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So che un giorno tornerai

So che un giorno tornerai di Luca Bianchini, Edizioni Mondadori, prima edizione 2018.

Trieste, una città ricca di storia, di arte, di cultura, di vento, di fervore, di amore, di giovani che vogliono divertirsi perché, in fondo, siamo alla fine degli anni 60, quegli anni in cui imperversano le musiche che arrivavano da oltre oceano, i nuovo complessi, i capelloni, le prime droghe, e soprattutto i primi soldi. Forse per la prima volta i giovani hanno in tasca qualche banconota che possono spendere per soddisfare i propri desideri. Trieste invasa pacificamente da tanti giovani jugoslavi che vengono a comprare di qua, quello che il regime slavo non vende.

In questa città e in questo momento storico vive Angela una allegra ragazza figlia del proprio tempo. Ha una famiglia alle spalle; i Pipan formati da padre devoto al dominio austriaco, madre sontuosa cuoca della tradizione triestina e un botto di fratelli. Angela vive la vita con il sorriso e la spontaneità di chi non ha nulla da perdere e vuole assaggiare tutto quello che il mondo offre.

All’improvviso sulla strada di Angela sbuca Pasquale bello come il sole che spacca la terra di Calabria di cui è originario, e saporito come la liquirizia che si raccoglie spontanea. E’ a Trieste per vendere jeans e che ha lasciato in quel di Calabria una giovane moglie.

L’amore tra Angela e Pasquale è amore ancora prima che i due incrocino gli sguardi; bruciano di passione reciproca, a nulla vale il pensiero della moglie di Pasquale. L’attrazione tra i due è troppo forte perché la possano combattere e così, in breve tempo, i due diventano amanti.

Come tutti gli amori letterari anche questo è molto prolifico tanto è vero che Angela rimane incinta. Pasquale è pronto a riconoscere la paternità purché però nasca un bambino… e invece nasce Emma. Ovviamente Pasquale si dilegua ritornando, da codardo, nella sua San Severina e abbandonando le due bambine (Angela ha soltanto vent’anni quando partorisce Emma) al loro destino. Subentra ovviamente la famiglia di Angela che, come una mano, si stringe per aiutare il membro in difficoltà.

Emma cresce lentamente e apprende e capisce tutto quello che c’è da capire e quindi ecco i giochi da maschio, il pallone, i vestiti mimetici nella speranza di trasformarsi nel maschio che avrebbe tenuto insieme la sua famiglia.

In questo tentativo di Emma di mascolinizzarsi io vedo lo stesso disagio che striscia latente in tutta la narrazione del cartone animato “Lady Oscar” dove la protagonista arriverà, suo malgrado, a far innamorare del proprio sé maschile la Regina di Francia.

Si può forse dire che questo sia il romanzo delle occasioni perdute. Angela che per estrema giovinezza si perde la crescita di sua figlia, Pasquale che perde l’occasione di stare con la donna che ama davvero soltanto per lo stupido stereotipo desiderio del figlio maschio che continui il proprio nome.

Quello che abbiamo davanti è un romanzo molto sfaccettato, ricco di sfumature e di accenti che spostano continuamente l’attenzione da una situazione all’altra senza dare mai il tempo al lettore di rifiatare, di digerire quello che ha già letto. E’ come una folle corsa in macchina. Siamo troppo impegnati a seguire i vari personaggi nel loro vivere quotidiano da trovare il tempo per chiederci il perché di tutto quello che accade.

Perché Pasquale è così codardo da non capire che Angela è l’amore della sua vita? Perché Angela è così disperatamente alla ricerca di una conferma d’amore da lasciare la bambina (ancora quasi in fasce) per correre a Bassano a ricostruirsi una nuova vita con un nuovo amore? Perché non rendersi conto che Emma è l’AMORE. Quello tutto maiuscolo, quello per cui saremmo pronti a fare qualunque cosa.

Eppure, per quanto i protagonisti si impegnino ad allontanarsi dal fulcro della storia, sono legati ad esso e non posso fare altro che ruotarci intorno su orbite sempre meno ellittiche.

