Archivio Tag: follia

Il decoro

Il decoroDavid Leavitt, SEM editore, prima edizione 2020.

Donald Trump è stato appena eletto Presidente degli Stati uniti d’America e la nazione si sta ancora riprendendo dallo shock, quando un gruppo di amici newyorkesi decide di rifugiarsi per qualche giorno in una lussuosa villa del Connecticut, nel tentativo di allontanare dagli occhi la nuova situazione.

Eva Lindquist chiede a sorpresa ai suoi amici progressisti chi di loro avrebbe il coraggio di chiedere a Siri come assassinare il neo presidente Trump.

Stupita dalla codardia dei suoi amici e sempre più angosciata dalla nuova situazione, Eva non si sente più sicura negli Usa e decide di emigrare a Venezia, città che ha conosciuto e amato in gioventù.

Qui, un po’ per caso un po’ per rinforzare le sue radici in quella che definisce la sua nuova patria, almeno fino a che ci sarà Trump, Eva acquista un appartamento scontrandosi con le follie della burocrazia italiana.

Nel corso del romanzo Leavitt ci permette di seguire la “fuga” di Eva e la ricostruzione delle sue sicurezze nella nuova location, raccontandoci le sue vecchie e nuove paure.

Parallelamente alla storia di Eva, seguiremo anche le reazioni del gruppo che rimane negli Usa. Vedremo le loro reazioni alla paura e allo sconcerto per la nuova situazione.

Sarà la paura la mano che guiderà queste entità a fare ciò che decideranno di fare? O forse sarà il desiderio di fuga da quel “decoro” che per anni ha confinato le loro azioni?

Li vedremo provare a tradire persone care e ideologie, disconoscere le reazioni alle proprie azioni e tentare di inventare menzogne sempre più elaborate ed evidenti nell’istanza di mettere una distanza tra sé e il proprio operato.

Ma, i nostri protagonisti, saranno davvero in grado di uscire da quei limiti con cui hanno convissuto per tutta la vita, o scapperanno dalla porta per rientrare dalla finestra senza davvero rendersene conto?

Da grande narratore quale è Leavitt ha creato un romanzo in cui analizza il rapporto simbiotico tra desiderio d’amore, di potere e di libertà, e il bisogno di sicurezza e di conservazione che, più o meno albergano sempre nei cuori dei viventi.

Al termine della lettura rimane un dubbio ancora da chiarire. La nuova sicurezza costruita da Eva e dagli altri del gruppo attraverso strade diverse, è una sicurezza reale e matura che possa resistere al fluire del tempo? Ai lettori l’ardua sentenza.

Lo stile letterario è quello preferito dal Leavitt prima maniera. Un fluire senza intralci della trama e del pensiero. I personaggi, pochi ma ben centrati, sono esattamente la rappresentazione di un’élite spocchiosa e alienata dalla società contemporanea che non riuscendo più a capire il mondo che li circonda, fuggono nel passato come Eva o che si rintanano in un mondo di fantasia creato dalla loro mente e dalle loro bugie.

Libro consigliato.

Fight Club

Fight Club di Chuck Palahniuk, edito da Arnoldo Mondadori Editore, prima edizione 1996.

Scommetto 10 caffè che non vi siete ancora imbattuti in un libro così strano. Attenzione: ho detto strano non brutto. Anzi! Fight Club è uno dei libri più interessanti e ben scritti non solo di Palahniuk o del suo genere ma dell’intera letteratura americana dalla fine del millennio fino ai giorni nostri.

Siccome non è buona norma mettere il carro davanti ai buoi è meglio andare per ordine, cominciando con un brevissimo riassunto.

