come Viola), la figlia dei suoi vicini, della quale si innamora.

Viola viene allontanata dai suoi genitori per la sua frequentazione con Cosimo e perchè partecipa alle scorribande di un gruppo di ragazzini che assaltano le proprietà per rubare la frutta.

Cosimo non può seguirla e per lenire il suo dolore inizia a rendere più confortevoli i suoi alberi costruendo giacigli e comodità varie supportato dal fratello (che è poi la voce narrante).

I genitori preoccupati per la sua educazione convincono il giovane e il suo precettore a sottoporlo a lezioni (sempre sull’albero).

Nel corso delle sue scorribande arboree Giacomo entrerà in contatto con il popolo ma anche con dei loschi figuri come il bandito Gian dei Brughi che si nasconde in quei boschi. Spaventato ma al contempo affascinato dal personaggio, Cosimo stringe amicizia con il losco figuro al punto da prestargli i suoi libri di lettura perchè nella latitanza, il malfattore, si annoia.

Altre vicissitudini attendono il giovane che alla morte del padre diventa Barone e prende il controllo dei beni di famiglia (sempre stando sugli alberi).

Un giorno il suo cane (Ottimo Massimo) scappa e nell’inseguirlo Cosimo si imbatte in una bellissima amazzone che scopre essere Viola. L’amore tra i due sboccia nuovamente imperioso e ricco di passione, e i due amanti passano settimane ricche di amore reciproco.

Viola però scappa in Inghilterra per paura della rivoluzione e Cosimo si ritrova nuovamente solo e diverso da tutti gli altri.

Quando Cosimo si ammala viene assistito dall’intera comunità che lo sollecita a scendere ma lui si rifiuta categoricamente; Un giorno sorprende tutti: si arrampica sulla cima di un albero, si aggrappa ad una mongolfiera dell’aeronautica di passaggio e scompare nel cielo, senza tradire il suo intento di non rimettere più piede sulla terra.

Questo è un grandissimo romanzo, che dimostra ancora una volta (se ce ne fosse ancora bisogno) la grande fantasia di un autore straordinario quale è Calvino.

L’intreccio del libro è avvincente, i personaggi sono disegnati quel tanto che basta a titillare la fantasia del lettore; gli eventi si susseguono rapidi; la scrittura è scorrevole e piacevole.

Che posso dire di più? come già accaduto negli altri due libri della trilogia (Il visconte dimezzato e Il cavaliere inesistente), Calvino lascia libera la sua fantasia di correre negli sterminati spazi e ci racconta una storia fantastica ma reale, immaginifica ma sentimentale. Un grande romanzo, una storia surreale, un personaggio diverso (come è sempre per quelli di Calvino), una ambientazione struggente… insomma, un grande romanzo assolutamente da leggere e far leggere.

Libro molto consigliato.

 

Io che amo solo te

Io che amo solo te di Luca Bianchini edito da Mondadori – prima edizione 2013.

Luca Bianchini deve essere affetto dalla stessa “malattia” di Camilleri perchè anche lui, come il maestro siciliano, non sbaglia un colpo. Anche questo nuovo libro è spettacolare e diverso.

Spettacolare per le ambientazioni che l’autore riesce a raccontare con amore e meraviglia (mi spiace Luca, ma si intuisce che ami la Puglia e la sua orografia), e meraviglia perchè con le sue descrizioni, lo scrittore, ci fa vedere, udire, assaporare e toccare la realtà in cui ambienta la sua storia.

La storia appunto. Tutto questo libro si basa su un matrimonio che si deve celebrare; Quello tra Chiara e Damiano che però, guarda il caso a volte come è strano, sono i rispettivi figli di Ninella e Don Mimì. Questi ultimi, furono innamorati e il loro matrimonio saltò per una questione che nel libro viene esplicitata.

Ninella è una vedova “cinquantina” e fa la sarta, ha due figlie e non ha dimenticato il suo Mimì; Don Mimì da parte sua è un pezzo grosso nella coltivazione delle patate e il matrimonio è anche un modo per rinforzare certi affari oltre che un’opportunità per stare di nuovo vicino a Ninella, senza ingelosire troppo la moglie che in paese tutti chiamano la Fist Lady.

