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Il decoro

Il decoroDavid Leavitt, SEM editore, prima edizione 2020.

Donald Trump è stato appena eletto Presidente degli Stati uniti d’America e la nazione si sta ancora riprendendo dallo shock, quando un gruppo di amici newyorkesi decide di rifugiarsi per qualche giorno in una lussuosa villa del Connecticut, nel tentativo di allontanare dagli occhi la nuova situazione.

Eva Lindquist chiede a sorpresa ai suoi amici progressisti chi di loro avrebbe il coraggio di chiedere a Siri come assassinare il neo presidente Trump.

Stupita dalla codardia dei suoi amici e sempre più angosciata dalla nuova situazione, Eva non si sente più sicura negli Usa e decide di emigrare a Venezia, città che ha conosciuto e amato in gioventù.

Qui, un po’ per caso un po’ per rinforzare le sue radici in quella che definisce la sua nuova patria, almeno fino a che ci sarà Trump, Eva acquista un appartamento scontrandosi con le follie della burocrazia italiana.

Nel corso del romanzo Leavitt ci permette di seguire la “fuga” di Eva e la ricostruzione delle sue sicurezze nella nuova location, raccontandoci le sue vecchie e nuove paure.

Parallelamente alla storia di Eva, seguiremo anche le reazioni del gruppo che rimane negli Usa. Vedremo le loro reazioni alla paura e allo sconcerto per la nuova situazione.

Sarà la paura la mano che guiderà queste entità a fare ciò che decideranno di fare? O forse sarà il desiderio di fuga da quel “decoro” che per anni ha confinato le loro azioni?

Li vedremo provare a tradire persone care e ideologie, disconoscere le reazioni alle proprie azioni e tentare di inventare menzogne sempre più elaborate ed evidenti nell’istanza di mettere una distanza tra sé e il proprio operato.

Ma, i nostri protagonisti, saranno davvero in grado di uscire da quei limiti con cui hanno convissuto per tutta la vita, o scapperanno dalla porta per rientrare dalla finestra senza davvero rendersene conto?

Da grande narratore quale è Leavitt ha creato un romanzo in cui analizza il rapporto simbiotico tra desiderio d’amore, di potere e di libertà, e il bisogno di sicurezza e di conservazione che, più o meno albergano sempre nei cuori dei viventi.

Al termine della lettura rimane un dubbio ancora da chiarire. La nuova sicurezza costruita da Eva e dagli altri del gruppo attraverso strade diverse, è una sicurezza reale e matura che possa resistere al fluire del tempo? Ai lettori l’ardua sentenza.

Lo stile letterario è quello preferito dal Leavitt prima maniera. Un fluire senza intralci della trama e del pensiero. I personaggi, pochi ma ben centrati, sono esattamente la rappresentazione di un’élite spocchiosa e alienata dalla società contemporanea che non riuscendo più a capire il mondo che li circonda, fuggono nel passato come Eva o che si rintanano in un mondo di fantasia creato dalla loro mente e dalle loro bugie.

Libro consigliato.

Mai all’altezza / Per sole donne

Mai all’altezza e Per sole donneVeronica Pivetti, editi da Mondadori, prima edizione 2017 – 2019.

Cari amici ormai la mia follia non conosce più confini, così nell’intimità del mio lettino ho pensato bene di inventare le recensioni-gemelle. L’ho fatto perché volevo mettere in risalto come due romanzi, scritti dalla stessa mano, possano essere tanto distanti tra loro eppure, avere al proprio interno tante assonanze e similitudini.

L’autrice scrive Mai all’altezza dopo aver passato l’esperienza di un incendio devastante in casa, che le ha praticamente distrutto tutto. I pochi oggetti che si sono salvati dalle fiamme prima e dall’acqua poi, scatenano irresistibili ricordi che stimolano vieppiù il dolore.

Incontreremo Veronica bambina settenne con già il 36 di scarpe, la vedremo svettare lunga e secca sulle teste di tutti i suoi compagni di classe, come un fungo svetta sulle foglie. L’accompagneremo in quel periodo di inadeguatezza che è, di per sé stessa, l’adolescenza circondata da amiche cattive e da personaggi bizzarri.