Il protagonista di questo romanzo non ha un nome perché l’autore ha deciso di non assegnargliene uno, forse perché l’anonimato permette a noi di riconoscerci più facilmente in lui. E’ un impiegato che vive in una bella casa con arredamento moderno molto ricercato e molto costoso. E’ affetto da una gravissima forma di insonnia che ne sconvolge la vita e lo porta a ricercare le peggiori esperienze per affaticarsi e trovare un po’ sonno. L’unica cosa che sembra funzionare contro la sua insonnia è partecipare ai gruppi di auto aiuto per i malati di cancro.

La sua malattia è talmente invalidane che nel lungo periodo sarà la causa per cui perderà il lavoro dopo aver dato di matto con il suo capo.

Oltre all’insonnia il nostro protagonista soffre anche per una infinita sfiducia nel genere umano che lo porta sempre più giù nella sua spirale depressiva. Tutto fino all’incontro casuale con Tyrel Durden un eccentrico uomo che fabbrica saponette (e scoprirete partendo da cosa), che diventerà il suo guru oltre che il suo migliore amico. Ma non solo. Lentamente, proprio come fa un tumore, Tyrel si impossesserà di tutta la vita del nostro protagonista senza nome. Questi non sarà più in grado di fare alcunché di propria volontà. Anche la sua capacità di giudizio sarà completamente delegata a Tyrel.

Per cercare di aiutare tutti quegli uomini che, come il nostro protagonista, hanno problemi di svariati generi, ma connessi con la mascolinità, i due fondano il Fight Club. Una specie di associazione segreta in cui questi uomini si sfidano ad incontri di boxe molto rudimentale, senza protezioni, senza regole e soprattutto nella più assoluta segretezza con l’intento di ritrovare dentro di sé il maschio vero che la società contemporanea vuole sempre più delicato ed androgino (lamentando poi la morte della mascolinità).

Fanno le cose seriamente i due al punto che definiscono delle regole. Vi riporto le prime tre affinché possiate farvi un’idea:

“La prima regola del fight club è che non si parla del fight club.

La seconda regola del fight club è che non si parla del fight club.

La terza regola del fight club, quando qualcuno dice basta o non reagisce più, anche se sta solo facendo finta, il combattimento è finito.”

L’idea ha talmente successo che i due saranno costretti ad aprire più “succursali” (solitamente nei bar più infimi dopo l’ora di chiusura per non dare nell’occhio). Proporzionale al successo dei vari Fight Club è la loro discesa negli inferi. Non sarà più sufficiente incontrarsi e menarsi a mani nude per ripristinare l’ego maschile ma, i due costruiranno via via, una organizzazione sempre più complessa, sempre più illegale, sempre legata alla follia di Tyrel.

Ma chi è davvero Tyrel? Lo scopriremo con l’avanzare del romanzo.

Siamo di fronte ad un romanzo talmente particolare che anche il giudizio dicotomico “Mi piace / non mi piace” viene momentaneamente sospeso, davanti all’incredulità di quello che si è appena terminato di leggere. E’ quasi impossibile includere questo romanzo in uno dei generi soliti. E’ probabilmente qualcosa che fa classe a se stante.

Certamente Tyrel Durden è un nuovo rivoluzionario che si è dato la missione di distruggere il capitalismo e il consumismo dal loro interno, e che vuole combattere il vuoto pneumatico che, la società contemporanea crea nell’amino delle persone.

Grande importanza in questo romanzo hanno le ripetizioni. Tyrel ripete sincopaticamente e ossessivamente le parole, i concetti alfine che formino un’immagine precisa nella nostra mente, affascinando e trasmettendo al lettore, un senso di smarrimento che è quello che provano i frequentatori del Fight Club quando sono immersi nella società.

Palahniuk sventola la sua bandiera contro la società civile moderna, l’omologazione sfrenata, la pubblicità ossessiva che ci serve modelli difficilmente perseguibili e che obbliga la massa in recinti fatti di menzogne. Dal suo acido giudizio non si salva nemmeno quella ideologia sovversiva e un po’ radical-chic tipica del nostro tempo.

