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Il barone rampante

Il barone rampante di Italo Calvino – prima edizione 1957.

Cosimo, figlio dodicenne del Barone di Ombrosa, paese immaginario della Liguria, è un giovane ribelle e non accetta di sottostare alle regole di etichetta. Una sera a cena si rifiuta di mangiare le lumache cucinate dalla sorella; richiamato dai genitori Cosimo si arrampica sull’elce del proprio giardino e promette di non scendere più.

All’inizio tutti prendono la sua uscita come una ragazzata ma ben presto si accorgeranno che il convincimento del ragazzo è molto forte e che davvero non ha alcuna intenzione di scendere dall’albero.

Il suo albero è la sua casa è vero, ma al contempo è anche la sua prigione e così Cosimo inizia ad esplorare il suo territorio passando di ramo in ramo, di albero in albero.

Si accorge che con questo sistema può andare anche molto lontano e così inizia ad allontanarsi sempre più dalla casa paterna. Il primo luogo che visita è il giardino degli Ondariva che praticamente confina con la loro proprietà. Qui vede per la prima volta vede e conosce Violante (nota come Viola), la figlia dei suoi vicini, della quale si innamora.

Viola viene allontanata dai suoi genitori per la sua frequentazione con Cosimo e perchè partecipa alle scorribande di un gruppo di ragazzini che assaltano le proprietà per rubare la frutta.

Cosimo non può seguirla e per lenire il suo dolore inizia a rendere più confortevoli i suoi alberi costruendo giacigli e comodità varie supportato dal fratello (che è poi la voce narrante).

I genitori preoccupati per la sua educazione convincono il giovane e il suo precettore a sottoporlo a lezioni (sempre sull’albero).

Nel corso delle sue scorribande arboree Giacomo entrerà in contatto con il popolo ma anche con dei loschi figuri come il bandito Gian dei Brughi che si nasconde in quei boschi. Spaventato ma al contempo affascinato dal personaggio, Cosimo stringe amicizia con il losco figuro al punto da prestargli i suoi libri di lettura perchè nella latitanza, il malfattore, si annoia.

Altre vicissitudini attendono il giovane che alla morte del padre diventa Barone e prende il controllo dei beni di famiglia (sempre stando sugli alberi).

Un giorno il suo cane (Ottimo Massimo) scappa e nell’inseguirlo Cosimo si imbatte in una bellissima amazzone che scopre essere Viola. L’amore tra i due sboccia nuovamente imperioso e ricco di passione, e i due amanti passano settimane ricche di amore reciproco.

Viola però scappa in Inghilterra per paura della rivoluzione e Cosimo si ritrova nuovamente solo e diverso da tutti gli altri.

Quando Cosimo si ammala viene assistito dall’intera comunità che lo sollecita a scendere ma lui si rifiuta categoricamente; Un giorno sorprende tutti: si arrampica sulla cima di un albero, si aggrappa ad una mongolfiera dell’aeronautica di passaggio e scompare nel cielo, senza tradire il suo intento di non rimettere più piede sulla terra.

Questo è un grandissimo romanzo, che dimostra ancora una volta (se ce ne fosse ancora bisogno) la grande fantasia di un autore straordinario quale è Calvino.

L’intreccio del libro è avvincente, i personaggi sono disegnati quel tanto che basta a titillare la fantasia del lettore; gli eventi si susseguono rapidi; la scrittura è scorrevole e piacevole.

Che posso dire di più? come già accaduto negli altri due libri della trilogia (Il visconte dimezzato e Il cavaliere inesistente), Calvino lascia libera la sua fantasia di correre negli sterminati spazi e ci racconta una storia fantastica ma reale, immaginifica ma sentimentale. Un grande romanzo, una storia surreale, un personaggio diverso (come è sempre per quelli di Calvino), una ambientazione struggente… insomma, un grande romanzo assolutamente da leggere e far leggere.

Libro molto consigliato.

