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Bella ciao – Controstoria della resistenza.

Bella ciao – controstoria della resistenza di Giampaolo Pansa edito da prima edizione.

Ancora una volta Pansa scrive un libro che mette una nuova luce su un momento fondamentale della storia d’Italia.

Quanti di quelli che scendono in piazza per festeggiare il 25 aprile come un anniversario gioioso e festoso, sanno che in realtà anche tra i partigiani c’erano delle mele marce che si sono macchiati di tremende violenze totalmente inutili? Ecco questo è l’argomento del libro di Pansa.

Con questo libro l’autore ci racconta una controstoria della resistenza.

Ci tengo a dire subito che non è mia intenzione esprimere alcun tipo di giudizio sui valori della resistenza ne tantomeno sulle motivazioni partigiane, semplicemente credo che giustizia e correttezza necessitino che si dia la corretta esposizione anche a quelle storie che sono meno lusinghiere.

Per i comunisti la guerra contro tedeschi e fascisti era solo il primo tempo di una rivoluzione destinata a fondare una dittatura popolare, agli ordini dell’Unione Sovietica.

Pansa racconta con dovizia di particolari come i comandanti delle squadre “Garibaldi” hanno cercato di realizzare questo piano e di come si siano comportati nei confronti di chi non accettava di sottomettersi alla loro egemonia.

Qualcuno potrà obiettare che la guerra è guerra (e anche su questo avrei qualcosa da confutare) però di sicuro non si può accettare che tali comportamenti, tali azioni violente, tali omicidi siano accettati dopo la firma della pace.

Eh si, perché purtroppo anche dopo l’armistizio e la fine del conflitto bellico, i comunisti hanno continuato ad avere atteggiamenti violenti che miravano solo ad intimidire con qualunque mezzo chi aveva perduto il conflitto.

Non poche sono le testimonianze che Pansa racconta in questo saggio. Ne viene fuori un ritratto a tinte fosche di un periodo che avrebbe dovuto essere di pace e ricostruzione ed invece era di terrore tanto quanto lo era stato quello che lo aveva preceduto.

Come al solito la lettura dei saggi di Pansa è resa un po’ difficoltosa dalla durezza delle immagini che lo scrittore porta in evidenza; dopo alcune pagine di lettura sentivo impellente la necessità di interrompere per riflettere e “digerire” quello che avevo appena scoperto.

La scrittura di Pansa è sicuramente una scrittura molto piacevole che media con la crudezza delle azioni raccontate.

Non è piacevole scoprire che, a differenza di come ci viene sempre raccontato dal circuito scolastico, i partigiani (o sarebbe meglio dire una parte di loro) non erano quelle anime belle e pure che credevamo.

Pansa si è dato una missione: quella di raccontare quella parte della realtà che per paura o per “utilità” ci è sempre stata negata.

Dopo la lettura di questo saggio si capisce di essere profondamente cambiati e si guarda alla realtà di quell’epoca, ma anche a quella attuale, con occhi molto diversi.

Libro consigliato a tutti quelli che desiderano conoscere un altro piccolo pezzo di una realtà che ci è stata raccontata in maniera di parte.

Il sentiero dei nidi di ragno

Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino – prima edizione 1947.

Tutti conosciamo Calvino come uno scrittore di grande fantasia e di qualità adamantina; la sua scrittura è fluente e immaginifica, fantastica e delicata; Tutte queste caratteristiche si ritrovano appieno nel “Il sentiero dei nidi di ragno”, primo romanzo dell’autore, nel quale ci viene raccontata la Resistenza attraverso quella dimensione fantastica tipica di Calvino.

Il protagonista è un bambino di circa 10 anni chiamato Pin, orfano di madre e con il padre irreperibile, che in un piccolo paese della Liguria vive (o sarebbe meglio dire, subisce) la Resistenza.

Pin vive con la sorella che per campare fa la prostituta (nota come la Nera di carruggio lungo); il bambino intrattiene con gli adulti uno strano rapporto; vorrebbe esserne parte perchè ne ha stima ma al contempo non li comprende; frequenta il bar del paese, beve vino, fuma, parla e canta di argomenti che non conosce come il sesso, la guerra o la prigione ma al contempo si perde in fantasie infantili come il frequentare un posto segreto dove fanno il nido i ragni.

Pin crede nella magia di questo luogo al punto da nascondervi il suo più grande segreto, quella pistola che ruba al tedesco mentre questi fa l’amore con sua sorella.

A causa di questo furto il ragazzino viene arrestato e, grazie a ciò inizia a conoscere i membri di una cellula di partigiani; con la collaborazione di Lupo Rosso (un giovane partigiano) Pin evade e si nasconde in un bosco dove incontra Cugino che lo porta sui monti nel gruppo di partigiani di cui fa parte.

Entra qui in contatto con varia umanità di dubbia eroicità e si esalta al pensiero delle azioni di questi uomini il cui unico scopo è combattere i fascisti. Ma ancora una volta Pin non si sente completamente accettato ed è costretto a scappare. Torna quindi nel suo paesino ma lo trova svuotato e …

Di più non voglio dirvi riguardo alla trama.

Aggiungo soltanto che si tratta di un bellissimo romanzo, molto diverso da quelli del Calvino che conosciamo ed amiamo eppure è già presente, in questo suo primo romanzo, tutta la magia e l’immaginazione che sciorinerà nei suoi scritti successivi.

Come tutti i libri di questo autore anche i qui i personaggi sono soltanto abbozzati eppure, i pochi elementi forniti sono sufficienti perchè ognuno si immagini compiutamente i vari attori delle scene.

Traspare, dalla lettura di questo scritto, il grande coraggio che dimora nel popolo quando deve affrontare cattiverie, brutture e violenze quali sono state quelle perpetrare dai fascisti nel loro delirio organizzato.

Lo stesso Pin, nel corso della sua avventura ci dimostra una grandissima forza d’animo anche se è ovviamente accompagnata dai dubbi dell’età.

Credo che sia uno stratagemma meraviglioso quello studiato da Calvino di dare a Pin un luogo speciale e magico dove rifugiarsi, anche se tale scelta penso rappresenti la necessaria via di fuga che ognuno di noi si crea per sopravvivere ad enormi iniquità.

Ultima annotazione merita la bellissima prefazione scritta dallo stesso Calvino per l’edizione Einaudi del 1964 e che è diventata, a buon diritto, parte integrante dell’opera. L’autore esprime una nota di delusione per la sua stessa creatura che, a suo dire, non è riuscito a dare una totale rappresentazione della Resistenza, cosa che invece riuscì a Beppe Fenoglio nel suo “Una questione privata”, opera capace di rammentare fedelmente e per lungo tempo la memoria della Resistenza ed i suoi valori.

Libro molto consigliato… quasi un libro di formazione.