Libri

La rizzagliata

La rizzagliata di Andrea Camilleri edito da Sellerio – prima edizione 2009.

Ormai i libri di Camilleri sono tanti quante sono le stelle in cielo; devo però dire che questo in particolare non mi ha entusiasmato come era accaduto con altri.

Cominciamo col dichiarare subito che in questo romanzo non c’è Montalbano. O meglio, c’è, ma solo di sfuggita; in una battuta che il protagonista dice alla sua segretaria.

Continuiamo aggiungendo che questo libro ha una caratteristica particolare rispetto ai predecessori, infatti Camilleri ha scritto questo libro per il mercato spagnolo e solo successivamente è pervenuto sui patri lidi. Il titolo in spagnolo è “La muerte de Amalia Sacerdote”; premiato su suolo iberico dove ha vinto il prestigioso “Premio Internacional RBA de Novela Negra” nel 2008.

Dopo questo note intorno al libro, finalmente lo apriamo e ci addentriamo, come giovani esploratori, tra le sue pagine.

Il protagonista si chiama Michele Caruso ed è il direttore del telegiornale regionale di Raitre; E’ un uomo normale la cui vita privata ha da poco subito un duro colpo grazie alla propria moglie che lo ha “cacciato” di casa semplicemente dicendogli di essersi innamorata di un altro.

Il lavoro è tutto quello che rimane a Michele che svolge le sue funzioni in maniera irreprensibile anche se il fatto di dover scegliere cosa mandare in onda, genera inevitabilmente degli attriti con i colleghi.

Nella città viene trovata assassinata con il cranio sfondato (probabilmente da un pesante posacenere) la giovane Amalia Sacerdote figlia del segretario generale dell’Assemblea Regionale Siciliana; la magistratura invia un avviso di garanzia al fidanzato della giovane, Manlio Caputo, che è figlio del leader del partito della sinistra siciliana (che invece si trova all’opposizione). Quel cadavere crea non pochi problemi per le rivalità politiche dei genitori dei due giovani e per le evidenti connessioni con i poteri economico, giudiziario, giornalistico e politico dell’isola.

Michele decide di non passare nell’edizione principale, la notizia dell’avviso di garanzia in attesa di avere tutti i riscontri del caso facendo così “bucare” la notizia alla propria testata.

Il romanzo si snocciola nelle trame dell’inchiesta e tra le scrivanie (vere e virtuali) della redazione del giornale che ne segue lo sviluppo.

Grazie a questo romanzo Camilleri ci porta nei due templi sacri del nostro mondo moderno; quello della magistratura e quello invece del giornalismo.

Vedremo come nell’ambito di magistratura esistano le stesse ripicche ed asservimenti ad potere che ben conosciamo in altre realtà del vissuto quotidiano; Come tra i giornalisti e le testate ci sia una lotta feroce a chi per primo arriva su una notizia e quali siano le lotte intestine e i peggiori mezzi che si mettono in campo per poter avere la dichiarazione più importante.

Oltre ad illustrare la straordinaria rete di collegamenti che porterà Michele Caruso a salvarsi da tutti i pericoli che questa notizia/inchiesta poteva riservare, si illustrano al contempo le straordinarie (?) connessioni che si attivano quando la politica vuole salvare se stessa e di quanto il mondo di certo giornalismo e di certa politica siano asserviti al “potere”.

Sicuramente un buon libro ma non all’altezza di altre cose scritte da Camilleri con o senza la presenza ingombrantissima di Montalbano.

La confessione di Leonardo

La confessione di Leonardo di Vittoria Haziel edito da Sperling & Kupfer – prima edizione 2010.

In questo libro si intrecciano due misteri: quello della sindone conservata nel duomo di Torino e quello che avvolge la figura di Leonardo da Vinci.

Il telo che avrebbe coperto il corpo di Gesù deposto dalla croce è da tempo al centro di un giallo intessuto di motivi artistici, storici e religiosi: sacra reliquia o mirabile falso d’autore?

E’ possibile che il genio toscano sia l’autore del più grande falso della storia?