Sfondo di questa love story a quattro, con il tempo che come uno yoyo continua il suo avanti e indietro, è la splendida Polignano a Mare, cittadina bianca e arroccata, con il suo lungomare, la statua di Domenico Modugno e il suo Maestrale che, quasi fosse un prologo, ci introduce alla storia di queste due coppie e che rimarrà presente per tutta la narrazione, quasi come un invitato importante ma scomodo.

Dunque dicevo, Chiara e Damiano devono sposarsi ed entrambi si impegnano nei preparativi del matrimonio che sarà sontuoso e del quale i polignanesi parleranno per anni. Entrambi hanno i loro dubbi e le loro certezze. Nulla è lasciato al caso. Dal vestito (e quante volte Ninella ci deve mettere mano) agli antipasti; dall’Ave Maria al bouquet “semi-cascante” passando per i testimoni.

Attorno ai “due + due” protagonisti di questo libro si muove una pletora di personaggi che ruota intorno alla storia; abbiamo un fotografo forse un po’ farfallone, gli amici dello sposo sempre pronti a fare bisboccia, la sorella della sposa che deve perdere cinque chili e la verginità prima delle nozze, e il fratello dello sposo terribilmente insicuro di sé stesso e della storia d’amore che sta vivendo (purtroppo soltanto nella sua fantasia); talmente tentennante da farsi accompagnare al matrimonio da una finta fidanzata.

Tanto per tirare un po’ le somme: in questo bel romanzo assisteremo ai preparativi prima, e al matrimonio poi tra i due giovani ma forse anche ad un nuovo inizio, per un amore che è stato ferito dalle brutture della vita ma che non ha mai smesso di ardere nei cuori dei due protagonisti.

Mi rendo conto solo ora di aver scritto tanto ma di non aver detto ancora nulla. Non vi rimane che leggere questo libro divertente, affascinante e magico che stimola la fantasia del lettore e che lo trasporta in una realtà moderna ma antica, popolata di gente straordinariamente capace di grandi passioni e di grandi amori.

Libro consigliatissimo.

 

Grandi speranze

Grandi speranze di Charles Dickens – prima edizione a puntate settimanali dal 1° dicembre 1860 all’agosto 1861 sulla rivista “All the year round”, periodico diretto dallo stesso Dickens.

Il protagonista è Pip (contrazione di Philip Pirrip), è orfano e vive con la sorella di molti anni maggiore di lei e col marito i lei. La sorella è manesca e spesso percuote Pip con un bastone chiamato il punzecchiatore. Pip ovviamente non ama molto la sorella ma è legatissimo al cognato fabbro Joe.

Nel corso di una scorribanda in un cimitero Pip incontra Magwitch, un piccolo malfattore che lo obbliga con una minaccia a portargli del cibo e una lima per segare le catene che lo imprigionano.

Pip finisce sotto la protezione di Miss Havisham, una nobile del luogo e diventa il “compagno di giochi” della nobildonna; durante queste visite alla signora incontra Estrella e se ne innamora ma il suo amore è frustrato dalle sue umili origini e dalla scadente educazione; Estrella, al contrario, è stata educata da Miss Havisham ed è piena di alterigia e supponenza.

Passato qualche anno Pip riceve una enorme fortuna, e crede che gli sia stata devoluta dall’anziana nobildonna che lo aveva preso in simpatia. Il protettore desidera però restare anonimo e pretende che Pip non faccia assolutamente nulla per scoprire la sua identità.

Grazie a questa inattesa somma di denaro si aprono per Pip appunto delle grandi speranze, quella di diventare un gentiluomo e di vivere al di sopra delle miserie del mondo.

Si trasferisce a Londra per completare gli studi ed entrare nell’alta società, cosa che il denaro gli permette di fare. A Londra Pip stringe amicizia con Herbert ed entra in contatto con il suo curatore, l’avvocato Jagger che ha il compito di amministrare le sue finanze.

