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Lucernario

Lucernario di José Saramago edito da Feltrinelli, prima edizione 2011.

Prima di avventurarci nel racconto di questo romanzo del grande autore portoghese, è necessaria una brevissima nota introduttiva.

José Saramago muore nel 2010 ma questo romanzo è stato scritto sessanta anni prima da un Josè giovane che ancora non era assurto all’onore delle cronache letterarie. La mancata pubblicazione si deve innanzitutto alla casa editrice a cui l’autore invio il manoscritto (di cui non aveva una copia), che rifiutò la pubblicazione; così il volume, anziché essere gettato, venne posto negli archivi della casa editrice.

Solo dopo molti anni Saramago richiese la restituzione del manoscritto che però sembrava essere andato perduto. Fortunatamente durante il trasloco dell’editore si rintracciò il volume e la casa editrice chiese all’autore il diritto di pubblicarlo; l’autore negò l’autorizzazione e decise che non sarebbe mai stato pubblicato se non dopo la sua morte.

Nel romanzo l’autore ci racconta la vita di un condominio della zona popolare dove vivono sei famiglie. L’azione è ambientata nella Lisbona salazarista del 1952.

La trama del romanzo è abbastanza semplice. Sembra quasi che le pareti di questo condominio siano di vetro e ci permettano di vedere le vite dei suoi abitanti. Scorgiamo quindi la famigliola distrutta dal dolore della perdita della figlioletta; ci accostiamo alla vita della famiglia che combatte per garantire alla figlia un avvenire sereno, e al desiderio di questa figlia di fuggire da quell’ambiente opprimente che è la sua stessa casa; spiamo la vita serena di una donna sola che sfrutta la propria bellezza facendosi mantenere dal ricco amante, senza che questo sia, per lei, motivo di preoccupare o remora; entreremo nella vita del vecchio calzolaio e di sua moglie quando decidono di affittare una stanza della casa ad Abel, un giovane intellettuale libertario che legherà con i padroni di casa (soprattutto con il ciabattino) e che darà una forte scossa alla loro routinaria esistenza, senza però che questa cambi veramente.

Il rapporto tra Abel e il vecchio padrone di casa è sincero e profondo (quasi un amore ante litteram); li vediamo in un formale balletto di avvicinamenti ed allontanamenti, frequentarsi, annusarsi, studiarsi, conoscersi ed abbandonarsi.

E’ folle notare come in questo romanzo giovanile di Saramago ci sia già “in nuce” tutta la poetica del grande scrittore andaluso; quasi come se avesse voluto racchiudere le caratteristiche della sua scrittura in un unico testo e come se, i successivi romanzi, fossero una rielaborazione estesa dei temi trattati in questo primo volume (che però sarà l’ultimo in ordine di pubblicazione).

Che dire della capacità descrittiva di Saramago che non sia già stato detto abbondantemente? Come al solito il grande portoghese racconta immagini, sensazioni, emozioni e personaggi in maniera meravigliosa lasciando sempre al lettore la possibilità di personalizzare con la propria fantasia quelli che sono gli elementi raccontati. Ecco quindi che ognuno di noi si ritrova catapultato in una Lisbona che è uguale a sé stessa ma al contempo assolutamente unica ed incondivisibile, a contatto con i personaggi che sono diversi di lettore in lettore.

Forse questa è proprio la chiave che ha portato Saramago al grande successo letterario e alla assegnazione del Premio Nobel per la letteratura nel 1998.

Anche se non serve dirlo, libro consigliatissimo

Caino

Caino di José Saramago edito da Feltrinelli. Prima edizione 2009.

Per la prima volta, un libro di Saramago mi ha deluso! Ma proprio deluso deluso!

Non ho ritrovato in questo ultimo libro dell’autore lusitano, nulla di tutto quello che mi ha affascinato nei tanti altri suoi scritti, letti in precedenza.

Non c’è paragone con i suoi libri anteriori, nessuna delle meraviglie che mi avevano affascinato negli altri suoi romanzi è presente in questo ultimo libello.

Sembra quasi che lo scrittore abbia tentato un cambio di stile; purtroppo, personalmente, non l’ho trovata una buona idea.

