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Mai all’altezza / Per sole donne

Mai all’altezza e Per sole donneVeronica Pivetti, editi da Mondadori, prima edizione 2017 – 2019.

Cari amici ormai la mia follia non conosce più confini, così nell’intimità del mio lettino ho pensato bene di inventare le recensioni-gemelle. L’ho fatto perché volevo mettere in risalto come due romanzi, scritti dalla stessa mano, possano essere tanto distanti tra loro eppure, avere al proprio interno tante assonanze e similitudini.

L’autrice scrive Mai all’altezza dopo aver passato l’esperienza di un incendio devastante in casa, che le ha praticamente distrutto tutto. I pochi oggetti che si sono salvati dalle fiamme prima e dall’acqua poi, scatenano irresistibili ricordi che stimolano vieppiù il dolore.

Incontreremo Veronica bambina settenne con già il 36 di scarpe, la vedremo svettare lunga e secca sulle teste di tutti i suoi compagni di classe, come un fungo svetta sulle foglie. L’accompagneremo in quel periodo di inadeguatezza che è, di per sé stessa, l’adolescenza circondata da amiche cattive e da personaggi bizzarri.

La vedremo rapportarsi con una sorella ingombrante, adattiva e sempre più aggraziata di lei, più proporzionata, più peperina, più sgamata nella vita. Veronica spesso si sente come il brutto anatroccolo con una vita costellata di piccoli traumi

Eppure, proprio nel momento in cui si potrebbe percorrere la strada verso il baratro eccola estrarre la sua arma segreta. L’ironia e con quella combattere e vincere tutte le proprie negatività e sfighe.

Anche il rogo di casa cambia di significato. Da disgrazia devastante diventa una nuova e grande opportunità; quella di ricominciare da capo a vivere raccontandosi, e raccontandoci, una storia che insegna a sopravvivere ogni giorno, nonostante i gufi siano sempre pronti a gufare.

I personaggi sono tutti raccontati quel tanto che basta perché siano immaginabili. La storia è scorrevole e intrigante da tenere incollati alla pagina. Certo, non siamo di fronte ad un romanzo di formazione, magari ottocentesco, eppure questo libro, tra i sorrisi e le risate cristalline, insegna qualcosa, fosse anche solo ad affrontare la vita con ironia e con un sorriso.

Per sole donne ha un incipit fulminante ma non voglio togliervi la sorpresa.

Per questo terzo libro la Pivetti abbandona il romanzo autobiografico, che tanti successi le hanno portato, per buttarsi sul romanzo pseudo erotico. Perché pseudo? Perché il sesso è il cavallo di Troia con cui l’autrice ci induce ad ascoltare le chiacchiere di cinque amiche che si ritrovano in un ristorante cinese.

Se, durante la lettura, vi parrà di aver già visto un qualcosa di simile, sappiate che avete ragione perché queste amiche ricordano moltissimo le protagoniste di “Sex and the city” con la differenza che le americane si sfondavano di cocktail mentre le più ruspanti italiane si abboffano di cibo cinese.

Queste donne sono accomunate da due cose. Tutte stanno attraversando la crisi dei cinquant’anni, e tutte hanno in piedi una relazione che si regge sullo sputo. Sono molto diverse tra loro. Variano dall’antiquaria con marito più giovane che la tradisce, e madre saggia ma già sulla via dell’arteriosclerosi, alla cinquantenne single incallita però libertina e spregiudicata; dalla zitella un po’ snob e inflessibile alla lesbica seduttrice senza pudore né peli sulla lingua, per finire con la donna sciatta intrappolata in un matrimonio squallido e senza più amore.

Le ascolteremo raccontarsi le loro piccanti avventure come adolescenti alla prima cotta e ci domanderemo come abbiano fatto delle donne intelligenti, acculturate e eleganti a lasciarsi cadere così in basso, perché nonostante ci sia molta ironia, queste signore si abbandonano a commenti da bar di quart’ordine. L’ironia gettata a piene mani non riesce comunque a nascondere il vuoto che caratterizza queste donne.

