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Arkansas

Arkansasdi David Leavitt, edito da Mondadori – prima edizione 1998.

Il sottotitolo di questo libro è “tre storie” perché in realtà di questo si tratta. Il bravissimo Leavitt torna a dare il meglio di sé in queste tre brevi storie ambientate in quella comunità gay che ben conosce.

Nel primo racconto, intitolato “L’artista dei saggi di fine trimestre” lo scrittore ci porta a conoscenza di una pratica poco consona che dice essere spesso utilizzata in ambito universitario. Praticamente ci racconta come uno scrittore affermato (Leavitt stesso si suppone, visto che il racconto è scritto in prima persona) abbia “venduto” tesine sui più svariati argomenti in cambio di prestazioni sessuali.

La maggioranza dei lettori rimane stupita per la realtà e crudezza del racconto ma bisognerebbe stupirsi del fatto che così tanti studenti si prestino a comprare tesine scritte da altri pur essendo chiaramente a conoscenza di quale sia la richiesta in cambio.

Questo racconto, se davvero come l’autore dichiara, è la fedele riproposizione di quanto accade nella realtà, è la conferma di quanto io affermo da tempo: “ogni uomo ha il proprio prezzo”.

Nel secondo scritto intitolato “Nozze di legno” l’autore ci racconta di una riconciliazione e di una rottura. Ci sono tre vecchi amici che, dopo anni di lontananza, si rincontrano nella casa di Montesepolcro in Toscana. Nel loro passato ci sono storie che tutti conoscono ma che tutti cercano di nascondere agli altri (come se fossero degli errori). I tre amici capiscono fin da subito che la soavità che avevano nel loro passato non esiste più; forti di questa reale sensazione tutti si impegnano nel cercare di rappresentare al meglio il proprio personaggio. Ma la realtà non ammette recite e tutti gli schemi tattici salteranno prima del finale.

Da questo racconto ho tratto la conclusione che non ha senso fingere di essere qualcuno che non si è e, soprattutto che il passato è passato e non possiamo riportarlo indietro in alcun modo.

Il terzo e ultimo racconto si intitola “Saturn Street” ed è ambientato nella Los Angeles degli anni Novanta. Sono gli anni dell’edonismo ma, al contempo, sono anche gli anni della presa di coscienza riguardo all’Aids.

Un gruppo di uomini e donne che si fanno chiamare gli Angeli consegnavano pasti a domicilio alla gente costretta a letto dall’Aids.

Il protagonista di questo racconto, in crisi per un blocco creativo, scegli di aiutare questi malati nella speranza di riuscire a sbloccarsi. Quello che non sa è che invece incontrerà una serie di personaggi che lo metteranno di fronte alla realtà crudele della malattia; di fronte a quelle facce senza futuro, il nostro protagonista dovrà cedere un po’ del suo egoismo e condividere con loro la cosa più importante. Il tempo.

La grande capacità letteraria di Leavitt si conferma anche in questa serie di racconti. C’è tutto quello che serve per far si che il lettore rimanga avvinghiato alla storia. I personaggi sono, a volte, insopportabili come il protagonista del primo racconto, a volte adorabili come i malati a cui vengono consegnati i pasti.

Può sembrare un libro leggero ma, a saperlo leggere, si tratta di grandissima letteratura. Non è infatti facile condensare in pochissime pagine le storie, le emozioni, i sentimenti, i dubbi che tutti noi avremmo in queste situazioni.

Io non sono obiettivo perché lo stile e la capacità di raccontare tipica di Leavitt mi è sempre piaciuta moltissimo quindi, per me, da leggere assolutamente.

Alan Turing – Storia di un enigma

Alan Turing – Storia di un enigma di Andrew Hodges edito da Bollati Boringhieri, prima edizione 2014.

Questo è probabilmente il post più difficile da scrivere per due motivi. Primo: il libro non mi è piaciuto (ma questo non mi ha mai fermato); Secondo: perchè non l’ho terminato (dopo anni di onorata carriera di lettore ho trovato un libro più cocciuto di me).

Andiamo con ordine. Il libro racconta la tormentata vita del genio Alan Turing uno dei più grandi geni del ventesimo secolo. Turing nasce a Londra nel 1921 è considerato tra i padri della moderna informatica – spiegò la natura e i limiti teorici delle macchine logiche prima che fosse costruito un solo computer – fu un matematico fuori dal comune.

