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Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport

Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport di Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano edito da Giunti prima edizione 2012.

Dunque, sono un po’ confuso riguardo a questo libro.

Viene trattato il tema dell’omosessualità nel mondo dello sport ma contemporaneamente si racconta della storia dello sport dall’antichità ai giorni nostri e di come l’omosessualità venisse vissuta nei tempi antichi.

Una storia di sport che si confronta in maniera inedita con il lato sentimentale, e per questo più genuinamente umano, dei suoi protagonisti.

Ogni capitolo finisce con il racconto della vita di un campione dello sport che ha combattuto la propria battaglia sui campi sportivi ma soprattutto quella dell’accettazione del proprio “stile di vita”; ci sono quelli che hanno vinto e del loro outing ricordano soltanto i lati positivi, ma ci sono anche le storie che sono finite male.

Tra cambi di sesso e misteri del doping, ermafroditi, stupri “correttivi”, chiaroscuri di vittorie e di sconfitte sul campo e nell’anima, passando per il giallo irrisolto di un asso del pallone che finì in tragedia del desiderio e degli affetti, questo libro è fatto da mille avventure di vita prima che di sport.

E’ un libro che coinvolge e ci sprona a scendere in campo contro ogni forma di razzismo, omofobia o prevaricazione in cui la sola posta in palio è che ognuno possa essere libero di diventare se stesso.

Sicuramente un libro che testimonia anche quanta strada ancora resta da percorrere sulla via della civiltà.

I racconti dei campioni sono pezzi indimenticabili di letteratura e di vita, a tratti carichi di sofferenza, altre di riscatto e di successo come persone, prima che come uomini e donne di sport.

Mi ripeto, l’argomento c’è, le storie pure, la cronicità anche eppure non sono sicuro che il tutto si armonizzi come dovrebbe, che il miracolo avvenga come la lievitazione perfetta di un dolce nel forno; le parti storiche e quelle monografiche sembrano essere slegate, come se gli autori avessero lavorato separatamente senza mai comunicare tra loro e senza mai avere dall’altro un feed-back sul lavoro che stava preparando.

Libro interessante che però, a mio modesto parere, doveva essere strutturato armonizzando meglio la parte storica e le storie dei vari campioni sportivi; oppure separando nettamente le due parti, prima raccontando lo sviluppo storico dello sport dall’alba dei tempi fino ai giorni nostri e successivamente allegando tutte le storie dei campioni.

Libro “educativo” ma forse un po’ slegato.

 

La grande bugia

La grande bugia di Gianpaolo Pansa

sottotitolo: “Le sinistre italiane e il sangue dei vinti” edito da Sperling Paperback – prima edizione 2006.

Ho riflettuto a lungo sull’opportunità di recensire o meno questo libro di Pansa perchè è indubbiamente uno scritto scomodo; Scomodo per l’autore che è stato accusato di revisionismo dall’intellighenzia di sinistra, e pericoloso per il mio piccolo blog visto che potrebbe attirarmi una grandinata di commenti negativi.

Quello che però mi ha convinto a pubblicare il commento, accada quel che accada, è la certezza che se non lo facessi piegherei la mia libertà ad un silenzio colpevole e la mia persona ad un comportamento non consono con le mie convinzioni di libertà.

Giampaolo Pansa è un giornalista di sinistra (è lui stesso che si definisce così nel corso del libro) che, fin dai tempi della laurea, ha studiato il periodo fascista e gli avvenimenti successivi alla fine di quella che lui chiama “guerra civile” terminata con il 25 aprile.

Se il suo sguardo indagatore si fermasse a questa data probabilmente poco o nulla si potrebbe muovergli come accusa; invece l’autore si interessa anche di tutte quelle “azioni” compiute dai partigiani successivamente alla liberazione, e che assomigliano moltissimo a rivalse o vendette nei confronti dei fascisti o dei loro sostenitori.

Nel corso del libro, parlando di sé stesso, Pansa si definisce “un autore che è sicuramente un antifascista e anche un uomo di sinistra, ma che non sta al galateo della vulgata, come si osa dire. Ossia della storia più retorica e parziale dell’antifascismo e della Resistenza”.

Non sarà presente alcuna opinione personale perchè, non essendo io uno storico e avendo conoscenze lacunose del periodo in analisi rischierei di espormi ad errori marchiani. Lascio ogni commento a chi sia convinto di conoscere abbastanza approfonditamente quel periodo e quegli accadimenti.

Dopo questo preambolo assolutamente necessario vediamo cosa ha da raccontarci questo libro.

E’ un saggio duro, documentato e scomodo che mette in discussione il mito resistenziale e il ruolo giocato dai comunisti nel costruirlo. Pansa replica in pratica a chi rifiuta qualsiasi forma di ripensamento o di autocritica.

Il ritratto reticente, incompleto, spesso falso della nostra guerra civile, delineato e protetto per sessant’anni dalle sinistre italiane, è quel che l’autore definisce la Grande Bugia.

Uno scudo dietro cui si sono nascosti tanti di coloro che hanno cercato di screditare il suo lavoro: politici, giornalisti, baroni universitari, furbetti del quartierino storiografico, antifascisti autoritari. Tutti citati in questo libro con tanto di nome e cognome e descritti nella loro sterile faziosità.

Un libro di battaglia politica e civile, percorso da una cattiveria allegra, che a tratti assume toni al vetriolo.

Pansa così chiarisce i motivi per cui certa sinistra si accanisca tanto contro i suoi lavori che, in fondo, provano a mettere una luce in certi angoli bui, senza tentare di travisare la storia, cercando esclusivamente di chiarire alcuni comportamenti oscuri: “Agli occhi degli esorcisti (chiama così quelli che attaccano il suo lavoro) la mia colpa peggiore è stata di infrangere nello stesso momento, due tabù. Il reato numero uno è stato di raccontare senza peli sulla lingua il nostro dopoguerra di sangue, un tema pericoloso, da lasciar maneggiare soltanto a mani più prudenti delle mie, quelle degli storici professionisti.

Il reato numero due era connesso al primo: mi ero permesso di farlo senza appartenere alla corporazione degli storici di sinistra, il sotto-clan più potente e più coeso nel grande clan degli accademici, i docenti che siedono su una cattedra universitaria”.

In fondo forse, il motivo di tanta rabbia verso Pansa è soltanto il fatto che abbia osato far tornare rosso e reale il sangue dei vinti. Che abbia ricordato a tutti i lettori che, indipendentemente dalla ragione o dal torto, dallo stare dalla parte giusta o sbagliata della storia, anche tra i vinti ci sono state persone (di cui molti giovani e giovanissimi) che hanno combattuto per i propri ideali, e che sono stati uccisi non sempre in guerra, ma spesso in azioni che avevano tutto l’aspetto di vendette feroci.

Libro duro e crudo ma sicuramente consigliato a chi ha la mentalità aperta e la voglia di provare ad ascoltare una storia nota raccontata da un punto di vista diverso dal consueto.