Oppure l’argomento trattato era talmente vasto e complesso che, nel tentativo di renderlo facile e scorrevole, l’ha trasformata in una storia banale e puerile.

Provo a darne un breve riepilogo.

Come dice il titolo, il libro si occupa della vita di Caino, quello biblico e prende le mosse dalla genesi del genere umano con la creazione, da parte di Dio, di Adamo ed Eva con la conseguente cacciata dal paradiso terrestre eccetera eccetera.

Quindi “l’allegra” famigliola viene cacciata dall’Eden e si ritrova a vagare in un deserto senza alcuna speranza di sopravvivenza visto che non sanno fare nulla ne hanno idea di come procacciarsi cibo e vestiario. Miracolosamente si accodano ad una carovana che li porta in un villaggio dove nascono i due figli, e il successivo omicidio di Abele da parte di Caino.

E fino a qui la storia è arcinota; ma d’ora in avanti nulla sarà come ci si aspetta. Caino scappa dalla sua tribù e comincia a girare per non meglio identificati luoghi dove si imbatte nei più svariati personaggi della Bibbia; quando gli viene chiesto il suo nome, dice di chiamarsi Abele.

Cacciato e condannato ad una vita errabonda, il destino di Caino è quello di un povero mucchio d’ossa che viaggia a dorso di mulo, attraverso lo spazio e il tempo; ora da protagonista ora da semplice spettatore, avventuriero e mascalzone, visita tutti gli episodi più significativi della narrazione biblica.

La cosa che maggiormente mi ha deluso in questo libro è il fatto che gli eventi a cui partecipa il protagonista, sono temporalmente diversi e l’unica giustificazione che l’autore riesce a trovare è quella dell’intervento divino che fa viaggiare Caino avanti e indietro nel tempo come uno jo-jo.

Saramago, rende Caino un essere umano, né migliore né peggiore di tutti gli altri. Al contrario, il Dio che viene fuori dalla narrazione è un dio malvagio, ingiusto e invidioso, che non sa veramente quello che vuole e soprattutto non ama gli uomini.

Qui c’è l’unica cosa di tutto il libro che mi è piaciuta; infatti Caino dice chiaramente a Dio quello che pensa di Lui e del Suo comportamento, soprattutto gli rinfaccia la strage dei bambini presenti a Sodoma e Gomorra.

Degno di nota è anche la conclusione dell’episodio dell’arca di Noè; unico momento che riesce a strappare un sorriso e a risvegliare il lettore da una noia mortale.

Riscrittura personalissima della Bibbia, questo libro è un’invenzione letteraria ed un tentativo di allegoria che mette in scena l’assurdo di un Dio che appare più crudele del peggiore degli uomini.

Ribadisco che per tante ragioni questo libro non mi è proprio piaciuto. I personaggi sono poco raccontati, le ambientazioni sono descritte in maniera puerile, gli avvenimenti (tranne quelli biblici) sono banali, le motivazioni del viaggio di Caino sono confuse ed incomprensibili.

Anche lo stile di scrittura di Saramago è diverso dal suo solito. Certo la punteggiatura continua ad essere un’ipotesi ma non c’è la stessa energia che si trova in altri suoi libri. Sembra quasi che il libro sia stato scritto da una persona diversa da quella che ha prodotto capolavori come “L’uomo duplicato”, “Cecità” “Vangelo secondo Gesù Cristo” e tanti tanti altri.

Siamo forse di fronte all’opera di un ghost-writer?

Libro ovviamente non consigliato.

 

Il viaggio dell’elefante

Il viaggio dell’elefante di José Saramago edito da Einaudi – prima edizione 2008.

Ancora un libro di Saramago? Ebbene si. Questo autore mi piace moltissimo e quindi recensisco ogni suo scritto.

Questo romanzo è diverso dagli altri che ho letto del grande autore lusitano; diverso perchè meno intimista del consueto, meno introspettivo, meno riflessivo.

L’azione si svolge alla metà circa del XVI secolo. Mentre i venti della protesta luterana spazzano l’Europa, a Lisbona fa la sua comparsa l’elefante Salomone che arriva direttamente dalle Indie insieme al suo “cornac” di nome Subhro. Come tutte le cose nuove, Salomone suscita nei lisboeti attrazione e curiosità, ma passato il primo momento di orgiastico interesse, l’elefante Salomone passa la sua vita a mangiare e dormire.