Dopo oltre vent’anni di ricerche, Victoria Haziel non ha dubbi: l’impronta sul sudario è il capolavoro del Maestro; un’opera realizzata in completa segretezza, sfidando il pericolo di essere imprigionato come blasfemo o addirittura condannato al rogo.

Un’intuizione elaborata nel primo libro “La passione secondo Leonardo” e qui sviluppata attraverso una meticolosa e acuta indagine, che svela e interpreta le tracce e i messaggi in codice disseminati dall’artista sull’immagine sindonica e nei suoi scritti. Fra questi, una frase che suona come una vera e propria confessione.

Ma perché Leonardo si sarebbe dedicato ad una impresa così difficile e rischiosa? La risposta apre scenari inediti sulla vita del genio di Vinci, con rivelazioni sorprendenti circa le sue origini e i suoi rapporti con l’Oriente, e sul silenzioso patto tra il cattolicissimo papa Innocenzo VIII e il sultano ottomano Bayezid II.

E’ un libro difficile che propone una “verità” diversa da quella che siamo soliti credere. Una verità forse un po’ indigesta soprattutto per chi ha sempre visto nel lino di Torino la rappresentazione di quella deità a cui siamo aggrappati da tanto tempo.

E’ indubbio però che ci sono degli elementi nell’indagine della Haziel che confermano questa teoria forse un po’ bislacca di Leonardo autore della Sindone.

Non voglio asserire che la verità sia quella descritta dall’autrice ma è sicuro che il mio animo scientifico trova molte conferme nelle prove raccolte nel corso delle indagini, mentre il mio credo religioso si rifiuta di credere di essere stato “fregato” così facilmente.

Insomma è un libro che, secondo il mio modestissimo parare, va letto con un senso critico molto sviluppato in quanto presenta un nuovo punto di vista molto scomodo e che forse potrebbe infastidire i lettori più credenti; sicuramente però è uno scritto che prova ad esplorare e a dare risposte ad una serie di dubbi che si sono sviluppate a partite proprio dalle analisi effettuate sulla Sindone con il carbonio 14 e fortemente volute dal Vaticano.

In fondo credere che la Sindone sia il lenzuolo che ha accolto il corpo di Cristo morto, oppure una mirabile truffa creata dal genio di Leonardo è una libera scelta che ognuno di noi fa più o meno coscientemente.

Tutti i nomi

Tutti i nomi di José Saramago edito da Einaudi – prima edizione 1997

Può sembrare un po’ pretenzioso da parte di Saramago intitolare il libro “Tutti i nomi” visto che nel romanzo il protagonista è l’unico ad avere un nome proprio; certo non un nome completo ma solo un generico “signor José”. Tutti gli altri personaggi che percorrono le vie e la vita del protagonista sono identificati dalla professione o dal posto dove vivono o in qualsiasi altra maniera ma in tutto il libro non troverete altro nome che quello del signor José.

Questo tale è un uomo normale (azzarderei un banale se non sentissi che nella sua normalità sta la chiave di tutto il romanzo), non è sposato, fa un lavoro utile ma noioso (è scritturale ausiliario presso la Conservatoria Generale dell’Anagrafe), vive in una città non meglio identificata in una epoca non precisata ma che ritengo essere posizionabile attorno agli anni ’40 o ’50 del millennio appena trascorso, e la sua vita è sempre stata scandita da ritmi che altri decidevano per lui.

L’unico hobby della vita del signor José è ritagliare gli articoli e le foto del giornale che riguardano personaggi che stanno per diventare famosi o che stanno per cadere dalla fama, aggiornando i dati giornalistici con i dati conservati nel suo luogo di lavoro.

Proprio la necessità di integrare i dati di alcuni personaggi famosi già presenti nella sua collezione fa si che alle schede necessarie rimanga attaccata la scheda di una donna sconosciuta. E il mite scritturale si trasforma, diventa un uomo diverso;

Ora, nel romanzo non viene data spiegazione di quale sia il perverso meccanismo mentale che si attua nel cervello del signor José che decide (ma davvero decide lui o sono gli eventi che decidono per lui?), di voler conoscere di più questa donna misteriosa; vuole sapere che fa nella vita, vuole conoscere il suo passato (e sospettiamo che gli piacerebbe conoscerne anche il futuro).

