La guerra dei nostri nonni di Aldo Cazzullo edito da Mondadori prima edizione 2014.

Innanzitutto un ringraziamento particolare all’amica E. T. che mi ha prestato questo libro.

Assolto il compito gradito passiamo alla recensione di questo testo che non mi è particolarmente piaciuto.

Si potrebbe condensare questo libro con la frase “La grande guerra non ha eroi. I protagonisti non sono re, imperatori, generali. Sono dei fanti contadini: i nostri nonni”.

In pratica si tratta di una raccolta di lettere, diari, racconti di guerra di quelle persone “normali” che hanno fatto davvero la storia.

Incontriamo, scorrendo le pagine, le storie di crocerossine, prostitute, portatrici, spie, inviate di guerra ma che di uomini giovani e meno giovani che si sono trovate in una guerra che non conoscevano e che non hanno cercato.

Con i suoi racconti Cazzullo ci conduce nel dolore sempre più profondo, talmente profondo da sembrare un abisso. Ci viene raccontata la storia nella sua parte più umana (se di umanità si può ancora parlare quando si racconta la guerra). Incontriamo soldati impazziti al fronte che non smettono di svolgere il proprio ruolo di contare i caduti di trincea, anche quando si trovano nell’ospedale militare; le donne violentate, gli istituti degli “orfani vivi” dove venivano tenuti i figli dei soldati tedeschi che avevano violentato le donne friulane e venete, e tante tante altre storie di una follia voluta dai potenti che, come al solito espongono gli altri alle conseguenze della loro follia.

Nel libro di Cazzullo non c’è molto di più anche se in realtà c’è molto di più. C’è l’umanità di chi la guerra l’ha subita e ci sono le conseguenze di quella follia (come follia è ogni tipo di guerra che si combatta).

Svolto il compito della sinossi voglio spiegare perchè ho affermato che non mi sia piaciuto.

Ovviamente non posso mettere in dubbio la veridicità di quello che viene raccontato nel libro (e nemmeno ho intenzione di farlo) ma la struttura scelta dall’autore per raccontarci gli accadimenti l’ho trovata confusa e fumosa.

I racconti sono slegati tra loro e poche volte si ha davvero la sensazione di acchiappare il “senso” del discorso che l’autore racconta.

Capisco che scrivere un libro basandosi sulle esperienze, i racconti, le impressioni dei reduci di guerra e delle scarne lettere che venivano mandate dal fronte alle famiglie sia un’impresa complicata, ma speravo che il racconto di quella immane ecatombe fosse più limpido.

Forse è assurdo chiedere limpidezza ad una cosa che di per sé non ha alcuna chiarezza; forse è assurdo cercare di razionalizzare e di rendere umana una cosa che, come la guerra, non ha né razionalità ne umanità.

Libro non particolarmente consigliato a meno che non si voglia scavare approfonditamente nel grande dolore di una delle guerre più cruente della storia italiana recente.