La vedremo rapportarsi con una sorella ingombrante, adattiva e sempre più aggraziata di lei, più proporzionata, più peperina, più sgamata nella vita. Veronica spesso si sente come il brutto anatroccolo con una vita costellata di piccoli traumi

Eppure, proprio nel momento in cui si potrebbe percorrere la strada verso il baratro eccola estrarre la sua arma segreta. L’ironia e con quella combattere e vincere tutte le proprie negatività e sfighe.

Anche il rogo di casa cambia di significato. Da disgrazia devastante diventa una nuova e grande opportunità; quella di ricominciare da capo a vivere raccontandosi, e raccontandoci, una storia che insegna a sopravvivere ogni giorno, nonostante i gufi siano sempre pronti a gufare.

I personaggi sono tutti raccontati quel tanto che basta perché siano immaginabili. La storia è scorrevole e intrigante da tenere incollati alla pagina. Certo, non siamo di fronte ad un romanzo di formazione, magari ottocentesco, eppure questo libro, tra i sorrisi e le risate cristalline, insegna qualcosa, fosse anche solo ad affrontare la vita con ironia e con un sorriso.

Per sole donne ha un incipit fulminante ma non voglio togliervi la sorpresa.

Per questo terzo libro la Pivetti abbandona il romanzo autobiografico, che tanti successi le hanno portato, per buttarsi sul romanzo pseudo erotico. Perché pseudo? Perché il sesso è il cavallo di Troia con cui l’autrice ci induce ad ascoltare le chiacchiere di cinque amiche che si ritrovano in un ristorante cinese.

Se, durante la lettura, vi parrà di aver già visto un qualcosa di simile, sappiate che avete ragione perché queste amiche ricordano moltissimo le protagoniste di “Sex and the city” con la differenza che le americane si sfondavano di cocktail mentre le più ruspanti italiane si abboffano di cibo cinese.

Queste donne sono accomunate da due cose. Tutte stanno attraversando la crisi dei cinquant’anni, e tutte hanno in piedi una relazione che si regge sullo sputo. Sono molto diverse tra loro. Variano dall’antiquaria con marito più giovane che la tradisce, e madre saggia ma già sulla via dell’arteriosclerosi, alla cinquantenne single incallita però libertina e spregiudicata; dalla zitella un po’ snob e inflessibile alla lesbica seduttrice senza pudore né peli sulla lingua, per finire con la donna sciatta intrappolata in un matrimonio squallido e senza più amore.

Le ascolteremo raccontarsi le loro piccanti avventure come adolescenti alla prima cotta e ci domanderemo come abbiano fatto delle donne intelligenti, acculturate e eleganti a lasciarsi cadere così in basso, perché nonostante ci sia molta ironia, queste signore si abbandonano a commenti da bar di quart’ordine. L’ironia gettata a piene mani non riesce comunque a nascondere il vuoto che caratterizza queste donne.

Le protagoniste di questo romanzo sono tutte donne libere ed emancipate, sfacciate e volgari, che non hanno bisogno di nessuno al loro fianco; eppure, pur condividendo i motivi delle lotte femministe, credo che la rappresentazione fatta dall’autrice sia eccessiva nei modi e nei toni.

Non accusatemi di maschilismo o misoginia perché ho sempre pensato alla donna come pari dell’uomo in ogni aspetto della vita ma quelle rappresentate dalla Pivetti non sono donne, sono degli uomini con la vagina.V

Voglio sperare che le donne siano ancora quegli esseri intelligenti, abili, amorevoli e pieni di tenerezze che sono sempre state. Se così non fosse, se queste donne raccontante dalla Pivetti fossero lo spaccato della nostra società, allora tutti avremmo perso qualcosa di veramente prezioso.

La libreria degli amori inattesi

La libreria degli amori inattesi di Lucy Dillon edito da Garzanti prima edizione 2014.