Inizia così la spasmodica ricerca di un bandolo a cui aggrapparsi (quasi fosse il mitologico filo di Arianna) per cominciare a dipanare a ritroso la vita di questa figura.

Nel corso di questa indagine il signor José passerà da modello di abnegazione al lavoro e rispetto delle gerarchie a un uomo capace di fare cose che mai avrebbe pensato di fare; dirà mezze verità e bugie totali, abusaerà della sua professione per accedere più rapidamente alle informazioni, diventerà ladro e falsario il tutto al fine di pervenire a quello che da semplice curiosità si trasforma lentamente in vera e propria necessità morbosa.

Sono geniali e inquietante al medesimo tempo le discussioni tra il signor José e il soffitto della sua camera da letto.

Un altro grande capolavoro di quel gran genio di Saramago che ci propone un’altra apocalisse, dopo quella di Cecità, descrivendoci una lotta per risalire nel tempo verso ciò che non è più o che non è mai stato.

Un libro oggettivamente non semplice da leggere, visto che la mancanza di nomi propri obbliga lo scrittore, e di conseguenza il lettore, a circonvoluzioni mentali per riconoscere i personaggi; ma allo stesso tempo proprio la mancanza di nomi fa sì che l’attenzione del lettore sia totale. Per la paura di perdere un qualche elemento fondamentale si rimane concentratissimi sugli avvenimenti e sui tratti psicologici degli attori.

Ancora una volta una grandissima prova di uno degli autori contemporanei più prolifici e sagaci della letteratura del 900, insignito, non a caso, del Nobel per la Letteratura nel 1988

Siamo solo amici

Siamo solo amici di Luca Bianchini edito da Mondadori – prima edizione 2011.

E’ il secondo libro di Bianchini che leggo e che recensisco e anche questo libro mi ha confermato quanto già avevo notato nel corso della lettura del primo; Luca Bianchini infatti, è un autore che ha la rara capacità di nascondere i sentimenti dietro la normalità della vita e quando li svela, ci si accorge che sono sempre stati lì, in bella mostra, e che non li abbiamo notati solo perchè la nostra attenzione è stata abilmente attratta dal luccichio della polvere dorata con cui l’autore ha cosparso la quotidianità.

I protagonisti principali di questa ultima fatica di Bianchini sono due portieri; Giacomo portiere di un albergo di Venezia, e Rafael portiere (o sarebbe meglio dire ex-portiere) di una squadra di calcio brasiliano.

I due hanno caratteri diametralmente opposti; tanto Giacomo è asserragliato in difesa delle proprie posizioni, dei propri sentimenti e non permette agli altri di conoscere la sua vera personalità, tanto Rafael è solare, aperto, pronto a dare tutto sé stesso alle persone con cui entra in contatto; si potrebbe dire che Rafael è un Giacomo senza filtri.

Nel corso della narrazione le loro strade si incontrano e la luce di Rafael riesce, per una volta, a fare breccia nella cortina di nebbia che avvolge la vita di Giacomo.

Ovviamente in scena con i protagonisti ci sono anche le donne che loro amano e con questo espediente l’autore ci racconta anche come affrontino l’amore i due personaggi.

La maggior parte della storia si dipana tra le calli e i campielli di una Venezia lasciata all’immaginazione del lettore. In fondo è inutile cercare di raccontare una città che bene o male tutti ricordiamo, immaginiamo e sogniamo.

Nel corso della storia ci sono amori infiniti che però finiscono e amori imprevedibili che però cominciano; ci sarà tempo per i dialoghi silenziosi dei vari attori, amori iniziati ma mai dichiarati e finiti prima ancora di nascere (o forse mai nati per mancanza di un certo coraggio).