 

In principio

In principio… 2001 modi di iniziare un romanzo di Giacomo Papi e Federica Presutto edito da Baldini & Castoldi. prima edizione 2000.

Questo libro nasce da un’idea semplice e acuta come l’uovo di Colombo. Un’idea che pertanto è destinata a riproporsi com esemplare. Raccogliere migliaia di inizi di romanzi, classificarli secondo generi, epoche e Paesi, ma anche per bellezza e bruttezza. E infine ricostruire, copiando e incollando, costellazione narrative che sembrano ideate nel laboratorio di Borges o di Calvino, quasi a dimostrare che al principio c’è davvero la parola, il verbo e poi, ma solo dopo, tutto il resto.

Un concentrato di romanzi in pillola da sfogliare distrattamente o da leggere tutto d’un fiato, come si leggevano, una volta, avventure e feuilletton. Lasciandosi andare al gusto del gioco e a quello della narrazione.

Se riconoscere l’inizio di Pinocchio o di Moby Dick è facile, altri inizi potrebbero svelare lacune ed amnesie insospettabili, oppure risvegliare l’irrefrenabile desiderio di proseguire, oltre l’incipit, fino alla fine.

Questo gradevolissimo e documentatissimo libro non si propone nessun intento di ricerca, ma esibisce solo una sorta di insaziabile appetito romanzesco nello sfogliare migliaia e migliaia di storie per registrarne le aperture, e il gusto di riunire poi questi inizi secondo un disegno capriccioso e divertito, individuando filoni, rimandi, ossessioni, vezzi e cadenze.

In ogni caso, la lettura di questo libro può costituire un buon esercizio per educare il gusto, per riconoscere i colpi di stile, le idee felici.

Con questo libro si possono fare anche dei giochi di società. Vince chi sa riconoscere più inizi. Naturalmente è un gioco per persone preparate e con buona memoria. Purtroppo esclude chi non riconosce neppure “Quel ramo del lago di Como…”.

Insomma, questo libro serve a molte cose.

Libro consigliato per una lettura impegnativa ma divertente.

La regina di Pomerania

La regina di Pomerania e altre storie di Vigàta di Andrea Camilleri edito da Sellerio prima edizione 2012.

Io proprio non so come faccia. Probabilmente Camilleri è un genio perchè anche questa ennesima fatica è stupenda.

Si tratta della raccolta di otto storie minime che si svolgono a Vigàta tra il 1893 e il 1950. Si va dalla storia di un amore alla “Giulietta e Romeo” alla vita di un ragazzo che crede di non avere un padre per scoprire poi che invece ne ha una folla, passando attraverso la storia della Regina di uno stato a scadenza proprio come una mozzarella.

Come suo solito Camilleri, da quell’abile pittore che è, dipinge i personaggi e le ambientazioni in maniera meravigliosa Per i personaggi gli bastano poche pennellate per stimolare la fantasia del lettore che termina l’immagine appena abbozzata. Riesce a far amare o odiare i vari attori esattamente come vuole lui.

L’autore prende il lettore per mano e lo trasporta in una realtà differente ma uguale, strana ma consueta, rassicurante e al tempo stesso spaventosa.

Insomma in questo libro c’è il meglio di Camilleri e la sua capacità affabulatoria, senza peraltro l’ingombrante presenza di Montalbano che ormai è inscindibilmente collegato al nome di Camilleri.

Il libro è scritto in dialetto ma questo anziché essere un limite è un vantaggio, perchè nella parlata della gente si sentono tutti i sentimenti che provano. Forse qualcuno non molto avvezzo alla lingua potrà trovare qualche difficoltà iniziale, ma sono convinto che perseverando nella lettura avverrà nuovamente la magia che permette di illuminare la mente dei lettori a Bolzano come a Roma, a Cagliari come a Treviso.

