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Alan Turing – Storia di un enigma

Alan Turing – Storia di un enigma di Andrew Hodges edito da Bollati Boringhieri, prima edizione 2014.

Questo è probabilmente il post più difficile da scrivere per due motivi. Primo: il libro non mi è piaciuto (ma questo non mi ha mai fermato); Secondo: perchè non l’ho terminato (dopo anni di onorata carriera di lettore ho trovato un libro più cocciuto di me).

Andiamo con ordine. Il libro racconta la tormentata vita del genio Alan Turing uno dei più grandi geni del ventesimo secolo. Turing nasce a Londra nel 1921 è considerato tra i padri della moderna informatica – spiegò la natura e i limiti teorici delle macchine logiche prima che fosse costruito un solo computer – fu un matematico fuori dal comune.

 Durante la Seconda guerra mondiale mise le sue straordinarie capacità al servizio dell’Inghilterra, entrando a far parte di Bletchley Park, la località top secret della principale unità di crittoanalisi del Regno Unito, e contribuì in modo decisivo alla decifrazione di Enigma, la complessa macchina messa a punto dai tedeschi per criptare le proprie comunicazioni, ribaltando così le sorti del conflitto.

Ma la sua fu anche una vita tormentata. Perseguitato per la sua omosessualità, fu condannato alla castrazione chimica. Umiliato, a soli 41 anni, si suicidò in circostanze misteriose morsicando una mela avvelenata con cianuro.

Nel 2013, dopo oltre sessant’anni dalla sua morte, la Regina Elisabetta gli ha «concesso» l’assoluzione reale.

Ora dopo aver ottemperato al necessario breve riassunto del saggio vorrei dirvi perchè non mi è piaciuto. Sicuramente il problema è mio e non del libro però mi sono annoiato per tutta la parte del libro che ho letto (oltre due terzi). Inoltre tutto il libro è infarcito di noiosissime “lezioni” di fisica e matematica che tolgono il divertimento della lettura e rendono quasi impossibile seguire la trama della storia.

Sono cosciente del fatto che essendo una biografia non possa essere avvincente come un romanzo ma, al contempo, credo che il ruolo di una biografia sia quello di essere affabulativo quindi che interessi il lettore alla vita e alle opere del personaggio in questione. Ecco di tutto questo nel volume non v’è traccia.

Ho trovato questo libro noioso e, in alcuni passaggi, assolutamente incomprensibile (probabilmente per la mia ignoranza abissale in matematica e fisica); E’ un peccato perchè la vita di Turing poteva davvero essere raccontata in maniera più interessante forse concentrandosi maggiormente sulla sua esistenza e meno sui suoi studi e ricerche.

Per le ragioni sopra esposte “libro assolutamente non consigliato”.

Da questo libro il bellissimo film “The imitation game”.

Senza vergogna

Senza Vergogna di Ursula Rutter Barzaghi edito da Tea prima edizione 1998.

Il sottotitolo di questo libro è “Una storia di coraggio contro l’AIDS”.

Enrico è malato di Aids e questa la sua storia raccontata dalla voce di una madre che non si arrende mai, che a tutti i costi vuole, per suo figlio, una vita piena di rispetto.

Riporto per intero il quarto di copertina perchè lo trovo bellissimo e chiarificante.<<“Ho potuto seguire con un solo occhio l’evolversi della malattia di mio figlio, perchè con l’altro ho dovuto vigilare che nessuno gli facesse più male dello stesso virus. Come una tigre mi sono battuta per sconfiggere ciò che poteva essergli nemico sia in me che negli altri, perchè il mio cucciolo voleva sorridere fino all’ultimo”. La storia di una madre che scopra la sieropositività del figlio e con lui affronta la paura, la sofferenza e il dolore ma anche l’isolamento e la vergogna. Madre e figlio insieme riescono, con il loro amore e la loro forza a vincere l’insicurezza dei famigliari, l’ostilità degli altri e l’indifferenza del mondo, trasformando una tragedia in una storia di solidarietà e amore.>>.

Credo sia inutile dilungarmi sul riassunto perchè quanto appena scritto è semplicemente perfetto. Seguiremo Ursula nella sua battaglia ed Enrico nel suo lento avvicinamento ad un finale che si intuisce dalle prime pagine.

Il libro sarebbe un normalissimo racconto di vita vera se non avesse una particolarità. E’ una storia italiana e in questo panorama affollato di libri che trattano lo stesso argomento ma sono tutti esteri, questa è una grande novità.

