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A volte ritorno

A volte ritorno di John Niven, edito da Einaudi, prima edizione 2012.

Prima di cominciare l’analisi di questo romanzo divertente c’è da fare un distinguo. Se siete bigotti e avete l’ironia di un blocco di ghisa, allora chiudete pure questa recensione e tenetevi ben lontani da questo romanzo.

Dio decide di prendersi una vacanza, diremmo anche meritata, di una settimana. Sistema tutte le sue cose, lascia le incombenze a chi di dovere, guarda sulla terra e si compiace. C’è in corso il Rinascimento. Dio è felice.

Quando torna dalle ferie vede che le facce di tutti sono parecchio preoccupate e gli sguardi sono spesso sfuggenti ma non afferra subito la situazione; forse è ancora un po’ stonato dalle ferie. Soltanto quando butta un’occhio alla terra capisce e inorridisce. Dio è incazzato.

Sono passati circa cinquecento anni sulla terra e la situazione che vede è quella attuale. L’uomo si disinteressa dell’uomo, del pianeta, pensa solo ai soldi, la società è ovunque corrotta, piena di vizi, praticamente va a rotoli. Gli uomini sono gretti, senza slanci morali e l’arte è relegata ai confini della galassia. Dio è imbufalito, ma che dico, è molto incazzato. Il volto rosso vermiglio, i pugni stretti, gli occhi sono una fessura e la vena sul collo pulsa da paura.

Gli partono due “bestemmioni” così giganteschi che tutto il paradiso ammutolisce improvvisamente, i cori degli angeli sbagliano una nota dopo millenni e l’eco dell’urlo di Dio si propaga per tutto il paradiso facendo tremare le pareti, le sedie dei santi e dei beati, scompiglia il purgatorio come una tempesta e si schianta contro la volta dell’inferno facendola incrinare.

Passato però il primo momento di rabbia, Dio si mette a pensare a come può aiutare i suoi amatissimi umani e, dopo averci riflettuto un po’ e sentito anche il parere del suo entuorage, dei suoi consiglieri, decide che l’unica soluzione possibile sia inviare nuovamente Gesù sulla terra per ricordare a tutti di “fare i bravi”.

Gesù quindi si ritrova nuovamente tra gli uomini solo che questa volta è in una società che ha dimenticato completamente i suoi comandamenti, che attribuisce maggior valore ai beni materiali che al proprio essere uomo, che appesantisce la propria anima di cose materiali invece di aiutarla a librarsi libera e leggera nel cielo.

Oh, però adesso non pensate che Gesù sia uno pesante da sopportare, anzi è molto “fricchettone”; come l’altra volta si circonda di buone amicizie e finisce per partecipare ad un talent show dove canta con la sua chitarra. Canta, ovviamente, il messaggio di suo padre. “Fate i bravi”.

Riuscirà il nostro eroe a vincere il concorso e soprattutto a trasmettere il suo messaggio?

Ci troviamo al cospetto di un romanzo diverso da tutto quello che si sia mai visto. Ironico, irriverente e decisamente sopra le righe. In questo romanzo J. Niven racconta in modo più che realistico la società contemporanea e i suoi innumerevoli peccati.

Niven descrive in modo diretto ma al contempo dissacrante le tante assurdità umane ma anche il rapporto con la chiesa, i tabù, gli errori commessi dall’umanità nel passato ma anche quelli che ancora commettiamo.

Il linguaggio usato in questo particolare racconto è fresco, giovane, dissacrante e moderno. Questo linguaggio però è davvero calzante perché richiama moltissimo il linguaggio usato nelle nostre strade, dai nostri ragazzi, sui social e in televisione.

A volte ritorno” è un romanzo in cui, tra una canna ed una esibizione televisiva, ci viene ricordata la nostra follia umana, quella che sta distruggendo il nostro stesso mondo, avvelenando i nostri mari, estinguendo i bellissimi animali che ci circondano ma ci ricorda anche il valore dell’amicizia e dell’amore incondizionato.

Il linguaggio di Niven è fresco, giovane, senza schemi mentali; il libro è divertente e di facile lettura. I personaggi sono perfettamente raccontati ed è bello vedere come l’autore si sia inventato le personalità di Gesù e quella di un Dio decisamente sopra le righe o almeno al di sopra di quella rigidità che la Chiesa ci ha sempre fatto credere fino ad oggi.