C’è la leggerezza della giovinezza così come l’assennatezza dell’età adulta; e quando queste due realtà si incontrano i fuochi d’artificio esploderanno bellissimi sul nero velluto della notte. Proprio perchè l’autore non si vuole far mancare niente c’è anche una prostituta che però assomiglia a Gesù.

Fino all’ultimo capitolo non si capisce dove voglia andare la storia ma quelle ultime pagine sistemano i pezzi più importanti del puzzle e l’immagine che si forma, con lo sfondo della Venezia più sfavillante, è straordinariamente commovente.

Gran circo Taddei e altre storie di Vigàta

Gran circo Taddei e altre storie di Vigàta di Andrea Camilleri edito da Sellerio editore Palermo – prima edizione 2011.

In questo libro il genio di Camilleri si esplica in 8 racconti brevi, tutti ambientati nella Vigàta dell’epoca fascista. Cercherò di darvene un senso senza togliervi il gusto della lettura.

Il primo racconto si intitola “La congiura” e vi si raccontano le imprese di un sarto della premiata sartoria palermitana “Stella di Pizzo” che giunge nella città per rifare il guardaroba alle signore delle alte gerarchie fasciste e che invece si ritrova coinvolto (neanche tanto suo malgrado) nelle beghe e nelle lotte intestine alla sezione femminile fascista della città.

Si prosegue con “Regali di Natale” nel quale si racconta come in Vigàta sussistono pacificamente alcuni circoli dove si giocava a carte ovviamente d’azzardo! Il circolo Famiglia & Democrazia è frequentato dal fior fiore della città ed è molto difficile entrarci tranne nel periodo tra il venti dicembre e il primo di gennaio; durante questo tempo infatti ogni socio può presentare al circolo uno o più amici(per i quali garantisce) che pagando una quota diventavano soci avventizi. Proprio uno di questi avventizi è il vero cuore di questo racconto, un uomo ricco e temuto da tutti. Il suo ingresso nel circolo sarà molto doloroso per i soci nella notte della vigilia di Natale.

Segue “Il merlo parlante” in cui vengono raccontate le disavventure di un uomo (Ninuzzo Laganà) che cerca una donna per poterla sposare. Ha le idee molto chiare su quale tipo di donna voglia e su quali caratteristiche deve avere. Trova queste cose in Daniela una ragazza che è “una stampa e una figura” con ciò che vuole Ninuzzo. Inoltre viene recapitato in ufficio un merlo indiano che genera una serie di situazioni che porteranno Ninuzzo a capire quanto si sia sbagliato nel giudicare Daniela.

Il racconto successivo è quello che da il titolo a tutto il libro “Gran circo Taddei”; Vi si racconta di quella volta in cui a Vigàta giunse il circo e di come questo abbia emozionato i vigatesi per le meravigliose esibizioni degli artisti e di come la presenza di un leone abbia stimolato la fantasia di un giovane desideroso di ereditare l’immensa fortuna della zia con cui vive, e del tentativo, effettuato da questi con la collaborazione di tre sorelle che sono le figlie del proprietario del circo, di entrare finalmente in possesso dell’eredità.

Si prosegue col racconto “La fine della missione” nel quale viene dipanata la storia dell’avvocato Totino Mascarà, della sua vita e del suo totale disinteresse verso l’amore e l’altro sesso e di come questo fatto abbia generato la diceria che “a Totino il fucile non funziona”…ma sarà poi vero?

Si incontra poi il racconto “Un giro in giostra” nel quale si analizza la sfortuna di un professore che la vita colpisce più volte. Una prima volta alla morte di suo padre quando sua madre si deve inventare un modo per poter dare qualcosa da mangiare al figlio; dopo le seconde nozze della madre con un ricco signore,la vita colpire di nuovo quando a causa di un incidente entrambi i genitori muoiono ma Nito non può ereditare per l’opposizione della sorella del secondo marito, ma soprattutto sarà sui sentimenti che Nito patirà la sua peggiore debacle!