Il sovrano del Portogallo, João III e sua moglie Caterina d’Austria decidono di inviarlo in dono all’arciduca Massimiliano, proprio ora che questi si trova a Valladolid in qualità di Reggente di Spagna.

Il regalo viene accettato, e così si procede ad organizzare la carovana che dovrà accompagnare il portentoso quadrupede ed il suo cornac prima da Lisbona al confine con la Spagna, e poi da Valladolid fino a Vienna, passando per Genova, Verona, Padova e Innsbruck.

Il romanzo è quindi il racconto di questo viaggio, di questa variopinta comitiva di ufficiali, servitori, soldati, preti, cavalli e buoi che, in mezzo a molte difficoltà e tra ali di gente entusiasta, ha il compito di scortare il prezioso dono fino a Vienna, dove l’elefante sarà artefice di un “miracolo” squisitamente umano.

Fin qui il breve riassunto del libro. Ora ci addentriamo tra le pagine alla ricerca delle emozioni, dei profumi, dei sapori che il grande Saramago dispensa a piene mani.

E’ strano come il protagonista di questo libro sia l’unico che in realtà non fa assolutamente niente, si limita a camminare e poi attende che il resto del mondo giri intorno a lui; E così, puntualmente, accade. Quasi una metafora della vita.

Tutto il resto della comitiva è costretta ad adeguarsi al volere di Salomone. E’ lui che conduce il gioco; il suo stesso cornac si guarda bene da provare a fargli fare qualcosa contro la sua volontà; se Salomone ha voglia di fare un pisolino… la comitiva si ferma e aspetta che il pachiderma si svegli.

E’ quasi dicotomico vedere come la comitiva sia percorsa da ondate di attività frenetica, e al contempo Salomone sia placidamente intento a mangiare, bere, dormire o, semplicemente, a non fare niente.

Io interpreto questa dicotomia come quella presente nella società contemporanea dove il popolino (cioè la maggior parte delle persone) si devono affannare per cercare di sopravvivere, e invece pochi eletti (qua rappresentati dal pachiderma) possano vivere serenamente serviti e riveriti di tutto punto senza nemmeno aver bisogno di impegnarsi molto.

Il personaggio di Salomone però non è un personaggio “negativo” infatti spesso, nel corso del romanzo, ha degli slanci di affetto che lo portano a realizzare azioni che sorprendono il suo stesso cornac (e noi lettori con lui) per intensità e profondità.

E’ triste realizzare come tutti gli altri personaggi del libro, peraltro raccontati splendidamente dalle parole dell’autore, siano un contorno all’elefante. Gli stessi arciduchi con la loro prosopopea, sono solo comparse che elevano, in controcanto, una sperticata lode al pachidermico regalo ricevuto dal sovrano del Portogallo.

Grandissima l’abilità di Saramago che, come al solito, ci racconta una storia nell’intento di raccontarne due; infatti, mentre ci racconta la storia del magnifico viaggio dell’elefante Salomone, parallelamente ci informa sulla situazione socio-policito-culturale della penisola iberica del XVI secolo.

Il metodo di scrittura è quello tipico del miglior Saramago. Punteggiatura quasi inesistente e frasi appiccicate le une alle altre ma, nonostante questa piccola fatica, il libro scorre costante al ritmo del viaggio dell’elefante.

Libro consigliato.

 

Le piccole memorie

Le piccole memorie di José Saramago edito da Einaudi – prima edizione 2006

Se ci fosse un sottotitolo a questo libro reciterebbe “Sì, le memorie di quando ero piccolo, semplicemente”; in queste 8 parole è riassunto tutto il libro.

Ancora una volta Saramago non tradisce le aspettative riuscendo a fare qualcosa di nuovo, di strano perchè, mentre in altri suoi scritti dimentica volutamente nomi e località, in questo libello i nomi e le località sono preziosi, o forse sarebbe meglio dire fondamentali perchè la storia in sé e per sé non c’è essendo un libro che racconta i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza del giovane José.

