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La scomparsa di Stephanie Mailer

La scomparsa di Stephanie MailerJoel Dicker – Edito da La nave di Teseo, prima edizione 2018.

Orphea (stato di New York) 30 luglio 1994: vengono assassinati a colpi di pistola il sindaco della città, la moglie, il figlio e una ragazza che faceva jogging (probabilmente colpevole solo di aver visto e riconosciuto l’assassino). La polizia indaga e tenta di arrestare il sospettato principale dell’omicidio che però muore in un incidente stradale, durante l’inseguimento con la polizia.

Vent’anni dopo Jessie Rosemberg, quarantacinquenne capitano della polizia statale di New York ed ex ispettore di Orphea ai tempi dell’omicidio, viene avvicinato da Stephanie Mailer, giornalista freelance, che gli rivela che nel 1994 ha preso un grosso granchio e che l’assassino dei Orphea è ancora a piede libero.

Nonostante sia ormai prossimo alla pensione, Rosemberg decide di riaprire il caso quando scopre che la giornalista Mailer risulta irreperibile da oltre tre giorni.

Si troverà a dover dipanare una grossa matassa formata dai due filoni principali: scoprire che fine ha fatto Stephanie Mailer e dare un volto ed un nome all’assassino di Orphea.

Lo affiancheranno in questa nuova avventura il sergente Derek Scott e il vicecapo Anna Kanner. Seguiremo i tre investigatori lungo strade inaspettate in un continuo viaggio nel tempo che potrebbe sembrare complicato, ma che la bravura dell’autore rende lineare.

In vent’anni tante cose sono cambiate; soprattutto i rapporti tra i cittadini. Si sono create nuove alleanze e i vecchi accordi si sono sfilacciati. Gli investigatori dovranno fare opera di cucito per ripristinare la situazione al momento dell’omicidio.

I tre detective, incalzati dai superiori, rimestano nel torbido in fondo del barile, per far tornare a galla tutti gli elementi necessari alla riuscita dell’indagine. Proprio quando sembra che le loro fatiche siano inutili ecco la comparsa in scena di un nuovo personaggio. Kirk Harvey è uno scrittore, probabilmente affetto da disturbi mentali, ex capo della polizia di Orphea all’epoca degli omicidi e autore teatrale per hobby, che, avendo intuito l’identità del vero colpevole, è rimasto ben nascosto e solo ora decide di condividere con la polizia le sue certezze.

Queste nuove rivelazioni permetteranno ai tre poliziotti di dipanare l’intricatissima matassa formatasi nel tempo, e di assicurare alla giustizia il colpevole.

Questo romanzo sembra una collezione di scatole cinesi perché ogni volta che si analizza una situazione questa riporta ad un’altra che porta alla precedente e via di seguito. Però nonostante la complessità della trama, la vicenda scorre lineare e facilmente comprensibile per il lettore.

Le descrizioni e i flashback sono necessari per rendere semplice la fruizione della storia, così come la polifonia delle voci narranti è utile per rendere via via più chiaro lo svolgersi degli eventi; Ogni voce porta con se un piccolo pezzetto di verità che, aggiunto al puzzle dell’indagine aiutano il lettore ad arrivare ad un finale sconvolgente e rocambolesco.

L’autore è sicuramente abile nel cucire le varie storie e le varie anime dei personaggi per creare una trama avvincente e particolare. Tutti i attori sono soltanto accennati in quanto, nel corso del romanzo si scoprono ulteriori sfaccettature.

Libro di facile lettura nonostante la ponderosità; personaggi delineati quel tanto che basta a farli vivere nell’immaginazione del lettore; trama piacevole e ben congegnata; finale rocambolesco e inaspettato.

Dicker dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, di essere un cavallo di razza nella redazione di questo tipo di romanzi che strizzano l’occhio al giallo ma anche al noir. Abile nel tenere alta l’attenzione del lettore e nell’immaginare situazioni originali.

Libro consigliato.

Il decoro

Il decoroDavid Leavitt, SEM editore, prima edizione 2020.

Donald Trump è stato appena eletto Presidente degli Stati uniti d’America e la nazione si sta ancora riprendendo dallo shock, quando un gruppo di amici newyorkesi decide di rifugiarsi per qualche giorno in una lussuosa villa del Connecticut, nel tentativo di allontanare dagli occhi la nuova situazione.

Eva Lindquist chiede a sorpresa ai suoi amici progressisti chi di loro avrebbe il coraggio di chiedere a Siri come assassinare il neo presidente Trump.

