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I delitti di via Medina-Sidonia

I delitti di via Medina-SidoniaPiazzese Santo, edito da Sellerio – Prima edizione 1996.

Questo è sicuramente un romanzo strano infatti cerca di farci credere che un omicidio sia un suicidio e che un altro omicidio sia una disgrazia. Entrambi gli omicidi si svolgono all’interno del dipartimento di biologia dell’università. Questo particolare è quello che assume a giustificazione il personaggio che, senza alcuna competenza specifica, si assume l’onere delle indagini.

Non siamo davanti ad un commissario di polizia o qualcuno debitamente formato in materia bensì al professore universitario della facoltà di biologia. Ricordiamo che l’autore rivestiva esattamente questo ruolo pertanto possiamo dire che il protagonista, la voce narrante, sia l’autore stesso.

Il giallo è ambientato a Palermo ma questa volta la mafia non ha luogo di esistere o di essere anche solo nominata. Seguiremo il protagonista, tale Lorenzo La Marca nel suo percorso per scoprire chi ha è macchiato le mani con il sangue di due brave persone.

Si tratta di un giallo molto ben scritto e costruito; se proprio un dettaglio che stona voglio cercare, diciamo che è un po’ troppo vecchio stile. Intendo che richiama molto lo stile narrativo dei grandi gialli della letteratura anglosassone.

Però uno dei vantaggi di questo romanzo è la grande capacità letteraria dell’autore. Ciò gli permette di infarcire il suo scritto di molte parole ricercate, molti aneddoti simpatici o piccanti che ne impreziosiscono il tessuto. Forse in alcuni passaggi il godimento di saper scrivere e di conoscere termini così inutilizzati ha inorgoglito l’autore al punto da fargli perdere il senso della misura. Ammetto che alcune frasi sono un po’ pesanti; sembrano quasi frasi da romanzi ottocenteschi.

Ma non perdiamo il filo. Nel corso della lettura vedremo il La Marca girare per una Palermo calda come un forno e, al tempo stesso, succulenta come una granita di caffè. Lo vedremo girare per zone della città che sembrano non essere collegate con gli eventi su cui sta indagando; parlare con persone e fare domande che sembrano lontane mille miglia dagli omicidi avvenuti.

E invece il buon La Marca, con i suo metodo un po’ arraffazzonato, la sua musica, il suo amore per il gentil sesso arriva, alla fine, a svelare tutto il mistero.

Ammetto che quando sono arrivato a leggere il finale sono rimasto un po’ deluso perché tutto è molto semplice e logico però, in un secondo momento e ad un’analisi più approfondita, ho capito che sbagliavo io. Infatti il vero obiettivo che Piazzese vuole che perseguiamo non è la banale scoperta dell’assassino bensì il viaggio percorso dal La Marca. E’ un po’ come godersi il viaggio prima di arrivare alla meta del nostro viaggio.

Lo stile letterario di Piazzese è limpido, fresco, leggero e, come certe piante carnivore, traditore. Infatti dopo poche pagine si capisce che quello stile ci incatenerà fino alla fine della storia.

Non aspettatevi un libro noioso perché Piazzese si diverte nel raccontarci la storia e ci fa divertire con simpatici calambour e frecciatine. Ma nonostante ciò, il libro è un omaggio alla letteratura e all’amore per i libri che si evidenzia nelle continue citazioni letterarie, ma anche cinematografiche e musicali del protagonista.

Lo dicevo all’inizio e lo confermo ora. Siamo di fronte ad un testo strano, difficile per alcuni versi, semplicissimo per altri; attrattivo come una calamita per le descrizioni magnifiche di una magnifica Sicilia e vagamente respingente se, come me, non amate troppo il citazionismo in cui Piazzese intinge un po’ troppo la penna.

Un grande pregio di questo romanzo giallo è che, di sicuro non lascia indifferenti infatti, o si ama o si odia.

Libro consigliato.

L’odore dei libri

L’odore dei libriGiancaspro Mauro, edito da Grimaldi & C. Edizioni, prima edizione 2007.

Piccola raccolta di storie legate in qualche modo all’oggetto libro. Si tratta di 16 storie che raccontano l’oggetto libro come oggetto idealizzato.