Nel corso del questi otto racconti troviamo, in ordine sparso, battibecchi da circolo, lambiccati bizantinismi, ludi e motteggi, eterne liti familiari, infervoramenti carnali, sbatacchiamenti, oneste mignotterie, dolorosi stupori e premurose cordialità.

Il libro non è strutturato cronologicamente, quindi si salta tranquillamente da fine ottocento a metà novecento per poi tornare ai bagliori del ventesimo secolo.

I personaggi sono vari e compositi; si passa da “una Giulietta che sancisce l’imbecillità del suo Romeo ad un diplomatico e impassibile truffatore; c’è il console onorario di un regno provvisorio esportatore di cani dati in saldo; una Cenerentola che è una melarosa dal letto ospitale; due gelatai leali contendenti per amore e per dispetto; un marchese dall’eccitazione costante e alla fine crudele; un asino chiamato Mussolini che verrà ribattezzato Curù; un tavolinetto a tre piedi, che sa come castigare l’imprevidenza di un neofita delle sedute spiritiche; un’epidemia di lettere anonime che portano alla luce verità vere e altre meno e altre storie e personaggi straordinari e ordinari, buoni e cattivi.

Insomma in questo bellissimo libro c’è tutto il Camilleri conosciuto eppure, proprio come un prisma che colpito dalla luce con una angolazione differente scatena nuove meraviglie, si vede un nuovo volto dell’autore, una nuova prospettiva che, ancora una volta, lascia il lettore stupefatto dalla quantità di fantasia e dalla bravura nel raccontare gli uomini, le loro vite, speranze e disgrazie.

Ovviamente libro molto consigliato.

 

Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport

Il campione innamorato – Giochi proibiti dello sport di Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano edito da Giunti prima edizione 2012.

Dunque, sono un po’ confuso riguardo a questo libro.

Viene trattato il tema dell’omosessualità nel mondo dello sport ma contemporaneamente si racconta della storia dello sport dall’antichità ai giorni nostri e di come l’omosessualità venisse vissuta nei tempi antichi.

Una storia di sport che si confronta in maniera inedita con il lato sentimentale, e per questo più genuinamente umano, dei suoi protagonisti.

Ogni capitolo finisce con il racconto della vita di un campione dello sport che ha combattuto la propria battaglia sui campi sportivi ma soprattutto quella dell’accettazione del proprio “stile di vita”; ci sono quelli che hanno vinto e del loro outing ricordano soltanto i lati positivi, ma ci sono anche le storie che sono finite male.

Tra cambi di sesso e misteri del doping, ermafroditi, stupri “correttivi”, chiaroscuri di vittorie e di sconfitte sul campo e nell’anima, passando per il giallo irrisolto di un asso del pallone che finì in tragedia del desiderio e degli affetti, questo libro è fatto da mille avventure di vita prima che di sport.

E’ un libro che coinvolge e ci sprona a scendere in campo contro ogni forma di razzismo, omofobia o prevaricazione in cui la sola posta in palio è che ognuno possa essere libero di diventare se stesso.

Sicuramente un libro che testimonia anche quanta strada ancora resta da percorrere sulla via della civiltà.

I racconti dei campioni sono pezzi indimenticabili di letteratura e di vita, a tratti carichi di sofferenza, altre di riscatto e di successo come persone, prima che come uomini e donne di sport.

Mi ripeto, l’argomento c’è, le storie pure, la cronicità anche eppure non sono sicuro che il tutto si armonizzi come dovrebbe, che il miracolo avvenga come la lievitazione perfetta di un dolce nel forno; le parti storiche e quelle monografiche sembrano essere slegate, come se gli autori avessero lavorato separatamente senza mai comunicare tra loro e senza mai avere dall’altro un feed-back sul lavoro che stava preparando.

Libro interessante che però, a mio modesto parere, doveva essere strutturato armonizzando meglio la parte storica e le storie dei vari campioni sportivi; oppure separando nettamente le due parti, prima raccontando lo sviluppo storico dello sport dall’alba dei tempi fino ai giorni nostri e successivamente allegando tutte le storie dei campioni.