E’ uno scritto che cattura fin dalle prime righe perchè l’autrice non perde tempo in lunghi preamboli e ci introduce immediatamente nella vita di questo figlio amatissimo e fortissimo, nella sua schiettezza e nella sua faticosa lotta.

Ovviamente, proprio come ci si aspetta, in queste pagine troviamo momenti di divertimento, momenti di riflessione, di dolore ma il tutto è sempre condito dal desiderio di Ursula di dare al figlio la vita migliore possibile, ma anche dalla voglia di Enrico di non mollare mai, di continuare a lottare perchè la sua malattia esca da quel recesso sporco e puzzolente in cui è stato rinchiuso da anni di informazione terroristica.

In alcuni passaggi di questo bel romanzo mi è venuta in mente una scena del film Philadelphia quando i due avvocati sono seduti al tavolo della biblioteca e Andy legge la sentenza su cui si baserà tutta la sua accusa nei confronti dei suoi ex datori di lavoro: “L’aids è considerato un handicap ai sensi di legge non solo per le limitazioni fisiche che impone, ma anche per il pregiudizio che circonda l’aids, che esige la morte sociale che precede, e a volte accelera, la morte fisica. Questa è l’essenza della discriminazione: il formulare opinioni su altri non basate sui loro meriti individuali, ma piuttosto sulla loro appartenenza ad un gruppo con presunte caratteristiche”.

Ecco, questo è quanto si trova in questo libro-verità che sicuramente è ben scritto (anche se da un testo come questo, l’ultima cosa che si nota è il modo in cui è stato scritto).

Un libro che fa fare l’altalena al lettore; si passa dalle lacrime al sorriso e poi al riso pieno perchè, nonostante racconti una storia di sofferenza, i protagonisti di questa vicenda non perdono mai la capacità di sorridere e quella di amarsi incondizionatamente come, forse, dovremmo imparare a fare tutti. Fregandocene delle etichette.

Libro consigliato ma attenzione questo è un libro che vi cambia dentro.

La guerra dei nostri nonni

La guerra dei nostri nonni di Aldo Cazzullo edito da Mondadori prima edizione 2014.

Innanzitutto un ringraziamento particolare all’amica E. T. che mi ha prestato questo libro.

Assolto il compito gradito passiamo alla recensione di questo testo che non mi è particolarmente piaciuto.

Si potrebbe condensare questo libro con la frase “La grande guerra non ha eroi. I protagonisti non sono re, imperatori, generali. Sono dei fanti contadini: i nostri nonni”.

In pratica si tratta di una raccolta di lettere, diari, racconti di guerra di quelle persone “normali” che hanno fatto davvero la storia.

Incontriamo, scorrendo le pagine, le storie di crocerossine, prostitute, portatrici, spie, inviate di guerra ma che di uomini giovani e meno giovani che si sono trovate in una guerra che non conoscevano e che non hanno cercato.

Con i suoi racconti Cazzullo ci conduce nel dolore sempre più profondo, talmente profondo da sembrare un abisso. Ci viene raccontata la storia nella sua parte più umana (se di umanità si può ancora parlare quando si racconta la guerra). Incontriamo soldati impazziti al fronte che non smettono di svolgere il proprio ruolo di contare i caduti di trincea, anche quando si trovano nell’ospedale militare; le donne violentate, gli istituti degli “orfani vivi” dove venivano tenuti i figli dei soldati tedeschi che avevano violentato le donne friulane e venete, e tante tante altre storie di una follia voluta dai potenti che, come al solito espongono gli altri alle conseguenze della loro follia.

Nel libro di Cazzullo non c’è molto di più anche se in realtà c’è molto di più. C’è l’umanità di chi la guerra l’ha subita e ci sono le conseguenze di quella follia (come follia è ogni tipo di guerra che si combatta).

Svolto il compito della sinossi voglio spiegare perchè ho affermato che non mi sia piaciuto.

Ovviamente non posso mettere in dubbio la veridicità di quello che viene raccontato nel libro (e nemmeno ho intenzione di farlo) ma la struttura scelta dall’autore per raccontarci gli accadimenti l’ho trovata confusa e fumosa.

I racconti sono slegati tra loro e poche volte si ha davvero la sensazione di acchiappare il “senso” del discorso che l’autore racconta.

Capisco che scrivere un libro basandosi sulle esperienze, i racconti, le impressioni dei reduci di guerra e delle scarne lettere che venivano mandate dal fronte alle famiglie sia un’impresa complicata, ma speravo che il racconto di quella immane ecatombe fosse più limpido.