Ovviamente non posso fare il riassunto di tutte le storie ma per farvi capire di cosa si tratta vi propongo un brevissimo riassunto di un paio di esse. Le due storie che ho scelto per voi sono una l’opposto dell’altra. Nella prima il libro è idolatrato e considerato come una entità viva e vitale, mentre nella seconda è considerato come una cosa inutile.

La prima storia racconta di quello strano paese in cui, senza apparente motivo e all’improvviso, tutti i cittadini sono stati colti dalla voglia irrefrenabile di leggere. Le librerie sono state prese d’assalto, così come le biblioteche pubbliche, da orde di persone che voleva acquistare o noleggiare uno o più libri da leggere.

La libreria presa d’assalto. File interminabili all’ingresso del negozio. E, quando entravano, sembravano cavallette su un campo di grano. Hanno comprato di tutto, hanno chiesto di tutto, hanno ordinato di tutto. I telefoni erano impazziti, ci chiamavano dalle librerie più piccole per avere aiuto, anche loro non riuscivano a far fronte alla richiesta”.

Si abbandona internet così come le televisioni per buttarsi su quel piccolo parallelepipedo di carta e colla che include parole e versi. Le tipografie sono costrette ad assumere lavoratori per poter stampare ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Questa strana voglia di leggere era scoppiata così silenziosamente che i grandi sociologi nazionali ancora brancolavano nel buio cercando di spiegare un evento che non era mai accaduto nel passato e per il quale non avevano modelli di riferimento a cui ispirarsi. Tutti erano un po’ così, incerti.

Durerà questa rinnovata passione per la lettura oppure sarà l’ennesimo fuoco di paglia?

La seconda storia di cui vi parlo per ingolosirvi racconta di quella volta in cui in una non meglio specificata città scoppia una gravissima crisi energetica che mette tutta la popolazione in ginocchio. I potenti della città tranquillizzano la popolazione dicendo che gli studi per la nuova energia pulita sono già in avanzato stato di elaborazione e, propongono un piano di energia provvisorio e temporaneo chiamato “I libri per la vita, dalla letteratura all’energia”.

Questo progetto in pratica prevede di ottenere energia bruciando i libri. E’ un piano ben articolato perché garantisce agli operatori che bruciano i libri che, quando la nuova energia sarà disponibile, loro verranno tutti riconvertiti alla nuova tecnologia.

Ovviamente un progetto governativo così indecente ha smosso tutte le coscienze. Da principio le opposizioni hanno tentato in tutti i modi di fermare questo scempio, ma il governo è andato avanti come un panzer fino alla sua realizzazione.

La popolazione però sembrava essere dalla parte del governo infatti tutte le domeniche portava pacchi e pacchi di libri alle camionette dell’esercito deputate al ritiro dei libri da portare agli inceneritori. D’altronde pensavano, meglio senza libri che senza energia.

Solo pochi sparuti gruppi di solitari “don Chisciotte” ancora combattono sulle piazze che gesti azzardati che purtroppo lasciano la situazione che trovano.

Il libro è ben scritto e decisamente interessante. La divisione dei racconti è perfetta per una lettura che non impegni tanto tempo. Ad esempio un lettore potrebbe leggere una storia ogni sera, prima di addormentarsi.

Siamo di fronte ad uno dei pochi casi in cui l’oggetto libro non è più il mezzo attraverso cui ci viene porta la storia del protagonista, ma è egli stesso il protagonista della sua storia.

Libro semplice, senza particolari velleità ma sincero e di piacevole lettura.

Libro consigliato.

Il libro dei Baltimore

Il libro dei Baltimore di Joël Dicker, edizione La nave di Teseo, prima edizione 2015.

Se vi aspettate di ritrovare in questo libro le sensazioni, le emozioni, le vibrazioni che avete trovato nel precedente “La verità sul caso Harry Quebert” andate incontro ad una solenne delusione. Questo libro è altro dal precedente. E’ lontanissimo. Unica costante è la voce narrante. Quel Marcus Goldman che ci ha raccontato la precedente storia, ora si accinge a illustrarci una nuova realtà.

