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Duveen – Il re degli antiquari

Duveen – Il re degli antiquari di S. N. Behrman, edito da Sellerio, prima edizione 1952.

Il lettore dovrà essere abile a fare lo slalom tra avventura e colpi di scena durante la lettura di questa biografia del più importante mercante d’arte della prima metà del ’900; un personaggio leggendario che contribuì alla formazione delle maggiori collezioni americane.

Joseph Duveen (1869-1939)fu l’origine delle maggiori collezioni americane. Il suo stile era arcinoto, comprava tesori a volte inestimabili e li rivendeva ad un’élite ancora grezza seppure affamata di bellezza.

Possiamo sicuramente definirlo, senza tema di smentita alcuna, il primo mercante d’arte nel senso che i contemporanei danno a questo concetto; aveva riflettuto e notato che le opere d’arte si trovavano in Europa mentre i quattrini si trovavano in America. Decise di essere il trait d’union tra questi due elementi. Decise che le opere d’arte dovevano circolare perché “non appartengono a noi. Appartengono al popolo”.

A Duveen dobbiamo riconoscere il grande merito di aver saputo trasformare il gusto artistico degli americani grazie alla sua energia e alla sua audacia.

Non soltanto ha educato quel piccolo gruppo di collezionisti che era rappresentato dai suoi clienti ma è riuscito a smuovere l’interesse verso l’arte dell’americano medio creando, di fatto, il pubblico per i capolavori dell’arte pittorica.

Santo?, spacciatore?, filibustiere? Non spetta a noi giudicare l’uomo e la sua opera. Certo è che costrinse i milionari ad accumulare tesori; li organizzò come una schiera di orgogliosi collezionisti per poi convincerli, grazie alla presenza di tasse sul reddito e sulla successione che rendevano difficile la continuità delle collezioni private, a donazioni gratuite che hanno formato il nucleo della National Gallery di Washington e di altri musei pubblici, consentendo agli americani di ammirare tantissimi capolavori.

I suoi trucchi per convincere i nababbi americani a spendere cifre mai viste sembrano usciti da una sceneggiatura cinematografica. Proprio perché in fondo riconosce che un’opera d’arte non ha presso, il comprare era più degno di passione ed entusiasmo che il vendere. Durante il romanzo l’acquisto di un nuovo pezzo, o di una nuova collezione, diventa un episodio di caccia e di avventura avvincente per lui e per noi che lo leggiamo.

L’autore era un commediografo di successo e autore di ritratti letterari per il “New Yorker”, Nonostante questa biografia abbia quasi settant’anni conserva ancora la freschezza, la narratività e la spregiudicatezza che l’hanno caratterizzata fin dalla sua prima uscita (a puntate per una rivista).

Siamo di fronte ad una biografia rigorosa, documentata ma al tempo stesso avvincente e ricca di colpi di scena. Seguiremo l’estroso Duveen nelle sue scorrerie; in alcuni momenti sembrerà un novello Arsenio Lupin, altre volte ci ricorderà Nero Wolf ma sarà sempre interessante ed intrigante vederlo mandare all’aria i piani dei suoi concorrenti.

Libro impegnativo ma interessante.

P.S. Grazie all’amica Enrica per avermelo regalato.

Se domani farà bel tempo

Se domani farà bel tempo di Luca Bianchini edito da Mondadori prima edizione 2007

Sono ancora qua a recensire l’ennesimo ottimo romanzo di Luca Bianchini che nel panorama letterario italiano sta conquistando sostenitori in numero sempre maggiore.

Il protagonista di questa ennesimo romanzo si chiama Leonardo ma per tutti è Leon; è un giovane rampante della Milano bene; ha alle spalle scuole svizzere, master alla Bocconi, una famiglia importante, una madre pesante ed un padre assente e case sparse in posti mai banali.

Il ragazzo sa come godersi la vita, beve parecchio (per non dire troppo), ovviamente tira di coca ma soprattutto non lavora e ha una fidanzata bellissima, Anita, che lo lascia nelle prime pagine del libro.

Per il giovane rampollo è il primo no serio della sua vita. Questo improvviso stop alla sua autostima lo devasta al punto da farlo reagire decidendo di trascorrere alcuni giorni nella tenuta di famiglia in Toscana, alla vigilia di quella che si preannuncia già come una grande vendemmia.

L’idea è quella di oziare, fare lunghe passeggiate, divertirsi e cercare di non pensare a niente, soprattutto di non pensare a lei e invece la vita mette Leon in contatto con una realtà di cui egli non ha mai preso visione.

Avulso dalla propria realtà quotidiana il giovane Leon dovrà fare i conti con quelle piccole sfide che rendono la vita dolce e importante. Farà incontri sostanziosi, capirà che le persone per vivere hanno bisogno di lavorare e, forse per la prima volta nella sua vita, si renderà conto che la vera esistenza non è quella dorata del jet-set ma quella cruda e faticosa della provincia.