La realtà londinese porta Pip a vivere al di sopra delle proprie possibilità e a scialacquare il proprio patrimonio; nel frattempo scopre chi effettivamente sia il suo benefattore. Questi si trova in gravi difficoltà e Pip, in debito di riconoscenza proverà a risolvere i suoi problemi.

Il resto lo scoprirete leggendo ovviamente il libro che è molto ricco (forse troppo), molto articolato e farcito di personaggi che spesso si intersecano tra loro.

Le mie note personali saranno molto rapide. Comincio col dire che è chiaro che lo stile di scrittura di Dickens non si addice al mio modo di leggere; infatti questo libro, proprio come è capitato con Oliver Twist, non mi è piaciuto.

L’ho trovato lento e noioso, le ambientazioni spesso sono scure e spaventevoli, i personaggi secondari sono così poco raccontati che spesso, nel corso della lettura, mi ritrovavo a chiedermi chi fosse il tale personaggio e quale fosse la sua storia nel romanzo.

E’ vero che il romanzo racconta un tratto di vita molto lungo che va dai sette ai quasi quarant’anni di Pip, ma nonostante questo non sono mai stato veramente preso dalla storia e mai mi sono trovato a parteggiare per qualsivoglia personaggio.

L’unica momento in cui ho provato un po’ di piacere è quando si racconta della navigazione sul fiume con Herbert.

Pip ed Herbert sono troppo affettati nei loro modi da gentiluomini londinesi; la trama l’ho trovata lenta e noiosa.

E’ un peccato non essere riuscito ad entrare in sintonia con lo stile scrittorio di Dickens dopo che tanto mi era piaciuto il “Canto di Natale”. Forse lo stile e l’ambientazione molto ottocentesca non fanno per me.

Libro personalmente non consigliato.

 

Oliver Twist

Oliver Twist di Charles Dickens – apparve in prima edizione sulla rivista mensile Bentley’s Miscellany dal febbraio 1837 all’aprile 1839.

Si tratta di uno dei romanzi più noti e influenti di Dickens anche se, devo essere onesto, a me personalmente non è piaciuto proprio per niente.

Vediamo di fare il riassunto della trama. Dunque, Oliver è un orfano di padre la cui madre muore di parto e finisce nell’orfanotrofio di un paesino della campagna inglese dell’800; viene mantenuto appena al di sopra del limite di sopravvivenza da una direttrice biliosa e malevola, interessata soltanto ai soldi.

Dai nove anni ai dodici anni vive e lavora come sguattero in un’impresa di pompe funebri dove subisce i maltrattamenti del padrone e dell’altro lavorante. Dorme sotto ai tavoli da lavoro, viene nutrito con gli avanzi (nemmeno fosse un cane) e spesso viene picchiato (o lo sarebbe se Oliver non fosse veloce a capire che aria tira e a nascondersi).

Stanco di tutte le angherie che sopporta scappa e cammina fino a Londra dove arriva sfinito e lacero; finisce nelle grinfie del vecchio Fagin, un ladro e ricettatore che gestisce una banda di ragazzini che manda in giro per Londra a rubare. Dopo un breve “apprendistato”, durante la sua prima uscita che ha lo scopo di fargli imparare alcune tecniche di borseggio, Oliver viene arrestato in quanto scambiato per il ladro. Durante il frettoloso processo che ne consegue, un libraio che ha assistito alla scena scagiona Oliver. Brownlow, la vittima del furto, venuto a conoscenza dalle pessime condizioni del ragazzo, lo ospita e decide di migliorarne la condizione.

Oliver si riprende ma, Fagin e gli altri riescono a rapirlo e a riportarlo nel loro nascondiglio. Fagin consegna Oliver a un brutto ceffo, ladro di appartementi, che si chiama Monks il quale lo utilizza per entrare nella casa proprio di Brownlow per rapinarla, ma la cosa finisce male e Oliver viene ferito.

Riescono a scappare ma, il nostro protagonista non ce la fa a fuggire e viene abbandonato dai malviventi credendolo ormai spacciato.

La bontà della signora Maylie e della nipote adottiva Rosie compiono il miracolo e riescono a salvare la vita del piccolo Oliver.