 Durante la Seconda guerra mondiale mise le sue straordinarie capacità al servizio dell’Inghilterra, entrando a far parte di Bletchley Park, la località top secret della principale unità di crittoanalisi del Regno Unito, e contribuì in modo decisivo alla decifrazione di Enigma, la complessa macchina messa a punto dai tedeschi per criptare le proprie comunicazioni, ribaltando così le sorti del conflitto.

Ma la sua fu anche una vita tormentata. Perseguitato per la sua omosessualità, fu condannato alla castrazione chimica. Umiliato, a soli 41 anni, si suicidò in circostanze misteriose morsicando una mela avvelenata con cianuro.

Nel 2013, dopo oltre sessant’anni dalla sua morte, la Regina Elisabetta gli ha «concesso» l’assoluzione reale.

Ora dopo aver ottemperato al necessario breve riassunto del saggio vorrei dirvi perchè non mi è piaciuto. Sicuramente il problema è mio e non del libro però mi sono annoiato per tutta la parte del libro che ho letto (oltre due terzi). Inoltre tutto il libro è infarcito di noiosissime “lezioni” di fisica e matematica che tolgono il divertimento della lettura e rendono quasi impossibile seguire la trama della storia.

Sono cosciente del fatto che essendo una biografia non possa essere avvincente come un romanzo ma, al contempo, credo che il ruolo di una biografia sia quello di essere affabulativo quindi che interessi il lettore alla vita e alle opere del personaggio in questione. Ecco di tutto questo nel volume non v’è traccia.

Ho trovato questo libro noioso e, in alcuni passaggi, assolutamente incomprensibile (probabilmente per la mia ignoranza abissale in matematica e fisica); E’ un peccato perchè la vita di Turing poteva davvero essere raccontata in maniera più interessante forse concentrandosi maggiormente sulla sua esistenza e meno sui suoi studi e ricerche.

Per le ragioni sopra esposte “libro assolutamente non consigliato”.

Da questo libro il bellissimo film “The imitation game”.

Senza vergogna

Senza Vergogna di Ursula Rutter Barzaghi edito da Tea prima edizione 1998.

Il sottotitolo di questo libro è “Una storia di coraggio contro l’AIDS”.

Enrico è malato di Aids e questa la sua storia raccontata dalla voce di una madre che non si arrende mai, che a tutti i costi vuole, per suo figlio, una vita piena di rispetto.

Riporto per intero il quarto di copertina perchè lo trovo bellissimo e chiarificante.<<“Ho potuto seguire con un solo occhio l’evolversi della malattia di mio figlio, perchè con l’altro ho dovuto vigilare che nessuno gli facesse più male dello stesso virus. Come una tigre mi sono battuta per sconfiggere ciò che poteva essergli nemico sia in me che negli altri, perchè il mio cucciolo voleva sorridere fino all’ultimo”. La storia di una madre che scopra la sieropositività del figlio e con lui affronta la paura, la sofferenza e il dolore ma anche l’isolamento e la vergogna. Madre e figlio insieme riescono, con il loro amore e la loro forza a vincere l’insicurezza dei famigliari, l’ostilità degli altri e l’indifferenza del mondo, trasformando una tragedia in una storia di solidarietà e amore.>>.

Credo sia inutile dilungarmi sul riassunto perchè quanto appena scritto è semplicemente perfetto. Seguiremo Ursula nella sua battaglia ed Enrico nel suo lento avvicinamento ad un finale che si intuisce dalle prime pagine.

Il libro sarebbe un normalissimo racconto di vita vera se non avesse una particolarità. E’ una storia italiana e in questo panorama affollato di libri che trattano lo stesso argomento ma sono tutti esteri, questa è una grande novità.

E’ uno scritto che cattura fin dalle prime righe perchè l’autrice non perde tempo in lunghi preamboli e ci introduce immediatamente nella vita di questo figlio amatissimo e fortissimo, nella sua schiettezza e nella sua faticosa lotta.

Ovviamente, proprio come ci si aspetta, in queste pagine troviamo momenti di divertimento, momenti di riflessione, di dolore ma il tutto è sempre condito dal desiderio di Ursula di dare al figlio la vita migliore possibile, ma anche dalla voglia di Enrico di non mollare mai, di continuare a lottare perchè la sua malattia esca da quel recesso sporco e puzzolente in cui è stato rinchiuso da anni di informazione terroristica.