Stupita dalla codardia dei suoi amici e sempre più angosciata dalla nuova situazione, Eva non si sente più sicura negli Usa e decide di emigrare a Venezia, città che ha conosciuto e amato in gioventù.

Qui, un po’ per caso un po’ per rinforzare le sue radici in quella che definisce la sua nuova patria, almeno fino a che ci sarà Trump, Eva acquista un appartamento scontrandosi con le follie della burocrazia italiana.

Nel corso del romanzo Leavitt ci permette di seguire la “fuga” di Eva e la ricostruzione delle sue sicurezze nella nuova location, raccontandoci le sue vecchie e nuove paure.

Parallelamente alla storia di Eva, seguiremo anche le reazioni del gruppo che rimane negli Usa. Vedremo le loro reazioni alla paura e allo sconcerto per la nuova situazione.

Sarà la paura la mano che guiderà queste entità a fare ciò che decideranno di fare? O forse sarà il desiderio di fuga da quel “decoro” che per anni ha confinato le loro azioni?

Li vedremo provare a tradire persone care e ideologie, disconoscere le reazioni alle proprie azioni e tentare di inventare menzogne sempre più elaborate ed evidenti nell’istanza di mettere una distanza tra sé e il proprio operato.

Ma, i nostri protagonisti, saranno davvero in grado di uscire da quei limiti con cui hanno convissuto per tutta la vita, o scapperanno dalla porta per rientrare dalla finestra senza davvero rendersene conto?

Da grande narratore quale è Leavitt ha creato un romanzo in cui analizza il rapporto simbiotico tra desiderio d’amore, di potere e di libertà, e il bisogno di sicurezza e di conservazione che, più o meno albergano sempre nei cuori dei viventi.

Al termine della lettura rimane un dubbio ancora da chiarire. La nuova sicurezza costruita da Eva e dagli altri del gruppo attraverso strade diverse, è una sicurezza reale e matura che possa resistere al fluire del tempo? Ai lettori l’ardua sentenza.

Lo stile letterario è quello preferito dal Leavitt prima maniera. Un fluire senza intralci della trama e del pensiero. I personaggi, pochi ma ben centrati, sono esattamente la rappresentazione di un’élite spocchiosa e alienata dalla società contemporanea che non riuscendo più a capire il mondo che li circonda, fuggono nel passato come Eva o che si rintanano in un mondo di fantasia creato dalla loro mente e dalle loro bugie.

Libro consigliato.

Mio fratello rincorre i dinosauri

Mio fratello rincorre i dinosauriMazzariol Giacomo, Einaudi editore, prima pubblicazione 2016.

Quando hai cinque anni e due sorella non vedi l’ora che arrivi un fratellino per pareggiare il conto con loro, e quando mamma e papà ti dicono che presto arriverà effettivamente un fratellino e che sarà speciale, tu ti senti esplodere dalla felicità. Non vedi l’ora che arrivi per poter giocare insieme e fare tutte le cose da fratelli.

Poi arriva ed è prima troppo piccolo per giocare, quindi devi aspettare che cresca. Quando finalmente cresce un po’ capisci che cosa volevano dire i tuoi genitori con quello “speciale”. Nella tua testa “speciale” voleva dire che aveva i superpoteri, nella realtà invece, molto più banalmente ha un cromosoma in più e quindi Sindrome di Down.

Tutto il tuo entusiasmo per questo fratello tanto agognato si trasforma immediatamente in rifiuto. Non lo vuoi attorno, non sopporti la sua presenza, non vuoi farlo conoscere ai tuoi amici perché lui ti mette a disagio, ha degli comportamenti fuori dalle regole, perché lui non sa come ci si comporta, insomma perché lui è lui senza mezzi termini e senza filtri.

Insomma in questo libro trovate la storia di Giovanni, raccontata dal punto di vista del fratello. Giovanni che ha tredici anni e un sorriso più largo dei suoi occhiali, che ama i dinosauri e il rosso; che va al cinema con una compagna, torna a casa e annuncia: «Mi sono sposato». Giovanni che il tempo sono sempre venti minuti, mai più di venti minuti: se uno va in vacanza per un mese, è stato via venti minuti. Giovanni che sa essere estenuante, logorante, che ogni giorno va in giardino e porta un fiore alle sorelle. E se è inverno e non lo trova, porta loro foglie secche.

Quando un libro deve raccontare una situazione così complessa e dolorosa deve per forza essere un libro pesante, con una ricercatezza eccessiva delle parole per non essere offensivo nei confronti di nessun tipo di diversità o handicap, e invece, quello di cui vi parlo è uno dei libri più leggeri e leggibili che ho mai incontrato perché sposta il punto focale dalla malattia di Giovanni a Giovanni, dalla malattia alla famiglia che affronta la malattia.