Fagin viene nuovamente a saperlo e, con la complicità di Monks cerca di riprendersi nuovamente Oliver ma, la compassionevole Nancy (l’unica ragazza della banda di malviventi e fidanzata di un personaggio violento e cattivo di nome Sikes) riesce ad avvertire Rose dei piani dei loro piani malvagi e…

Come è ovvio il resto della storia dovrete scoprirlo da soli leggendo il libro.

Nel libro ci sono tanti personaggi e tanti spunti ma ho la sensazione che nessuno di essi sia stato trattato approfonditamente dall’autore. La rappresentazione della città è, probabilmente volutamente, fumosa, triste e noiosa.

I personaggi sono troppo cattivi quelli malvagi e eccessivamente zuccherosi quelli buoni; il modo in cui l’autore ci racconta i personaggi è eccessivamente scarso. Difficilmente si trova nel libro una descrizione chiara dei vari attori che raccontano questa storia. Nonostante si tratti di un orfano, non mi sono mai davvero trovato a parteggiare per Oliver ne tanto meno per i suoi aguzzini

Le ambientazioni sono quelle più cupe della città ovviamente perchè si tratta di bassifondi, di laide cantine, di soffitte puzzolenti.

Insomma un libro che ho fatto molta fatica a portare a termine, lento, noioso e di difficile lettura. Non è il primo libro di Dicheks che leggo eppure questo non è proprio stato un piacere.

Libro assolutamente non consigliato.

 

Il sentiero dei nidi di ragno

Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino – prima edizione 1947.

Tutti conosciamo Calvino come uno scrittore di grande fantasia e di qualità adamantina; la sua scrittura è fluente e immaginifica, fantastica e delicata; Tutte queste caratteristiche si ritrovano appieno nel “Il sentiero dei nidi di ragno”, primo romanzo dell’autore, nel quale ci viene raccontata la Resistenza attraverso quella dimensione fantastica tipica di Calvino.

Il protagonista è un bambino di circa 10 anni chiamato Pin, orfano di madre e con il padre irreperibile, che in un piccolo paese della Liguria vive (o sarebbe meglio dire, subisce) la Resistenza.

Pin vive con la sorella che per campare fa la prostituta (nota come la Nera di carruggio lungo); il bambino intrattiene con gli adulti uno strano rapporto; vorrebbe esserne parte perchè ne ha stima ma al contempo non li comprende; frequenta il bar del paese, beve vino, fuma, parla e canta di argomenti che non conosce come il sesso, la guerra o la prigione ma al contempo si perde in fantasie infantili come il frequentare un posto segreto dove fanno il nido i ragni.

Pin crede nella magia di questo luogo al punto da nascondervi il suo più grande segreto, quella pistola che ruba al tedesco mentre questi fa l’amore con sua sorella.

A causa di questo furto il ragazzino viene arrestato e, grazie a ciò inizia a conoscere i membri di una cellula di partigiani; con la collaborazione di Lupo Rosso (un giovane partigiano) Pin evade e si nasconde in un bosco dove incontra Cugino che lo porta sui monti nel gruppo di partigiani di cui fa parte.

Entra qui in contatto con varia umanità di dubbia eroicità e si esalta al pensiero delle azioni di questi uomini il cui unico scopo è combattere i fascisti. Ma ancora una volta Pin non si sente completamente accettato ed è costretto a scappare. Torna quindi nel suo paesino ma lo trova svuotato e …

Di più non voglio dirvi riguardo alla trama.

Aggiungo soltanto che si tratta di un bellissimo romanzo, molto diverso da quelli del Calvino che conosciamo ed amiamo eppure è già presente, in questo suo primo romanzo, tutta la magia e l’immaginazione che sciorinerà nei suoi scritti successivi.

Come tutti i libri di questo autore anche i qui i personaggi sono soltanto abbozzati eppure, i pochi elementi forniti sono sufficienti perchè ognuno si immagini compiutamente i vari attori delle scene.

Traspare, dalla lettura di questo scritto, il grande coraggio che dimora nel popolo quando deve affrontare cattiverie, brutture e violenze quali sono state quelle perpetrare dai fascisti nel loro delirio organizzato.