Forse è assurdo chiedere limpidezza ad una cosa che di per sé non ha alcuna chiarezza; forse è assurdo cercare di razionalizzare e di rendere umana una cosa che, come la guerra, non ha né razionalità ne umanità.

Libro non particolarmente consigliato a meno che non si voglia scavare approfonditamente nel grande dolore di una delle guerre più cruente della storia italiana recente.

Il paradiso degli orchi

Il paradiso degli orchi di Daniel Pennac edito da Feltrinelli prima edizione 1985.

A differenza di come faccio di solito, presento subito il protagonista di questo romanzo. “Mi chiamo Benjamin Malausséne e di mestiere faccio il capro espiatorio lavoro nel Grande Magazzino e la mia famiglia è un po’ particolare”.

Ebbene sì, si potrebbe dire che il nostro eroe sia un uomo un po’ strano. Vive nel quartiere parigino di Belleville e in questo romanzo, che è il primo del ciclo di Malausséne, lo vediamo alle prese con un bombarolo. Ma andiamo per ordine.

Belleville è un quartiere popolare abitato da immigrati di varie etnie che si trova nei pressi del famoso cimitero Pére Lachaise. E’ una cornice viva e vitale alla grande follia di questa famiglia.

Benjamin si prende le strigliate dal suo capo quando i prodotti venduti dal Grande Magazzino non funzionano bene ed i clienti vogliono fare reclamo. E’ molto portato per il suo lavoro perchè, quando il suo capo lo “cazzia”, si produce in una tale serie di umiliazioni auto-inflitte che riesce a stimolare la pena dei clienti al punto da far ritirare loro il reclamo. E’ un lavoro duro ma qualcuno dovrà pur farlo.

Nonostante sia molto abile nella sua strana professione, Benjamin non è stimato dai colleghi e nemmeno dai suoi capi. Ma la vera fortuna di Malausséne è la sua famiglia. Ha molti fratelli (per i quali è quasi un padre) e ha una madre che è uno spirito libero dall’innamoramento facile. E’ una donna che spesso scompare per lunghissimi periodi, tornando incinta e abbandonata dall’ennesimo grande amore della sua vita. Parte integrante della famiglia è il cane Julius che soffre di crisi di epilessia.

Questa avventura prende le mosse da una serie di esplosioni che avvengono nel Grande Magazzino. Ovviamente Malausséne è immediatamente sospettato di essere il bombarolo per il lavoro che svolge ma soprattutto perchè è sempre presente al momento dell’esplosione.

Benjamin per evitare di essere arrestato deve, suo malgrado, trasformarsi in detective e provare a scoprire chi è il vero assassino. Fin da subito appare chiaro che il fulcro di tutta la storia è proprio il Grande Magazzino infatti, si scopre che durante la seconda guerra mondiale nei suoi reparti, venivano torturati e uccisi dei bambini da una serie di uomini che sono i vecchietti che ora frequentano assiduamente il magazzino sotto il severo controllo di Theo. Sono ovviamente gli Orchi del titolo.

A questo punto fa il suo ingresso a sorpresa un nuovo personaggio. Si tratta della bella giornalista Julie che aiuterà Malausséne nella sua indagine e della quale il nostro protagonista si innamorerà seduta stante.

Tutto il racconto è scandito dalle storie che Benjamin racconta ai propri fratelli piccoli la sera quando li mette a dormire. Ci aspetteremmo fiabe ed invece sono racconti macabri (ma da una famiglia come questa, cosa altro aspettarci?).

Grazie al piglio di Julie, all’inciampare di Malausséne negli indizi e alla nullità delle forze di polizia che investigano sul caso, il nostro protagonista giungerà a svelare il mistero sugli attentati proprio un momento prima che ai suoi polsi scattino le manette della giustizia.

E’ un romanzo bellissimo e io mi sono divertito tantissimo a leggerlo. Non ha alcuna pretesa di trasmettere alcun messaggio anche se, alla fine di tutto, forse una sua morale ce l’ha anche.

Scritto magistralmente da Pennac che dosa con sapienza ironia e ilarità, il romanzo scorre placido con invenzioni stupefacenti di pagina in pagina. E ci si ritrova alla fine del libro innamorati dei protagonisti e certi di aver letto una grande storia.

I personaggi non sono minimamente raccontabili. Cercare di rinchiudere i membri della famiglia Malausséne in una definizione è come cercare di afferrare il fumo con le mani. Sono troppo fuori dagli schemi e non si può fare a meno di amarli.