Prima di iniziare con la recensione di questo nuovo libro è necessario che io mi scusi con i lettori di questo piccolo blog perché da molti mesi non pubblico più alcuno scritto. Pur sapendo che non è una scusa valida il fatto di essere stato impegnato nella preparazione degli esami universitari, non meno spero che il vostro buon cuore voglia perdonare la mia assenza.

Ora, espletate le formalità, rituffiamoci nella nostra consueta abitudine.

Michelle è una donna dura; dura perché ha molto sofferto, perché molti l’hanno tradita, molti l’hanno sfruttata per i propri interessi, molti hanno provato ad annullare i suoi sogni.

Giunge in un paesino e decide di rilevare la piccola libreria per poter tirare avanti. Non ha idea di quello che la aspetta, ma è certa che non darà a nessuno l’opportunità di entrare nella sua vita.

Uno dei suoi primi clienti è Anna; una donna probabilmente più “arruffata” di lei e tra le due scoppia deflagrante l’amicizia. Michelle è impegnata nella sistemazione dei locali della libreria e dei tanti libri lasciati dal proprietario precedente nel retrobottega, quando tra i libri compare un simpatico musetto. E’ Tavish il cane appartenuto al vecchio proprietario e che non ha mai abbandonato i locali. E’ diffidente ma la fame lo fa avvicinare. Il cane ha bisogno di una casa e di qualcuno che gli voglia bene, ed il cuore di Michelle pensa che forse lui… ma no… non deve lasciare fronti scoperti.

Però Tavish è in cerca di un nuovo padrone e non ha dubbi; lui vuole Michelle. Tavish sente che lei necessita del suo affetto; proprio lei che, dopo il fallimento del suo matrimonio ha sprangato il cuore dietro al filo spinato del disinteresse.

Con il passare del tempo e con l’affetto incondizionato del cane e dell’amica, Michelle inizia a lasciarsi andare e proprio quando inizia a credere che forse le cose andranno meglio di come le sono sempre andate, ecco che il suo passato torna a bussare alla sua porta nei panni dell’ex marito.

Michelle si ritrova nuovamente nelle pastoie della sua vita precedent, con un uomo che non può sopportare il suo successo e che cerca in tutti i modi possibili di screditarla; si rivolge allora alla propria famiglia sperando di trovarvi il supporto necessario a combattere; dovrà ricredersi dolorosamente…

Come da mia abitudine tralascio la fine della storia, sperando di avervi incuriosito in modo che leggiate questo bel romanzo.

Ovvio che non stiamo parlando di un capolavoro della letteratura mondiale ma è un buon romanzo da tenere sul comodino e da cui farsi accarezzare il cuore prima di abbandonarsi al meritato riposo.

La prosa della Dillon è scorrevole, i personaggi sono indubbiamente ben caratterizzati e presentati nella luce che meglio permette di figurarseli e di amarli o odiarli a seconda dei casi.

Io mi sono limitato nella presentazione dei personaggi primcipali e della trama ma la lettura di questo romanzo presenta molti altri interpreti oltre a quelli citati così come altre saranno le avventure, liete e tristi, che coinvolgeranno la protagonista e il piccolo Tavish

Ribadisco un concetto espresso precedentemente; non aspettatevi una rivelazione dietro ogni pagina, non aspettatevi azioni rocambolesche o cambi di scenario straordinari, però è un buon libro. Un buon amico per le sere fredde dove è importante staccare il cervello e, con la dolcezza di alcune di queste pagine, magari farete sogni più belli.

Di questa autrice ho già recensito un altro libro che si intitolava “il rifugio dei cuori solitari”; ammeto che questo secondo romanzo è migliore del precedente; forse perché vengono maggiormente esaminate le motivazioni psicologiche dei personaggi.

Libro consigliato per alleggerirvi il cuore.

Lionel Asbo – Lo stato dell’Inghilterra

Lionel Asbo di Martin Amis edito da Einaudi, prima edizione 2013.

No, no, no… non ci siamo proprio. Questo libro proprio non l’ho gradito. Sia chiaro non dico che la lettura mi abbia disgustato o roba simile ma alla fine della lettura non ho trovato alcun motivo per consigliarlo o rileggerlo.