Lo stesso Pin, nel corso della sua avventura ci dimostra una grandissima forza d’animo anche se è ovviamente accompagnata dai dubbi dell’età.

Credo che sia uno stratagemma meraviglioso quello studiato da Calvino di dare a Pin un luogo speciale e magico dove rifugiarsi, anche se tale scelta penso rappresenti la necessaria via di fuga che ognuno di noi si crea per sopravvivere ad enormi iniquità.

Ultima annotazione merita la bellissima prefazione scritta dallo stesso Calvino per l’edizione Einaudi del 1964 e che è diventata, a buon diritto, parte integrante dell’opera. L’autore esprime una nota di delusione per la sua stessa creatura che, a suo dire, non è riuscito a dare una totale rappresentazione della Resistenza, cosa che invece riuscì a Beppe Fenoglio nel suo “Una questione privata”, opera capace di rammentare fedelmente e per lungo tempo la memoria della Resistenza ed i suoi valori.

Libro molto consigliato… quasi un libro di formazione.

La lingua perduta delle gru

La lingua perduta delle gru di David Leavitt – prima edizione 1986.

Dopo anni di percorrenza in oscuri sottoboschi umidi e pervasi di odori stantii, per caso mi imbatto, di nuovo in Leavitt… ed è di nuovo amore, come la prima volta.

Opera seconda dell’autore newyorkese autore di “Ballo di famiglia” con il quale ha fatto scalpore in America vincendo premi su premi.

Comincio col dire che non intendo spiegare il perchè del titolo. Lo troverete chiaramente spiegato circa a metà del libro.

Appartamento di new york, una normale famiglia americana vive la propria vita serenamente. I suoi componenti Rose, la madre, scova talenti letterari per una casa editrice; Owen, il padre, è sovrintendente all’ammissione degli studenti in una scuola privata di un certo prestigio; Philip, il figlio, venticinquenne che vive da solo e che causerà, con la rivelazione della propria omosessualità, una “esplosione controllata” della sua famiglia.

Proprio una esplosione controllata perchè anche Owen è gay senza aver mai avuto la voglia o la forza di uscire dal guscio; proprio il coraggio del figlio lo indurrà a confessare la propria condizione e a viverla finalmente alla luce del sole e non nell’oscuro fumoso di un cinema porno dove si reca tutte le domeniche pomeriggio.

La rivelazione onesta e diretta del figlio rende insostenibile per il padre, il mantenimento del proprio segreto; anzi quasi ne stimola una educazione sentimentale per la quale il padre prende a modello il figlio.

In mezzo a questi due modi diversi di vivere la diversità sessuale, sta Rose che viene travolta da questa doppia rivelazione (ma siamo sicuri che almeno del marito non avesse sospetti?); una donna forte, che ha sempre saputo come affrontare le difficoltà e che si trova presa in mezzo tra l’amore che prova per il marito e il figlio e la propria piccolezza mentale che le rende impossibile accettare la loro diversità. Eppure lei stessa non è certo un modello di virtù, visto che ha tradito più volte il proprio marito.

Ovviamente, come ogni buon libro, molti altri sono gli eventi e i personaggi che ruotano attorno alle vite dei tre protagonisti. E’ come se ogni protagonista fosse un fiume solitario che percorre il proprio cammino, svolge le proprie riflessioni, impara le proprie lezioni senza preoccuparsi di quanto accade agli altri due; mentre invece così non è.

Ora dovrei addentrarmi nel racconto dei personaggi ma Leavitt è un maestro nella capacità di raccontare intere personalità in poche parole. Se fosse un pittore, potremmo dire che con poche pennellate rappresenta la totalità del personaggio.

Leavitt ha questa grande caratteristiche di riuscire a far vivere i propri personaggi con grande chiarezza pur lasciando l’immaginazione del lettore libera di inventare le persone come meglio credono.

