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Il templare

Il templare – Jan Guillou, edito da Corbaccio, prima edizione 1999.

La storia muove i suoi primi passi nella Svezia del 1150, durante la dominazione costante di Erik, appartenente alla casata degli Sverker. Tra i suoi alleati c’è anche la casata dei Folkung il cui capo si chiama Magnus. Questi ha due figli Eskil il primogenito e Arn. Durante una scorribanda, Arn si arrampica sulla torre del villaggio dove vivono e, messo un piede in fallo, precipita da notevole altezza. Il bambino entra in coma e sembra destinato alle fredde dita della morte. Per evitare questa possibilità i genitori si rivolgono alla fede promettendo la vita di Arn al Signore se questi lo salvava da morte certa.

Lentamente il bambino migliora fino a riprendersi completamente e i genitori, Magnus e Sigrid fingono di dimenticarsi del voto fatto.

Ma il Signore dall’altra parte non dimentica ed un giorno Sigrid manifesta i sintomi di una malattia misteriosa che lei interpreta come un segno dal cielo e quindi il giovane viene spedito al convento di Varnhem dove studierà le sacre scritture e imparerà l’arte delle armi sotto la misteriosa figura di padre Guilbert che si scoprirà poi essere un ex cavaliere templare ritiratosi a vita monastica.

Arn è un giovane estremamente curioso, intelligente e non ha alcun problema nello studio. Si comporta anche molto bene nella parte fisica della sua formazione; in breve impara a cavalcare, usare arco e spada da ambidestro.

Purtroppo la vita monastica non lo preparerà per scontrarsi con il mondo esterno. Non conosce la furbizia e la cattiveria che lo aspettano e infatti, appena mette il naso fuori dal convento, eccolo che si trova sommerso dai guai, vittima di un’aggressione e deriso dal popolo.

Solo la sua abilità di spadaccino gli risolverà i problemi quando diventerà lo sfidante improvvisato di un duello per difendere l’onore di una sposa.

Ritornato a casa dal padre conoscerà la bella e giovane Cecilia di cui si invaghirà in pochissimo tempo e i due nulla avrebbero voluto di più che mettere su famiglia e trascorrere felici le loro vite se non ci fosse la sorella di Cecilia, invidiosa della felicità della sorella e di Arn, che tramerà nell’ombra per allontanare i due.

La perfida sorella riuscirà nel suo intento? Beh, per questo dovete rivolgervi al libro.

Il libro fa parte di una brillante tetralogia sulle Crociate in cui l’autore, Guillou, ci ricorda l’importante partecipazione e contributo dei paesi del nord nella vita dell’Europa del Medioevo così come nella storia delle crociate.

L’obiettivo di questo primo romanzo della saga “Il racconto delle Crociate” è più che altro a presentare i personaggi nella loro formazione e psicologia, oltre che rappresentare il contesto in cui vivono e la mentalità con cui dovranno affrontare il loro futuro.

Nel mentre che prepara “lo sfondo” dei successivi libri, Guillou ci racconta le vicende che fondarono l’attuale Svezia oltre che le abitudini o le tradizioni di un’area poco conosciuta, la divisione in clan dove il potere si trasmette molto spesso attraverso la lama di una spada o l’abitudine di bere molti boccali di birra per evidenziare la propria mascolinità o ancora, onorare il valore di una persona permettendogli di bere svariate birre in un corno da battaglia.

Di contro, in convento vigeva una rigidissima regola che proibiva qualsiasi eccesso che venivano puniti con lunghe sessioni di lavoro manuale.

Proprio perché si tratta più di un romanzo di presentazione che di una storia vera e propria l’autore infarcisce il suo scritto di tante informazioni storiche ma anche psicologiche e di spunti di riferimento. Si parla di guerra e di arte del combattimento ma Arn discuterà anche dei perché della fede e dei suoi divieti.

Libro scorrevole e che, attraverso la semplice storia del giovane Arn ci porta a conoscenza di tante regole monastiche ma anche di tante regole che vigevano nella società medioevale e dello modo di vivere degli uomini da cui si possono ancora trarre importanti lezioni di vita.

Libro consigliato.

Cheope – l’Immortale

Cheope – l’immortale di Valery Esperian, edito da Fanucci, prima edizione 2018.