Giovanni è un bambino con una malattia, non è la sua malattia. Eccezionale è vedere come all’interno della famiglia Giovanni non è mai trattato come quello diverso, è trattato semplicemente come Giovanni, come un membro della famiglia che ha delle necessità speciali.

Giacomo ci racconta come ha “affrontato” questo alieno, i suoi dubbi, le sue paure, le sue emozioni, i suoi disagi in un’età in cui tutto quello che si vorrebbe è uniformarsi al gruppo sociale e invece tu non puoi perché solo tu hai un fratello come Giovanni.

Ma poi cresci, maturi e capisci che la diversità è fondamentalmente un vantaggio, e alla fine realizzi che i superpoteri tuo fratello ce li ha davvero, proprio come speravi da bambino.

Siamo davanti ad un libro speciale. Uno dei pochi libri di questi ultimi anni che scardinino davvero i massi dei nostri preconcetti, un libro leggero che non vuole avere grandi pretese se non quella di raccontarti una storia e mentre te la racconta ecco che inizia ad inocularti un po’ di buon senso; ecco che piano piano trasuda nel tuo cervello la verità contenuta nel libro e quando arrivi alla fine sei più saggio e intelligente allo stesso tempo.

La scrittura del testo è molto semplice, non ci sono fronzoli o merletti lessicali, non ci sono voli pindarici. E’ tutto molto trasparente; i personaggi sono tratteggiati così bene che quasi si possono guardare in faccia. So che è stata fatta una trasposizione cinematografica di questo film ma vi prego, leggete il libro perché le emozioni sono più dirette dal libro. Non fatevi scappare questa piccola gemma.

Un libro che non lascia indifferenti, un libro che arricchisce.

Libro consigliato.

L’odore dei libri

L’odore dei libriGiancaspro Mauro, edito da Grimaldi & C. Edizioni, prima edizione 2007.

Piccola raccolta di storie legate in qualche modo all’oggetto libro. Si tratta di 16 storie che raccontano l’oggetto libro come oggetto idealizzato.

Ovviamente non posso fare il riassunto di tutte le storie ma per farvi capire di cosa si tratta vi propongo un brevissimo riassunto di un paio di esse. Le due storie che ho scelto per voi sono una l’opposto dell’altra. Nella prima il libro è idolatrato e considerato come una entità viva e vitale, mentre nella seconda è considerato come una cosa inutile.

La prima storia racconta di quello strano paese in cui, senza apparente motivo e all’improvviso, tutti i cittadini sono stati colti dalla voglia irrefrenabile di leggere. Le librerie sono state prese d’assalto, così come le biblioteche pubbliche, da orde di persone che voleva acquistare o noleggiare uno o più libri da leggere.

La libreria presa d’assalto. File interminabili all’ingresso del negozio. E, quando entravano, sembravano cavallette su un campo di grano. Hanno comprato di tutto, hanno chiesto di tutto, hanno ordinato di tutto. I telefoni erano impazziti, ci chiamavano dalle librerie più piccole per avere aiuto, anche loro non riuscivano a far fronte alla richiesta”.

Si abbandona internet così come le televisioni per buttarsi su quel piccolo parallelepipedo di carta e colla che include parole e versi. Le tipografie sono costrette ad assumere lavoratori per poter stampare ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Questa strana voglia di leggere era scoppiata così silenziosamente che i grandi sociologi nazionali ancora brancolavano nel buio cercando di spiegare un evento che non era mai accaduto nel passato e per il quale non avevano modelli di riferimento a cui ispirarsi. Tutti erano un po’ così, incerti.

Durerà questa rinnovata passione per la lettura oppure sarà l’ennesimo fuoco di paglia?

La seconda storia di cui vi parlo per ingolosirvi racconta di quella volta in cui in una non meglio specificata città scoppia una gravissima crisi energetica che mette tutta la popolazione in ginocchio. I potenti della città tranquillizzano la popolazione dicendo che gli studi per la nuova energia pulita sono già in avanzato stato di elaborazione e, propongono un piano di energia provvisorio e temporaneo chiamato “I libri per la vita, dalla letteratura all’energia”.

Questo progetto in pratica prevede di ottenere energia bruciando i libri. E’ un piano ben articolato perché garantisce agli operatori che bruciano i libri che, quando la nuova energia sarà disponibile, loro verranno tutti riconvertiti alla nuova tecnologia.