Indubbiamente il buon David ama la città di New York. E’ straordinario, infatti, quanto riesca a raccontarla in ogni più piccola sfumatura; il lettore si sente tele-trasportato nelle strade della città, vede la città illuminata dalla finestra dell’appartamento, sente il rumore dei taxi che la percorrono senza interruzione; respira gli odori dei vari quartieri che i protagonisti visitano nel loro vivere quotidiano.

Bellissimo libro di un bravissimo scrittore che, negli anni 80 rompeva gli schemi della letteratura con storie minime raccontate “da una certa distanza” infatti per tutto il romanzo si ha la sensazione di vedere gli accadimenti come se ci si trovasse su una balconata ad un paio di metri degli eventi.

Libro consigliatissimo.

 

Lolita

Lolita di Vladimir Vladimirovic Nabokov – prima edizione 1955.

E’ strano come la “cattiveria” della gente possa far danni. Di questo bellissimo romanzo avevo sentito solo parlare e credevo di sapere tutto, e invece non sapevo niente.

Dalla voce comune avevo intuito che fosse un libro scabroso, piccante, da indice ed invece è un bellissimo libro che parla di amore. Di un amore un po’ fuori dagli schemi ma pur sempre di amore. Certo un amore un po’ scabroso che nasce da un rapporto incestuoso e pedofilo ma la tenerezza con cui il protagonista parla della sua piccola Lolita è sintomo di un grande amore.

Ma andiamo per gradi e cominciamo con un brevissimo racconto della trama.

Il professore Humbert Humbert (voce narrante) è un professore di letteratura francese, quarantenne e di bell’aspetto che per circostanze fortuite si trova a fare conoscenza con Dolores Haze, dodicenne maliziosetta e spregiudicata di cui si innamora pazzamente.

Dolores ricorda al professore il suo grande amore di quando aveva tredici anni, Annabella.

Il professor Humbert è attratto morbosamente da quelle che lui stesso chiama “ninfette” e che illustrerà in una bellissima trattazione nel corso del libro.

All’inizio del loro rapporto l’attrazione da parte del professore è esclusivamente sessuale, non lo nego, ma nel corso della narrazione scoprirà di amare Dolores (che lui chiama Lolita) alla follia.

Pur di poter stare vicino a lei il professore sceglie di sposarne la madre; quando questa muore per un incidente, Humbert e Lolita partono per un lunghissimo viaggio sulle strade degli Stati Uniti. Dopo tanta peregrinazioni Humbert ottiene un nuovo impiego come insegnante in una cittadina e prova a dare a Lolita una parvenza di normalità, interpretando il ruolo di severo padre di famiglia.

La piccola si annoia e Humbert permette a Lolita (che si sente prigioniera) di frequentare un corso di teatro dove incontra il commediografo Quilty che aveva già conosciuto quando era stato ospite di sua madre.

Gli abitanti della cittadina mormorano sul rapporto tra Humbert e Lolita e quindi loro scappano ricominciando a viaggiare sulle strade degli Usa fino a quando Lolita viene ricoverata in ospedale e…

Il finale non ve lo racconto, per non togliervi la suspance della lettura.

La pubblicazione di questo libro è stata molto difficile perchè, vista la trama esplicita che parlava di pedofilia, molte case editrici si rifiutarono di pubblicarlo a meno che l’autore non tagliasse le parti più esplicite. Ovviamente Nabokov rifiutava e quindi il libro continuava a non venire editato.

Il libro è scorrevole e molto interessante; la capacità di scrivere di Nabokov è talmente elevata che sembra di provare le sensazioni che vengono raccontate. Tanto per fare un esempio, quando Nabokov racconta del caldo che prova Humbert nella casa della Haze, sembra davvero di sentire il morso caldo sulla pelle.

Ci tengo a precisare una cosa per non alimentare le voci che girano su questo libro.

Nelle oltre quattrocento pagine del romanzo non è contenuta alcuna descrizione o parola che possa essere ritenuta oscena e lo stile letterario è talmente elevato ed elegante, da potersi permettere di alludere senza mai descrivere apertamente, le situazioni scabrose.

Libro straordinario e scritto talmente bene da poter essere gustato da chiunque.

