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Il caso Malaussène – Mi hanno mentito

Il caso Malaussène – Mi hanno mentito di Daniel Pennac, edito da Feltrinelli – prima edizione 2017.

Questo romanzo è come un fiume che si forma dall’unione di tanti torrentelli; questi, prima di diventare fiume giocano, esplorano, si divertono, si avvicinano e poi subito si allontanano; si uniscono per dividersi subito dopo; convergono per divergere immediatamente, quasi avessero paura di annullare la propria unicità senza capire che proprio la somma delle loro personalità creerà l’anima e il carattere del fiume.

Ci sono un sacco di storie in questa ultima fatica del buon Daniel Pennac. Ovviamente c’è la storia di Benjamin che, come è previsto dall’ordine naturale delle cose, diventa presto secondaria rispetto a tutte le storie dei “bambini” della famiglia.

C’è il rapimento di un personaggio molto molto importante per cui viene presentata una richiesta di riscatto che è allo stesso tempo ingentissima e di una ingenuità incredibile.

C’è l’amore di Benjamin per la sua bellissima donna, c’è ovviamente la presenza del cane Julius che è lui ma non è lui, nel senso che non è lo stesso cane dei libri che lo hanno preceduto, ma che rappresenta ancora l’archetipo del cane dei Malaussène.

Ci sono tutti i personaggi della famiglia e soprattutto ci sono i fratelli di Benjamin che sono diventati adulti, hanno una propria vita che inorgoglisce Benjamin e lo preoccupa allo stesso tempo.

I fratelli richiedono una informazione supplementare. Bisogna ricordare che sono tutti fratelli perché la mamma è comune (e ogni volta che finisce un amore, torna a casa incinta fino alle orecchie), ma che sono tutti figli di padri diversi. Tutti amati e amanti alla medesima maniera ma tutti fratelli a metà.

Come sempre accade nei romanzi di Pennac, Benjamin si ritroverà, suo malgrado, invischiato nella indagine di polizia relativa al rapimento del personaggio, con la differenza che, mentre nelle altre avventure lo sfortunato protagonista aveva sentore della “sfiga” che stava per colpirlo, questa volta il tutto accadrà senza che lui ne abbia la minima avvisaglia. No, Benjamin non è diventato più stupido di quanto già non fosse, è che questa volta la sua attenzione è totalmente dedicata allo svolgimento del lavoro che la Regina Zabo (capo delle Edizioni del Taglione) gli ha assegnato. Proteggere il famoso scrittore che è la nuova gallina dalle uova d’oro, e che gli stessi familiari dell’autore vorrebbero eliminare per impedirgli di scrivere un altro libro con cui screditare la propria famiglia.

Consapevole di aver raccontato tanto ma di non aver detto assolutamente nulla del romanzo (anche perché si tratta di un giallo e quindi “zitto!”) voglio attirare l’attenzione sul sottotitolo del libro. Quel “Mi hanno mentito” che sembra messo lì per caso e invece ha un grande significato. Chi ha tradito chi? E perché? Lo scopriremo leggendo questo bel racconto.

Le capacità scrittorie e descrittive di Pennac non devo certo lodarle io perché sono note ai più.

Non saprei dirvi se questo è il più bel libro di Malaussène o il peggiore. Sicuramente l’intreccio della storia è tale che ne permette una lettura scorrevole e affascinante. Non consiglierei a chi vuole avvicinarsi al mondo fantastico di Malaussène di iniziare da questo libro, perché i riferimenti ai libri precedenti sono tanti ed è sicuramente più divertente aver conosciuto quegli episodi direttamente che non sotto forma di riassunto.

Da questa mia recensione può sembrare che il libro non mi sia piaciuto ed invece, proprio come è sempre accaduto con tutte le altre storie della famiglia, anche questa volta il grande fiume mi ha abbracciato, mi ha portato a fare un viaggio in territori sicuramente inesplorati per me e, quando mi ha liberato dal suo abbraccio, tutta la mia pelle, fisica e psicologica, era impregnata dalla dolcezza della storia e dall’amore che tracima da questi personaggi per avvolgere il lettore.