Ovviamente un progetto governativo così indecente ha smosso tutte le coscienze. Da principio le opposizioni hanno tentato in tutti i modi di fermare questo scempio, ma il governo è andato avanti come un panzer fino alla sua realizzazione.

La popolazione però sembrava essere dalla parte del governo infatti tutte le domeniche portava pacchi e pacchi di libri alle camionette dell’esercito deputate al ritiro dei libri da portare agli inceneritori. D’altronde pensavano, meglio senza libri che senza energia.

Solo pochi sparuti gruppi di solitari “don Chisciotte” ancora combattono sulle piazze che gesti azzardati che purtroppo lasciano la situazione che trovano.

Il libro è ben scritto e decisamente interessante. La divisione dei racconti è perfetta per una lettura che non impegni tanto tempo. Ad esempio un lettore potrebbe leggere una storia ogni sera, prima di addormentarsi.

Siamo di fronte ad uno dei pochi casi in cui l’oggetto libro non è più il mezzo attraverso cui ci viene porta la storia del protagonista, ma è egli stesso il protagonista della sua storia.

Libro semplice, senza particolari velleità ma sincero e di piacevole lettura.

Libro consigliato.

Baci da Polignano

Baci da PolignanoLuca Bianchini, edito da Mondadori, prima edizione 2020.

Dopo sette anni dall’ultima volta, Luca Bianchini torna a Polignano e riprende a raccontarci la storia della famiglia Scagliusi, di Ninella con la sua tribù e della accogliente comunità polignanese che non si fa mai i fatti propri.

Le emozioni e i sentimenti non possono essere i medesimi di sette anni fa, ma queste nuove sensazioni sono altrettanto piacevoli e positive.

Durante il tempo non raccontato sono successe un sacco di cose. Ninella ha una tenera conoscenza con un architetto di Milano molto più giovane di lei, Chiara e Damiano hanno avuto una bambina pestifera che li comanda a bacchetta, sostenuta dalla nonna Scagliusi che la vizia comprandole tutto quello che la bambina possa desiderare.

Infine, quando don Mimì ha scoperto che donna Matilde, la moglie, lo cornifica con Pasqualino il tuttofare di casa, ha raccolto il proprio orgoglio e, con pochi stracci in una valigia, se ne è andato a vivere fuori dal suo palazzo che tutti in paese chiamano “il Petruzzelli”.

Proprio la stessa Matilde che ha lottato per tutta la vita con l’ombra di Ninella dietro le spalle, alla prima occasione ha buttato il marito fuori dalla porta come se fosse uno straccio vecchio per tirarsi in casa un rozzo tuttofare. Ma lo sappiamo tutti che l’amore è cieco!

In questo romanzo Bianchini finalmente può far si che la storia si concentri su quei due “ragazzi” ormai agée che sono Ninella e don Mimì che finalmente potrebbero amarsi apertamente ed alla luce del sole ma, come sempre nella vita, c’è qualcosa o qualcuno che si mette di traverso.

Don Mimì ritorna dunque da Ninella solo per trovarla impegnata in una relazione a distanza con una specie di toy-boy milanese. Viene quindi coinvolto da un amico in una serie di viaggi nelle città europee alla ricerca di situazioni piccanti e particolari che però poco divertono il nostro Mimì e lo lasciano parecchio deluso.

Lui è uno più da cose semplici inoltre ha passato tutta la sua vita ad occuparsi della coltivazione e vendita delle patate e proprio non ci riesce a diventare un viveur ed un tombeur de femme.

E così tra fare la spesa al supermercato o tuffarsi dalla scogliera in ricordo della spensieratezza di quando si era giovani, vediamo i due protagonisti di questo ennesimo racconto sbagliare, perdersi e rendersi conto dell’importanza di una persona solo quando si ha paura di perderla per sempre. E’ in questo momento che bisogna avere il coraggio di tornare indietro.

Lo faranno i due protagonisti oppure lasceranno che le loro vite li portino nuovamente alla deriva l’uno distante dall’altro ma, indissolubilmente legali l’uno all’altro?

Non c’è bisogno che vi parli dei personaggi perché l’arte affabulatoria di Bianchini è caratterizzata sempre dalla grande attenzione a non caricare eccessivamente le descrizioni dei personaggi o del contesto narrativo. Li abbiamo conosciuti due libri fa e oggi siamo ancora qua, seduti a tavola a festeggiare con loro.

Questo romanzo è la chiusura perfetta della storia anche perché si inizia a notare una certa stanchezza nel racconto; si intuisce la mancanza di quella freschezza che abbiamo respirato negli altri romanzi su Polignano.