Bisogna dire che sul sito di Repubblica il titolo della recensione è molto azzeccato: “Frivola, trash e volgare: questa è l’Inghilterra oggi” ma andiamo per ordine. Partiamo dalla sinossi.

Il protagonista si chiama Lionel Asbo; in realtà non è vero perchè Asbo è il suo soprannome e deriva dall’ “Anti Social Behaviour Order” la legge voluta da Tony Blaire a fine anni 90 per combattere i comportamenti anti-sociali.

Dopo qualche esperienza in carcere per atteggiamenti violenti, droga, furto e via di seguito Lionel torna alla sua vecchia vita.

Oh sia chiaro… Lionel non è cattivo, ma è un campione di immoralità e sfrontatezza. La prova della sua bontà è il fatto che quando la propria sorella muore, Lionel ne adotta il figlio, Desmond immediatamente ribattezzato Des. Il ragazzo però è una continua delusione per lo “zietto” infatti ama lo studio e la lettura e sogna una vita normale con un lavoro ben pagato e una famiglia regolare.

Lo zio prova a fare di lui un bravo ragazzo propinandogli dei “buoni” consigli: “Perchè non te ne vai in giro a sfasciare qualche vetrina… oppure vattene a casa e guardati un porno come si deve”!

In tutto questo, all’improvviso, lo zio vince alla lotteria e diventa schifosamente ricco.

Ecco se fino a questo momento il libro aveva un suo perverso significato, d’ora in avanti si trascina stancamente fino ad un finale che non risolve le domande e che lascia con la delusione negli occhi.

Amis è un bravo scrittore non lo nego, ma probabilmente il tema non lo esaltava come avrebbe dovuto perchè il tono del libro è poco “sentito”; il personaggio di Asbo è sicuramente ben raccontato, ma è facile scrivere di un “cattivo”, ma tutte le altre figure sono poco disegnate e, soprattutto, mancano di quella forza e di quella profondità che trasformano un personaggio letterario in un grande amico.

L’immagine dell’Inghilterra che esce da questo romanzo è spaventosa. Sembra quasi che girato l’angolo che porta fuori dal centro delle principali città inglesi, ci si imbatta in sordide periferie trapuntate da casupole fatiscenti abitate da uomini squallidi perennemente alla ricerca di un’occasione per fregare il prossimo.

Insomma un libro che sono stato felice di finire e che non consiglio assolutamente di leggere. Una perdita di tempo.

Io e Marley

Io e Marley di John Grogan edito da Sperling & Kupfer. Prima edizione 2006.

Libro che sicuramente amerete se, come me, amate gli animali e i cani in particolare; racconta il rapporto tra l’autore (famoso giornalista americano) e il suo cane Marley appunto. Libro da cui è stato tratto un film molto bello, con Owen Wilson e Jennifer Aniston.

Quando mi accingevo a leggere questa opera l’ho detto ad un amico che mi ha risposto: “ma allora vuoi proprio piangere”. Ebbene, in questo romanzo a volte si piange, ma ci si fanno anche delle grasse risate seguendo le avventure di Grogan e della sua famiglia alle prese con quello splendido Labrador che verrà battezzato col nome altisonante di Marley (non immaginerete mai perchè!).

John e Jennifer sono una coppia di sposini che hanno già avuto esperienze meravigliose con i cani della loro infanzia e che decidono di prendere Marley con lo scopo (nemmeno tanto recondito) di mettere alla prova l’istinto materno di lei.

Forse l’ignoranza riguardo ai Labrador, forse la miopia della motivazione, forse la dabbenaggine causata dall’amore in cui la coppia è immersa, fanno si che siano totalmente impreparati a gestire prima il cucciolo e poi il cane adulto che, proprio come un terremoto, spacca, rompe, mangia, sbava, distrugge, fa volare i tavolini dei ristoranti e soprattutto ha una paura incontrollabile dei temporali.

