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Il diario di Eva

Il diario di Eva di Mark Twain edito da Feltrinelli prima edizione 1906.

Questo libro proprio non riesco a “incasellarlo”; non riesco proprio a capire se mi sono imbattuto in un capolavoro o in una boiata pazzesca.

Vi ho trovato dell’ironia ma anche tanta tanta noia.

Si tratta di un diario e, proprio come ogni diario, ha una cadenza definita. I giorni sono nettamente divisi e le annotazioni sono abbastanza scarne e lapidarie.

Nella sua fantasia Twain immagina che Eva scriva questo diario raccontandoci i primi giorni della creazione del mondo.

La prima cosa che Eva ci racconta è se stessa; si racconta come un esperimento ed è convinta di essere unica; un bel giorno nel suo girovaga Eva incontra un altro essere umano che inizialmente chiamerà “rettile” e solo successivamente Adamo. Questo essere umano ha tutte le caratteristiche dell’uomo moderno; è schivo, scostante, annoiato e pigro (talmente pigro che non riusciva nemmeno a dare il nome agli animali). Questo Eva lo scopre soltanto dopo svariati giorni di pedinamento. Nel corso della sua “indagine” Eva pensa addirittura che Dio abbia commesso un errore nel creare l’esperimento uomo perchè le sembra totalmente inutile.

Eva al contrario definisce se stessa come chiacchierona, romantica, ricca di inventiva. intelligente e forse un po’ stressante visto che parla in continuazione. Parla talmente tanto che, a volte, Adamo è costretto ad arrampicarsi su un albero per stare un po’ tranquillo.

All’inizio Adamo la ignora e lei ci rimane male, poi iniziano a fare le cose assieme ed Eva scopre l’amore fino ad arrivare ad affermare che l’uomo è indispensabile e che non saprebbe vivere senza di lui se, per caso, egli morisse.

Forse la cosa migliore di tutto il romanzo è la frase che Adamo scrive come epitaffio sulla tomba di Eva: “Ovunque lei sia stata, quello era l’Eden”.

Che dire di più?

Potremmo parlare dei personaggi che sono troppo poco raccontati ma anche troppo facilmente immaginabili.

Sul metodo di scrittura di Twain non mi addentro, perchè le mie limitate conoscenze non mi permettono di muovere alcuna accusa nei confronti di uno scrittore così universalmente apprezzato. Posso solo dire che, a differenza di altri romanzi (Le avventure di Huckelberry Finn o Le avventure di Tom Sawyer) in questo libello ho avuto la sensazione che l’autore fosse distratto o che non abbia sviluppato approfonditamente un tema che poteva portarlo a creare un nuovo capolavoro della letteratura.

C’è poco altro da aggiungere; solo che si tratta di un libro che si può leggere se proprio non avete niente di meglio a disposizione.

Caino

Caino di José Saramago edito da Feltrinelli. Prima edizione 2009.

Per la prima volta, un libro di Saramago mi ha deluso! Ma proprio deluso deluso!

Non ho ritrovato in questo ultimo libro dell’autore lusitano, nulla di tutto quello che mi ha affascinato nei tanti altri suoi scritti, letti in precedenza.

Non c’è paragone con i suoi libri anteriori, nessuna delle meraviglie che mi avevano affascinato negli altri suoi romanzi è presente in questo ultimo libello.

Sembra quasi che lo scrittore abbia tentato un cambio di stile; purtroppo, personalmente, non l’ho trovata una buona idea.

Oppure l’argomento trattato era talmente vasto e complesso che, nel tentativo di renderlo facile e scorrevole, l’ha trasformata in una storia banale e puerile.

Provo a darne un breve riepilogo.

Come dice il titolo, il libro si occupa della vita di Caino, quello biblico e prende le mosse dalla genesi del genere umano con la creazione, da parte di Dio, di Adamo ed Eva con la conseguente cacciata dal paradiso terrestre eccetera eccetera.

Quindi “l’allegra” famigliola viene cacciata dall’Eden e si ritrova a vagare in un deserto senza alcuna speranza di sopravvivenza visto che non sanno fare nulla ne hanno idea di come procacciarsi cibo e vestiario. Miracolosamente si accodano ad una carovana che li porta in un villaggio dove nascono i due figli, e il successivo omicidio di Abele da parte di Caino.

E fino a qui la storia è arcinota; ma d’ora in avanti nulla sarà come ci si aspetta. Caino scappa dalla sua tribù e comincia a girare per non meglio identificati luoghi dove si imbatte nei più svariati personaggi della Bibbia; quando gli viene chiesto il suo nome, dice di chiamarsi Abele.

Cacciato e condannato ad una vita errabonda, il destino di Caino è quello di un povero mucchio d’ossa che viaggia a dorso di mulo, attraverso lo spazio e il tempo; ora da protagonista ora da semplice spettatore, avventuriero e mascalzone, visita tutti gli episodi più significativi della narrazione biblica.

La cosa che maggiormente mi ha deluso in questo libro è il fatto che gli eventi a cui partecipa il protagonista, sono temporalmente diversi e l’unica giustificazione che l’autore riesce a trovare è quella dell’intervento divino che fa viaggiare Caino avanti e indietro nel tempo come uno jo-jo.

Saramago, rende Caino un essere umano, né migliore né peggiore di tutti gli altri. Al contrario, il Dio che viene fuori dalla narrazione è un dio malvagio, ingiusto e invidioso, che non sa veramente quello che vuole e soprattutto non ama gli uomini.

Qui c’è l’unica cosa di tutto il libro che mi è piaciuta; infatti Caino dice chiaramente a Dio quello che pensa di Lui e del Suo comportamento, soprattutto gli rinfaccia la strage dei bambini presenti a Sodoma e Gomorra.

Degno di nota è anche la conclusione dell’episodio dell’arca di Noè; unico momento che riesce a strappare un sorriso e a risvegliare il lettore da una noia mortale.

Riscrittura personalissima della Bibbia, questo libro è un’invenzione letteraria ed un tentativo di allegoria che mette in scena l’assurdo di un Dio che appare più crudele del peggiore degli uomini.

Ribadisco che per tante ragioni questo libro non mi è proprio piaciuto. I personaggi sono poco raccontati, le ambientazioni sono descritte in maniera puerile, gli avvenimenti (tranne quelli biblici) sono banali, le motivazioni del viaggio di Caino sono confuse ed incomprensibili.

Anche lo stile di scrittura di Saramago è diverso dal suo solito. Certo la punteggiatura continua ad essere un’ipotesi ma non c’è la stessa energia che si trova in altri suoi libri. Sembra quasi che il libro sia stato scritto da una persona diversa da quella che ha prodotto capolavori come “L’uomo duplicato”, “Cecità” “Vangelo secondo Gesù Cristo” e tanti tanti altri.

Siamo forse di fronte all’opera di un ghost-writer?

Libro ovviamente non consigliato.