In alcuni passaggi di questo bel romanzo mi è venuta in mente una scena del film Philadelphia quando i due avvocati sono seduti al tavolo della biblioteca e Andy legge la sentenza su cui si baserà tutta la sua accusa nei confronti dei suoi ex datori di lavoro: “L’aids è considerato un handicap ai sensi di legge non solo per le limitazioni fisiche che impone, ma anche per il pregiudizio che circonda l’aids, che esige la morte sociale che precede, e a volte accelera, la morte fisica. Questa è l’essenza della discriminazione: il formulare opinioni su altri non basate sui loro meriti individuali, ma piuttosto sulla loro appartenenza ad un gruppo con presunte caratteristiche”.

Ecco, questo è quanto si trova in questo libro-verità che sicuramente è ben scritto (anche se da un testo come questo, l’ultima cosa che si nota è il modo in cui è stato scritto).

Un libro che fa fare l’altalena al lettore; si passa dalle lacrime al sorriso e poi al riso pieno perchè, nonostante racconti una storia di sofferenza, i protagonisti di questa vicenda non perdono mai la capacità di sorridere e quella di amarsi incondizionatamente come, forse, dovremmo imparare a fare tutti. Fregandocene delle etichette.

Libro consigliato ma attenzione questo è un libro che vi cambia dentro.

Dimmi che credi al destino

Dimmi che credi al destino di Luca Bianchini edito da Mondadori prima edizione 2015.

Ancora una volta Bianchini ha centrato il bersaglio. Questo nuovo romanzo dell’autore torinese è una piccola gemma molto più intimista e profonda dei precedenti. Certo c’è sempre quell’aria scanzonata che fa apparire il libro più leggero di quello che è, ma in realtà quando il lettore si addentra nelle pieghe psicologiche dei personaggi, trova una profondità e una volontà di riuscire inattesa al principio.

Ma andiamo per gradi.

La protagonista (ma non è la sola) si chiama Ornella ed è la responsabile dell’Italia Bookshop, una libreria di Londra dove Ornella si è trasferita dopo aver abbandonato la nativa Verona ed il marito. Ha cinquantacinque anni ma solo dal punto di vista anagrafico perchè nel corso della narrazione sembra a volte una persona molto più anziana ed in altre occasioni una ragazzina appena adolescente.

Ornella ama Londra e i suoi cieli (ebbene sì per lei Londra ha molti cieli), il caffè con la moka e la panchina di un parco dove spesso incontra Mr George, un anziano signore a cui inspiegabilmente Ornella racconta tutte le sue gioie e soprattutto le sue disavventure.

Nel suo andirivieni tra il lavoro all’Italan Bookshop (dove la cosa più eccitanti sono i due pesci rossi che si chiamano Russel & Crowe) e la sua casa (dove celato nell’ombra vive il suo vicino di casa Bernard che forse la conosce meglio di quanto si conosca lei stessa), Ornella riceve inaspettata una batosta che rischia di azzerare tutte le volte che si è rialzata dopo una caduta. Il proprietario della libreria ha deciso di chiudere e saranno soltanto la faccia tosta di Ornella e la sua inguaribile speranza nel futuro a convincerlo a mettere in stand-bye il progetto per almeno due mesi.

Come tutte le volte che Ornella si trova nel dubbio, anche stavolta ricorre alla Patti. Lei è la migliore amica di Ornella (il loro rapporto è molto simile a quello di due sorelle), che arriva a Londra con poche idee ma tante scarpe e aiuterà la nostra eroina a capire quale sia la strada migliore per far ripartire la sua vita, che al momento gira un po’ a vuoto.

La prima decisione di Ornella per salvare la libreria sembra una follia. Assume part-time un giovane contabile napoletano che risponde al nome, guarda un po’, di Diego. Si tratta di una decisione anomala perchè la prima cosa che si pensa di fare per salvare un’attività traballante, è quella di ridurre i costi ed invece Ornella è “diversa” anche nel modo di affrontare questa crisi.

Diego è la napoletanità fatta persona (bisogna leggere il libro per capire questa mia affermazione). E’ talmente napoletano nella forma-mentis, che a suo confronto Gennarino Esposito è svedese.

Grazie all’effervescenza di Diego, alle lucide analisi folli della Patti, ai consigli di Mr George e al silenzioso apporto di Bernard, Ornella affronterà questa ennesima battaglia che la porterà ad guardare gli scheletri che ha rinchiuso nel suo armadio da troppo tempo, e che ormai sono diventati una zavorra che le impedisce di progredire nella sua vita.