E’ stato bello ritrovare tutta la banda e fare con loro un ultimo giro di valzer (anche se essendo in Puglia è più facile che fosse una taranta!), assaporare insieme dolci ricordi ma nel corso della lettura di questo romanzo, ci siamo tutti resi conto che siamo ai titoli di coda.

Come in quelle sere d’estate quando il vento increspa la pelle facendoci capire che tra poco tornerà il freddo, ci stringiamo ancora di più intorno al falò immaginato dal buon Luca Bianchini e solleviamo insieme i calici in un ultimo brindisi prima che la vita ci disperda come granelli di sabbia.

Libro consigliato.

Maschio bianco etero

Maschio bianco etero di John Niven, edito da Einaudi, prima edizione 2014.

Kennedy Marr è uno che vive come un nababbo, coccolato e avvolto dal proprio egoismo. E’ giovane, è bello, veste alla moda e non si pone limiti. Nato nella vecchia Inghilterra rurale, Kennedy ha scritto un libro che ha fatto grande successo e che ancora adesso gli permette di vivere come un signore in California. La California è il posto ideale per lui perché qui gli eccessi sono più eccessi e nessuno sembra minimamente preoccuparsene.

Gli stravizi continui però non hanno influito solo sulla sua qualità scrittoria; infatti questi vanno di pari passo con una grave crisi creativa che non gli permette di scrivere una riga da oltre cinque anni. Ovviamente del suo live style risentono fortemente anche le sue finanze che al momento sono molto asfittiche per uno che spende e spande senza che ci sia mai un limite. Per arrotondare scrive squallide sceneggiature per il mostro fagocita pellicole che è Hollywood.

Inatteso giunge un ingente premio letterario attribuito al nostro protagonista da un piccolo college inglese che come controprestazione gli richiede solo di insegnare scrittura creativa per un anno ai loro studenti.

Se Kennedy dovesse accettare sarebbe un’ottima notizia per i pub e gli spacciatori della zona ma, il nostro protagonista, è lambiccato da una infinità di dubbi.

Intanto non gradisce lasciare la sua amata California e per un tempo così lungo, poi c’è il problema della destinazione, il college si trova in una sperduta campagna e non è “sufficientemente” vicino a nessuna grande città che gli permetta di mantenere i suoi vizi.

Per aggiungere beffa al danno nel college che, così disinteressatamente gli offre il premio, lavora la sua ex moglie nonché madre di sua figlia. I loro rapporti dopo il divorzio, sono nulli e anche nei confronti della figlia è sempre freddo e scostante perché, si giustifica, non è quel tipo di padre sempre presente nella vita dei figli post divorzio.

Ultima preoccupazione che vaga nella mente obnubilata del nostro protagonista è che il college è pericolosamente vicino alla casa di sua madre con cui praticamente non intrattiene rapporti.

Questa vicinanza lo obbligherebbe a doverla visitare spesso cosa che Kennedy preferirebbe non fare per il semplice fatto che non è capace di affrontare la madre soprattutto ora che soffre così tanto.

Che farà il nostro eroe? Correrà il rischio di risistemare, almeno temporaneamente, le sue finanze nella squallida e silenziosa campagna inglese oppure si farà nuovamente irretire dalle sontuose e rutilanti luci di Hollywood?

Che John Niven sia un scrittore con uno stile disturbante ormai si è capito bene dopo i primi due suoi successi “Uccidi i tuoi amici” (che in Italia sarà pubblicato solo nel 2019) e “A volte ritorno” recensito in queste pagine ma, in questo romanzo, al suo stile si accoppia anche l’amarezza di vedere quanto un uomo possa rimanere immaturo nonostante sia quasi di mezza età.

Il Kennedy che conosciamo nelle prime pagine è un uomo gretto, stupido, distratto, assolutamente edonista ed immaturo al punto da non riuscire nemmeno ad organizzarsi una serena vecchiaia. Talmente arrotolato sul proprio ego da non ascoltare nemmeno i buoni consigli di chi lo circonda.

Il linguaggio è quello tipico di Niven. Forte e sboccato. Non usa panegirici, dice le cose dirette sul muso. I suoi personaggi sono tutti ben definiti anche se sembra sempre che ci sia qualcos’altro da scoprire su di loro.

Camminano tutti sulle uova per non disturbare il sonno egoistico di Kennedy. Tutti provano a proteggerlo perché non abbia mai a soffrire, quando invece quello di cui avrebbe proprio bisogno è una buona bastonata sui denti, di quelle che la vita è così brava a dare.