Il ciclo di Malausséne si compone di questi altri titoli: “La fata carabina”; “La prosivendola”; “Signor Malausséne”; “La passione secondo Thérèse”; “Ultime notizie dalla famiglia” anche se devo ammettere che l’ultimo mi ha un po’ deluso.

Libro consigliatissimo per una bella vacanza con il sorriso.

La papessa

La papessa di Donna Woolfolk Cross edito da Newton Compton Editori prima edizione 1996.

Nell’anno di grazia 814 d.C. nasce una bimba a cui i genitori pongono il nome di Giovanna. Figlia di una donna sassone (quindi pagana)e di un canonico inglese bigotto fino all’estremo, rude, violento e assolutamente incapace di alcun tipo di affetto nei confronti sia della moglie che della figlia.

Giovanna cresce sostenuta dall’amore della madre Gudrun, che le canta e le insegna le tradizioni sassoni aberrate dal marito, e dei fratelli Giovanni e Matteo che le insegnerà a leggere e scrivere.

Giovanna, un po’ per indole un po’ per reazione alle tenebre dell’ignoranza e della superstizione che la circondano, aspira ad essere molto di più di quello che la mentalità tipica del IX secolo assegna alle donne come lei.

Grazie all’aiuto del fratello Matteo si avvicina alla scrittura e inizia a conoscere i classici latini che lui sta studiando per avviarsi alla carriera di canonico.

Vista l’acutezza mentale della bambina il padre si convince a farle seguire le lezioni del maestro Esculapio che già indottrina Matteo; la bambina conquisterà il maestro al punto che supererà in cultura e acume lo stesso fratello. Grazie alle sue doti Esculapio inizia a sottoporle testi sempre più complessi che la ragazzina divora avidamente. Si svilupperanno così in lei forti capacità critiche e il pensiero logico, caratteristiche considerate estranee alle donne in quell’epoca.

La partenza di Esculapio sarà per Giovanna una terribile sorpresa ma, il maestro prima di partire le regalerà un libro che la ragazza terrà gelosamente nascosto fino a quando il padre, scopertolo, non le imporrà di cancellare le parole scritte sul libro con il coltello. Al rifiuto della ragazza il padre la prenderà a vergate fino a farle perdere i sensi.

Ma questa disavventura non ferma la giovane che riesce a farsi ammettere nella schola di Dorstadt insieme al fratello, Giovanni.

La vita scorre quasi serena nella scuola soprattutto perchè qui conosce Gerardo, un uomo più anziano di lei di cui si innamora perdutamente, che amerà per tutta la vita e che la ricambia. Piccolo problema: il fellone è sposato.

Durante un’invasione normanna Giovanni viene brutalmente ucciso mentre Giovanna si salva rocambolescamente. Prima di essere ucciso il fratello le comunica di essere stato accolto nel monastero di Fulda. Giovanna è ora sola, spaventata e incerta del suo futuro e decide di diventare Giovanni e di frequentare la scuola senza dire a nessuno il proprio segreto. Vi rimarrà per molti anni, studiando, pregando e imparando, oltre ai testi sacri, anche i segreti delle arti e delle scienze specializzandosi nella cura (quasi miracolosa) dei vari malanni che affliggono i monaci.

La sua bravura è tale che addirittura il Papa ne ha notizia e la chiama a Roma per diventare il suo medico personale.

Roma al tempo era già una metropoli agli occhi di una donna ma Giovanna riesce ad adattarsi. Incontra nuovamente Gerardo che è uno dei capitani dei soldati del Papa e, di nuovo, tra loro scoppia l’amore.

Ora nulla le impedirebbe di scappare con Gerardo e di vivere una normale vita di coppia con il suo uomo; nonostante tutto però, lei decide di continuare ad essere un sacerdote al servizio del Papa fino a quando…il destino non le scombinerà le carte.

Ottimo libro; vi si trovano ben amalgamati storia, romanzo, amore, crudeltà, avventura, battaglie, sentimenti. Insomma è un libro che non stanca nonostante sia un romanzo con una base storica. Un libro che affascina il lettore con la figura di questa donna-uomo per raccontare la realtà storica di una delle epoche più buie dell’umanità.

E’ il primo libro di questa autrice che leggo ma devo ammettere che è dotata di grande capacità affabulatoria. La trama è perfettamente costruita per incatenare il lettore alle pagine, i personaggi, le ambientazioni, gli accadimenti sono ben distribuiti e raccontati con dovizia di particolari senza mai diventare noiosi o stucchevoli.