Valery Esperian è il nome scelto da un gruppo di importanti scrittori per dar vita a questa serie de “I Romanzi dei faraoni” ideate e curata da Franco Forte che comprende cinque titoli. Si tratta di una sorta di laboratorio di scrittura teso ad aumentare la qualità dei libri pubblicati.

Cominciamo col fare le presentazioni. Cheope fu un faraone egizio della IV dinastia. Regnò sull’intero Egitto dal 2589 (circa) al 2566 a.C.. Le date del suo regno non sono certe perché il materiale trovato durante i vari scavi sono pochi, lacunosi e si smentiscono l’un l’altro per cui poche sono le certezze su questo regnante. Addirittura la sua origine è avvolta nel dubbio. Si pensa che suo padre biologico possa essere il sovrano Snefru, ma anche qui le fonti non sono concordi. Anche sulla madre ci sono alcuni dubbi ma si propende per Hetepheres I. Di un cosa però siamo sicuri in tutta questa incertezza; fu lui a far progettare ed erigere la grande piramide che si trova nella piana di Giza e che porta il suo nome. A seconda di quali fonti si vadano a verificare il nome di Cheope è associato o ad un faraone benevolo e illuminato che si è impegnato per il benessere dei suoi sudditi, oppure un sovrano dittatoriale e crudele occupato solo dal pensiero dell’erezione della propria piramide. Probabilmente vale per lui ciò che vale anche per noi cioè che la verità si trova nel mezzo.

Dopo questo lunghissimo preambolo necessario, buttiamoci a capofitto nel romanzo.

Cheope, per nascita, non avrebbe dovuto diventare faraone perché quel ruolo era destinato a suo fratello maggiore. Per questo motivo Cheope viene mandato a studiare a Eliopoli ma i progetti degli dei erano diversi ed ecco che il “delfino” muore e si apre la battaglia per la successione. Proprio in forza dei suoi studi Cheope è abbondantemente avvantaggiato su tutti i fratelli sia quelli ufficiali sia i vari “bastardi” che suo padre ha seminato nei ventri delle sue concubine (cosa comune a tutte le corti del mondo).

Lo seguiremo nel suo incedere per arrivare al trono e alle corone dell’alto e basso Egitto. Cheope dovrà superare le gelosie e le manovre di palazzo, guardarsi le spalle dai falsi amici e combattere violenze e corruzioni. Accanto avrà delle persone fidate, tra cui la madre Hetepheres I. Grazie a lei, ad altri fedeli compagni e alle conoscenze apprese durante i suoi studi da scriba, Cheope arriva al trono ma non trova quella serenità che si era aspettato.

Tutta la sua vità sarà un rincorrere due obiettivi: la legittimità popolare del suo potere e svelare il segreto del Santuario di Thoth in cui si parla del metodo per raggiungere l’immortalità. Questo grande segreto sarebbe contenuto in alcuni papiri di cui ha trovato traccia negli scritti di Imothep. Per tutta la sua vita Cheope sarà assillato da questo pensiero; e forse li ha davvero trovati visto che a distanza di 4500 anni circa, ancora parliamo e scriviamo di lui.

Poche note sul romanzo. Lo stile è scorrevole ma le informazioni sono limpide. Il lettore viene catapultato nella storia e la narrazione è talmente “cinematografica” che sembra quasi di poterne vedere le immagini. I personaggi, sia quelli storicamente reali sia quelli immaginati, sono ben definiti. Personalmente ritengo che la grande bravura di questo collettivo stia nella descrizione dei paesaggi. Sembra quasi di sentire il caldo appiccicoso sulla pelle o gli odori e i profumi delle aree più fresche lungo il serpeggiare del Nilo.

Dietro questo libro, come penso dietro a tutti gli altri del collettivo, c’è una grande ricerca storica; ovviamente avendo pochissime informazioni riguardo a questo Faraone, su molte cose si è dovuto ricorrere alla fantasia ma sempre tenendo alta l’attenzione a ciò che, ad oggi, conosciamo con certezza.

La morale di questo libro, se volessimo trovarne una, è che non bisogna accontentarsi di quello che ci offre la vita, ma è necessario lottare per provare almeno a far avverare i propri sogni.

Libro molto consigliato se vi piace l’antico Egitto.