Seguirete John e Marley nelle loro scorribande per le passeggiate del cane e vedrete nascere tra i due un rapporto di mutua dipendenza in cui a volte è il cane a prevalere e il padrone a soccombere.

Vi sganascerete durante il primo tentativo di educazione di Marley o durante l’unica e sola passeggiata a “dog beach”; lo amerete incondizionatamente quando si troverà a dover dimostrare la sua fedeltà e il suo essere un cane sensibile e protettivo.

Nel divenire degli eventi i due protagonisti umani avranno dei figli ed è straordinario come un cane (potenzialmente distruttivo) sia dolcissimo e assolutamente innocuo con i bambini.

Dalle pagine del romanzo esce l’immagine di un cane che mantiene sempre vivo il suo lato di cucciolo; di come gli piaccia sempre giocare con il suo padrone, di come esploda la sua felicità al rientro dei padroni e di come invece, quando fa una marachella o distrugge qualcosa, sappia riconoscere la propria colpa.

Il tempo passa e i bambini crescono, ma anche il tempo del cane passa e presto (troppo presto) John si accorge che il suo cagnone è un anziano a cui comincia ad imbiancare il pelo sulla testa; nonostante l’anzianità Marley però non cambia mai. Continua ad essere quello splendido compagno di vita per tutta la famiglia Grogan.

I rapporti diventano profondissimi, indistruttibili e proprio quando la dipendenza reciproca si fa più evidente, ecco che inizia la lenta ed inarrestabile decadenza canina.

Iniziano i problemi alle anche; il cane che faceva le scale alla velocità di una pallottola ora arranca lentamente; si incominciano a vedere i risultati di anni di rosicchiamenti ed ingestione di cappucci di penne, soldatini di plastica, pezzi di moquette e di tutto quello che non fosse al di fuori della sua portata.

E’ in questo momento che John e Jennifer capiscono che, l’amore per quel cucciolone è tale da non permettere loro di vederlo soffrire e che al prossimo caso di “torsione” dello stomaco semplicemente lo faranno “addormentare” dignitosamente. (Dignità che in Italia è concessa agli animali ma preclusa agli umani!).

Sono certo che l’unico modo di concludere questo pezzo sia usando le parole con cui lo stesso autore ha chiuso il suo libro: “A un cane non importa se sei ricco o povero, istruito o analfabeta, intelligente o stupido. Dagli il tuo cuore e lui ti darà il suo… Nonostante tutte le delusioni e le aspettative disattese, Marley ci aveva fatto un dono, spontaneo e inestimabile. Ci aveva insegnato l’arte dell’amore incondizionato. Come darlo, come accettarlo. Dove c’è questo amore, gli altri pezzi vanno quasi sempre a posto…”.

P.S: Di quante persone si può dire lo stesso?

Libro molto consigliato.

 

Ho smesso di piangere

Ho smesso di piangere di Veronica Pivetti edito da Mondadori. Prima edizione 2012.

E’ un gran bel libro che tratta di un argomento difficile quale è la depressione, e della difficoltà dei malati di far credere ai “sani” la propria condizione. Veronica racconta con sincerità, e quella ironia tipica del personaggio la sua odissea, il suo viaggio di rinascita.

Scopo nemmeno troppo velato di questo scritto è sicuramente quello di dare testimonianza della grave malattia che affligge più persone di quelle che potremmo immaginare, ma anche quello di cercare di infondere una speranza a tutti coloro che sono malati.

Indubbiamente si tratta di un libro verità che racconta una sofferenza durata anni e lascia il lettore basito su quanto sia stato bravo il personaggio pubblico Pivetti, per tutto il tempo della sua malattia, a recitare ruoli brillanti mentre “moriva” dentro, mentre tutto quello che anelava nel cuore era semplicemente morire.

La causa scatenante della depressione di Veronica è stato un problema tiroideo, ma non è poi così importante quale sia stato il motivo (che per ogni malato può essere diverso). Il punto è che la malattia è latente nell’animo e poi all’improvviso, come un interruttore pronto a scattare, si attiva con rabbia. C’è come qualcosa che si rompe dentro, che si alza ed inizia la sua opera distruttiva e che, per le persone famose, di successo e ricche è ancora più difficile da far credere specie, se come nel caso di Veronica Pivetti, sono dedite all’ironia.

