1Q84 – Libro 3
1Q84 – Libro 3 di Haruki Murakami – prima edizione 2010.
Si tratta del terzo e ultimo volume del libro di Murakami (i primi due volumi sono già stati recensiti nei mesi precedenti); in questo capitolo conclusivo i protagonisti veri sono ancora Aomame e Tengo che non si vedono da 20 anni ma che hanno sempre continuato a pensarsi con trasporto.
Ci sono anche tanti altri personaggi che fanno la loro comparsa in questa storia ma, per la maggior parte, sono elementi di contorno al racconto principale.
Come tipico dell’autore le due storie marciano parallele intervallate dal racconto di un detective privato, il cui compito è quello di stanare Aomame dal suo nascondiglio per consegnarla ai sicari della setta Sakigake. Questo è un gruppo religioso chiuso su se stesso di cui Aomame ha fatto parte da bambina, e che poi ha abbandonato. L’immagine pubblica della setta è poco chiara tanto è vero che sembra un incrocio tra una società segreta e la mafia.
Nei primi due libri Aomame e Tengo hanno iniziato un percorso di avvicinamento che li porta, in questo ultimo segmento, a ripercorrere mnemonicamente la loro infanzia e a chiedersi cosa stia facendo l’altro, se ancora si ricorda, e a desiderare fortemente di incontrarsi di nuovo.
Aomame deve nascondersi dalla setta Sakigake perchè ne ha ucciso il Leader e, durante questo suo esilio, avrà molto tempo per riflettere sul proprio passato e su cosa vuole fare nel suo futuro.
All’improvviso una novità cambia il progetto per il futuro di Aomame; la ragazza, nonostante tema di morire per mano dell’associazione religiosa, decide di non abbandonare la città (come era stato previsto) e di rimanere a Tokio almeno fino al capodanno per tentare di trovare Tengo.
Tengo, dal canto suo, è riuscito ad uscire abbastanza bene da una situazione che poteva essere potenzialmente molto pericolosa; la sua attenzione però viene spesso distratta dalle condizioni fisiche del padre, ricoverato presso una struttura per anziani che si trova parecchi chilometri fuori Tokio.
Spesso Tengo va a far visita al padre (chiaramente morente) e prova a costruire un rapporto padre-figlio che gli è sempre mancato, sia per la sua naturale sottomissione, sia per la disattenzione del padre.
Vedremo i due protagonisti principali vivere la propria vita in conseguenza delle loro scelte, provando a guidare il futuro verso un incontro che entrambi desiderano fortemente.
Ammetto di non conoscere completamente le simbologie giapponesi e pertanto sono convinto di essermi perso molti significati reconditi di questo romanzo ma, al contempo, posso affermare che ho fatto fatica nel portare a termine questa lettura.
I personaggi sono abbastanza immobili e troppo riflessivi per quelli che sono i miei gusti personali. Molto spesso si attardano in soliloqui infiniti che riprendono varie volte nel prosieguo del libro.
Per essere un romanzo che aspira ad essere avventuroso, c’è pochissima azione. L’unica vera sorpresa è quello che accade ad Aomame (e che non posso raccontare).
Insomma un romanzo lento. Sembra quasi di vedere quei vecchi film francesi dove, per indicare una emozione forte e importante, l’azione viene raccontata al rallentatore. Il fatto è che nel romanzo tutto è rallentato. Probabilmente l’intento dell’autore era quello di far rallentare il lettore e di farlo concentrare sui sentimenti dei vari attori ma, nel mio caso, questo non è accaduto. Spesso mi trovavo annoiato dalla lentezza del racconto. Nemmeno l’intervento della terza voce narrante, il detective Ushikawa, è riuscito a scuotermi dalla noia.
In fondo all’anima credo che questo romanzo avesse le potenzialità per piacermi molto ma per tutto quanto scritto sopra devo ammettere che non sono riuscito ad appassionarmi.
Libro non consigliato.