“La trovatura” è il racconto che segue; vi si racconta di quella volta in cui a Vigàta giunse una maga chiromante e chiaroveggente che cerca di guadagnare qualche lira grazie alla creduloneria dei vigatesi. Pur essendo una cialtrona la maga però ha un cuore molto grande e prova ad aiutare le persone che si rivolgono a lei talvolta inventandosi false predizioni. Proprio da una di queste predizioni, fatte per buon cuore, nascono una serie di eventi che porteranno grande scompiglio nella vita di lei e di alcuni abitanti.

L’ultimo racconto si chiama “La rivelazione” e racconta del lento riprendere della vita nella città di Vigàta nei mesi successivi allo sbarco degli americani e della conseguente liberazione dal giogo fascista. Nella gioia di quei giorni però si affaccia un problema; il previsto ritorno dal confino di Luici Prestìa “comunista arraggiato”, viene sistematicamente rimandato in quanto questìultimo si fa arrestare ogni qual volta termina di scontare la sua pena. Nella sezione di Vigàta del Partito Comunista si comincia a discutere sul perchè di questo comportamento e si giunge alla decisione di mandare un iscritto a parlare con il Prestìa in modo da capire cosa gli stia passando per la testa. La rivelazione che Prestìa fa sarà sconvolgente e al tempo stesso genererà delle “grosse risate”.

Tutti i racconti hanno uno sviluppo che non ho voluto raccontare ovviamente per non togliere al lettore il gusto della scoperta, ma vi assicuro che ognuno di essi un finale imprevisto e, alcune volte, divertente.

Inutile dire che la lingua parlata è il dialetto siciliano che ormai caratterizza molti degli scritti di Camilleri; quel dialetto che anche noi, non avvezzi, abbiamo imparato a comprendere ed amare.

Pur trattandosi di racconti, e quindi avendo necessità di essere brevi e concisi, i personaggi e le loro psicologie sono ben disegnati, ciò dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto l’amore per la letteratura e la fantasia possano aiutare a creare uno scritto non banale nè noioso.

Se vi piace Camilleri, anche senza Montalbano, allora questo è un libro che certamente amerete tanto quanto l’ho amato io.

XY

XY di Sandro Veronesi edito da Fandango Libri – prima edizione 2010.

…sarà durissima creare questo post, perché il libro è veramente complesso!

Dunque, andiamo per ordine; personaggi e interpreti: Un prete, una psicologa, undici cadaveri, un paese nell’alto Trentino che si chiama San Giuda, i pochi abitanti del paese e un assassino o una serie di assassini.

Alla psicologa, che per la cronaca si chiama Giovanna Gassion, dopo quindici anni si riapre una ferita ad un dito – ferita che si era procurata per una sua disattenzione nel tagliare il pane necessario per la colazione prima di una gara di sci talmente importante che avrebbe potuto aprirle la strada per la nazionale di sci; contemporaneamente nel bosco che divide il comune di San Giuda da quello di Serpentina undici persone vengono brutalmente uccise; il prete, che al secolo si chiama don Ermete, è tra i primi ad accorrere ed ovviamente l’immagine della carneficina si imprime indelebilmente nella sua memoria e nei suoi incubi. Vengono chiamati gli inquirenti che fanno il loro lavoro.

Alcuni dei morti erano abitanti del paesino e questa tragedia fa si che i pochi abitanti di San Giuda inizino un percorso che li porta lentamente, ma inesorabilmente, alla follia; Il sacerdote chiede alla psicologa di trasferirsi al paese (nella canonica insieme a lui, con tutto il correre di voci che questo genera) per aiutarlo a risolvere i problemi psicologici che si sono sviluppati nei suoi paesani.

Il rapporto tra il prete e la dottoressa procede lentamente; le due persone si scambiano le impressioni sugli abitanti del paese. Si raccontano le loro vite, i loro casini, le loro paure (non pensate a nulla di sessuale… rimarreste delusi.)