Nonostante lo stile sia frammentario la lettura risulta comunque scorrevole e fluida. Opera indubbiamente originale nei contenuti e nel modo di raccontarli, ha nella figura del flashback il suo centro di rotazione, da cui parte e a cui sempre ritorna.

Romanzo cruento, violento, volgare, sporco, inquietante e per alcuni versi apocalittico. Non si può negare però che abbia anche una qual certa vena comica. Siamo sicuramente di fronte ad un libro molto originale e, a suo modo, paradossale: un romanzo che fa sobbalzare sulla poltrona e che non lascia indifferenti. O si ama, o si odia.

Libro molto consigliato.

Arkansas

Arkansasdi David Leavitt, edito da Mondadori – prima edizione 1998.

Il sottotitolo di questo libro è “tre storie” perché in realtà di questo si tratta. Il bravissimo Leavitt torna a dare il meglio di sé in queste tre brevi storie ambientate in quella comunità gay che ben conosce.

Nel primo racconto, intitolato “L’artista dei saggi di fine trimestre” lo scrittore ci porta a conoscenza di una pratica poco consona che dice essere spesso utilizzata in ambito universitario. Praticamente ci racconta come uno scrittore affermato (Leavitt stesso si suppone, visto che il racconto è scritto in prima persona) abbia “venduto” tesine sui più svariati argomenti in cambio di prestazioni sessuali.

La maggioranza dei lettori rimane stupita per la realtà e crudezza del racconto ma bisognerebbe stupirsi del fatto che così tanti studenti si prestino a comprare tesine scritte da altri pur essendo chiaramente a conoscenza di quale sia la richiesta in cambio.

Questo racconto, se davvero come l’autore dichiara, è la fedele riproposizione di quanto accade nella realtà, è la conferma di quanto io affermo da tempo: “ogni uomo ha il proprio prezzo”.

Nel secondo scritto intitolato “Nozze di legno” l’autore ci racconta di una riconciliazione e di una rottura. Ci sono tre vecchi amici che, dopo anni di lontananza, si rincontrano nella casa di Montesepolcro in Toscana. Nel loro passato ci sono storie che tutti conoscono ma che tutti cercano di nascondere agli altri (come se fossero degli errori). I tre amici capiscono fin da subito che la soavità che avevano nel loro passato non esiste più; forti di questa reale sensazione tutti si impegnano nel cercare di rappresentare al meglio il proprio personaggio. Ma la realtà non ammette recite e tutti gli schemi tattici salteranno prima del finale.

Da questo racconto ho tratto la conclusione che non ha senso fingere di essere qualcuno che non si è e, soprattutto che il passato è passato e non possiamo riportarlo indietro in alcun modo.

Il terzo e ultimo racconto si intitola “Saturn Street” ed è ambientato nella Los Angeles degli anni Novanta. Sono gli anni dell’edonismo ma, al contempo, sono anche gli anni della presa di coscienza riguardo all’Aids.

Un gruppo di uomini e donne che si fanno chiamare gli Angeli consegnavano pasti a domicilio alla gente costretta a letto dall’Aids.

Il protagonista di questo racconto, in crisi per un blocco creativo, scegli di aiutare questi malati nella speranza di riuscire a sbloccarsi. Quello che non sa è che invece incontrerà una serie di personaggi che lo metteranno di fronte alla realtà crudele della malattia; di fronte a quelle facce senza futuro, il nostro protagonista dovrà cedere un po’ del suo egoismo e condividere con loro la cosa più importante. Il tempo.

La grande capacità letteraria di Leavitt si conferma anche in questa serie di racconti. C’è tutto quello che serve per far si che il lettore rimanga avvinghiato alla storia. I personaggi sono, a volte, insopportabili come il protagonista del primo racconto, a volte adorabili come i malati a cui vengono consegnati i pasti.

