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Le solite sospette

Le solite sospetteJohn Niven, edito da Einaudi, prima edizione 2016.

Ci sono quattro donne che insieme fanno oltre 300 anni. Susan che scopre all’improvviso il vizietto perverso del marito quando muore durante un gioco erotico spinto troppo avanti. E siccome la sorte è cattiva, scopre anche che la loro situazione amministrativa è tragica. Praticamente sul lastrico.

Julie fa l’infermiera in un ospizio e quando racconta le cose che succedono nella struttura non tralascia nemmeno il più piccolo particolare, il più sordido, il più pruriginoso.

Ethel è un’ospite dell’ospizio, ex attrice, ex donna vissuta che scorrazza ora per i corridoi con la sua carrozzina. Ricca di allegria, con mente brillantissima e lingua tagliente e parecchio volgare.

Infine troviamo Jill una nonna dolce e devota, alla perenne ricerca dei soldi per aiutare il nipote a guarire dalla sua malattia.

La vita le unisce e loro, stufe di avere sempre problemi di soldi decidono di fare una rapina. L’idea, che all’inizio sembra una boutade, si fa strada piano piano nei loro cervelli ed iniziano a pensarci seriamente.

Le seguiremo nelle rocambolesche avventure in cui si cacceranno aiutate da Simmate ex grande e famoso delinquente del passato che aiuterà le nonnine a sviluppare il loro piano. Dovranno anche accudire una pseudo nipotina ad un certo punto e vedremo che il fatto di essere delle delinquenti non ha sopito il loro istinto materno.

Saranno inseguite dal detective Boscombe; poliziotto burbero, mangione, grasso, ineducato, ottuso, che con il suo comportamento si attira tutta la sfiga che lo colpisce e che gli impedisce di risolvere i casi ultimamente.

Ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l’autore dimostra di essere bravissimo nelle descrizione di scene, luoghi, dettagli ed anime. La scrittura è così coinvolgente che divorerete il libro in pochissimi giorni e, al termine, vi rimarrà un po’ di amaro in bocca perché ne vorreste ancora. I personaggi sono caratterizzati e descritti in maniera così approfondita che sembra quasi di vederli passare davanti ai nostri occhi.

Niven dimostra ancora una volta la sua chiave ironica e dissacrante, scurrile quando serve e molto abile nel creare quelle situazioni comiche di cui il libro è infarcito.

Qualcuno potrebbe storcere un po’ il naso dicendo che alla fin fine non è altro che una storiella minima, e avrebbe ragione nel dirlo; allo stesso tempo però questo libro distrugge gli stereotipi sugli anziani e lo fa con ironia, intelligenza e comicità. Assolutamente un libro che non vuole insegnarci niente ma che stimola alcune riflessioni.

Libro assolutamente consigliato.

La storia del centenario che saltò dalla finestra e scomparve

La storia del centenario che saltò dalla finestra e scomparve di Jonas Jonasson edito da Bompiani prima edizione 2009.

Il protagonista di questo libro è Allan un anziano che proprio in occasione del suo centesimo compleanno (e mentre nella casa di riposo dove vive si stanno organizzando i festeggiamenti per il suo compleanno), decide che vuole andare a “farsi un giro” e a comprare una bottiglia di liquore.

Senza nemmeno togliersi le ciabatte scavalca una finestra e si allontana dal nosocomio e da quella burbera della direttrice. Arrivato alla stazione dei pullman, Allan si imbatte in uno strano giovane biondo che si accompagna con una grossa valigia. La vescica del giovane biondo ha bisogno di essere svuotata ma nel piccolo bagno della stazione dei pullman non c’è abbastanza spazio e così il giovane chiede ad Allan di tenergli un momento la valigia sicuro che il vecchietto non farà certo colpi di testa.

Arriva una corriera e siccome Allan non ha alcuna destinazione, decide di salire su quel pullman portandosi dietro la grossa valigia. Quello che Allan non sa è che lo strano giovane biondo è in realtà un criminale affiliato ad una gang dedita al traffico di droga.

Capelli bianchi, schiena incurvata, artrosi, un inizio di demenza senile e un paio di ciabatte, Allan si avvia verso un’avventura ai limiti del surreale in cui si trasformerà in criminale prima, in fuggiasco poi, in allevatore di elefanti e si circonderà di buoni amici conosciuti per caso.

Allan, prima solo, incontrerà Julius Jonnson un settantenne solo e male in arnese con cui scoprirà il misterioso contenuto della valigia e con cui affronterà il giovane biondo quando questi busserà alla porta della casetta dove i due si nascondono e…

Il duo si trasforma ben presto in una eterogenea combriccola di personaggi che, volenti o nolenti, si troveranno a dover affrontare situazioni inverosimili che supereranno con una buona dose di fantasia e di “fattore C”.

Il tutto accompagnato dai racconti della gioventù di Allan grazie ai quali scopriamo che il nostro centenario ha avuto una vita avventurosa e piena di attività di successo e incontri importanti.

Devo ammettere che, mentre la parte “romanzesca” del libro è scorrevole e fondamentalmente ben costruita, i flash back sulla vita di Allan li ho trovati spesso pesanti (per non dire noiosi).

Sembra quasi che i due filoni siano stati scritti da mani diverse perchè, mentre il romanzo suscita a volta anche un po’ di ilarità, la parte storica è fumosa e sostanzialmente noiosa.

Il romanzo nella sua interezza si lascia comunque leggere senza particolari guizzi di fantasia o divertimento.

E’ un romanzo molto nordico; forse parte della mia difficoltà con questo libro nasce dal fatto che la letteratura nordica non mi è molto congeniale a partire dalla difficoltà nel leggere i nomi.

Probabilmente il mio giudizio abbastanza negativo deriva anche da questa mia idiosincrasia nei confronti dei romanzi del nord Europa. In fondo ho avuto la stessa reazione anche con altri autori delle stesse latitudini.

Credo che se il testo fosse stato sviluppato seguendo solo le peripezie di Allan e i suoi amici probabilmente avremmo tra le mani un piccolo romanzo divertente ed invece siamo di fronte ad un libro che, pur nel suo potenziale, lascia completamente indifferenti al termine della lettura.

Libro non consigliato.