Bianchini ha nel suo modo di scrivere, un qualcosa che ricorda i cantastorie medievali. Non si riesce mai a capire quali siano le vere intenzioni dell’autore perchè le nasconde sempre sotto un velo leggero ma sufficientemente spesso da impedirci una chiara visione. Anche al termine di questo ennesimo romanzo ci si ritrova nella condizione di non sapere se si è davvero capito tutto quanto l’autore volesse trasmettere.

Il romanzo è molto scorrevole e può sembrare leggero, ad un lettore poco attento; invece probabilmente si tratta del romanzo più “psicologico” di Bianchini. Lo definisco psicologico perchè ogni avvenimento, ogni parola, ogni scelta nascondono una ridda di motivazioni psicologiche che il lettore è invitato a scoprire da solo.

I personaggi sono molto ben definiti forse perchè l’intento dell’autore è quello di obbligare il lettore a concentrarsi sulla psicologia dei personaggi più che non sulla loro fisicità.

Come scrivevo all’inizio di questa chilometrica recensione, questo è veramente un bel romanzo; meno accogliente di quanto lo fosse il precedente “Io che amo solo te” ed il conseguente “La cena di Natale” ma sicuramente un libro che lancia al lettore una sfida più eccitante. Riuscire a rintracciare e comprendere tutte le verità nascoste nel corso del romanzo.

Ultima annotazione: tratto da una storia vera.

Libro da leggere con enorme attenzione ma sicuramente consigliatissimo.

Splendore

Splendore di Margaret Mazzantini edito da Mondadori prima edizione 2013.

I protagonisti di questo romanzo sono due ragazzi, che diventano poi due uomini e che vivono i propri destini. Il primo eclettico e vitale; carnale e sofferto il secondo. Un legame fortissimo che però ha tempi di realizzazione diversi.

I due protagonisti Guido e Costantino sono due navi che si incrociano nella nebbia, che iniziano un rapporto che potrebbe essere stupendo ma, a causa della differenza di tempi che c’è tra loro si trasforma in un lotta continua.

Guido è il figlio dei ricchi dell’ultimo piano e Costantino, ricco di umanità e spirito, è figlio del portiere e vive nel sotterraneo. Non c’è coppia peggio assortita di questi due adolescenti eppure, proprio per questo, l’attrazione chimica che svilupperà tra loro sarà fortissima.

Le loro vite scorreranno parallele e, durante il viaggio i due ragazzi si occhieggieranno più e più volte, si annuseranno, conoscendosi fino nell’anima.

Il loro rapporto sarà una continua attrazione e repulsione, vergogna e violenza, vicinanza e distanza.

La vita li allontanerà come solo lei sa fare, ma l’attrazione tra loro sarà tanto forte da farli rincontrare proprio quando credono di aver finalmente trovato la pace nella loro distanza. Ci saranno matrimoni veri ed altri di facciata. Ci saranno risate e lacrime, baci e pugni.

E’ stato il primo romanzo che io abbia letto della Mazzantini e temo che sarà anche l’ultimo.

La sua scrittura è aulica, pomposa, verbosa, autoreferenziale e sterile; sfoggia una gigantesca conoscenza di parole e costruzioni per scrivere una storia che gira, avanza, si arrotola su sé stessa, torna indietro, procede, si ritrae, divaga, continua senza mai giungere ad una vera esposizione di sentimenti.

I personaggi sono poco definiti, soprattutto dal punto di vista psicologico. Le ambientazioni sono banali e anche i rapporti che i due costruiscono al di fuori dal proprio, sono opachi come i vetri delle docce.

Ho riflettuto a lungo prima di scrivere questa recensione ma, la mia onestà intellettuale, reclama che io dica le cose come le penso. La storia in se poteva essere trattata molto meglio. A mio modestissimo parere, l’autrice avrebbe dovuto concentrare la sua attenzione non sulla difficoltà dei due di stare insieme, ma sulle cause psicologiche di tale difficoltà.

Poteva essere un grande, trionfale omaggio all’amore omosessuale ed invece è una insulsa storiella d’amore tra due uomini che lascia l’amaro in bocca.

Libro assolutamente non consigliato.

Io che amo solo te

Io che amo solo te di Luca Bianchini edito da Mondadori – prima edizione 2013.

Luca Bianchini deve essere affetto dalla stessa “malattia” di Camilleri perchè anche lui, come il maestro siciliano, non sbaglia un colpo. Anche questo nuovo libro è spettacolare e diverso.

Spettacolare per le ambientazioni che l’autore riesce a raccontare con amore e meraviglia (mi spiace Luca, ma si intuisce che ami la Puglia e la sua orografia), e meraviglia perchè con le sue descrizioni, lo scrittore, ci fa vedere, udire, assaporare e toccare la realtà in cui ambienta la sua storia.