Tirando le somme questo romanzo di Niven ha molte cose positive iniziando da una trama simpatica e avvincente, seguita poi da personaggi divertenti (Dio frichettone su tutti), per concludere con un messaggio di salvezza semplice e che ci viene ricordato senza particolari pensantezze, in fondo quanto può essere difficile da ricordare “Fate i bravi”.

Libro consigliato.

Akhenaton – L’eretico

Akhenaton -L’ereticodi Valery Esperian, prima edizione 2018.

Prima di raccontare la trama di questo avvincente romanzo storico voglio ricordare che presso gli Egizi, ma in realtà fino a tutto il Medioevo era consuetudine, tra i possidenti, che i matrimoni avvenissero molto spesso tra consanguinei (fratelli, cugini, nipoti ecc ecc) perché così facendo si manteneva la ricchezza nell’ambito della famiglia.

La scienza poi ci ha insegnato che però, così facendo e a lungo andare, si indeboliva terribilmente il corredo genetico, spalancando le porte a una serie di malattie e malformazioni.

Ecco, tutto questo per spiegare come mai l’aspetto di Akhenaton (anche noto con il nome di Amenofi IV) non fosse dei migliori e anche di salute non è che stesse proprio bene infatti il padre, Amenofi III, aveva scelto come erede al trono il di lui fratello Thuthmose che, ma guarda un po’, muore in circostanze misteriose.

Dunque, vuoi per fortuna, vuoi per i magheggi fatti dalla madre, il giovane Amenofi IV sale al potere e, dopo cinque anni relativamente tranquilli, durante i quali si è occupato quasi esclusivamente della bellissima moglie, nonché cugina, Nefertiti e alla creazione di quella pletora di figli che lascerà dietro di sé, inizia la sua rivoluzione.

Lo vedremo nel corso del romanzo dibattersi tra la tradizione politeista egizia e l’amore appassionato per il dio Aton (il disco solare) che lui ritiene responsabile della sua inattesa salita al trono. In suo onore cambia il proprio nome in Akhenaton, decide l’edificazione di una città dedicata al dio e, soprattutto, cambia la religione dell’alto e basso impero da politeista a monoteista. Ovviamente l’unico vero dio è Aton di cui lui è il rappresentante nonché il figlio.

Secondo voi, quali sentimenti dovevano provare per il faraone tutti i sacerdoti e le sacerdotesse dei vari Dei mandati in pensione, che si sono ritrovati dimessi con un bel calcio… nel gonnellino di lino?

Usando un eufemismo potremmo dire che erano abbastanza agitati nei confronti del faraone e la stessa situazione si verificava in ogni ambito del regno ma Akhenaton non se ne preoccupava perché era convinto che, con l’erezione della nuova città dedicata ad Aton e i conseguenti commerci che si sarebbero sviluppati, i malumori si sarebbero placati.

Seguiremo il faraone in questo suo sogno che molto spesso si trasformerà in una ossessione se non in un incubo vero e proprio.

Cammineremo nel palazzo reale ed assisteremo alla nascita e al declino di uno dei progetti più grandiosi mai concepiti. Assisteremo allo sforzo che Akhenaton farà per portare avanti il suo culto smisurato per Aton.

Non si tratta di un libro giallo ma in alcuni passaggi potrebbe ricordarlo.

Il collettivo Valery Esperian ci porta a spasso per quel bellissimo periodo storico che è l’Egitto dei faraoni prestando grande attenzione alle fonti storiche. Probabilmente non è accurato come i romanzi di altri egittologi ma sicuramente non sono contenute informazioni scorrette.

La scrittura è molto scorrevole e allo stesso tempo incatena il lettore alla storia, i personaggi sono sempre molto fedeli alla realtà dell’epoca.

E’ interessante poter sbirciare all’interno di una realtà così lontana dalla nostra e al contempo così affascinante. L’antico Egitto ha sempre un fascino enorme soprattutto quando è raccontato così approfonditamente come in questo libro.

Se vogliamo trovare un appunto da fare a questo libro è che non menziona assolutamente cosa accade alla morte del faraone.

Pochi anni furono sufficienti perché il vecchio sistema politeista riprendesse il comando e infliggesse al povero Akhenaton il peggiore dei castighi. L’oblio.

Infatti il faraone subì la damnatio memoriae, cioè il suo nome venne cancellato da tutti i documenti ufficiali, dai cartigli, dalle statue, da tutto quello a cui si riuscì ad arrivare e non doveva essere più pronunciato. Per gli egizi questo era la peggiore delle condanne perché, l’anima di un defunto sopravvive fino a che sopravvive il suo nome e pertanto cancellandone il nome l’anima muore definitivamente e non potrà mai tornare.

