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Fragile

Fragile Marco van Basten con la collaborazione di Edwin Schoon – Mondadori Editore – prima edizione 2020.

Essendo la biografia di un calciatore ci si aspetterebbe che ci fossero soltanto ricordi di calcio ma questo libro è un qualcosa di diverso. Il campione Marco van Basten è stato costretto a dire addio al calcio prima del tempo perché le sue caviglie (specialmente la destra) non lo hanno mai lasciato in pace.

Ecco spiegato il titolo che fa riferimento proprio alla fragilità delle caviglie del grande campione. Sei interventi chirurgici non sono riusciti a risolvere il problema; eppure non c’è solo questa fragilità. Nel corso della lettura scopriremo la vita del Cigno di Utrecht. La sua carriera calcistica termina il 18 agosto 1995 e lui racconta così quella sera. «Le lacrime premono per sgorgare, ma resto impassibile. Smetto di correre e di battere le mani, il giro è finito. Qualcosa è cambiato, qualcosa di fondamentale. Il calcio è la mia vita. Ho perso la mia vita».

Con uno stile narrativo semplice e una sincerità che a volta sorprende scopriamo che il campione aveva parecchi travagli interiori. L’aver visto morire il suo amico nel ghiaccio all’età di 7 anni o il notare lo scricchiolare del rapporto dei propri genitori a cui fa seguito la malattia della mamma e il rapporto con il padre che non è certo ideale; l’uomo é più interessato al calcio che a dare affetto a Marco e ai suoi fratelli.

Vedremo van Basten interagire con Sacchi, Boban, Seedorf e con l’amico Johan Cruiff. Lo sentiremo parlare delle sue ansie da prestazione soprattutto quando passerà dal calcio giocato alla panchina.

In questo libro si trovano tanti aneddoti, il calcio sicuramente ma anche le ansie di un uomo fragile non solo nelle caviglie. Ci racconterà emozioni, consapevolezze, epifanie e anche la maledetta caviglia che lo ha tormentato per tutta la sua carriera.

Credo che leggere questa autobiografia ci aiuti a mettere in luce alcuni punti oscuri del personaggio Marco van Basten ma soprattutto dell’uomo.

Mi ha colpito il fatto che, quando la caviglia gli faceva troppo male per poter camminare doveva andare in bagno spostandosi a carponi.

E’ un libro crudo a volte doloroso per chi lo legge, perché non ci risparmia nulla del suo dolore fisico e psicologico.

Quando guardiamo alla vita degli altri ci sembra sempre tutto facile, soprattutto quando ci rapportiamo con questi dei del pallone ed invece, dal libro, esce una figura piegata dalla vita, un uomo infelice. Nel caso degli atleti li consideriamo come pezzi di una “macchina” che deve sempre avere prestazioni altissime, invece in questo libro si mette meno in luce il calciatore per focalizzare la nostra attenzione sull’uomo e le sue sofferenze.

Una delle frasi più belle che mi sono appuntato è quella che dice «Se non sai cosa vuol dire essere infelice, non sai nemmeno cosa vuol dire essere felice». E dunque, non tutto ciò che è “fragile” è male.

Libro consigliato

Baci da Polignano

Baci da PolignanoLuca Bianchini, edito da Mondadori, prima edizione 2020.

Dopo sette anni dall’ultima volta, Luca Bianchini torna a Polignano e riprende a raccontarci la storia della famiglia Scagliusi, di Ninella con la sua tribù e della accogliente comunità polignanese che non si fa mai i fatti propri.

Le emozioni e i sentimenti non possono essere i medesimi di sette anni fa, ma queste nuove sensazioni sono altrettanto piacevoli e positive.

Durante il tempo non raccontato sono successe un sacco di cose. Ninella ha una tenera conoscenza con un architetto di Milano molto più giovane di lei, Chiara e Damiano hanno avuto una bambina pestifera che li comanda a bacchetta, sostenuta dalla nonna Scagliusi che la vizia comprandole tutto quello che la bambina possa desiderare.