Libro consigliato.

Il libro dei Baltimore

Il libro dei Baltimore di Joël Dicker, edizione La nave di Teseo, prima edizione 2015.

Se vi aspettate di ritrovare in questo libro le sensazioni, le emozioni, le vibrazioni che avete trovato nel precedente “La verità sul caso Harry Quebert” andate incontro ad una solenne delusione. Questo libro è altro dal precedente. E’ lontanissimo. Unica costante è la voce narrante. Quel Marcus Goldman che ci ha raccontato la precedente storia, ora si accinge a illustrarci una nuova realtà.

All’inizio di questo reportage è necessario distinguere i Goldman. Esistono i Goldman di Montclair, nel New Jersey, che sono una famiglia della middle-class (e di questa fa parte Marcus); e poi ci sono i Goldman di Baltimore, nel Maryland, che invece fanno parte della high-class, che hanno svariate proprietà e che navigano decisamente in acque prosperose. La famiglia di Baltimore è composta dallo zio avvocato, dalla zia dottoressa e dai cugini Hillel e Woody; Agli occhi del bambino Marcus, questi quattro sembrano degli alieni. Hanno tutto quello che lui desidererebbe se solo sapesse di poterlo desiderare. Una grande casa, tanti soldi e tutta la serenità del mondo.

Nonostante siano molto abbienti i Goldman di Baltimore non sono per niente snob, anzi accolgono il giovane Marcus ogni qual volta lui li raggiunge. Invece i Goldman di Montclair provano parecchia invidia nei confronti dei parenti “ricchi”.

La vicenda prende le mosse quando, nel 2004 lo zio Saul convoca Marcus urgentemente a Baltimore. Nessuno sa che nell’arco di un mese avverrà quella che tutti, nel loro futuro, chiameranno “Tragedia” e che il lettore scoprirà solo nelle ultime pagine del romanzo.

L’amicizia tra i cugini è forte e indissolubile al punto che sembrano quasi fratelli. Nemmeno l’avvento dell’adolescenza e dei primi amorazzi riesce a separarli al punto che finiscono per innamorarsi tutti della stessa ragazzina, Alexandra.

Seguiremo i cugini Goldberg prima nelle loro normalità, nel loro essere ragazzi come tutti. Spinti dalle famiglie a primeggiare nei rispettivi campi, la cosa che davvero li spingerà sempre più avanti sarà la sana rivalità tra loro. Però non dobbiamo fidarci di quello che ci dicono i personaggi perché ognuno di loro ha almeno un segreto; ognuno di loro è tormentato da fantasmi che arrivano direttamente dal loro passato; ognuno di loro ha notti insonni da superare.

Seguiremo la loro normalità fino alla tragedia che cambierà tutti e tutto.

In questo scritto, a differenza del libro “La verità sul caso Harry Quebert” non siamo di fronte ad un romanzo bensì ad una saga lunga oltre vent’anni raccontata magnificamente in un unico volume.

Come già aveva fatto nel precedente romanzo anche in questo Dicker utilizza la tecnica dei continui flash-back su tre piani temporali sfalsati. Primo quello della fratellanza tra i giovani cugini seguito dagli eventi che portano alla Tragedia, per finire con il racconto di Marcus attraverso il quale cerca di rimettere insieme i pezzi della propria vita. Così facendo ci racconta la novella attraverso voci diverse ma simili.

Si ha quasi la sensazione che Marcus, che è la voce narrante principale, voglia condividere prima, con il foglio e specularmente con il lettore, non solo i suoi ricordi, ma anche gli amori e gli amici di famiglia. Sembra quasi che ci apra la porta di casa invitandoci ad vivere con lui quello che gli è capitato.

Ancora una volta l’autore dimostra di saper dosare le informazioni soprattutto quando racconta i personaggi che sono così sapientemente descritti che il lettore non può che figurarseli e completarli a proprio gusto.

Più si prosegue nella lettura e più questi personaggi così granitici, inamovibili, incrollabili mostrano le loro debolezze, le loro intimità difese allo strenuo, le loro fragilità umane.

Lo stile di Dicker in questo romanzo è straordinariamente funzionale al punto che oltre seicento pagine di romanzo scorrono senza quasi che se ne abbia sentore.

Libro consigliato.

So che un giorno tornerai

So che un giorno tornerai di Luca Bianchini, Edizioni Mondadori, prima edizione 2018.