Le protagoniste di questo romanzo sono tutte donne libere ed emancipate, sfacciate e volgari, che non hanno bisogno di nessuno al loro fianco; eppure, pur condividendo i motivi delle lotte femministe, credo che la rappresentazione fatta dall’autrice sia eccessiva nei modi e nei toni.

Non accusatemi di maschilismo o misoginia perché ho sempre pensato alla donna come pari dell’uomo in ogni aspetto della vita ma quelle rappresentate dalla Pivetti non sono donne, sono degli uomini con la vagina.V

Voglio sperare che le donne siano ancora quegli esseri intelligenti, abili, amorevoli e pieni di tenerezze che sono sempre state. Se così non fosse, se queste donne raccontante dalla Pivetti fossero lo spaccato della nostra società, allora tutti avremmo perso qualcosa di veramente prezioso.

Duveen – Il re degli antiquari

Duveen – Il re degli antiquari di S. N. Behrman, edito da Sellerio, prima edizione 1952.

Il lettore dovrà essere abile a fare lo slalom tra avventura e colpi di scena durante la lettura di questa biografia del più importante mercante d’arte della prima metà del ’900; un personaggio leggendario che contribuì alla formazione delle maggiori collezioni americane.

Joseph Duveen (1869-1939)fu l’origine delle maggiori collezioni americane. Il suo stile era arcinoto, comprava tesori a volte inestimabili e li rivendeva ad un’élite ancora grezza seppure affamata di bellezza.

Possiamo sicuramente definirlo, senza tema di smentita alcuna, il primo mercante d’arte nel senso che i contemporanei danno a questo concetto; aveva riflettuto e notato che le opere d’arte si trovavano in Europa mentre i quattrini si trovavano in America. Decise di essere il trait d’union tra questi due elementi. Decise che le opere d’arte dovevano circolare perché “non appartengono a noi. Appartengono al popolo”.

A Duveen dobbiamo riconoscere il grande merito di aver saputo trasformare il gusto artistico degli americani grazie alla sua energia e alla sua audacia.

Non soltanto ha educato quel piccolo gruppo di collezionisti che era rappresentato dai suoi clienti ma è riuscito a smuovere l’interesse verso l’arte dell’americano medio creando, di fatto, il pubblico per i capolavori dell’arte pittorica.

Santo?, spacciatore?, filibustiere? Non spetta a noi giudicare l’uomo e la sua opera. Certo è che costrinse i milionari ad accumulare tesori; li organizzò come una schiera di orgogliosi collezionisti per poi convincerli, grazie alla presenza di tasse sul reddito e sulla successione che rendevano difficile la continuità delle collezioni private, a donazioni gratuite che hanno formato il nucleo della National Gallery di Washington e di altri musei pubblici, consentendo agli americani di ammirare tantissimi capolavori.

I suoi trucchi per convincere i nababbi americani a spendere cifre mai viste sembrano usciti da una sceneggiatura cinematografica. Proprio perché in fondo riconosce che un’opera d’arte non ha presso, il comprare era più degno di passione ed entusiasmo che il vendere. Durante il romanzo l’acquisto di un nuovo pezzo, o di una nuova collezione, diventa un episodio di caccia e di avventura avvincente per lui e per noi che lo leggiamo.

L’autore era un commediografo di successo e autore di ritratti letterari per il “New Yorker”, Nonostante questa biografia abbia quasi settant’anni conserva ancora la freschezza, la narratività e la spregiudicatezza che l’hanno caratterizzata fin dalla sua prima uscita (a puntate per una rivista).

Siamo di fronte ad una biografia rigorosa, documentata ma al tempo stesso avvincente e ricca di colpi di scena. Seguiremo l’estroso Duveen nelle sue scorrerie; in alcuni momenti sembrerà un novello Arsenio Lupin, altre volte ci ricorderà Nero Wolf ma sarà sempre interessante ed intrigante vederlo mandare all’aria i piani dei suoi concorrenti.

Libro impegnativo ma interessante.

P.S. Grazie all’amica Enrica per avermelo regalato.