Può sembrare un libro leggero ma, a saperlo leggere, si tratta di grandissima letteratura. Non è infatti facile condensare in pochissime pagine le storie, le emozioni, i sentimenti, i dubbi che tutti noi avremmo in queste situazioni.

Io non sono obiettivo perché lo stile e la capacità di raccontare tipica di Leavitt mi è sempre piaciuta moltissimo quindi, per me, da leggere assolutamente.

Rabbia. Una biografia orale di Buster Casey

Rabbia. Una biografia orale di Buster Casey di Chuck Palahniuk, edito da Mondadori – prima edizione 2007.

Chi è davvero Buster Casey, detto “Rant”? Questa è la domanda che percorre, come un filo di Arianna, tutto il romanzo di Palahniuk.

Il protagonista è un figlio della peggiore e più noiosa provincia americana; tendente al sociopatico; allevato in una famiglia la cui storia è talmente particolare da rasentare l’assurdo.

Fin da ragazzino il massimo divertimento per Rant è farsi mordere da ragni, insetti e serpenti vari fino a sviluppare una immunità a qualsiasi tipo di veleno.

Siccome nella vita non bisogna farsi mancare nulla il buon Rant scoprirà nel corso della storia di essere un portatore del virus della rabbia.

Non si sa bene se grazie alla rabbia o se per un dono naturale, il nostro protagonista è dotato di un olfatto sviluppatissimo al punto da riuscire a indovinare moltissimi particolari delle persone semplicemente “annusandole”.

Grazie alle confidenze di un viandante, Rant entra in possesso di una impressionante quantità di monete antiche, la cui vendita permetterà al giovane di abbandonare la squallida provincia americana per trasferirsi nella grande metropoli dove viene immediatamente arruolato nelle file dei “notturni”. (La città è talmente sovrappopolata che si è deciso di dividerla in due: i diurni e i notturni. Ciascun turno non può circolare nelle ore riservate all’altro, e per evitare eventuali commistioni, le autorità impongono un tassativo coprifuoco).

Siccome, prima di andare via da un luogo è cosa buona lasciare un ricordo di sé, ecco che il nostra Rant si adopera per infettare il maggior numero possibile di partner sessuali, amici e compagni di scuola.

Rant durante le sue peregrinazioni nella città incontra loschi figuri come lui, che si dedicano a uno sport automobilistico chiamato “party crashing”, che consiste nell’organizzare incidenti automobilistici a tema per le strade della città. Attraverso queste vere e proprie battute di caccia vengono azzerate le differenze sociali e ribaltati gli stereotipi della società contemporanea. Alternativo al party crashing ma, alla lunga non altrettanto divertente è l’isolamento causato da un nuovo modo di fare spettacolo; si tratta di eventi, manifestazioni, film, emozioni e sensazioni trasmessi direttamente nella mente delle persone attraverso una “porta” che viene installata dietro al collo.

Grazie alla rabbia inoculata da Rant i party-crasher scopriranno che acquisiscono una straordinaria capacità innovativa e molto intrigante; Quella di viaggiare nel tempo immediatamente prima di fare un incidente.

Il romanzo è una narrazione attraverso i ricordi di amici, parenti, party crasher, ammiratori e persone incontrate. Siamo di fronte ad una pletora di voci narranti che si accapigliano per parlare, per raccontare i vari punti di vista.

Sembra quasi di vedere un film sullo schermo del cinema in cui attraverso un montaggio frenetico e psichedelico, i vari attori ci raccontano la storia di questo untore del loro tempo.

I cambi di voce sono talmente rapidi che spesso si ha il dubbio su chi stia parlando. Il montaggio delle voci è talmente fatto ad arte che talvolta una dichiarazione positiva è immediatamente seguita da una totalmente negativa; questo dà al racconto un’energia e un ritmo quasi forsennato.

In questo romanzo Chuck Palahniuk si destreggia con toni satirici per esprimere il suo nichilismo esistenzialista.