All’inizio di questo reportage è necessario distinguere i Goldman. Esistono i Goldman di Montclair, nel New Jersey, che sono una famiglia della middle-class (e di questa fa parte Marcus); e poi ci sono i Goldman di Baltimore, nel Maryland, che invece fanno parte della high-class, che hanno svariate proprietà e che navigano decisamente in acque prosperose. La famiglia di Baltimore è composta dallo zio avvocato, dalla zia dottoressa e dai cugini Hillel e Woody; Agli occhi del bambino Marcus, questi quattro sembrano degli alieni. Hanno tutto quello che lui desidererebbe se solo sapesse di poterlo desiderare. Una grande casa, tanti soldi e tutta la serenità del mondo.

Nonostante siano molto abbienti i Goldman di Baltimore non sono per niente snob, anzi accolgono il giovane Marcus ogni qual volta lui li raggiunge. Invece i Goldman di Montclair provano parecchia invidia nei confronti dei parenti “ricchi”.

La vicenda prende le mosse quando, nel 2004 lo zio Saul convoca Marcus urgentemente a Baltimore. Nessuno sa che nell’arco di un mese avverrà quella che tutti, nel loro futuro, chiameranno “Tragedia” e che il lettore scoprirà solo nelle ultime pagine del romanzo.

L’amicizia tra i cugini è forte e indissolubile al punto che sembrano quasi fratelli. Nemmeno l’avvento dell’adolescenza e dei primi amorazzi riesce a separarli al punto che finiscono per innamorarsi tutti della stessa ragazzina, Alexandra.

Seguiremo i cugini Goldberg prima nelle loro normalità, nel loro essere ragazzi come tutti. Spinti dalle famiglie a primeggiare nei rispettivi campi, la cosa che davvero li spingerà sempre più avanti sarà la sana rivalità tra loro. Però non dobbiamo fidarci di quello che ci dicono i personaggi perché ognuno di loro ha almeno un segreto; ognuno di loro è tormentato da fantasmi che arrivano direttamente dal loro passato; ognuno di loro ha notti insonni da superare.

Seguiremo la loro normalità fino alla tragedia che cambierà tutti e tutto.

In questo scritto, a differenza del libro “La verità sul caso Harry Quebert” non siamo di fronte ad un romanzo bensì ad una saga lunga oltre vent’anni raccontata magnificamente in un unico volume.

Come già aveva fatto nel precedente romanzo anche in questo Dicker utilizza la tecnica dei continui flash-back su tre piani temporali sfalsati. Primo quello della fratellanza tra i giovani cugini seguito dagli eventi che portano alla Tragedia, per finire con il racconto di Marcus attraverso il quale cerca di rimettere insieme i pezzi della propria vita. Così facendo ci racconta la novella attraverso voci diverse ma simili.

Si ha quasi la sensazione che Marcus, che è la voce narrante principale, voglia condividere prima, con il foglio e specularmente con il lettore, non solo i suoi ricordi, ma anche gli amori e gli amici di famiglia. Sembra quasi che ci apra la porta di casa invitandoci ad vivere con lui quello che gli è capitato.

Ancora una volta l’autore dimostra di saper dosare le informazioni soprattutto quando racconta i personaggi che sono così sapientemente descritti che il lettore non può che figurarseli e completarli a proprio gusto.

Più si prosegue nella lettura e più questi personaggi così granitici, inamovibili, incrollabili mostrano le loro debolezze, le loro intimità difese allo strenuo, le loro fragilità umane.

Lo stile di Dicker in questo romanzo è straordinariamente funzionale al punto che oltre seicento pagine di romanzo scorrono senza quasi che se ne abbia sentore.

Libro consigliato.

Il venditore di metafore

Il venditore di metafore di Salvatore Niffoi, edito da Giunti, prima edizione 2017.

Al giorno d’oggi tutti raccontano storie o, per essere più precisi, tutti narrano storie; e allora perché non focalizzare la nostra attenzione su qualcuno che ha fatto della narrazione la propria vita.

Agapitu Vasoleddu nato a Thilipirches, solo e colpito più volte dalla crudeltà della vita, sopravvissuto alla carestia cattiva che si è mangiata tutto il suo paese, decide di seguire il suo cuore e di mettere a frutto il suo talento. Eccolo quindi scuotere la polvere dalla sua berretta, abbandonare la casa, il carro, la terra e tutto ciò che ha di caro, per andarsene ramingo di paese in paese a raccontare le storie della tradizione o quelle che inventa con grande fantasia.