La storia appunto. Tutto questo libro si basa su un matrimonio che si deve celebrare; Quello tra Chiara e Damiano che però, guarda il caso a volte come è strano, sono i rispettivi figli di Ninella e Don Mimì. Questi ultimi, furono innamorati e il loro matrimonio saltò per una questione che nel libro viene esplicitata.

Ninella è una vedova “cinquantina” e fa la sarta, ha due figlie e non ha dimenticato il suo Mimì; Don Mimì da parte sua è un pezzo grosso nella coltivazione delle patate e il matrimonio è anche un modo per rinforzare certi affari oltre che un’opportunità per stare di nuovo vicino a Ninella, senza ingelosire troppo la moglie che in paese tutti chiamano la Fist Lady.

Sfondo di questa love story a quattro, con il tempo che come uno yoyo continua il suo avanti e indietro, è la splendida Polignano a Mare, cittadina bianca e arroccata, con il suo lungomare, la statua di Domenico Modugno e il suo Maestrale che, quasi fosse un prologo, ci introduce alla storia di queste due coppie e che rimarrà presente per tutta la narrazione, quasi come un invitato importante ma scomodo.

Dunque dicevo, Chiara e Damiano devono sposarsi ed entrambi si impegnano nei preparativi del matrimonio che sarà sontuoso e del quale i polignanesi parleranno per anni. Entrambi hanno i loro dubbi e le loro certezze. Nulla è lasciato al caso. Dal vestito (e quante volte Ninella ci deve mettere mano) agli antipasti; dall’Ave Maria al bouquet “semi-cascante” passando per i testimoni.

Attorno ai “due + due” protagonisti di questo libro si muove una pletora di personaggi che ruota intorno alla storia; abbiamo un fotografo forse un po’ farfallone, gli amici dello sposo sempre pronti a fare bisboccia, la sorella della sposa che deve perdere cinque chili e la verginità prima delle nozze, e il fratello dello sposo terribilmente insicuro di sé stesso e della storia d’amore che sta vivendo (purtroppo soltanto nella sua fantasia); talmente tentennante da farsi accompagnare al matrimonio da una finta fidanzata.

Tanto per tirare un po’ le somme: in questo bel romanzo assisteremo ai preparativi prima, e al matrimonio poi tra i due giovani ma forse anche ad un nuovo inizio, per un amore che è stato ferito dalle brutture della vita ma che non ha mai smesso di ardere nei cuori dei due protagonisti.

Mi rendo conto solo ora di aver scritto tanto ma di non aver detto ancora nulla. Non vi rimane che leggere questo libro divertente, affascinante e magico che stimola la fantasia del lettore e che lo trasporta in una realtà moderna ma antica, popolata di gente straordinariamente capace di grandi passioni e di grandi amori.

Libro consigliatissimo.

 

La lingua perduta delle gru

La lingua perduta delle gru di David Leavitt – prima edizione 1986.

Dopo anni di percorrenza in oscuri sottoboschi umidi e pervasi di odori stantii, per caso mi imbatto, di nuovo in Leavitt… ed è di nuovo amore, come la prima volta.

Opera seconda dell’autore newyorkese autore di “Ballo di famiglia” con il quale ha fatto scalpore in America vincendo premi su premi.

Comincio col dire che non intendo spiegare il perchè del titolo. Lo troverete chiaramente spiegato circa a metà del libro.

Appartamento di new york, una normale famiglia americana vive la propria vita serenamente. I suoi componenti Rose, la madre, scova talenti letterari per una casa editrice; Owen, il padre, è sovrintendente all’ammissione degli studenti in una scuola privata di un certo prestigio; Philip, il figlio, venticinquenne che vive da solo e che causerà, con la rivelazione della propria omosessualità, una “esplosione controllata” della sua famiglia.

Proprio una esplosione controllata perchè anche Owen è gay senza aver mai avuto la voglia o la forza di uscire dal guscio; proprio il coraggio del figlio lo indurrà a confessare la propria condizione e a viverla finalmente alla luce del sole e non nell’oscuro fumoso di un cinema porno dove si reca tutte le domeniche pomeriggio.

La rivelazione onesta e diretta del figlio rende insostenibile per il padre, il mantenimento del proprio segreto; anzi quasi ne stimola una educazione sentimentale per la quale il padre prende a modello il figlio.