Tipico dei libri della saga di Malaussène è il fatto che “o si amano alla follia o non si possono sopportare”.

Libro consigliato.

Il profumo delle foglie di limone

Il profumo delle foglie di limone di Clara Sànchez edito da Garzanti – prima edizione 2011. 

Sono in imbarazzo a scrivere di questo romanzo perché non mi è piaciuto proprio. Nonostante sia stato osannato dalla critica e molto pubblicizzato dalla casa editrice devo ammettere che ho trovato questo libro noioso, inutile, banale, senza trama e anche scritto male. 

Forse è la formula che ha usato l’autrice che non mi piace. Ci sono due voci narranti nel romanzo ed ogni evento viene fatto raccontare da entrambi in una specie di coro alternato. Questo aiuta a comprendere come gli accadimenti possano essere visti in maniera differente dai due attori, ma onestamente rende il libro ripetitivo e noioso. 

Ammetto che il tema raccontato nel libro sia interessante; infatti raccontare di come vivano gli ex nazisti nella società contemporanea, nascondendosi e creandosi una nuova vita e nuovi legami sociali può essere valido ma, l’autrice in questo testo tratta l’argomento solo di sfuggita senza mai addentrarsi in quelle meccaniche psicologiche che sarebbe stato importante analizzare. 

Tutto il libro ruota intorno a due personaggi principali: Sandra è una trentenne in crisi, incinta, che è “scappata” da casa per affrontare serenamente la sua maternità, che fugge anche dal rapporto con il padre del bambino perché non ritiene l’uomo adatto a lei e non si sente sufficientemente innamorata; e Julian un anziano pensionato con una salute cagionevole che si mette di nuovo in caccia degli ex nazisti, che si nascondono nel paese, quando il suo amico Salva gli invia una lettera in cui gli comunica di averne trovati alcuni. 

Sandra entra involontariamente in contatto con la coppia di criminali nazisti che si sono distinti, nel passato, per la loro ferocia ma che agli occhi della ragazza sembrano tanto buoni e gentili; Questi si prendono cura di lei quando si sente male sulla spiaggia e da quel momento Sandra entra in confidenza con loro che la attirano nella loro rete. Sarà compito di Julian mettere la ragazza in guardia dai due vecchietti ma questo non le impedirà di infilarsi (di sua spontanea volontà) in una situazione potenzialmente pericolosa. 

Questa prima parte del libro non è poi malissimo, ma da questo momento in avanti il libro non avanza e non indietreggia; le posizioni rimangono congelate e tutti i protagonisti sembrano ballare un minuetto che non porta a nessuno sviluppo. 

Anche le descrizioni dei luoghi o degli attori di questa storia sono lacunose. Non si riesce ad immaginarsi i personaggi; non vengono date sufficienti descrizioni dei luoghi nonostante la storia si dipani in Costa Blanca con i suoi magnifici panorami.

Conseguentemente il finale è piatto e prevedibile. 

In fondo in questo libro manca un po’ di brivido, di suspance e di quell’adrenalina che fa si che il libro intrighi ed interessi, in modo da giungere al finale con quell’ansia e quella tensione che tanto affascinano il mio animo di lettore. 

L’autrice, nella veloce intervista pubblicata al temine del libro, viene definita come una appassionata di psicologia; peccato però che, nel libro che ha composto la psicologia dei personaggi sia completamente assente. Sarebbe stato bello leggere del rapporto tra i due nazisti, di cosa pensavano di questa ragazza e di quali piani provassero a portare avanti, e invece nel libro si dice che il marito è succube della moglie e che forse la ama davvero, ma oltre non è dato sapere. 

Sempre nell’intervista l’autrice scrive che l’argomento del libro sia “la paura” e come ognuno di noi la affronti in maniera differente. Per fortuna che ce lo ha fatto sapere, perchè nel libro anche di questo non vi è traccia. 

In conclusione, assolutamente un libro NON consigliato.