Nonostante la lettura di questo ottimo romanzo ancora non sono riuscito a chiarire il dubbio che mi lacera: Giovanna “La Papessa” è un personaggio realmente esistito?

Libro molto consigliato.

Il diario di Eva

Il diario di Eva di Mark Twain edito da Feltrinelli prima edizione 1906.

Questo libro proprio non riesco a “incasellarlo”; non riesco proprio a capire se mi sono imbattuto in un capolavoro o in una boiata pazzesca.

Vi ho trovato dell’ironia ma anche tanta tanta noia.

Si tratta di un diario e, proprio come ogni diario, ha una cadenza definita. I giorni sono nettamente divisi e le annotazioni sono abbastanza scarne e lapidarie.

Nella sua fantasia Twain immagina che Eva scriva questo diario raccontandoci i primi giorni della creazione del mondo.

La prima cosa che Eva ci racconta è se stessa; si racconta come un esperimento ed è convinta di essere unica; un bel giorno nel suo girovaga Eva incontra un altro essere umano che inizialmente chiamerà “rettile” e solo successivamente Adamo. Questo essere umano ha tutte le caratteristiche dell’uomo moderno; è schivo, scostante, annoiato e pigro (talmente pigro che non riusciva nemmeno a dare il nome agli animali). Questo Eva lo scopre soltanto dopo svariati giorni di pedinamento. Nel corso della sua “indagine” Eva pensa addirittura che Dio abbia commesso un errore nel creare l’esperimento uomo perchè le sembra totalmente inutile.

Eva al contrario definisce se stessa come chiacchierona, romantica, ricca di inventiva. intelligente e forse un po’ stressante visto che parla in continuazione. Parla talmente tanto che, a volte, Adamo è costretto ad arrampicarsi su un albero per stare un po’ tranquillo.

All’inizio Adamo la ignora e lei ci rimane male, poi iniziano a fare le cose assieme ed Eva scopre l’amore fino ad arrivare ad affermare che l’uomo è indispensabile e che non saprebbe vivere senza di lui se, per caso, egli morisse.

Forse la cosa migliore di tutto il romanzo è la frase che Adamo scrive come epitaffio sulla tomba di Eva: “Ovunque lei sia stata, quello era l’Eden”.

Che dire di più?

Potremmo parlare dei personaggi che sono troppo poco raccontati ma anche troppo facilmente immaginabili.

Sul metodo di scrittura di Twain non mi addentro, perchè le mie limitate conoscenze non mi permettono di muovere alcuna accusa nei confronti di uno scrittore così universalmente apprezzato. Posso solo dire che, a differenza di altri romanzi (Le avventure di Huckelberry Finn o Le avventure di Tom Sawyer) in questo libello ho avuto la sensazione che l’autore fosse distratto o che non abbia sviluppato approfonditamente un tema che poteva portarlo a creare un nuovo capolavoro della letteratura.

C’è poco altro da aggiungere; solo che si tratta di un libro che si può leggere se proprio non avete niente di meglio a disposizione.

Dimmi che credi al destino

Dimmi che credi al destino di Luca Bianchini edito da Mondadori prima edizione 2015.

Ancora una volta Bianchini ha centrato il bersaglio. Questo nuovo romanzo dell’autore torinese è una piccola gemma molto più intimista e profonda dei precedenti. Certo c’è sempre quell’aria scanzonata che fa apparire il libro più leggero di quello che è, ma in realtà quando il lettore si addentra nelle pieghe psicologiche dei personaggi, trova una profondità e una volontà di riuscire inattesa al principio.

Ma andiamo per gradi.

La protagonista (ma non è la sola) si chiama Ornella ed è la responsabile dell’Italia Bookshop, una libreria di Londra dove Ornella si è trasferita dopo aver abbandonato la nativa Verona ed il marito. Ha cinquantacinque anni ma solo dal punto di vista anagrafico perchè nel corso della narrazione sembra a volte una persona molto più anziana ed in altre occasioni una ragazzina appena adolescente.

Ornella ama Londra e i suoi cieli (ebbene sì per lei Londra ha molti cieli), il caffè con la moka e la panchina di un parco dove spesso incontra Mr George, un anziano signore a cui inspiegabilmente Ornella racconta tutte le sue gioie e soprattutto le sue disavventure.