In mezzo a questi due modi diversi di vivere la diversità sessuale, sta Rose che viene travolta da questa doppia rivelazione (ma siamo sicuri che almeno del marito non avesse sospetti?); una donna forte, che ha sempre saputo come affrontare le difficoltà e che si trova presa in mezzo tra l’amore che prova per il marito e il figlio e la propria piccolezza mentale che le rende impossibile accettare la loro diversità. Eppure lei stessa non è certo un modello di virtù, visto che ha tradito più volte il proprio marito.

Ovviamente, come ogni buon libro, molti altri sono gli eventi e i personaggi che ruotano attorno alle vite dei tre protagonisti. E’ come se ogni protagonista fosse un fiume solitario che percorre il proprio cammino, svolge le proprie riflessioni, impara le proprie lezioni senza preoccuparsi di quanto accade agli altri due; mentre invece così non è.

Ora dovrei addentrarmi nel racconto dei personaggi ma Leavitt è un maestro nella capacità di raccontare intere personalità in poche parole. Se fosse un pittore, potremmo dire che con poche pennellate rappresenta la totalità del personaggio.

Leavitt ha questa grande caratteristiche di riuscire a far vivere i propri personaggi con grande chiarezza pur lasciando l’immaginazione del lettore libera di inventare le persone come meglio credono.

Indubbiamente il buon David ama la città di New York. E’ straordinario, infatti, quanto riesca a raccontarla in ogni più piccola sfumatura; il lettore si sente tele-trasportato nelle strade della città, vede la città illuminata dalla finestra dell’appartamento, sente il rumore dei taxi che la percorrono senza interruzione; respira gli odori dei vari quartieri che i protagonisti visitano nel loro vivere quotidiano.

Bellissimo libro di un bravissimo scrittore che, negli anni 80 rompeva gli schemi della letteratura con storie minime raccontate “da una certa distanza” infatti per tutto il romanzo si ha la sensazione di vedere gli accadimenti come se ci si trovasse su una balconata ad un paio di metri degli eventi.

Libro consigliatissimo.

 

Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport

Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport di Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano edito da Giunti prima edizione 2012.

Dunque, sono un po’ confuso riguardo a questo libro.

Viene trattato il tema dell’omosessualità nel mondo dello sport ma contemporaneamente si racconta della storia dello sport dall’antichità ai giorni nostri e di come l’omosessualità venisse vissuta nei tempi antichi.

Una storia di sport che si confronta in maniera inedita con il lato sentimentale, e per questo più genuinamente umano, dei suoi protagonisti.

Ogni capitolo finisce con il racconto della vita di un campione dello sport che ha combattuto la propria battaglia sui campi sportivi ma soprattutto quella dell’accettazione del proprio “stile di vita”; ci sono quelli che hanno vinto e del loro outing ricordano soltanto i lati positivi, ma ci sono anche le storie che sono finite male.

Tra cambi di sesso e misteri del doping, ermafroditi, stupri “correttivi”, chiaroscuri di vittorie e di sconfitte sul campo e nell’anima, passando per il giallo irrisolto di un asso del pallone che finì in tragedia del desiderio e degli affetti, questo libro è fatto da mille avventure di vita prima che di sport.

E’ un libro che coinvolge e ci sprona a scendere in campo contro ogni forma di razzismo, omofobia o prevaricazione in cui la sola posta in palio è che ognuno possa essere libero di diventare se stesso.

Sicuramente un libro che testimonia anche quanta strada ancora resta da percorrere sulla via della civiltà.

I racconti dei campioni sono pezzi indimenticabili di letteratura e di vita, a tratti carichi di sofferenza, altre di riscatto e di successo come persone, prima che come uomini e donne di sport.

Mi ripeto, l’argomento c’è, le storie pure, la cronicità anche eppure non sono sicuro che il tutto si armonizzi come dovrebbe, che il miracolo avvenga come la lievitazione perfetta di un dolce nel forno; le parti storiche e quelle monografiche sembrano essere slegate, come se gli autori avessero lavorato separatamente senza mai comunicare tra loro e senza mai avere dall’altro un feed-back sul lavoro che stava preparando.

Libro interessante che però, a mio modesto parere, doveva essere strutturato armonizzando meglio la parte storica e le storie dei vari campioni sportivi; oppure separando nettamente le due parti, prima raccontando lo sviluppo storico dello sport dall’alba dei tempi fino ai giorni nostri e successivamente allegando tutte le storie dei campioni.

Libro “educativo” ma forse un po’ slegato.