Infine, quando don Mimì ha scoperto che donna Matilde, la moglie, lo cornifica con Pasqualino il tuttofare di casa, ha raccolto il proprio orgoglio e, con pochi stracci in una valigia, se ne è andato a vivere fuori dal suo palazzo che tutti in paese chiamano “il Petruzzelli”.

Proprio la stessa Matilde che ha lottato per tutta la vita con l’ombra di Ninella dietro le spalle, alla prima occasione ha buttato il marito fuori dalla porta come se fosse uno straccio vecchio per tirarsi in casa un rozzo tuttofare. Ma lo sappiamo tutti che l’amore è cieco!

In questo romanzo Bianchini finalmente può far si che la storia si concentri su quei due “ragazzi” ormai agée che sono Ninella e don Mimì che finalmente potrebbero amarsi apertamente ed alla luce del sole ma, come sempre nella vita, c’è qualcosa o qualcuno che si mette di traverso.

Don Mimì ritorna dunque da Ninella solo per trovarla impegnata in una relazione a distanza con una specie di toy-boy milanese. Viene quindi coinvolto da un amico in una serie di viaggi nelle città europee alla ricerca di situazioni piccanti e particolari che però poco divertono il nostro Mimì e lo lasciano parecchio deluso.

Lui è uno più da cose semplici inoltre ha passato tutta la sua vita ad occuparsi della coltivazione e vendita delle patate e proprio non ci riesce a diventare un viveur ed un tombeur de femme.

E così tra fare la spesa al supermercato o tuffarsi dalla scogliera in ricordo della spensieratezza di quando si era giovani, vediamo i due protagonisti di questo ennesimo racconto sbagliare, perdersi e rendersi conto dell’importanza di una persona solo quando si ha paura di perderla per sempre. E’ in questo momento che bisogna avere il coraggio di tornare indietro.

Lo faranno i due protagonisti oppure lasceranno che le loro vite li portino nuovamente alla deriva l’uno distante dall’altro ma, indissolubilmente legali l’uno all’altro?

Non c’è bisogno che vi parli dei personaggi perché l’arte affabulatoria di Bianchini è caratterizzata sempre dalla grande attenzione a non caricare eccessivamente le descrizioni dei personaggi o del contesto narrativo. Li abbiamo conosciuti due libri fa e oggi siamo ancora qua, seduti a tavola a festeggiare con loro.

Questo romanzo è la chiusura perfetta della storia anche perché si inizia a notare una certa stanchezza nel racconto; si intuisce la mancanza di quella freschezza che abbiamo respirato negli altri romanzi su Polignano.

E’ stato bello ritrovare tutta la banda e fare con loro un ultimo giro di valzer (anche se essendo in Puglia è più facile che fosse una taranta!), assaporare insieme dolci ricordi ma nel corso della lettura di questo romanzo, ci siamo tutti resi conto che siamo ai titoli di coda.

Come in quelle sere d’estate quando il vento increspa la pelle facendoci capire che tra poco tornerà il freddo, ci stringiamo ancora di più intorno al falò immaginato dal buon Luca Bianchini e solleviamo insieme i calici in un ultimo brindisi prima che la vita ci disperda come granelli di sabbia.

Libro consigliato.

Mai all’altezza / Per sole donne

Mai all’altezza e Per sole donneVeronica Pivetti, editi da Mondadori, prima edizione 2017 – 2019.

Cari amici ormai la mia follia non conosce più confini, così nell’intimità del mio lettino ho pensato bene di inventare le recensioni-gemelle. L’ho fatto perché volevo mettere in risalto come due romanzi, scritti dalla stessa mano, possano essere tanto distanti tra loro eppure, avere al proprio interno tante assonanze e similitudini.

L’autrice scrive Mai all’altezza dopo aver passato l’esperienza di un incendio devastante in casa, che le ha praticamente distrutto tutto. I pochi oggetti che si sono salvati dalle fiamme prima e dall’acqua poi, scatenano irresistibili ricordi che stimolano vieppiù il dolore.