Ecco che arriva in piazza e promette meraviglie, si toglie il berretto, si segna rapidamente, sale sullo scrannetto e da libero sfogo alla sua arte. Cosa racconta? La storia del becchino che, dopo quarant’anni di fatica e prossimo alla pensione, ha solo un lavoro ancora da fare. Completare il suo primo lavoro cioè disseppellire i corpi di due vecchi sposi che sono morti abbracciati. Il povero becchino scava, scava e continua a scavare ma dei due corpi nemmeno l’ombra.

Racconterà la storia di Juvanna Graveglio della sua bellezza straordinaria e della sua paura dei topi; oppure quella di Aloino Conca ‘e Tavedda inventore della macchina “cancella peccati”. Di Peppa Bascioccu e del marito impotente, o quella del bambino rifiutato dalla morte.

Par quasi di sentire l’imbonitore che arringa la folla: “venite, venite. Correte grandi e piccini ad ubriacarvi di parole”.

Come dicevo prima, nella società odierna tutti raccontano, ma le storie si assomigliano tutte. Meglio allora ritornare ad ascoltare il vero suono del racconto, quel suono che ha quel sapore di fiaba, che ricorda le storie che servono ad alleggerire il peso della vita. Lasciamoci guidare quindi dalla voce di Agapitu Vasoleddu, noto Matoforu (metafora).

Il tutto ambientato nella Sardegna di Niffoi. Una terra amatissima e amarissima, caratterizzata da un dialetto che è più lingua della lingua stessa. Durante l’ascolto delle storie le parole fremono, bollono, scoppiettano, scivolano rendendoci sazi di quei profumi che avvertiamo nel naso, e di quei sapori che titillano la nostra lingua.

In questo romanzo di Niffoi c’è tutto quello che ci si aspetta di trovare. La beffa, la crudeltà, la povertà, il realismo, l’orrore ma anche l’amore, il piacere, la dolcezza e la bestemmia.

Proprio per la sua innovazione nella tradizione ritengo che gli scritti di Niffoi, e questo in particolare, siano pagine esemplari di letteratura contemporanea. Brani che si leggeranno nelle antologie dei nostri figli.

Chiaramente in questo romanzo c’è molto di più e non sarò certo io a raccontarvelo. In tutte le storie di Agapitu c’è il sogno e la realtà, il dolce e l’amaro, il secco e il bagnato e ci sono tutte le contraddizioni che meglio raccontano questa terra stupenda che è la Sardegna o, per essere più precisi, la Barbagia.

I personaggi, come sempre fa il buon autore, sono sommariamente tratteggiati in modo che la mente del lettore li completi a suo gusto; nonostante questo però, gli elementi essenziale per la lettura del personaggio ci sono tutti. Le psicologie rurali sono perfettamente dipinte, le paure, le ansie, le superstizioni avvolgono il lettore e lo trasportano in un mondo che forse, non esiste più ma che ci fa sempre piacere visitare.

Non sarà una lettura semplice d’altronde la lingua sarda rispecchia l’asprezza del territorio, ma la bravura di Niffoi è anche quella di amalgamare perfettamente il dialetto con l’italiano dando respiro al lettore fino alla prossima parola in dialetto.

Mi permetto di dare un consiglio. Non vi abbattete se all’inizio le parole in dialetto saranno difficili da pronunciare. Seguite comunque il “Contacontos” nel suo viaggio e affrontate le parole dialettali come se foste bambini che imparano a leggere perché, in questo modo, scoprirete tutta la musicalità del dialetto sardo, incomprensibile spesso, ma bellissimo comunque da ascoltare.

Libro ampiamente consigliato.

Dimmi che credi al destino

Dimmi che credi al destino di Luca Bianchini edito da Mondadori prima edizione 2015.

Ancora una volta Bianchini ha centrato il bersaglio. Questo nuovo romanzo dell’autore torinese è una piccola gemma molto più intimista e profonda dei precedenti. Certo c’è sempre quell’aria scanzonata che fa apparire il libro più leggero di quello che è, ma in realtà quando il lettore si addentra nelle pieghe psicologiche dei personaggi, trova una profondità e una volontà di riuscire inattesa al principio.

