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Rabbia. Una biografia orale di Buster Casey

Rabbia. Una biografia orale di Buster Casey di Chuck Palahniuk, edito da Mondadori – prima edizione 2007.

Chi è davvero Buster Casey, detto “Rant”? Questa è la domanda che percorre, come un filo di Arianna, tutto il romanzo di Palahniuk.

Il protagonista è un figlio della peggiore e più noiosa provincia americana; tendente al sociopatico; allevato in una famiglia la cui storia è talmente particolare da rasentare l’assurdo.

Fin da ragazzino il massimo divertimento per Rant è farsi mordere da ragni, insetti e serpenti vari fino a sviluppare una immunità a qualsiasi tipo di veleno.

Siccome nella vita non bisogna farsi mancare nulla il buon Rant scoprirà nel corso della storia di essere un portatore del virus della rabbia.

Non si sa bene se grazie alla rabbia o se per un dono naturale, il nostro protagonista è dotato di un olfatto sviluppatissimo al punto da riuscire a indovinare moltissimi particolari delle persone semplicemente “annusandole”.

Grazie alle confidenze di un viandante, Rant entra in possesso di una impressionante quantità di monete antiche, la cui vendita permetterà al giovane di abbandonare la squallida provincia americana per trasferirsi nella grande metropoli dove viene immediatamente arruolato nelle file dei “notturni”. (La città è talmente sovrappopolata che si è deciso di dividerla in due: i diurni e i notturni. Ciascun turno non può circolare nelle ore riservate all’altro, e per evitare eventuali commistioni, le autorità impongono un tassativo coprifuoco).

Siccome, prima di andare via da un luogo è cosa buona lasciare un ricordo di sé, ecco che il nostra Rant si adopera per infettare il maggior numero possibile di partner sessuali, amici e compagni di scuola.

Rant durante le sue peregrinazioni nella città incontra loschi figuri come lui, che si dedicano a uno sport automobilistico chiamato “party crashing”, che consiste nell’organizzare incidenti automobilistici a tema per le strade della città. Attraverso queste vere e proprie battute di caccia vengono azzerate le differenze sociali e ribaltati gli stereotipi della società contemporanea. Alternativo al party crashing ma, alla lunga non altrettanto divertente è l’isolamento causato da un nuovo modo di fare spettacolo; si tratta di eventi, manifestazioni, film, emozioni e sensazioni trasmessi direttamente nella mente delle persone attraverso una “porta” che viene installata dietro al collo.

Grazie alla rabbia inoculata da Rant i party-crasher scopriranno che acquisiscono una straordinaria capacità innovativa e molto intrigante; Quella di viaggiare nel tempo immediatamente prima di fare un incidente.

Il romanzo è una narrazione attraverso i ricordi di amici, parenti, party crasher, ammiratori e persone incontrate. Siamo di fronte ad una pletora di voci narranti che si accapigliano per parlare, per raccontare i vari punti di vista.

Sembra quasi di vedere un film sullo schermo del cinema in cui attraverso un montaggio frenetico e psichedelico, i vari attori ci raccontano la storia di questo untore del loro tempo.

I cambi di voce sono talmente rapidi che spesso si ha il dubbio su chi stia parlando. Il montaggio delle voci è talmente fatto ad arte che talvolta una dichiarazione positiva è immediatamente seguita da una totalmente negativa; questo dà al racconto un’energia e un ritmo quasi forsennato.

In questo romanzo Chuck Palahniuk si destreggia con toni satirici per esprimere il suo nichilismo esistenzialista.

Non si tratta certamente di uno scrittore per tutte le stagioni e per tutte le bocche. Le sue opere (decine tra romanzi e racconti) sono pervasi da una elevata critica sociale. Però, se si concede fiducia a questo visionario, il viaggio in cui ci accompagna è uno dei più strani, divertenti e allucinanti.

Giunti al termine di questo romanzo, solo due potranno essere le vostre reazioni. O lo amerete alla follia o lo detesterete nel modo più assoluto.

Credo che sia propria questo lo scopo del modo di scrivere dell’autore. Il non volere che il lettore rimanga indifferente ma che prenda posizione.