Libro “educativo” ma forse un po’ slegato.

 

Il viaggio dell’elefante

Il viaggio dell’elefante di José Saramago edito da Einaudi – prima edizione 2008.

Ancora un libro di Saramago? Ebbene si. Questo autore mi piace moltissimo e quindi recensisco ogni suo scritto.

Questo romanzo è diverso dagli altri che ho letto del grande autore lusitano; diverso perchè meno intimista del consueto, meno introspettivo, meno riflessivo.

L’azione si svolge alla metà circa del XVI secolo. Mentre i venti della protesta luterana spazzano l’Europa, a Lisbona fa la sua comparsa l’elefante Salomone che arriva direttamente dalle Indie insieme al suo “cornac” di nome Subhro. Come tutte le cose nuove, Salomone suscita nei lisboeti attrazione e curiosità, ma passato il primo momento di orgiastico interesse, l’elefante Salomone passa la sua vita a mangiare e dormire.

Il sovrano del Portogallo, João III e sua moglie Caterina d’Austria decidono di inviarlo in dono all’arciduca Massimiliano, proprio ora che questi si trova a Valladolid in qualità di Reggente di Spagna.

Il regalo viene accettato, e così si procede ad organizzare la carovana che dovrà accompagnare il portentoso quadrupede ed il suo cornac prima da Lisbona al confine con la Spagna, e poi da Valladolid fino a Vienna, passando per Genova, Verona, Padova e Innsbruck.

Il romanzo è quindi il racconto di questo viaggio, di questa variopinta comitiva di ufficiali, servitori, soldati, preti, cavalli e buoi che, in mezzo a molte difficoltà e tra ali di gente entusiasta, ha il compito di scortare il prezioso dono fino a Vienna, dove l’elefante sarà artefice di un “miracolo” squisitamente umano.

Fin qui il breve riassunto del libro. Ora ci addentriamo tra le pagine alla ricerca delle emozioni, dei profumi, dei sapori che il grande Saramago dispensa a piene mani.

E’ strano come il protagonista di questo libro sia l’unico che in realtà non fa assolutamente niente, si limita a camminare e poi attende che il resto del mondo giri intorno a lui; E così, puntualmente, accade. Quasi una metafora della vita.

Tutto il resto della comitiva è costretta ad adeguarsi al volere di Salomone. E’ lui che conduce il gioco; il suo stesso cornac si guarda bene da provare a fargli fare qualcosa contro la sua volontà; se Salomone ha voglia di fare un pisolino… la comitiva si ferma e aspetta che il pachiderma si svegli.

E’ quasi dicotomico vedere come la comitiva sia percorsa da ondate di attività frenetica, e al contempo Salomone sia placidamente intento a mangiare, bere, dormire o, semplicemente, a non fare niente.

Io interpreto questa dicotomia come quella presente nella società contemporanea dove il popolino (cioè la maggior parte delle persone) si devono affannare per cercare di sopravvivere, e invece pochi eletti (qua rappresentati dal pachiderma) possano vivere serenamente serviti e riveriti di tutto punto senza nemmeno aver bisogno di impegnarsi molto.

Il personaggio di Salomone però non è un personaggio “negativo” infatti spesso, nel corso del romanzo, ha degli slanci di affetto che lo portano a realizzare azioni che sorprendono il suo stesso cornac (e noi lettori con lui) per intensità e profondità.

E’ triste realizzare come tutti gli altri personaggi del libro, peraltro raccontati splendidamente dalle parole dell’autore, siano un contorno all’elefante. Gli stessi arciduchi con la loro prosopopea, sono solo comparse che elevano, in controcanto, una sperticata lode al pachidermico regalo ricevuto dal sovrano del Portogallo.