Incontreremo Veronica bambina settenne con già il 36 di scarpe, la vedremo svettare lunga e secca sulle teste di tutti i suoi compagni di classe, come un fungo svetta sulle foglie. L’accompagneremo in quel periodo di inadeguatezza che è, di per sé stessa, l’adolescenza circondata da amiche cattive e da personaggi bizzarri.

La vedremo rapportarsi con una sorella ingombrante, adattiva e sempre più aggraziata di lei, più proporzionata, più peperina, più sgamata nella vita. Veronica spesso si sente come il brutto anatroccolo con una vita costellata di piccoli traumi

Eppure, proprio nel momento in cui si potrebbe percorrere la strada verso il baratro eccola estrarre la sua arma segreta. L’ironia e con quella combattere e vincere tutte le proprie negatività e sfighe.

Anche il rogo di casa cambia di significato. Da disgrazia devastante diventa una nuova e grande opportunità; quella di ricominciare da capo a vivere raccontandosi, e raccontandoci, una storia che insegna a sopravvivere ogni giorno, nonostante i gufi siano sempre pronti a gufare.

I personaggi sono tutti raccontati quel tanto che basta perché siano immaginabili. La storia è scorrevole e intrigante da tenere incollati alla pagina. Certo, non siamo di fronte ad un romanzo di formazione, magari ottocentesco, eppure questo libro, tra i sorrisi e le risate cristalline, insegna qualcosa, fosse anche solo ad affrontare la vita con ironia e con un sorriso.

Per sole donne ha un incipit fulminante ma non voglio togliervi la sorpresa.

Per questo terzo libro la Pivetti abbandona il romanzo autobiografico, che tanti successi le hanno portato, per buttarsi sul romanzo pseudo erotico. Perché pseudo? Perché il sesso è il cavallo di Troia con cui l’autrice ci induce ad ascoltare le chiacchiere di cinque amiche che si ritrovano in un ristorante cinese.

Se, durante la lettura, vi parrà di aver già visto un qualcosa di simile, sappiate che avete ragione perché queste amiche ricordano moltissimo le protagoniste di “Sex and the city” con la differenza che le americane si sfondavano di cocktail mentre le più ruspanti italiane si abboffano di cibo cinese.

Queste donne sono accomunate da due cose. Tutte stanno attraversando la crisi dei cinquant’anni, e tutte hanno in piedi una relazione che si regge sullo sputo. Sono molto diverse tra loro. Variano dall’antiquaria con marito più giovane che la tradisce, e madre saggia ma già sulla via dell’arteriosclerosi, alla cinquantenne single incallita però libertina e spregiudicata; dalla zitella un po’ snob e inflessibile alla lesbica seduttrice senza pudore né peli sulla lingua, per finire con la donna sciatta intrappolata in un matrimonio squallido e senza più amore.

Le ascolteremo raccontarsi le loro piccanti avventure come adolescenti alla prima cotta e ci domanderemo come abbiano fatto delle donne intelligenti, acculturate e eleganti a lasciarsi cadere così in basso, perché nonostante ci sia molta ironia, queste signore si abbandonano a commenti da bar di quart’ordine. L’ironia gettata a piene mani non riesce comunque a nascondere il vuoto che caratterizza queste donne.

Le protagoniste di questo romanzo sono tutte donne libere ed emancipate, sfacciate e volgari, che non hanno bisogno di nessuno al loro fianco; eppure, pur condividendo i motivi delle lotte femministe, credo che la rappresentazione fatta dall’autrice sia eccessiva nei modi e nei toni.

Non accusatemi di maschilismo o misoginia perché ho sempre pensato alla donna come pari dell’uomo in ogni aspetto della vita ma quelle rappresentate dalla Pivetti non sono donne, sono degli uomini con la vagina.V

Voglio sperare che le donne siano ancora quegli esseri intelligenti, abili, amorevoli e pieni di tenerezze che sono sempre state. Se così non fosse, se queste donne raccontante dalla Pivetti fossero lo spaccato della nostra società, allora tutti avremmo perso qualcosa di veramente prezioso.