Chiudo questo piccolo racconto con l’incipit di questo libro. Un incipit dolcissimo che, per me, è tra i più belli di sempre.

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo.li.ta.

Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita”.

Libro consigliatissimo.

 

1Q84 – Libro 3

1Q84 – Libro 3 di Haruki Murakami – prima edizione 2010.

Si tratta del terzo e ultimo volume del libro di Murakami (i primi due volumi sono già stati recensiti nei mesi precedenti); in questo capitolo conclusivo i protagonisti veri sono ancora Aomame e Tengo che non si vedono da 20 anni ma che hanno sempre continuato a pensarsi con trasporto.

Ci sono anche tanti altri personaggi che fanno la loro comparsa in questa storia ma, per la maggior parte, sono elementi di contorno al racconto principale.

Come tipico dell’autore le due storie marciano parallele intervallate dal racconto di un detective privato, il cui compito è quello di stanare Aomame dal suo nascondiglio per consegnarla ai sicari della setta Sakigake. Questo è un gruppo religioso chiuso su se stesso di cui Aomame ha fatto parte da bambina, e che poi ha abbandonato. L’immagine pubblica della setta è poco chiara tanto è vero che sembra un incrocio tra una società segreta e la mafia.

Nei primi due libri Aomame e Tengo hanno iniziato un percorso di avvicinamento che li porta, in questo ultimo segmento, a ripercorrere mnemonicamente la loro infanzia e a chiedersi cosa stia facendo l’altro, se ancora si ricorda, e a desiderare fortemente di incontrarsi di nuovo.

Aomame deve nascondersi dalla setta Sakigake perchè ne ha ucciso il Leader e, durante questo suo esilio, avrà molto tempo per riflettere sul proprio passato e su cosa vuole fare nel suo futuro.

All’improvviso una novità cambia il progetto per il futuro di Aomame; la ragazza, nonostante tema di morire per mano dell’associazione religiosa, decide di non abbandonare la città (come era stato previsto) e di rimanere a Tokio almeno fino al capodanno per tentare di trovare Tengo.

Tengo, dal canto suo, è riuscito ad uscire abbastanza bene da una situazione che poteva essere potenzialmente molto pericolosa; la sua attenzione però viene spesso distratta dalle condizioni fisiche del padre, ricoverato presso una struttura per anziani che si trova parecchi chilometri fuori Tokio.

Spesso Tengo va a far visita al padre (chiaramente morente) e prova a costruire un rapporto padre-figlio che gli è sempre mancato, sia per la sua naturale sottomissione, sia per la disattenzione del padre.

Vedremo i due protagonisti principali vivere la propria vita in conseguenza delle loro scelte, provando a guidare il futuro verso un incontro che entrambi desiderano fortemente.

Ammetto di non conoscere completamente le simbologie giapponesi e pertanto sono convinto di essermi perso molti significati reconditi di questo romanzo ma, al contempo, posso affermare che ho fatto fatica nel portare a termine questa lettura.

I personaggi sono abbastanza immobili e troppo riflessivi per quelli che sono i miei gusti personali. Molto spesso si attardano in soliloqui infiniti che riprendono varie volte nel prosieguo del libro.

Per essere un romanzo che aspira ad essere avventuroso, c’è pochissima azione. L’unica vera sorpresa è quello che accade ad Aomame (e che non posso raccontare).

Insomma un romanzo lento. Sembra quasi di vedere quei vecchi film francesi dove, per indicare una emozione forte e importante, l’azione viene raccontata al rallentatore. Il fatto è che nel romanzo tutto è rallentato. Probabilmente l’intento dell’autore era quello di far rallentare il lettore e di farlo concentrare sui sentimenti dei vari attori ma, nel mio caso, questo non è accaduto. Spesso mi trovavo annoiato dalla lentezza del racconto. Nemmeno l’intervento della terza voce narrante, il detective Ushikawa, è riuscito a scuotermi dalla noia.

In fondo all’anima credo che questo romanzo avesse le potenzialità per piacermi molto ma per tutto quanto scritto sopra devo ammettere che non sono riuscito ad appassionarmi.

Libro non consigliato.