Il signore delle mosche

Il Signore delle Mosche di William Golding edito da Oscar Mondadori, prima edizione 1954.

A causa di un incidente aereo, un gruppo di ragazzini si ritrova su una non meglio identificata isola deserta dell’oceano senza alcun adulto. Sono in una laguna con le acque cristalline, contornati da palme e da una vegetazione lussureggiante. I primi protagonistiche incontriamo sono Ralph, biondo dodicenne molto spigliatoaccompagnato daun bambino il cui soprannome è Piggy miope e grassottello. I due esplorando l’isola trovano una grande conchiglia che usano per provare a richiamare altri sopravvissuti. Dalla fitta vegetazione fanno la loro comparsa due gemelli, Sam ed Eric, e alcuni ragazzi appartenenti ad un coro, guidati da Jack, fulvo e leggermente robusto.

All’interno del coro spiccano Simone timido e affetto da frequenti crisi epilettiche e Ruggero solitario e schivo quasi avesse in noia la compagnia.

L’illusione di un paradiso pienodi giochi e divertimento senza alcuna regola né controllo, si scontro presto con il desiderio di costruire una comunità basata su regole certe. Ralph, astuto e dotato di grande carisma, viene immediatamente eletto capo del gruppo e la sua prima decisione sarà di ripartire le incombenze tra i vari membri del gruppo su suggerimento del cicciottello Piggy.

Quindi un gruppo si occuperà della ricerca di cibo, altri si occuperanno della costruzione di rifugi ma il compito più importante è quello di accendere un enorme fuoco, in cima alla montagna, il cui fumo possa attirare le navi di passaggio.

Ma ahimè, la situazione idilliaca inizia inesorabilmente a degenerare perché i bimbi trascurano i propri doveri. La caccia è un richiamo primordiale troppo forte ed ecco che quasi tutti i bambini iniziano a seguire il gruppo dei cacciatori guidati da Jack. La democrazia di Ralph e Piggy si sgretola in una società violenta e istintuale guidata da Jack.

Credendo nell’esistenza di una fantomatica bestia i ragazzi decidono di offrire in sacrificio la testa di una scrofa che hanno ucciso durante una battuta di caccia; portano questa testa nel cuore della giungla e la issano su un bastone. Simone durante una delle sue crisi si imbatte in questo feticcio putrefatto e ricoperto di mosche, che gli confida che il Male non può essere sconfitto. Nel tentativo di fuggire da questo terrore Simone giunge sulla spiaggia dove i suoi compagni di sventura stanno facendo una danza tribale. I suoi compagni lo circondano e…

Questo romanzo è l’opera di maggiore successo di WilliamGolding che ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1983. E’ un romanzo che ha visto una genesi difficile; scritto nel 1952 e rifiutato dalle alcune case editrici, vede la luce nel 1954 grazie alla “spinta” di T. S. Eliot che, si dice, abbia anche inventato il titolo.

Il libro è diviso nettamente in due parti. Prima la luce dell’organizzazione, della razionalità che ha come rappresentante il “biondo” Ralph a cui segue il buio della brutalità, della rozzezza che si identifica nel “fulvo” Jack.

Secondo la concezione di Golding l’uomo è, per sua propria natura, votato al male. Tale concezione è chiaramente espressa nella frase a lui attribuita “L’uomo produce il male come le api producono il miele”.

Il romanzo, solare e accogliente nella prima parte diventa un incubo freddo e aspro nella seconda. I ragazzi sembrano posseduti da una bestia feroce che li porta a comportamenti violenti e crudeli. E’ netto il passaggio da una ordinata società ad un’orda di bestie violento e istintuale.

Per scelta dell’autore non sono presenti riferimenti temporali o geografici e questo fa si che “Il signore delle mosche” sia un testo validissimo per la rappresentazione di qualsiasi epoca e in qualsiasi società.

Indubbiamente una lettura cruda e violenta, dolorosa e spaventosa ma sicuramente un libro che non lascia indifferente il lettore. Non si esce da questo libro uguali a come si è entrati. Di sicuro in fondo al cuore rimane il retaggio del terroreche ciò che racconta Golding possa accadere anche nelle nostre società lucide e precise.

Lettura assolutamente consigliata e non solo ai ragazzi.

La papessa

La papessa di Donna Woolfolk Cross edito da Newton Compton Editori prima edizione 1996.