Ecco quindi che vediamo il giovane Saramago percorrere le strade polverose di Azinhaga prima, avventurarsi nelle strade di Lisbona dopo, descriverci le case dove ha vissuto e tutte quelle che ha dovuto cambiare per seguire gli spostamenti dovuti alla professione di suo padre. Lo vediamo nelle relazioni sociali con i compagni di scuola e gli amici, ma anche quelle che intrattiene con parenti e vicini di casa.

E’ straordinaria la capacità di Saramago di trovare nuovi argomenti e nuovi stili di scrittura pur rimanendo sempre fedele al suo “marchio di fabbrica”. In queste “piccole memorie” affronta il racconto della sua infanzia e della sua adolescenza raccontandoci se stesso, raccontandoci i suoi sentimenti e utilizzando le persone e i luoghi della sua gioventù come se fossero gli scrigni che li contengono.

Ad una lettura poco attenta potrebbe sembrare abbastanza simile all’altro suo libro “Una terra chiamata Alentejo” ma, tra questi due libri vi è una differenza abissale; mentre ne “Le Piccole memorie” il punto focale sono le esperienze del giovane José in “Una terra chiamata Alentejo” è la natura, il paesaggio ad essere il vero protagonista.

Potremmo quasi dire, azzardando, che con questi due scritti, Saramago ci ha dischiuso due facce della sua anima. Quella avventurosa con il viaggio e quella romantica con le memorie.

Straordinariamente bello e romantico, per esempio, è il racconto in cui Saramago ci descrive la cassapanca della casa di Azinhaga nella quale venivano custodite le fave. La paura per la polvere delle fave secche che irritava la pelle del giovane José e che gli faceva venire le pustole; il desiderio però di aprire comunque quella cassapanca e la scoperta che incollata al soffitto del coperchio c’erano dei fogli di giornale (che la famiglia non poteva permettersi di acquistare) e il piacere di imparare a leggere proprio su quelle pagine di giornale in mezzo alla polvere tanto pericolosa.

In queste 120 pagine c’è davvero tutto Saramago “in nuce”. C’è l’amore per le piccole cose, i paesaggi così sapientemente descritti, gli amori travolgenti, le relazioni complicate, gli uomini e le donne che poi diventeranno i protagonisti delle sue storie, i genitori e gli affetti più cari, i vicini di casa, le rane colpite con grande abilità, con la frombola e i pesci che invece non abboccavano mai.

Insomma sembra quasi che questo libro sia una “summa” di tutto quello che abbiamo letto prima di questo grande scrittore; come se l’autore si fosse travestito da mago (in fondo il mago è presente nel suo stesso cognome) e, al termine dello spettacolo, mostrasse senza ritegno e con grande orgoglio, da dove ha tratto l’ispirazione per tutti i “trucchi” che ha utilizzato nel suo spettacolo; quasi un testamento ante mortem.

Libro consigliato!

Tutti i nomi

Tutti i nomi di José Saramago edito da Einaudi – prima edizione 1997

Può sembrare un po’ pretenzioso da parte di Saramago intitolare il libro “Tutti i nomi” visto che nel romanzo il protagonista è l’unico ad avere un nome proprio; certo non un nome completo ma solo un generico “signor José”. Tutti gli altri personaggi che percorrono le vie e la vita del protagonista sono identificati dalla professione o dal posto dove vivono o in qualsiasi altra maniera ma in tutto il libro non troverete altro nome che quello del signor José.

Questo tale è un uomo normale (azzarderei un banale se non sentissi che nella sua normalità sta la chiave di tutto il romanzo), non è sposato, fa un lavoro utile ma noioso (è scritturale ausiliario presso la Conservatoria Generale dell’Anagrafe), vive in una città non meglio identificata in una epoca non precisata ma che ritengo essere posizionabile attorno agli anni ’40 o ’50 del millennio appena trascorso, e la sua vita è sempre stata scandita da ritmi che altri decidevano per lui.

L’unico hobby della vita del signor José è ritagliare gli articoli e le foto del giornale che riguardano personaggi che stanno per diventare famosi o che stanno per cadere dalla fama, aggiornando i dati giornalistici con i dati conservati nel suo luogo di lavoro.