Seguire la nostra “eroina” tra medici che non hanno la capacità di ascoltare, buone amiche (per fortuna che esistono) che si assumono il ruolo di “cani guida per ciechi” e fans ignari (che vorrebbero la corrispondenza perfetta tra personaggio e attore), significa vederla compiere il suo calvario che la porta a riacquistare il suo equilibrio senza perdere la verve e a conoscersi molto più in profondità.

Il tutto ovviamente raccontato con quello spirito goliardico che personalmente associo a Veronica Pivetti e a quella ironia che trasuda dalla sua pelle. Durante la lettura del libro me la vedevo girare per Milano (o Roma a seconda dei casi) per recarsi dai vari specialisti o per andare dalla propria casa a quella dell’amica che l’ha sostenuta (certe volte non solo psicologicamente) con quella sua adorabile aria stralunata e trasognata che tanto amo in lei.

Ho trovato molto triste e al contempo molto vero (e sono contento che l’abbia scritto) il racconto del rapporto interrotto con il suo cane; Veronica ha capito che, nel momento più buio della depressione, non c’era spazio per nessun altro al di fuori di sé stessa. Che tutte le sue energie dovevano essere focalizzate nel tentativo di superare quel grave handicap che le era caduto addosso. Ripeto, è molto triste ammettere di aver abbandonato il proprio cane, ma al contempo era l’unica cosa che poteva fare. A parziale scusante diciamo che il cane non è stato abbandonato, ma soltanto “parcheggiato” per qualche tempo a casa dell’amica.

C’è una frase che mi piace molto e che con la quale voglio chiudere questo breve racconto, dice: “Una volta ero perfettamente funzionante, ero nuova di trinca. E credevo che fosse quella la verità. Ora sono un po’ rattoppata, ho un’anima patchwork, e una psiche in divenire. Ed è questa la verità. Ma va bene così, perchè la vita si fa con quello che c’è…”

Ultima notazione veloce. Non pensate che sia un libro triste e noioso; ci si diverte un sacco in questo libro, non fosse altro che per il ritrovato spirito dell’autrice. Ci si ritrova a sorridere delle sue sventure perchè tutto viene affrontato seriamente ma sempre con quella leggerezza d’animo e quel sorriso un po’ sghembo che è tipico di Veronica Pivetti. Sembra sempre che stia per dirne una delle sue o per fare una delle sue “figure”.

Libro consigliato a tutti quelli che vogliono capire di più di questa malattia del nostro tempo, e anche a tutti quelli che vogliono vedere il personaggio pubblico svestire i panni di comico e conoscere il vero cuore della donna Veronica Pivetti.

Il rifugio dei cuori solitari

Il rifugio dei cuori solitari di Lucy Dillon edito da Garzanti – prima edizione 2011.

“Agli inizi di febbraio, Rachel Fielding vantava una carriera di un certo prestigio come PR per società operanti su Internet, un compagno che le comprava regolarmente dei fiori e si vestiva meglio di lei, una donna delle pulizie ed un’età cutanea di tre anni inferiore a quella anagrafica, ossia trentanove. Meno di due settimane dopo, tuttavia, con un’unica semplice mossa era riuscita a perdere l’amore della sua vita, l’appartamento di Chiswick e il lavoro.”.

Così inizia il libro della Dillon di cui vorrei parlarvi oggi. Rachel è una quasi quarantenne che si ritrova a dover fare un bilancio della sua vita e scopre di non aver ottenuto poi molto dalla propria esistenza.

Alla depressione dovuta alla fine del suo rapporto d’amore e a quello lavorativo si aggiunge la morte della zia Dot che la nomina, a sorpresa, esecutrice testamentaria.

Rachel si ritrova proprietaria della tenuta della zia composta dalla casa, il canile e il rifugio per cani abbandonati o randagi, ma prima di poter disporre di tutto ciò dovrà fare un accurato elenco di tutti i beni, chiedere l’omologazione del testamento e pagare una tassa di successione sicuramente molto elevata.