Il fulcro del libro, che inizialmente ruota sulle conseguenze degli omicidi, sulle relazioni tra le persone e sugli aspetti psicologici dei loro rapporti, con il procedere della narrazione si sposta dai morti e dalle indagini alle teorie psicologiche sulla elaborazione del dolore, sulla elaborazione del lutto, sulla schizofrenia, e sui disturbi mentali di cui soffrono i vari abitanti del paese.

Le teorie vengono spiegate in maniera chiara ma non noiosa e quindi la lettura del libro risulta essere scorrevole e interessante.

I personaggi e le loro psicologie sono ben narrate al punto che sembra quasi di vedere dall’alto gli attori muoversi nei loro rispettivi ruoli come se si godesse della prospettiva “di Dio”.

Deve essere stato molto difficile per l’autore raccontare così chiaramente tutti le deviazioni psicologiche dei vari personaggi. Indubbiamente si tratta di un libro più mentale che fisico tanto è vero che la parte relativa agli omicidi, che sono la causa di tutto questo sconvolgimento, ad un certo punto diventa secondaria mentre acquista sempre maggiore rilievo la descrizione dei vari stati psichici di tutti gli attori di questa immane tragedia.

Ovviamente, come tutte le indagini, anche quella della tragedia di San Giuda giunge ad una soluzione che non anticipo per non togliere al lettore il gusto della scoperta e della lettura stessa ma, di sicuro, è una soluzione-ponte che serve solo a traghettare il lettore nella condizione di iniziare una riflessione profonda sui cambiamenti mentali che le tragedie ed il lutto portano alla nostra vita.

Ottima l’idea di far raccontare ai due attori principali la loro versione dei fatti in maniera indipendente (quasi se ognuno di essi stesse scrivendo un proprio diario) e soltanto alla fine le due voci narrative si fondano per arrivare al cuore vero della storia.

Libro abbastanza difficile ma sicuramente una lettura consigliata.

Il profumo delle foglie di limone

Il profumo delle foglie di limone di Clara Sànchez edito da Garzanti – prima edizione 2011. 

Sono in imbarazzo a scrivere di questo romanzo perché non mi è piaciuto proprio. Nonostante sia stato osannato dalla critica e molto pubblicizzato dalla casa editrice devo ammettere che ho trovato questo libro noioso, inutile, banale, senza trama e anche scritto male. 

Forse è la formula che ha usato l’autrice che non mi piace. Ci sono due voci narranti nel romanzo ed ogni evento viene fatto raccontare da entrambi in una specie di coro alternato. Questo aiuta a comprendere come gli accadimenti possano essere visti in maniera differente dai due attori, ma onestamente rende il libro ripetitivo e noioso. 

Ammetto che il tema raccontato nel libro sia interessante; infatti raccontare di come vivano gli ex nazisti nella società contemporanea, nascondendosi e creandosi una nuova vita e nuovi legami sociali può essere valido ma, l’autrice in questo testo tratta l’argomento solo di sfuggita senza mai addentrarsi in quelle meccaniche psicologiche che sarebbe stato importante analizzare. 

Tutto il libro ruota intorno a due personaggi principali: Sandra è una trentenne in crisi, incinta, che è “scappata” da casa per affrontare serenamente la sua maternità, che fugge anche dal rapporto con il padre del bambino perché non ritiene l’uomo adatto a lei e non si sente sufficientemente innamorata; e Julian un anziano pensionato con una salute cagionevole che si mette di nuovo in caccia degli ex nazisti, che si nascondono nel paese, quando il suo amico Salva gli invia una lettera in cui gli comunica di averne trovati alcuni. 

Sandra entra involontariamente in contatto con la coppia di criminali nazisti che si sono distinti, nel passato, per la loro ferocia ma che agli occhi della ragazza sembrano tanto buoni e gentili; Questi si prendono cura di lei quando si sente male sulla spiaggia e da quel momento Sandra entra in confidenza con loro che la attirano nella loro rete. Sarà compito di Julian mettere la ragazza in guardia dai due vecchietti ma questo non le impedirà di infilarsi (di sua spontanea volontà) in una situazione potenzialmente pericolosa. 