Trieste, una città ricca di storia, di arte, di cultura, di vento, di fervore, di amore, di giovani che vogliono divertirsi perché, in fondo, siamo alla fine degli anni 60, quegli anni in cui imperversano le musiche che arrivavano da oltre oceano, i nuovo complessi, i capelloni, le prime droghe, e soprattutto i primi soldi. Forse per la prima volta i giovani hanno in tasca qualche banconota che possono spendere per soddisfare i propri desideri. Trieste invasa pacificamente da tanti giovani jugoslavi che vengono a comprare di qua, quello che il regime slavo non vende.

In questa città e in questo momento storico vive Angela una allegra ragazza figlia del proprio tempo. Ha una famiglia alle spalle; i Pipan formati da padre devoto al dominio austriaco, madre sontuosa cuoca della tradizione triestina e un botto di fratelli. Angela vive la vita con il sorriso e la spontaneità di chi non ha nulla da perdere e vuole assaggiare tutto quello che il mondo offre.

All’improvviso sulla strada di Angela sbuca Pasquale bello come il sole che spacca la terra di Calabria di cui è originario, e saporito come la liquirizia che si raccoglie spontanea. E’ a Trieste per vendere jeans e che ha lasciato in quel di Calabria una giovane moglie.

L’amore tra Angela e Pasquale è amore ancora prima che i due incrocino gli sguardi; bruciano di passione reciproca, a nulla vale il pensiero della moglie di Pasquale. L’attrazione tra i due è troppo forte perché la possano combattere e così, in breve tempo, i due diventano amanti.

Come tutti gli amori letterari anche questo è molto prolifico tanto è vero che Angela rimane incinta. Pasquale è pronto a riconoscere la paternità purché però nasca un bambino… e invece nasce Emma. Ovviamente Pasquale si dilegua ritornando, da codardo, nella sua San Severina e abbandonando le due bambine (Angela ha soltanto vent’anni quando partorisce Emma) al loro destino. Subentra ovviamente la famiglia di Angela che, come una mano, si stringe per aiutare il membro in difficoltà.

Emma cresce lentamente e apprende e capisce tutto quello che c’è da capire e quindi ecco i giochi da maschio, il pallone, i vestiti mimetici nella speranza di trasformarsi nel maschio che avrebbe tenuto insieme la sua famiglia.

In questo tentativo di Emma di mascolinizzarsi io vedo lo stesso disagio che striscia latente in tutta la narrazione del cartone animato “Lady Oscar” dove la protagonista arriverà, suo malgrado, a far innamorare del proprio sé maschile la Regina di Francia.

Si può forse dire che questo sia il romanzo delle occasioni perdute. Angela che per estrema giovinezza si perde la crescita di sua figlia, Pasquale che perde l’occasione di stare con la donna che ama davvero soltanto per lo stupido stereotipo desiderio del figlio maschio che continui il proprio nome.

Quello che abbiamo davanti è un romanzo molto sfaccettato, ricco di sfumature e di accenti che spostano continuamente l’attenzione da una situazione all’altra senza dare mai il tempo al lettore di rifiatare, di digerire quello che ha già letto. E’ come una folle corsa in macchina. Siamo troppo impegnati a seguire i vari personaggi nel loro vivere quotidiano da trovare il tempo per chiederci il perché di tutto quello che accade.

Perché Pasquale è così codardo da non capire che Angela è l’amore della sua vita? Perché Angela è così disperatamente alla ricerca di una conferma d’amore da lasciare la bambina (ancora quasi in fasce) per correre a Bassano a ricostruirsi una nuova vita con un nuovo amore? Perché non rendersi conto che Emma è l’AMORE. Quello tutto maiuscolo, quello per cui saremmo pronti a fare qualunque cosa.

Eppure, per quanto i protagonisti si impegnino ad allontanarsi dal fulcro della storia, sono legati ad esso e non posso fare altro che ruotarci intorno su orbite sempre meno ellittiche.

Già in un’altra recensione scrissi che la vera bravura di Bianchini non è quella dell’affabulatore che racconta storie ma è quella del mago che nasconde la carta dietro il riflesso della mano, che mostra il fazzoletto vuoto per distrarci dalla visione del trucco che sta per fare.

Anche in questo romanzo Bianchini fa magie. Racconta la storia di una bimba sola per raccontare dell’importanza della famiglia; racconta dell’invasione pacifica di jugoslavi che venivano a comprare i jeans che non trovavano dall’altra parte, per parlarci di integrazione; ci parla del codardo Pasquale per ricordarci di tanti e tante che invece si assumono le proprie responsabilità.