Inoltre compreso nell’eredità c’è Gem, un boarder collie con due occhi brillanti che sanno cosa stai pensando solo guardanti in faccia, e un mucchio di peli addosso, e che ha assistito alla morte della zia. Gem è il tipico esempio della stranezza di zia Dot. Solo lei puoi lasciare in eredità il suo cane ad una nipote che non ama i cani.

Rachel si trasferisce suo malgrado nella tenuta di Four Oaks per poter amministrare meglio la tenuta e così facendo entra in contatto con la realtà e la vita della zia; una vita basa fondamentalmente sui cani, ma anche sui tanti volontari che fanno funzionare il canile e sulle persone che sono interessate ad adottare un cagnolino oltre che agli abitanti del villaggio di Longhampton.

Passati i primi giorni di disagio e sempre con la certezza di non amare i cani, Rachel inizia a conoscere le persone che più assiduamente frequentano il centro ed ecco che noi veniamo a conoscenza dei problemi di Natalie e di Zoe.

Natalie è una giovane donna manager che cerca spasmodicamente di rimanere incinta senza riuscirci assillando la propria vita e quella del marito Johnny con grafici di temperatura basale e calcoli di periodi di fertilità. Zoe invece è una parrucchiera fresca di divorzio, madre di due figli, a cui l’ex marito sta facendo passare un periodo post-divorzio veramente infernale.

Un altro personaggio importante nella narrazione della Dillon è George; il rude veterinario che spesso compare a Four Oaks e che, fin dal primo istante, instaura con Rachel un rapporto astioso e nervoso.

La nostra protagonista capisce abbastanza presto di essere sotto esame nella nuova comunità e si impegna nel tentativo di far funzionare le cose nel canile in modo da poter chiedere rapidamente l’omologazione del testamento e di conseguenza poter tornare alla sua vita precedente.

Le storie di tutti questi personaggi, principali e secondari si snodano in un arco di tempo abbastanza breve e con anche qualche colpo di scena (abbastanza prevedibile comunque). Le persone si frequentano, le vite si ingarbugliano; alcune persone si avvicinano e faranno probabilmente un pezzo di strada assieme, e altre invece si allontanano definitivamente mentre Rachel è sempre più impegnata nel tentativo di dare una seconda occasione ai piccoli ospiti del canile

Il desiderio di ben figurare di fronte a tutti i suoi nuovi collaboratori e alla nuova comunità, il proprio orgoglio personale e le sue capacità manageriali conquisteranno le persone che già aiutavano la zia Dot, e sposteranno l’attenzione di Rachel dal fatto che, grazie a questo lascito, anche a lei la vita sta concedendo una seconda opportunità; quando se ne renderà conto sarà talmente impastoiata che sceglierà di… (bhe magari questo non ve lo dico).

Fin qui la sinossi del libro; ora viene la parte difficile. Il libro è quasi banale nella sua normalità, a volte genera qualche sbadiglio e, come già anticipato, anche i presunti colpi di scena sono abbastanza fiacchi. I personaggi non sono abbastanza definiti, soprattutto mancano le motivazioni psicologiche che spingono gli attori a determinati comportamenti. Forse solo il personaggio di Zoe è effettivamente ritratto a tutto tondo.

Per tutte le cose che ho appena esposto direi che questo è un libro “quasi sufficiente” come si diceva ai tempi della scuola. Ma sicuramente c’è qualcosa di assolutamente vero in questo libro e che mi sento di dover ribadire con forza. C’è un messaggio chiaro in questo libro che faccio mio ed è il seguente “i cani non sono giocattoli! E, soprattutto quando sono cuccioli, non vanno regalati a cuor leggero. I cani (ma stesso discorso vale per gatti, pappagalli e tutti gli animali domestici) sono esseri viventi che hanno tanto amore da darci ma che richiedono un impegno non indifferente. Se non siete pronti ad assumervi questo compito, allora regalate e regalatevi un peluche”.