Questa prima parte del libro non è poi malissimo, ma da questo momento in avanti il libro non avanza e non indietreggia; le posizioni rimangono congelate e tutti i protagonisti sembrano ballare un minuetto che non porta a nessuno sviluppo. 

Anche le descrizioni dei luoghi o degli attori di questa storia sono lacunose. Non si riesce ad immaginarsi i personaggi; non vengono date sufficienti descrizioni dei luoghi nonostante la storia si dipani in Costa Blanca con i suoi magnifici panorami.

Conseguentemente il finale è piatto e prevedibile. 

In fondo in questo libro manca un po’ di brivido, di suspance e di quell’adrenalina che fa si che il libro intrighi ed interessi, in modo da giungere al finale con quell’ansia e quella tensione che tanto affascinano il mio animo di lettore. 

L’autrice, nella veloce intervista pubblicata al temine del libro, viene definita come una appassionata di psicologia; peccato però che, nel libro che ha composto la psicologia dei personaggi sia completamente assente. Sarebbe stato bello leggere del rapporto tra i due nazisti, di cosa pensavano di questa ragazza e di quali piani provassero a portare avanti, e invece nel libro si dice che il marito è succube della moglie e che forse la ama davvero, ma oltre non è dato sapere. 

Sempre nell’intervista l’autrice scrive che l’argomento del libro sia “la paura” e come ognuno di noi la affronti in maniera differente. Per fortuna che ce lo ha fatto sapere, perchè nel libro anche di questo non vi è traccia. 

In conclusione, assolutamente un libro NON consigliato.

Il lago dei sogni

Il lago dei sogni di Salvatore Niffoi edito da Adelphi – prima edizione 2011.

E’ impresa ardua scrivere di questo libro; impresa che fa tremare vene e i polsi. Perchè è un libro che va in tantissime direzioni senza prediligerne una sola. E’ un libro che racconta la storia di una intera comunità, un intero paese (Melagravida) più che di una sola persona anche se una vera protagonista c’è: Itria Nilis “conosciuta a Melagravida e nel circondario col nomignolo di Panedda per via delle sue carni morbide e bianche come il latte appena cagliato”.

Niffoi ci racconta una nuova favola dove i protagonisti girano intorno ad una innominabile sventura, quella di aver perduto la capacità di sognare; era accaduto in un giorno d’estate quando “l’aria era chiara e tirata come la pancia di una lucertola. Tutti gli abitanti di Melagravida sentirono distintamente un boato salire dalla gola di Matzalocos verso il monte Tumbacanes. […] I sogni si erano messi a correre all’improvviso impauriti, inseguiti dall’alito caldo del vento che li spingeva lontani, verso la montagna, oltre le nuvole gonfie di scuro che bollivano come il mosto che fermenta. Sogni veloci come cani cacciati a sassate, con la lingua di fuori, che leccano, abbaiano, e mordono, prima di trovare un posto sicuro dove rifugiarsi”.

Nel paese dunque non si sogna più ma d’improvviso è proprio Itria Panedda Nilis che, per prima, ricomincia a sognare seguita pian piano da tutto il paese. Sembra quasi che la ritrovata capacità di sognare dei paesani corrisponda ad una rinnovata voglia di vivere ed ecco che Niffoi si impadronisce delle storie, delle leggende e delle cattive abitudini degli abitanti di Melagravida (che nome straordinarimente evocativo), e inizia a raccontarcele con la sua incredibile capacità affabulatoria in un dialetto come quello sardo ricco di angolature e forte come un bicchiere di “filuferru”.

Non c’è molto altro da dire in quanto non è il classico romanzo che si sviluppa attorno ad un’idea centrale bensì è una raccolta di storie che contengono ognuna una morale che spetta al lettore interpretare. Tante storie quante sono gli abitanti di questo paesino; tante storie quante sono le idee che percorrono le menti degli uomini; tante storie che si intrecciano tra loro dando vita a nuove favole, nuove avventure, nuove esperienze che di certo il buon Niffoi sarà in grado di raccontarci nei prossimi romanzi che scriverà, e che io attendo con grande ansia.