Un romanzo di facile lettura ma la cui digestione necessita di un po’ di tempo perché i vari elementi si dispongano sullo sfondo in modo da permettere la visione chiara.

Libro consigliato ma da leggere con grande attenzione.

Nessuno come noi

Nessuno come noi – di Luca Bianchini, edito da Mondadori, prima edizione 2017.

La location di questa storia è situata nella provincia di Torino e l’anno è il 1987. Nel fulgore dei ruggenti anni ottanta, nel liceo Majorana di   Moncalieri si aggira un losco figuro che risponde al nome di Vincenzo ma, per tutti è solo Vince.

Come tutti quelli della sua età è un grande “aspirante”. Aspirante paninaro, aspirante innamorato, aspirante diciassettenne, aspirante di avere più libertà, aspirante che gli regalino un motorino, e aspirante… un sacco di altre cose che non confesserebbe a nessuno nemmeno sotto tortura.

Come tutti i protagonisti ha intorno a se i suoi seguaci: nello specifico si chiamano Caterina detta Cate e Spagna che è la dark della scuola. Capelli scuri e atteggiamento sempre molto simile al colore dei suoi capelli. Sono amici e credono talmente tanto nella loro amicizia che si sentono come se fossero amici da sempre. Sono così amici che, a scuola li chiamano “Tre cuori in affitto” che, guarda caso è anche la loro sit-com preferita.

La santità di questa triade viene spezzata improvvisamente e senza preavviso dall’arrivo di un nuovo alunno che si chiama Romeo Fioravanti e non potrebbe essere più diverso da loro. Il nuovo arrivato sembra un alieno per quanto è diverso da loro. Più grande di un anno perché è stato bocciato, bello, veste alla moda, ha la moto, e recita il ruolo, prima con sé stesso poi con gli altri, di quello forte, duro, che ha già capito tutto della vita. Siccome Romeo rischia di essere nuovamente bocciato viene affidato alle cure di Vince che lo dovrebbe aiutare a studiare. All’inizio i due fanno fatica a comprendersi ma, una volta prese le misure, inizieranno a camminare con lo stesso passo facendo esperienze che ricorderanno per tutta la vita.

Riuscirà l’aspirante Vince, coadiuvato dalle due parche a salvare il bullo Romeo? Cosa apprenderà in cambio Vince da questa relazione?

Questo romanzo ha un che di anomalo per tante ragioni. Intanto è un romanzo breve (siamo intorno alle 250 pagine) e ad una lettura distratta potrebbe sembrare un libricino che non lascia nulla al lettore; sembra che il protagonista sia soltanto Vince e invece arrivando alla fine e lasciandolo sedimentare si scopre tutto un mondo che non si era notato durante la lettura.

Spicca nella memoria il personaggio di Betty Bottone, insegnante di italiano che fa esercizi di danza moderna mentre spiega e che quando si arrabbia, lo fa in francese.

Tutti i personaggi, dai principali ai secondari rivestono un ruolo fondamentale perché incoscientemente danno ai quattro ragazzi delle lezioni importantissime.

Ogni pagina del romanzo è pervasa da quel senso di meraviglia che è tipico dell’adolescenza; dove sembra che tutto sia a portata di mano, che tutto sia fattibile; addirittura mentre lo leggevo avevo la sensazione di sentire il profumo degli ormoni dei ragazzi.

Questo scritto, tra le altre cose ricorda a noi, che non siamo più adolescenti da un po’, che la vita non necessita di accompagnamenti. Non servono i cellulari o i computer, non serve il Suv o la macchina sportiva, quello che serve è solo la voglia di passare, di nuovo, tutto il tempo possibile con le persone che siano in grado di farci battere il cuore. Ma non si tratta di battiti d’amore ma di quei battiti che, solo con gli amici veri sono all’unisono.

Secondo me l’autore ha cercato di fare una “operazione nostalgia” più per sé stesso che per noi lettori ma, ad un certo punto si è accorto che si erano affastellati nella sua memoria talmente tanti ricordi che chiedevano di essere spolverati, che non ha potuto fare altro che lasciare scorrere la penna e fluire insieme all’inchiostro anche la sua vita di adolescente.

Ultima notazione: Bianchini ha la straordinaria capacità di tratteggiare i personaggi con pochi elementi ma talmente pregnanti da permettere al lettore di immaginarli a tutto tondo.

In questo romanzo c’è molto dell’autore e proprio per questo è un libro consigliato a tutti ma soprattutto a chi ha voglia di ricordare, con un velo di malinconia, l’epoca dorata dell’adolescenza.