Non si tratta certamente di uno scrittore per tutte le stagioni e per tutte le bocche. Le sue opere (decine tra romanzi e racconti) sono pervasi da una elevata critica sociale. Però, se si concede fiducia a questo visionario, il viaggio in cui ci accompagna è uno dei più strani, divertenti e allucinanti.

Giunti al termine di questo romanzo, solo due potranno essere le vostre reazioni. O lo amerete alla follia o lo detesterete nel modo più assoluto.

Credo che sia propria questo lo scopo del modo di scrivere dell’autore. Il non volere che il lettore rimanga indifferente ma che prenda posizione.

Un autore a tinte forti che negli anni novanta avrebbe incontrato il gusto degli amanti del genere “pulp”.

Libro consigliato a chi ha voglia di provare cose nuove ed un po’ tanto folli.

Il simbolo perduto

Il simbolo perduto di Dan Brown edito da Mondadori prima edizione 2009.

Ancora una nuova avventura per il famosissimo Robert Langdon, professore di simbologia religiosa dell’università Harvard negli Stati Uniti, che abbiamo imparato a conoscere e ad amare nei precedenti romanzi di Dan Brown.

In questa nuova avventura l’azione si svolge totalmente nella città di Washington D.C. e la storia è ambientata nel mondo intrigantissimo della massoneria e il ruolo che ha avuto, e continua ad avere, nella storia americana; tutta la vicenda raccontata in questo ponderoso volume si svolge nell’arco di appena 12 ore.

Robert riceve un invito dal suo amico Peter Solomon ma quando si reca all’appuntamento troverà una sorpresa che lo catapulperà nel pieno dell’azione; il suo amico è stato rapito da un oscuro personaggio e il suo compito è quello di risolvere una serie di enigmi per provare a salvarlo.

Langdon viene affiancato in questa avventura da Katerine Solomon, geniale esperta in scienze neoetiche nonché sorella del rapito.

Nel corso dell’indagine si scoprirà che non è stato Solomon ad invitare Langdon al Campidoglio, ma un falso massone che si fa chiamare Mal’akh

In tutta questa corsa contro il tempo entra all’improvviso la CIA che, con un suo altissimo dirigente, cerca di impedire a Langdon di realizzare il proprio compito al fine di proteggere la massoneria.

Scopriremo tanti segreti della massoneria ma anche tante cose che ignoravamo dei vari personaggi della serie, e alcune di queste scoperte saranno veramente inaspettate.

Chiaramente non posso aggiungere altro per non rovinare la sorpresa a chi ancora non ha letto questo ottimo romanzo; inoltre, anche le informazioni che ho potuto scrivere in questo brevissimo riassunto, sono molto scarse proprio per non togliere suspance ad un libro che vive di ciò, e che corre con un ritmo forsennato verso una fine quasi epica.

Il libro si svolge in una serie di ambientazioni via via più favolose, si passa dal Campidoglio all’obelisco, dalla Casa Bianca alla House of Temple in un continuo rincorrersi di situazioni via via più pericolose.

Questa volta sembrerà che il nostro eroe non riesca a raggiungere il proprio scopo e invece, con un inaspettato colpo di scena finale…

Come tutti i libri di Brown, anche questo è scritto magnificamente; incolla il lettore alle pagine. Anche questa volta il libro è infarcito di verità e di menzogne mescolate ad arte per adattarle alle necessità scenografiche e storiche dell’autore.

Proprio quando credevo di non avere più niente da scoprire sul personaggio di Langdon, ecco che con questo romanzo Brown scombina le carte in tavola e ci presenta un professore diverso, molto meno smargiasso del solito e molto più profondo e preoccupato.

E’ un romanzo molto ben scritto e ben ideato, che come quelli che lo hanno preceduto, ha la capacità di incatenare il lettore fin dalle prime pagine e di non lasciarlo fuggire fino alla sua conclusione.

Libro consigliato.