Nel suo andirivieni tra il lavoro all’Italan Bookshop (dove la cosa più eccitanti sono i due pesci rossi che si chiamano Russel & Crowe) e la sua casa (dove celato nell’ombra vive il suo vicino di casa Bernard che forse la conosce meglio di quanto si conosca lei stessa), Ornella riceve inaspettata una batosta che rischia di azzerare tutte le volte che si è rialzata dopo una caduta. Il proprietario della libreria ha deciso di chiudere e saranno soltanto la faccia tosta di Ornella e la sua inguaribile speranza nel futuro a convincerlo a mettere in stand-bye il progetto per almeno due mesi.

Come tutte le volte che Ornella si trova nel dubbio, anche stavolta ricorre alla Patti. Lei è la migliore amica di Ornella (il loro rapporto è molto simile a quello di due sorelle), che arriva a Londra con poche idee ma tante scarpe e aiuterà la nostra eroina a capire quale sia la strada migliore per far ripartire la sua vita, che al momento gira un po’ a vuoto.

La prima decisione di Ornella per salvare la libreria sembra una follia. Assume part-time un giovane contabile napoletano che risponde al nome, guarda un po’, di Diego. Si tratta di una decisione anomala perchè la prima cosa che si pensa di fare per salvare un’attività traballante, è quella di ridurre i costi ed invece Ornella è “diversa” anche nel modo di affrontare questa crisi.

Diego è la napoletanità fatta persona (bisogna leggere il libro per capire questa mia affermazione). E’ talmente napoletano nella forma-mentis, che a suo confronto Gennarino Esposito è svedese.

Grazie all’effervescenza di Diego, alle lucide analisi folli della Patti, ai consigli di Mr George e al silenzioso apporto di Bernard, Ornella affronterà questa ennesima battaglia che la porterà ad guardare gli scheletri che ha rinchiuso nel suo armadio da troppo tempo, e che ormai sono diventati una zavorra che le impedisce di progredire nella sua vita.

Bianchini ha nel suo modo di scrivere, un qualcosa che ricorda i cantastorie medievali. Non si riesce mai a capire quali siano le vere intenzioni dell’autore perchè le nasconde sempre sotto un velo leggero ma sufficientemente spesso da impedirci una chiara visione. Anche al termine di questo ennesimo romanzo ci si ritrova nella condizione di non sapere se si è davvero capito tutto quanto l’autore volesse trasmettere.

Il romanzo è molto scorrevole e può sembrare leggero, ad un lettore poco attento; invece probabilmente si tratta del romanzo più “psicologico” di Bianchini. Lo definisco psicologico perchè ogni avvenimento, ogni parola, ogni scelta nascondono una ridda di motivazioni psicologiche che il lettore è invitato a scoprire da solo.

I personaggi sono molto ben definiti forse perchè l’intento dell’autore è quello di obbligare il lettore a concentrarsi sulla psicologia dei personaggi più che non sulla loro fisicità.

Come scrivevo all’inizio di questa chilometrica recensione, questo è veramente un bel romanzo; meno accogliente di quanto lo fosse il precedente “Io che amo solo te” ed il conseguente “La cena di Natale” ma sicuramente un libro che lancia al lettore una sfida più eccitante. Riuscire a rintracciare e comprendere tutte le verità nascoste nel corso del romanzo.

Ultima annotazione: tratto da una storia vera.

Libro da leggere con enorme attenzione ma sicuramente consigliatissimo.

Il bambino con il pigiama a righe

Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne edito da Rizzoli prima edizione 2006.

Cominciamo col dire che si tratta di un’opera di fantasia perchè quello che è raccontato nel romanzo non è assolutamente potuto accadere nella realtà. Non voglio negare l’olocausto degli ebrei e di tutte le altre persone gasate dai nazisti, ma intendo riferirmi al fatto che ci sono un paio di errori nella narrazione. Ad esempio: il campo di prigionia aveva la recinzione elettrificata e quindi era impossibile strisciarci sotto; inoltre l’odore della gente bruciata nei forni si sentiva a chilometri di distanza e quindi nessuno di quelli che abitavano intorno potevano ignorare quello che accadeva nel campo.

A parte questa doverosa precisazione, parliamo della storia. In questo romanzo si parla degli orrori del nazismo visti con gli occhi di un bambino. Il protagonista è Bruno, un bambino che vive insieme ai suoi genitori a Berlino in una bellissima casa. La sua famiglia è composta dal padre che è un gerarca nazista, dalla madre che è una donna succube del marito e dalla sorella Gretel, dodicenne un po’ svampitella e sulla soglia dell’adolescenza.