Proprio la necessità di integrare i dati di alcuni personaggi famosi già presenti nella sua collezione fa si che alle schede necessarie rimanga attaccata la scheda di una donna sconosciuta. E il mite scritturale si trasforma, diventa un uomo diverso;

Ora, nel romanzo non viene data spiegazione di quale sia il perverso meccanismo mentale che si attua nel cervello del signor José che decide (ma davvero decide lui o sono gli eventi che decidono per lui?), di voler conoscere di più questa donna misteriosa; vuole sapere che fa nella vita, vuole conoscere il suo passato (e sospettiamo che gli piacerebbe conoscerne anche il futuro).

Inizia così la spasmodica ricerca di un bandolo a cui aggrapparsi (quasi fosse il mitologico filo di Arianna) per cominciare a dipanare a ritroso la vita di questa figura.

Nel corso di questa indagine il signor José passerà da modello di abnegazione al lavoro e rispetto delle gerarchie a un uomo capace di fare cose che mai avrebbe pensato di fare; dirà mezze verità e bugie totali, abusaerà della sua professione per accedere più rapidamente alle informazioni, diventerà ladro e falsario il tutto al fine di pervenire a quello che da semplice curiosità si trasforma lentamente in vera e propria necessità morbosa.

Sono geniali e inquietante al medesimo tempo le discussioni tra il signor José e il soffitto della sua camera da letto.

Un altro grande capolavoro di quel gran genio di Saramago che ci propone un’altra apocalisse, dopo quella di Cecità, descrivendoci una lotta per risalire nel tempo verso ciò che non è più o che non è mai stato.

Un libro oggettivamente non semplice da leggere, visto che la mancanza di nomi propri obbliga lo scrittore, e di conseguenza il lettore, a circonvoluzioni mentali per riconoscere i personaggi; ma allo stesso tempo proprio la mancanza di nomi fa sì che l’attenzione del lettore sia totale. Per la paura di perdere un qualche elemento fondamentale si rimane concentratissimi sugli avvenimenti e sui tratti psicologici degli attori.

Ancora una volta una grandissima prova di uno degli autori contemporanei più prolifici e sagaci della letteratura del 900, insignito, non a caso, del Nobel per la Letteratura nel 1988

La zattera di pietra

“La zattera di pietra” di Josè Saramago edito da Einaudi  – prima edizione 1986.

Cosa succederebbe se all’improvviso e senza alcuna avvisaglia la Spagna si staccasse dall’Europa proprio come si spacca un cracker lungo la perforazione? Questo è quello che accade all’inizio di questo libro bellissimo. Difficile, ma bellissimo.

La penisola Iberica diventa così una “zattera di pietra”, che inizia ad errare nell’Oceano Atlantico, alla ricerca di un nuovo destino o di una nuova posizione all’interno dello scacchiere del mondo. Parallelamente alla navigazione della terra inizia la navigazione di quattro personaggi sconosciuti tra loro, ma che la vita e il peregrinare renderà molto unite. Ognuna di queste persone ha una particolarità. Una di loro traccia con un bastone una riga per terra e questa diventa permanente, nel senso che anche se viene cancellata o bagnata affinchè scompaia, riappare poi come se si trattasse di magia; c’è un uomo che sente il tremolio continuo della terra (come se fosse la vibrazione del motore che gira al minimo!); una persona che riesce a sollevare una pietra pesantissima e a lanciarla lontanissimo…e tra loro c’è anche un cane.

Con la scusa di raccontare la navigazione dell’intera penisola (ma a questo punto sarebbe meglio chiamarla isola), Saramago ci racconta la navigazione dello spirito umano nella vita, alla ricerca di quel porto felice che è la realizzazione di ogni uomo.

Libro di prodigi, di tremori terrestri, di imprevedibili magie, di presagi demoniaci e di spunti ecologici “La zattera di pietra” accompagna il lettore nel lungo viaggio all’interno dei rapporti umani, del loro sorgere e del loro tramontare; della nascita dell’amicizia e dell’amore ma anche del loro finire (a volte tragico).

Libro di grande intensa analisi psicologica “La zattera di pietra” è uno di quei libri che fai fatica mentre lo leggi, ma che quando lo hai terminato ti manca, come il sole manca all’alba.