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Profumi

Profumi “Inventario sentimentale degli odori di una vita” – scritto da Philippe Claudel, “Ponte delle grazie” editore, prima edizione 2012.

Quando sono inciampato in questo libro, il mio primo pensiero è stato “come si può raccontare una cosa così personale, volubile ed eterea come il profumo?”, e devo ammettere che ho acquistato il libro quasi solo per togliermi questo dubbio.

Ebbene il geniale Philippe Claudel ha giocato sulle sensazioni sulle esperienze che hanno scatenato in lui i profumi, gli odori o le puzze, per cercare di dare fisicità all’inconsistenza stessa del profumo.

Quante volte nel corso della nostra vita sotto al nostro naso finisce un odore o un profumo che ci fa fare un salto indietro nel tempo. In una situazione particolare che pensavamo di avere completamente dimenticata, sepolta nel nostro passato ed invece basta un attimo, un vago afrore ed eccoci catapultati proprio lì in quel preciso momento, in quel luogo esatto per ritrovare nuovamente quello stesso identico profumo e per rivivere esattamente quello stesso momento.

Può capitare ovunque, sempre e a chiunque; mentre si guida, mentre si entra in un negozio o si fruga tra le cose vecchie o magari si sistema la cartella di nostro figlio ed ecco che parte il flashback.

Così, seguendo l’ordine alfabetico, l’autore ci fa avanzare nella sua geografia olfattiva. Dall’infanzia alla giovinezza all’età adulta viaggiamo avanti e indietro nella sua vita e nel suo carico emozionale. Ogni momento che visitiamo è popolato da persone amate o temute, da grandi emozioni come quella del primo motorino o dal ricordo degli allenamenti di calcio o i primi approcci con le ragazze e i loro profumi, o gli odori acri degli orinatoi e di tutta la fauna che li frequenta.

E dunque saliamo sul treno dei ricordi che parte dal naso e attraverso i profumi di Claudel entriamo in punta di piedi nel suo mondo più intimo che parte dal villaggio natale di Sommervillier nei Vosgi per portarci in un mondo più rustico e palpitante ove egli ritenga utile condurci per darci libero accesso ai suoi ricordi olfattivi, saziarci quindi con i suoi ricordi olfattivi, le sue fotografie profumate.

Poi quando forse avremo acquisito la tecnica, saremo in grado anche noi di raccontarci i nostri ricordi partendo proprio dalle nostre le fotografie olfattive.

Siamo di fronte ad un volumetto che si potrebbe leggere in una sera, ma che in realtà va affrontato come una biografia dell’autore, dove le tante tessere formano il mosaico della persona che è stato, che è e che sarà. Perché senza i ricordi, senza il passato, non siamo niente.

Se decidete di leggere questo volume mi raccomando, toglietevi le scarpe prima di entrare, e camminate in punta di piedi perché i profumi, così come i ricordi sono fragili.

Libro vivamente consigliato

Il bambino con il pigiama a righe

Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne edito da Rizzoli prima edizione 2006.

Cominciamo col dire che si tratta di un’opera di fantasia perchè quello che è raccontato nel romanzo non è assolutamente potuto accadere nella realtà. Non voglio negare l’olocausto degli ebrei e di tutte le altre persone gasate dai nazisti, ma intendo riferirmi al fatto che ci sono un paio di errori nella narrazione. Ad esempio: il campo di prigionia aveva la recinzione elettrificata e quindi era impossibile strisciarci sotto; inoltre l’odore della gente bruciata nei forni si sentiva a chilometri di distanza e quindi nessuno di quelli che abitavano intorno potevano ignorare quello che accadeva nel campo.

A parte questa doverosa precisazione, parliamo della storia. In questo romanzo si parla degli orrori del nazismo visti con gli occhi di un bambino. Il protagonista è Bruno, un bambino che vive insieme ai suoi genitori a Berlino in una bellissima casa. La sua famiglia è composta dal padre che è un gerarca nazista, dalla madre che è una donna succube del marito e dalla sorella Gretel, dodicenne un po’ svampitella e sulla soglia dell’adolescenza.

Il padre di Bruno ottiene una promozione dal Fuhrer (Bruno per tutto il romanzo lo chiama “Il Furio”) che obbliga la famiglia ad abbandonare la vita dorata della casa di Berlino per trasferirsi in quello che si scoprirà essere il campo di concentramento di Auschwitz.

I primi tempi nella nuova casa sono difficili per il bambino che si ritrova senza amici e senza legami; proverà ad avvicinarsi alla sorella ma la loro distanza è siderale. Lui è ancora un bimbetto mentre lei sta iniziando a sentire le prime scariche ormonali dell’adolescenza.

Un triste pomeriggio Bruno sta giocando nella sua stanza quando dalla finestra vede che nel campo, mescolato in mezzo a tutti gli adulti, c’è un bambino circa della sua età; pensa che forse potrebbe giocare con lui. Così si organizza e il giorno dopo inizia a camminare rasente al recinto per cercare di incontrare il bambino. La fortuna è dalla sua e ad un certo punto riesce davvero ad incontrarlo e si stupisce dello strano “pigiama” a righe che indossa.

Tra i due bambini si instaura una forte amicizia ma sempre attraverso la recinzione del campo. I due bambini vorrebbero poter essere dalla stessa parte del recinto qualunque sia. Bruno ci pensa qualche giorno e poi riesce ad entrare nel recinto e…

Il libro è scritto bene, molto scorrevole. La difficoltà dell’autore di scrivere come un bambino è stata brillantemente superata. La storia è abbastanza avvincente e i personaggi sono raccontati quel tanto che basta per farli amare o odiare a seconda.

Straordinario il modo di rappresentare il padre di Bruno, sembra quasi di sentire la sua rigidità e la sua fermezza. Ho trovato abbastanza divertente l’episodio in cui il Fuhrer va a cena a casa di Bruno.

Mi ripeto, se non fosse per quei problemi analizzati nella fase iniziale di questo commento, forse saremmo davanti ad un ottimo libro ed invece purtroppo il mio commento deve essere abbastanza spietato perchè, anche si trattasse di una “favola” sarebbe comunque una favola troppo assurda per essere vera.

Libro consigliato ma da leggere con le pinze.