Il padre di Bruno ottiene una promozione dal Fuhrer (Bruno per tutto il romanzo lo chiama “Il Furio”) che obbliga la famiglia ad abbandonare la vita dorata della casa di Berlino per trasferirsi in quello che si scoprirà essere il campo di concentramento di Auschwitz.

I primi tempi nella nuova casa sono difficili per il bambino che si ritrova senza amici e senza legami; proverà ad avvicinarsi alla sorella ma la loro distanza è siderale. Lui è ancora un bimbetto mentre lei sta iniziando a sentire le prime scariche ormonali dell’adolescenza.

Un triste pomeriggio Bruno sta giocando nella sua stanza quando dalla finestra vede che nel campo, mescolato in mezzo a tutti gli adulti, c’è un bambino circa della sua età; pensa che forse potrebbe giocare con lui. Così si organizza e il giorno dopo inizia a camminare rasente al recinto per cercare di incontrare il bambino. La fortuna è dalla sua e ad un certo punto riesce davvero ad incontrarlo e si stupisce dello strano “pigiama” a righe che indossa.

Tra i due bambini si instaura una forte amicizia ma sempre attraverso la recinzione del campo. I due bambini vorrebbero poter essere dalla stessa parte del recinto qualunque sia. Bruno ci pensa qualche giorno e poi riesce ad entrare nel recinto e…

Il libro è scritto bene, molto scorrevole. La difficoltà dell’autore di scrivere come un bambino è stata brillantemente superata. La storia è abbastanza avvincente e i personaggi sono raccontati quel tanto che basta per farli amare o odiare a seconda.

Straordinario il modo di rappresentare il padre di Bruno, sembra quasi di sentire la sua rigidità e la sua fermezza. Ho trovato abbastanza divertente l’episodio in cui il Fuhrer va a cena a casa di Bruno.

Mi ripeto, se non fosse per quei problemi analizzati nella fase iniziale di questo commento, forse saremmo davanti ad un ottimo libro ed invece purtroppo il mio commento deve essere abbastanza spietato perchè, anche si trattasse di una “favola” sarebbe comunque una favola troppo assurda per essere vera.

Libro consigliato ma da leggere con le pinze.

La banda Sacco

La banda Sacco di Andrea Camilleri edito da Sellerio prima edizione 2013.

Di nuovo Camilleri senza Montalbano e, di nuovo, è un grande libro, intrigante, avvincente e scorrevolissimo.

Si racconta la storia della famiglia Sacco che, per colpa della mafia prima e dello stato poi, si trasforma da normale agglomerato familiare a gruppo di “delinquenti”.

La famiglia Sacco è composta dal padre Luigi e dalla madre Antonina e da sei figli che, a cavallo tra la fine dell’800 e i primi anni del 900 conducono una vita di lavoro onesto. Gli ideali della famiglia sono quelli del sacrificio e dell’impegno, del lavoro e degli ideali socialisti.

Grazie alla grande dedizione che mettono nel lavoro e nell’attenzione alla condotta morale i Sacco sono molto rispettati nel paese di Raffadali dove l’azione si svolge. Lavorano sodo e si fanno i fatti loro riuscendo addirittura a mettere insieme un po’ di agio e a comprare un pezzo di terra.

 “Ma c’era la mafia” – “Eccome se c’era”.

Il capofamiglia riceve una lettera anonima, poi un’altra, poi c’è un tentativo di furto. A tutte queste intimidazioni però, Luigi risponde sporgendo regolare denuncia ai Carabinieri che rimangono basiti dal coraggio di quest’uomo. Nessuno in paese ha mai avuto il coraggio di denunciare la mafia.

Questo è proprio il punto di svolta della vita della famiglia Sacco che dovrà difendersi dalla mafia in primis, ma anche dai Carabinieri stessi, dai compaesani compiacenti e dai traditori in un crescendo di tentativi di omicidio, testimonianze false e false accuse.

Per la famiglia non ci sarà più pace. Le male lingue cominceranno ad accusare i Sacco di tutte le ruberie e di tutti i delitti che avvengono in paese; la famiglia continua nel suo rigore lavorativo ma le condizioni diventano sempre più difficili. Per potersi difendere da chi, a questo punto, ha solo l’obiettivo di ucciderli, i Sacco richiedono il porto d’armi che, ovviamente, gli viene negato.

Ormai la situazione ha preso una brutta china e la mafia cerca di convincere i riottosi familiari con l’omicidio del capofamiglia e poi con l’incendio della loro proprietà; Ma i Sacco sono di un’altra pasta e visto che lo Stato non provvede alla loro sicurezza, iniziano a difendersi.