Ma andiamo per gradi.

La protagonista (ma non è la sola) si chiama Ornella ed è la responsabile dell’Italia Bookshop, una libreria di Londra dove Ornella si è trasferita dopo aver abbandonato la nativa Verona ed il marito. Ha cinquantacinque anni ma solo dal punto di vista anagrafico perchè nel corso della narrazione sembra a volte una persona molto più anziana ed in altre occasioni una ragazzina appena adolescente.

Ornella ama Londra e i suoi cieli (ebbene sì per lei Londra ha molti cieli), il caffè con la moka e la panchina di un parco dove spesso incontra Mr George, un anziano signore a cui inspiegabilmente Ornella racconta tutte le sue gioie e soprattutto le sue disavventure.

Nel suo andirivieni tra il lavoro all’Italan Bookshop (dove la cosa più eccitanti sono i due pesci rossi che si chiamano Russel & Crowe) e la sua casa (dove celato nell’ombra vive il suo vicino di casa Bernard che forse la conosce meglio di quanto si conosca lei stessa), Ornella riceve inaspettata una batosta che rischia di azzerare tutte le volte che si è rialzata dopo una caduta. Il proprietario della libreria ha deciso di chiudere e saranno soltanto la faccia tosta di Ornella e la sua inguaribile speranza nel futuro a convincerlo a mettere in stand-bye il progetto per almeno due mesi.

Come tutte le volte che Ornella si trova nel dubbio, anche stavolta ricorre alla Patti. Lei è la migliore amica di Ornella (il loro rapporto è molto simile a quello di due sorelle), che arriva a Londra con poche idee ma tante scarpe e aiuterà la nostra eroina a capire quale sia la strada migliore per far ripartire la sua vita, che al momento gira un po’ a vuoto.

La prima decisione di Ornella per salvare la libreria sembra una follia. Assume part-time un giovane contabile napoletano che risponde al nome, guarda un po’, di Diego. Si tratta di una decisione anomala perchè la prima cosa che si pensa di fare per salvare un’attività traballante, è quella di ridurre i costi ed invece Ornella è “diversa” anche nel modo di affrontare questa crisi.

Diego è la napoletanità fatta persona (bisogna leggere il libro per capire questa mia affermazione). E’ talmente napoletano nella forma-mentis, che a suo confronto Gennarino Esposito è svedese.

Grazie all’effervescenza di Diego, alle lucide analisi folli della Patti, ai consigli di Mr George e al silenzioso apporto di Bernard, Ornella affronterà questa ennesima battaglia che la porterà ad guardare gli scheletri che ha rinchiuso nel suo armadio da troppo tempo, e che ormai sono diventati una zavorra che le impedisce di progredire nella sua vita.

Bianchini ha nel suo modo di scrivere, un qualcosa che ricorda i cantastorie medievali. Non si riesce mai a capire quali siano le vere intenzioni dell’autore perchè le nasconde sempre sotto un velo leggero ma sufficientemente spesso da impedirci una chiara visione. Anche al termine di questo ennesimo romanzo ci si ritrova nella condizione di non sapere se si è davvero capito tutto quanto l’autore volesse trasmettere.

Il romanzo è molto scorrevole e può sembrare leggero, ad un lettore poco attento; invece probabilmente si tratta del romanzo più “psicologico” di Bianchini. Lo definisco psicologico perchè ogni avvenimento, ogni parola, ogni scelta nascondono una ridda di motivazioni psicologiche che il lettore è invitato a scoprire da solo.

I personaggi sono molto ben definiti forse perchè l’intento dell’autore è quello di obbligare il lettore a concentrarsi sulla psicologia dei personaggi più che non sulla loro fisicità.

Come scrivevo all’inizio di questa chilometrica recensione, questo è veramente un bel romanzo; meno accogliente di quanto lo fosse il precedente “Io che amo solo te” ed il conseguente “La cena di Natale” ma sicuramente un libro che lancia al lettore una sfida più eccitante. Riuscire a rintracciare e comprendere tutte le verità nascoste nel corso del romanzo.

Ultima annotazione: tratto da una storia vera.

Libro da leggere con enorme attenzione ma sicuramente consigliatissimo.