 

Instant Love

Instant Love di Luca Bianchini edito da Mondadori  – prima edizione 2003.

Comincio ringraziando l’amico C. P. che me lo ha consigliato.

In questo libro ci sono tre personaggi principali (in rigoroso ordine alfabetico) Daniele, Rocco e Viola che diventano amici (ma sarà poi vero????) ed una ridda di personaggi minori (fortissima la zia Irvana).

A Daniele non manca nulla, Rocco è un ragazzo quasi qualunque (che però è straordinario) e Viola è una bella universitaria amante della cucina e delle scarpe con i tacchi!

Si incontrano un giorno in treno e tra loro inizia un rapporto bislacco. Si crea una interdipendenza molto strana tra i personaggi, un rapporto molto particolare, una soluzione estrema e per certi versi paradossale, in cui i confini sono sfumati, le identità confuse, l’orientamento perduto.

L’unico moodo di andare avanti è sperimentare, sperando di arrivare prima o poi ad una migliore, anche se faticosa, presa di coscienza della realtà. Imparare a volare senza rete e senza ali. Una storia raccontata con ironia e leggerezza, che sorprende per la magia con cui si forma, i profumi che lascia e quel senso di precarietà di cui non si può fare a meno.

Ammetto che all’inizio avevo qualche pregiudizio su questo libro e le prime pagine mi avevano confermato nella mia convinzione che fosse un libro adolescenziale (un po’ alla Moccia tanto per essere chiaro) ma poi, proseguendo nella lettura, i personaggi hanno cominciato a farsi più complessi rivelando profili psicologici molto interessanti.

Un libro in cui il finale non è tanto importante quanto tutta la “strada” percorsa dai vari personaggi (principali e secondari) per raggiungere quella maturità necessaria ad affrontare le nuove sfide della vita. Quasi un rito di passaggio che trasforma i vari attori da gaudenti adolescenti ad adulti consapevoli.

La zattera di pietra

“La zattera di pietra” di Josè Saramago edito da Einaudi  – prima edizione 1986.

Cosa succederebbe se all’improvviso e senza alcuna avvisaglia la Spagna si staccasse dall’Europa proprio come si spacca un cracker lungo la perforazione? Questo è quello che accade all’inizio di questo libro bellissimo. Difficile, ma bellissimo.

La penisola Iberica diventa così una “zattera di pietra”, che inizia ad errare nell’Oceano Atlantico, alla ricerca di un nuovo destino o di una nuova posizione all’interno dello scacchiere del mondo. Parallelamente alla navigazione della terra inizia la navigazione di quattro personaggi sconosciuti tra loro, ma che la vita e il peregrinare renderà molto unite. Ognuna di queste persone ha una particolarità. Una di loro traccia con un bastone una riga per terra e questa diventa permanente, nel senso che anche se viene cancellata o bagnata affinchè scompaia, riappare poi come se si trattasse di magia; c’è un uomo che sente il tremolio continuo della terra (come se fosse la vibrazione del motore che gira al minimo!); una persona che riesce a sollevare una pietra pesantissima e a lanciarla lontanissimo…e tra loro c’è anche un cane.

Con la scusa di raccontare la navigazione dell’intera penisola (ma a questo punto sarebbe meglio chiamarla isola), Saramago ci racconta la navigazione dello spirito umano nella vita, alla ricerca di quel porto felice che è la realizzazione di ogni uomo.

Libro di prodigi, di tremori terrestri, di imprevedibili magie, di presagi demoniaci e di spunti ecologici “La zattera di pietra” accompagna il lettore nel lungo viaggio all’interno dei rapporti umani, del loro sorgere e del loro tramontare; della nascita dell’amicizia e dell’amore ma anche del loro finire (a volte tragico).

Libro di grande intensa analisi psicologica “La zattera di pietra” è uno di quei libri che fai fatica mentre lo leggi, ma che quando lo hai terminato ti manca, come il sole manca all’alba.