Grandissima l’abilità di Saramago che, come al solito, ci racconta una storia nell’intento di raccontarne due; infatti, mentre ci racconta la storia del magnifico viaggio dell’elefante Salomone, parallelamente ci informa sulla situazione socio-policito-culturale della penisola iberica del XVI secolo.

Il metodo di scrittura è quello tipico del miglior Saramago. Punteggiatura quasi inesistente e frasi appiccicate le une alle altre ma, nonostante questa piccola fatica, il libro scorre costante al ritmo del viaggio dell’elefante.

Libro consigliato.

 

La mappa del destino

La mappa del destino di Glenn Cooper edito da Editrice Nord – prima edizione 2011

Questo libro non funziona, o forse non funziona per me. Ho già letto altri due libri di Cooper, “La biblioteca dei morti” e “Il libro delle anime”, e ricordo che non mi avevano particolarmente affascinato. Questo terzo libro “La mappa del destino” è la conferma in peggio di quelle sensazioni che avevo avuto nel corso della lettura degli altri libri.

Come i due precedenti è un libro che non conquista la mia attenzione, la mia curiosità.

Il libro va in tante direzioni senza, realmente prediligerne una. Teoricamente il libro dovrebbe raccontare di una grande scoperta, il ritrovamento di una caverna abitata da uomini primitivi, con pitture rupestri alle pareti, ma nel prosieguo del libro si intrecceranno altre storie;

Ci sono delle particolarità in questa caverna; Non vengono rappresentati, come al solito, soltanto gli animali o scene propiziatrici della caccia, ma anche delle piante, nello specifico tre piante; questa cosa è particolarmente strana e il protagonista del libro che è un paleontologo francese molto famoso.

Nel dipanarsi degli eventi, il protagonista dovrà affrontare parecchie difficoltà e scoprire che le tre piante rappresentate sui muri della caverna sono gli ingredienti di una mistura “magica”, che ha poteri molto particolari.

Parallelamente a questa prima storia, l’autore ne racconta altre due; una è appunto il racconto della vita dei primitivi che abitavano la valle ove si trova la caverna e di come abbiano realizzato le pitture per raccontare la loro vita. Questo racconto ci permette di studiare le reali condizioni di questo gruppo, le loro meccaniche sociali e la loro storia.

Il terzo filone che troviamo è quello della vita di San Bernardo da Chiaravalle che viene tirato in ballo in quanto la grotta contenente i dipinti, viene reperita nelle vicinanze di un monastero dove, dopo un incendio,i frati trovano un manoscritto in cui si racconta della grotta e delle piante in essa rappresentate.

Nel corso del libro l’autore riesca a portare avanti parallelamente i tre racconti fino poi a congiungerle sul finale.

La storia non è nemmeno brutta, potrebbe anche essere un qualcosa di valido ma, forse lo stile di scrittura di Cooper, forse il fatto che per i primi capitoli il racconto del libro sia assolutamente slegato, fa si che non abbia conquistato il mio desiderio di continuare la lettura. L’ho portato a termine perchè, in fondo, è un libro anche relativamente piccolo. E’ un libro che, una volta terminato non lascia assolutamente nessun tipo di impressione.

I personaggi sono poco caratterizzati, poco raccontati, poco dipinti; forse solo il personaggio principale, tale Luc Simard è sufficientemente raccontato dall’autore.

Essendo scritto come un giallo non posso rivelare troppo di quello che c’è nel libro. Certamente forse se questa storia l’avesse raccontata un Simenon, un Camilleri, un Agatha Christie o forse solo un Wilburs Smith sarebbe stato un grandissimo successo; purtroppo lo stile di scrittura di Cooper pregiudica lo splendore che si poteva mettere in questo libro.

Non c’è molto altro da dire. L’ho trovato un libro banale che non lascia nulla nei ricordi del lettore e probabilmente sarà l’ultimo libro di Cooper che leggerò visto che nemmeno gli altri due mi erano particolarmente piaciuti.

Libro non consigliato.