Nell’anno di grazia 814 d.C. nasce una bimba a cui i genitori pongono il nome di Giovanna. Figlia di una donna sassone (quindi pagana)e di un canonico inglese bigotto fino all’estremo, rude, violento e assolutamente incapace di alcun tipo di affetto nei confronti sia della moglie che della figlia.

Giovanna cresce sostenuta dall’amore della madre Gudrun, che le canta e le insegna le tradizioni sassoni aberrate dal marito, e dei fratelli Giovanni e Matteo che le insegnerà a leggere e scrivere.

Giovanna, un po’ per indole un po’ per reazione alle tenebre dell’ignoranza e della superstizione che la circondano, aspira ad essere molto di più di quello che la mentalità tipica del IX secolo assegna alle donne come lei.

Grazie all’aiuto del fratello Matteo si avvicina alla scrittura e inizia a conoscere i classici latini che lui sta studiando per avviarsi alla carriera di canonico.

Vista l’acutezza mentale della bambina il padre si convince a farle seguire le lezioni del maestro Esculapio che già indottrina Matteo; la bambina conquisterà il maestro al punto che supererà in cultura e acume lo stesso fratello. Grazie alle sue doti Esculapio inizia a sottoporle testi sempre più complessi che la ragazzina divora avidamente. Si svilupperanno così in lei forti capacità critiche e il pensiero logico, caratteristiche considerate estranee alle donne in quell’epoca.

La partenza di Esculapio sarà per Giovanna una terribile sorpresa ma, il maestro prima di partire le regalerà un libro che la ragazza terrà gelosamente nascosto fino a quando il padre, scopertolo, non le imporrà di cancellare le parole scritte sul libro con il coltello. Al rifiuto della ragazza il padre la prenderà a vergate fino a farle perdere i sensi.

Ma questa disavventura non ferma la giovane che riesce a farsi ammettere nella schola di Dorstadt insieme al fratello, Giovanni.

La vita scorre quasi serena nella scuola soprattutto perchè qui conosce Gerardo, un uomo più anziano di lei di cui si innamora perdutamente, che amerà per tutta la vita e che la ricambia. Piccolo problema: il fellone è sposato.

Durante un’invasione normanna Giovanni viene brutalmente ucciso mentre Giovanna si salva rocambolescamente. Prima di essere ucciso il fratello le comunica di essere stato accolto nel monastero di Fulda. Giovanna è ora sola, spaventata e incerta del suo futuro e decide di diventare Giovanni e di frequentare la scuola senza dire a nessuno il proprio segreto. Vi rimarrà per molti anni, studiando, pregando e imparando, oltre ai testi sacri, anche i segreti delle arti e delle scienze specializzandosi nella cura (quasi miracolosa) dei vari malanni che affliggono i monaci.

La sua bravura è tale che addirittura il Papa ne ha notizia e la chiama a Roma per diventare il suo medico personale.

Roma al tempo era già una metropoli agli occhi di una donna ma Giovanna riesce ad adattarsi. Incontra nuovamente Gerardo che è uno dei capitani dei soldati del Papa e, di nuovo, tra loro scoppia l’amore.

Ora nulla le impedirebbe di scappare con Gerardo e di vivere una normale vita di coppia con il suo uomo; nonostante tutto però, lei decide di continuare ad essere un sacerdote al servizio del Papa fino a quando…il destino non le scombinerà le carte.

Ottimo libro; vi si trovano ben amalgamati storia, romanzo, amore, crudeltà, avventura, battaglie, sentimenti. Insomma è un libro che non stanca nonostante sia un romanzo con una base storica. Un libro che affascina il lettore con la figura di questa donna-uomo per raccontare la realtà storica di una delle epoche più buie dell’umanità.

E’ il primo libro di questa autrice che leggo ma devo ammettere che è dotata di grande capacità affabulatoria. La trama è perfettamente costruita per incatenare il lettore alle pagine, i personaggi, le ambientazioni, gli accadimenti sono ben distribuiti e raccontati con dovizia di particolari senza mai diventare noiosi o stucchevoli.

Nonostante la lettura di questo ottimo romanzo ancora non sono riuscito a chiarire il dubbio che mi lacera: Giovanna “La Papessa” è un personaggio realmente esistito?

Libro molto consigliato.