Già in un’altra recensione scrissi che la vera bravura di Bianchini non è quella dell’affabulatore che racconta storie ma è quella del mago che nasconde la carta dietro il riflesso della mano, che mostra il fazzoletto vuoto per distrarci dalla visione del trucco che sta per fare.

Anche in questo romanzo Bianchini fa magie. Racconta la storia di una bimba sola per raccontare dell’importanza della famiglia; racconta dell’invasione pacifica di jugoslavi che venivano a comprare i jeans che non trovavano dall’altra parte, per parlarci di integrazione; ci parla del codardo Pasquale per ricordarci di tanti e tante che invece si assumono le proprie responsabilità.

Un romanzo di facile lettura ma la cui digestione necessita di un po’ di tempo perché i vari elementi si dispongano sullo sfondo in modo da permettere la visione chiara.

Libro consigliato ma da leggere con grande attenzione.

Io che amo solo te

Io che amo solo te di Luca Bianchini edito da Mondadori – prima edizione 2013.

Luca Bianchini deve essere affetto dalla stessa “malattia” di Camilleri perchè anche lui, come il maestro siciliano, non sbaglia un colpo. Anche questo nuovo libro è spettacolare e diverso.

Spettacolare per le ambientazioni che l’autore riesce a raccontare con amore e meraviglia (mi spiace Luca, ma si intuisce che ami la Puglia e la sua orografia), e meraviglia perchè con le sue descrizioni, lo scrittore, ci fa vedere, udire, assaporare e toccare la realtà in cui ambienta la sua storia.

La storia appunto. Tutto questo libro si basa su un matrimonio che si deve celebrare; Quello tra Chiara e Damiano che però, guarda il caso a volte come è strano, sono i rispettivi figli di Ninella e Don Mimì. Questi ultimi, furono innamorati e il loro matrimonio saltò per una questione che nel libro viene esplicitata.

Ninella è una vedova “cinquantina” e fa la sarta, ha due figlie e non ha dimenticato il suo Mimì; Don Mimì da parte sua è un pezzo grosso nella coltivazione delle patate e il matrimonio è anche un modo per rinforzare certi affari oltre che un’opportunità per stare di nuovo vicino a Ninella, senza ingelosire troppo la moglie che in paese tutti chiamano la Fist Lady.

Sfondo di questa love story a quattro, con il tempo che come uno yoyo continua il suo avanti e indietro, è la splendida Polignano a Mare, cittadina bianca e arroccata, con il suo lungomare, la statua di Domenico Modugno e il suo Maestrale che, quasi fosse un prologo, ci introduce alla storia di queste due coppie e che rimarrà presente per tutta la narrazione, quasi come un invitato importante ma scomodo.

Dunque dicevo, Chiara e Damiano devono sposarsi ed entrambi si impegnano nei preparativi del matrimonio che sarà sontuoso e del quale i polignanesi parleranno per anni. Entrambi hanno i loro dubbi e le loro certezze. Nulla è lasciato al caso. Dal vestito (e quante volte Ninella ci deve mettere mano) agli antipasti; dall’Ave Maria al bouquet “semi-cascante” passando per i testimoni.

Attorno ai “due + due” protagonisti di questo libro si muove una pletora di personaggi che ruota intorno alla storia; abbiamo un fotografo forse un po’ farfallone, gli amici dello sposo sempre pronti a fare bisboccia, la sorella della sposa che deve perdere cinque chili e la verginità prima delle nozze, e il fratello dello sposo terribilmente insicuro di sé stesso e della storia d’amore che sta vivendo (purtroppo soltanto nella sua fantasia); talmente tentennante da farsi accompagnare al matrimonio da una finta fidanzata.

Tanto per tirare un po’ le somme: in questo bel romanzo assisteremo ai preparativi prima, e al matrimonio poi tra i due giovani ma forse anche ad un nuovo inizio, per un amore che è stato ferito dalle brutture della vita ma che non ha mai smesso di ardere nei cuori dei due protagonisti.

Mi rendo conto solo ora di aver scritto tanto ma di non aver detto ancora nulla. Non vi rimane che leggere questo libro divertente, affascinante e magico che stimola la fantasia del lettore e che lo trasporta in una realtà moderna ma antica, popolata di gente straordinariamente capace di grandi passioni e di grandi amori.

Libro consigliatissimo.