L’arrivo in paese del prefetto Mori, giunto su specifica richiesta di Mussolini per sconfiggere la mafia, sarà l’ennesimo e definitivo colpo al buon nome dei Sacco che dovranno difendersi, d’ora in avanti, non soltanto dalla mafia ma anche dallo Stato che dovrebbe schierarsi al loro fianco.

Sarà proprio il prefetto a coniare, per questi contadini coraggiosi, il nome di “banda Sacco” costringendoli alla latitanza e alla lotta senza quartiere.

L’azione si svolge nella Sicilia rurale delle pietraie, delle fratte rocciose che illuminano la magia di una natura che produce meraviglie come i fiori unisessuali del pistacchio. Assaporiamo la magia delle notti stellate avvolte nel profumo del sambuco, i panorami, la gente, i sapori delle cose semplici.

A fare da contraltare a queste immagini idilliache c’è però l’ottusità, la cattiveria, la piccolezza mentale di alcuni uomini e istituzioni che, non solo non capiscono quale sia la realtà delle cose ma, si impegnano allo spasimo per trasformare degli onesti cittadini in malviventi.

La grande capacità narrativa di Camilleri non ha certo bisogno delle mie sperticate lodi. Tutti conoscono la meraviglia che riesce, questo grande autore, a trasmettere con poche, sagge e misurate parole.

Un ottimo libro storico che, proprio perchè mancante di figure ingombranti e scomode, permette al lettore di scoprire una storia minima che però lascia un grande ricordo e una lezione di vita importante.

Libro consigliato.

Carne e ossa

Carne e ossa di Kathy Reichs edito da BUR Biblioteca Universale Rizzoli prima edizione 2006.

Temperance Brennan (si esatto, quella di Bones) è una stimata ed affermata antropologa forense, autrice di vari romanzi. In questo libro la troviamo sull’Isola di Dewee, in South Carolina, insieme ad un gruppo di studenti per analizzare i resti presenti in un antico cimitero indiano. Durante gli scavi però viene rintracciato uno scheletro recente che, all’analisi microscopica presenta una serie di scalfitture sottilissime e inspiegabili lungo la colonna vertebrale.

Il mistero si complica quando viene ritrovato un altro cadavere, questa volta impiccato, senza testa e cotto dal sole con i medesimi segni in corrispondenza delle stesse vertebre dello scheletro precedente.

I sensi di Temperance si accendono ed inizia un’indagine che sarà molto complicata e anche molto pericolosa per la stessa antropologa.

Ma la nostra eroina non può occuparsi soltanto dei cadaveri perchè, a complicare la situazione, ecco sopraggiungere prima l’ex marito Pete Peterson che sembra avere voglia di riallacciare la relazione, e poi il nuovo compagno di Temperance, Andrew Ryan tenente della Section de Crimes contre la Personne della Suretè du Quebec, che diventa estremamente geloso nel vedere il rapporto tra i due ex coniugi.

Inoltre l’antropologa deve anche consolare e sostenere l’amica coroner che, non potendo più nascondere la sua condizione, svela all’amica la sua malattia molto grave.

Proprio mentre Temperance si dibatte su questi fronti ecco che un nuovo cadavere affiora dalle acque della palude. L’antropologa è sempre più impegnata nel cercare di tenere insieme i pezzi della sua vita e ad analizzare i corpi ritrovati ed inizia a mettere insieme gli elementi e a trovare un filo logico che la porta, prima ad investigare con l’aiuto di Pete su una chiesa ed un ospedale ad esso collegato, e in un secondo momento a dipanare tutta la matassa svelando una situazione grottesca e a dir poco schifosa.

Non scopro certo le carte e soprattutto non sono io il primo a scoprire la bravura della Reichs come autrice di libri gialli. E’ un libro ben scritto, scorrevole con una buona trama eppure durante la lettura ho avuto la sensazione che qualcosa mancasse a questo romanzo. Sembrava quasi che l’autrice seguisse un cliché ormai superato e annoiante per lei stessa.

Il libro prende e si fa leggere senza problemi, eppure manca quella brillantezza che ho trovato in altri libri della stessa autrice. I personaggi sono ben definiti e sono facilmente comprensibili le motivazioni psicologiche che muovono i tre personaggi principali della storia.

Un libro un po’ prevedibile e anche la soluzione del giallo è abbastanza semplice da comprendere anche per chi non è particolarmente avvezzo alle investigazioni letterarie.

Libro così così… senza infamia e senza lode; adatto a serate tranquille in compagnia di un libro senza particolari pretese.