Un autore a tinte forti che negli anni novanta avrebbe incontrato il gusto degli amanti del genere “pulp”.

Libro consigliato a chi ha voglia di provare cose nuove ed un po’ tanto folli.

Oliver Twist

Oliver Twist di Charles Dickens – apparve in prima edizione sulla rivista mensile Bentley’s Miscellany dal febbraio 1837 all’aprile 1839.

Si tratta di uno dei romanzi più noti e influenti di Dickens anche se, devo essere onesto, a me personalmente non è piaciuto proprio per niente.

Vediamo di fare il riassunto della trama. Dunque, Oliver è un orfano di padre la cui madre muore di parto e finisce nell’orfanotrofio di un paesino della campagna inglese dell’800; viene mantenuto appena al di sopra del limite di sopravvivenza da una direttrice biliosa e malevola, interessata soltanto ai soldi.

Dai nove anni ai dodici anni vive e lavora come sguattero in un’impresa di pompe funebri dove subisce i maltrattamenti del padrone e dell’altro lavorante. Dorme sotto ai tavoli da lavoro, viene nutrito con gli avanzi (nemmeno fosse un cane) e spesso viene picchiato (o lo sarebbe se Oliver non fosse veloce a capire che aria tira e a nascondersi).

Stanco di tutte le angherie che sopporta scappa e cammina fino a Londra dove arriva sfinito e lacero; finisce nelle grinfie del vecchio Fagin, un ladro e ricettatore che gestisce una banda di ragazzini che manda in giro per Londra a rubare. Dopo un breve “apprendistato”, durante la sua prima uscita che ha lo scopo di fargli imparare alcune tecniche di borseggio, Oliver viene arrestato in quanto scambiato per il ladro. Durante il frettoloso processo che ne consegue, un libraio che ha assistito alla scena scagiona Oliver. Brownlow, la vittima del furto, venuto a conoscenza dalle pessime condizioni del ragazzo, lo ospita e decide di migliorarne la condizione.

Oliver si riprende ma, Fagin e gli altri riescono a rapirlo e a riportarlo nel loro nascondiglio. Fagin consegna Oliver a un brutto ceffo, ladro di appartementi, che si chiama Monks il quale lo utilizza per entrare nella casa proprio di Brownlow per rapinarla, ma la cosa finisce male e Oliver viene ferito.

Riescono a scappare ma, il nostro protagonista non ce la fa a fuggire e viene abbandonato dai malviventi credendolo ormai spacciato.

La bontà della signora Maylie e della nipote adottiva Rosie compiono il miracolo e riescono a salvare la vita del piccolo Oliver.

Fagin viene nuovamente a saperlo e, con la complicità di Monks cerca di riprendersi nuovamente Oliver ma, la compassionevole Nancy (l’unica ragazza della banda di malviventi e fidanzata di un personaggio violento e cattivo di nome Sikes) riesce ad avvertire Rose dei piani dei loro piani malvagi e…

Come è ovvio il resto della storia dovrete scoprirlo da soli leggendo il libro.

Nel libro ci sono tanti personaggi e tanti spunti ma ho la sensazione che nessuno di essi sia stato trattato approfonditamente dall’autore. La rappresentazione della città è, probabilmente volutamente, fumosa, triste e noiosa.

I personaggi sono troppo cattivi quelli malvagi e eccessivamente zuccherosi quelli buoni; il modo in cui l’autore ci racconta i personaggi è eccessivamente scarso. Difficilmente si trova nel libro una descrizione chiara dei vari attori che raccontano questa storia. Nonostante si tratti di un orfano, non mi sono mai davvero trovato a parteggiare per Oliver ne tanto meno per i suoi aguzzini

Le ambientazioni sono quelle più cupe della città ovviamente perchè si tratta di bassifondi, di laide cantine, di soffitte puzzolenti.

Insomma un libro che ho fatto molta fatica a portare a termine, lento, noioso e di difficile lettura. Non è il primo libro di Dicheks che leggo eppure questo non è proprio stato un piacere.

Libro assolutamente non consigliato.