In contatto con la sua vita milanese attraverso un cellulare che prende solo sporadicamente, Leon si astrarrà a tal punto da mettere in discussione tutta la sua precedente esperienza, tutte le scelte fatte nella vita e, forse, inizierà un nuovo cammino più consapevole di se stesso e del mondo che lo circonda.

Con questo scritto Luca Bianchini ci racconta il jet set odierno, mettendo in evidenza con ironia e cinismo tutti i tic e le debolezze di un rampollo speciale: bello, dannato, vittima e carnefice della sua stessa vita ma soprattutto dannatamente sensibile.

Ancora una volta Bianchini dimostra la sua grande capacità di raccontare le vite dei suoi contemporanei. E’ evidente che questo autore sia abilissimo nell’immedesimarsi nei protagonisti dei suoi romanzi. Sembra quasi che riesca a viverne la vita che racconta, quasi come se ne avesse esperienza diretta.

Questo romanzo è una nuova conferma nella bravura dello scrittore torinese di raccontare i propri “attori” in maniera minima; ma quelle poche pennellate che lo scrittore elargisce sono sufficienti per permettere al lettore di imbastire un’immagine del personaggio e poi di caratterizzarlo con la propria fantasia in modo che ognuno di noi abbia un protagonista che è soltanto suo.

Il racconto scorre in maniera piacevole e divertente, i personaggi sono attraenti perché sanno farsi apprezzare fin dal primo incontro; la lettura è scorrevole e inchioda il lettore al romanzo al punto da provare una spasmodica necessità di sapere come va a finire, facendo terminare il libro molto rapidamente con quella sensazione di aver incontrato un ottimo libro e soprattutto un grande scrittore.

Ovviamente libro consigliatissimo.

La confessione di Leonardo

La confessione di Leonardo di Vittoria Haziel edito da Sperling & Kupfer – prima edizione 2010.

In questo libro si intrecciano due misteri: quello della sindone conservata nel duomo di Torino e quello che avvolge la figura di Leonardo da Vinci.

Il telo che avrebbe coperto il corpo di Gesù deposto dalla croce è da tempo al centro di un giallo intessuto di motivi artistici, storici e religiosi: sacra reliquia o mirabile falso d’autore?

E’ possibile che il genio toscano sia l’autore del più grande falso della storia?

Dopo oltre vent’anni di ricerche, Victoria Haziel non ha dubbi: l’impronta sul sudario è il capolavoro del Maestro; un’opera realizzata in completa segretezza, sfidando il pericolo di essere imprigionato come blasfemo o addirittura condannato al rogo.

Un’intuizione elaborata nel primo libro “La passione secondo Leonardo” e qui sviluppata attraverso una meticolosa e acuta indagine, che svela e interpreta le tracce e i messaggi in codice disseminati dall’artista sull’immagine sindonica e nei suoi scritti. Fra questi, una frase che suona come una vera e propria confessione.

Ma perché Leonardo si sarebbe dedicato ad una impresa così difficile e rischiosa? La risposta apre scenari inediti sulla vita del genio di Vinci, con rivelazioni sorprendenti circa le sue origini e i suoi rapporti con l’Oriente, e sul silenzioso patto tra il cattolicissimo papa Innocenzo VIII e il sultano ottomano Bayezid II.

E’ un libro difficile che propone una “verità” diversa da quella che siamo soliti credere. Una verità forse un po’ indigesta soprattutto per chi ha sempre visto nel lino di Torino la rappresentazione di quella deità a cui siamo aggrappati da tanto tempo.

E’ indubbio però che ci sono degli elementi nell’indagine della Haziel che confermano questa teoria forse un po’ bislacca di Leonardo autore della Sindone.

Non voglio asserire che la verità sia quella descritta dall’autrice ma è sicuro che il mio animo scientifico trova molte conferme nelle prove raccolte nel corso delle indagini, mentre il mio credo religioso si rifiuta di credere di essere stato “fregato” così facilmente.

Insomma è un libro che, secondo il mio modestissimo parare, va letto con un senso critico molto sviluppato in quanto presenta un nuovo punto di vista molto scomodo e che forse potrebbe infastidire i lettori più credenti; sicuramente però è uno scritto che prova ad esplorare e a dare risposte ad una serie di dubbi che si sono sviluppate a partite proprio dalle analisi effettuate sulla Sindone con il carbonio 14 e fortemente volute dal Vaticano.

In fondo credere che la Sindone sia il lenzuolo che ha accolto il corpo di Cristo morto, oppure una mirabile truffa creata dal genio di Leonardo è una libera scelta che ognuno di noi fa più o meno coscientemente.