Una buon guida per fare un giro nei tempi antichi, per vedere come vivevano i reali e per sognare con una delle culture più affascinanti della storia. Libro consigliato.

Caino

Caino di José Saramago edito da Feltrinelli. Prima edizione 2009.

Per la prima volta, un libro di Saramago mi ha deluso! Ma proprio deluso deluso!

Non ho ritrovato in questo ultimo libro dell’autore lusitano, nulla di tutto quello che mi ha affascinato nei tanti altri suoi scritti, letti in precedenza.

Non c’è paragone con i suoi libri anteriori, nessuna delle meraviglie che mi avevano affascinato negli altri suoi romanzi è presente in questo ultimo libello.

Sembra quasi che lo scrittore abbia tentato un cambio di stile; purtroppo, personalmente, non l’ho trovata una buona idea.

Oppure l’argomento trattato era talmente vasto e complesso che, nel tentativo di renderlo facile e scorrevole, l’ha trasformata in una storia banale e puerile.

Provo a darne un breve riepilogo.

Come dice il titolo, il libro si occupa della vita di Caino, quello biblico e prende le mosse dalla genesi del genere umano con la creazione, da parte di Dio, di Adamo ed Eva con la conseguente cacciata dal paradiso terrestre eccetera eccetera.

Quindi “l’allegra” famigliola viene cacciata dall’Eden e si ritrova a vagare in un deserto senza alcuna speranza di sopravvivenza visto che non sanno fare nulla ne hanno idea di come procacciarsi cibo e vestiario. Miracolosamente si accodano ad una carovana che li porta in un villaggio dove nascono i due figli, e il successivo omicidio di Abele da parte di Caino.

E fino a qui la storia è arcinota; ma d’ora in avanti nulla sarà come ci si aspetta. Caino scappa dalla sua tribù e comincia a girare per non meglio identificati luoghi dove si imbatte nei più svariati personaggi della Bibbia; quando gli viene chiesto il suo nome, dice di chiamarsi Abele.

Cacciato e condannato ad una vita errabonda, il destino di Caino è quello di un povero mucchio d’ossa che viaggia a dorso di mulo, attraverso lo spazio e il tempo; ora da protagonista ora da semplice spettatore, avventuriero e mascalzone, visita tutti gli episodi più significativi della narrazione biblica.

La cosa che maggiormente mi ha deluso in questo libro è il fatto che gli eventi a cui partecipa il protagonista, sono temporalmente diversi e l’unica giustificazione che l’autore riesce a trovare è quella dell’intervento divino che fa viaggiare Caino avanti e indietro nel tempo come uno jo-jo.

Saramago, rende Caino un essere umano, né migliore né peggiore di tutti gli altri. Al contrario, il Dio che viene fuori dalla narrazione è un dio malvagio, ingiusto e invidioso, che non sa veramente quello che vuole e soprattutto non ama gli uomini.

Qui c’è l’unica cosa di tutto il libro che mi è piaciuta; infatti Caino dice chiaramente a Dio quello che pensa di Lui e del Suo comportamento, soprattutto gli rinfaccia la strage dei bambini presenti a Sodoma e Gomorra.

Degno di nota è anche la conclusione dell’episodio dell’arca di Noè; unico momento che riesce a strappare un sorriso e a risvegliare il lettore da una noia mortale.

Riscrittura personalissima della Bibbia, questo libro è un’invenzione letteraria ed un tentativo di allegoria che mette in scena l’assurdo di un Dio che appare più crudele del peggiore degli uomini.

Ribadisco che per tante ragioni questo libro non mi è proprio piaciuto. I personaggi sono poco raccontati, le ambientazioni sono descritte in maniera puerile, gli avvenimenti (tranne quelli biblici) sono banali, le motivazioni del viaggio di Caino sono confuse ed incomprensibili.

Anche lo stile di scrittura di Saramago è diverso dal suo solito. Certo la punteggiatura continua ad essere un’ipotesi ma non c’è la stessa energia che si trova in altri suoi libri. Sembra quasi che il libro sia stato scritto da una persona diversa da quella che ha prodotto capolavori come “L’uomo duplicato”, “Cecità” “Vangelo secondo Gesù Cristo” e tanti tanti altri.

Siamo forse di fronte all’opera di un ghost-writer?

Libro ovviamente non consigliato.