Libri

Il sorriso di Angelica

“Il sorriso di Angelica” di Andrea Camilleri edito da Sellerio – prima edizione 2010.

…l’ennesima avventura di Montalbano; l’ennesima vittoria di Camilleri.

Ho perso il conto di quanti libri di Camilleri con protagonista Montalbano ho letto; probabilmente tutti! eppure anche in questo libro non c’è traccia di stanchezza nè in chi li scrive (probabilmente Camilleri si è triturato i “cabbasisi” di Montalbano) nè in chi li legge (proprio come me).

L’istinto “sbirresco” di Montalbano si attiva quando iniziano ad accadere una serie di furti molto strani. Tutti i furti hanno due momenti ben distinti; Quando i proprietari sono nella casa di vacanza vengono addormentati con lo spray e vengono rubate solo le chiavi della casa di città che viene poi rapinata in un secondo momento ma sempre nel corso della stessa notte. Solo questi secondi furti fruttano un bel bottino; infatti i rapinati sono proprietari di beni di grande valore.

Montalbano sente puzza di bruciato in questi furti e nel corso della sua indagine entra in contatto (!) con la bella Angelica che lo riporta ai tempi delle cotte adolescenziali e la cui bellezza fa sì che Montalbano usi, nei suoi pensieri (neanche troppo puliti), i versi de “L’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto e della poesia “Adolescente” di Vincenzo Cardarelli. Inoltre Montalbano viene sfidato dal capo della banda che gli preannuncia l’ultimo furto aggiungendo che non sarà mai capace di comprendere il perchè di quel furto nè dove avverrà.

L’indagine prosegue e sembra non approdare a nulla anche perchè Montalbano decide di nascondere il segreto che gli rivela Angelica e invece piano piano i pezzi del puzzle vanno al loro posto e, l’istinto di Montalbano approda felicemente alla riva della soluzione.

Il bello di questa nuova avventura (come di tutte le precedenti) si trova non tanto nella trama quanto nella familiarità dei personaggi (la perspicacia di Montalbano, la logica stringente di Fazio, l’amicizia coadiuvante di Augello oltre allo straodinariamente macchiettistico Catarella, e di tutti gli altri); nella capacità di Camilleri di raccontarci la sua meravigliosa terra, nel farci sentire i profumi e i sapori della sua Sicilia ma soprattutto nella musicalità meravigliosa di un dialetto difficilissimo eppure così comprensibile una volta lette solo poche pagine.

Consigliatissimo!

 

I terribili segreti di Maxwell Sim

I terribili segreti di Maxwell Sim” di Jonathan Coe edito da Feltrinelli  – prima edizione 2010.

Adoro Coe, ma gli ultimi libri mi avevano un pò deluso… invece questa nuova fatica è veramente straordinaria. E’ un libro che prende perchè in ogni pagina c’è una nuova sorpresa… bhe andiamo con ordine.

Maxwell Sim è un uomo di 48 anni che vede la sua vita messa a soqquadro dal recente divorzio dalla moglie e dalla partenza di lei e della loro figlia per un’altra città.

Questo evento fa si che Maxwell si infili in un tunnel buio e freddo chiamato depressione che lo porta a chiedere una sospensione dal lavoro nel grande centro commerciale e a rimettere in gioco tutta la sua vita.

Mentre si trova a Sidney per fare visita al padre, con il quale non ha mai avuto un rapporto vero e sincero, si reca in un ristorante sul molo e vede una donna cinese che gioca a carte con la figlia e invidia il loro rapporto sincero e amorevole; questa visione spinge Maxwell ad analizzare la sua vita alla ricerca del momento in cui ha cominciato a deragliare.

Tornato in Inghilterra accetta il posto di lavoro di commesso viaggiatore di una nuova società che produce spazzolini da denti ecocompatibili; si mette in macchina con mente aperta e le migliori intenzioni e durante la sua prima missione inizia a rimuginare sui suoi ricordi di infanzia che, sistemandosi come i pezzi di un puzzle, gli permetteranno di vedere l’immagine della sua vita.

Ben presto si accorge che il viaggio prende una direzione più seria che lo porta nei luoghi più remoti delle isole britanniche ma, soprattutto nei più profondi e bui recessi del suo passato.

Nel corso del suo viaggio incontrerà “vecchie” un pò suonate che se la prendono con le multinazionali, amiche con cui avrebbe potuto avere relazioni d’amore, donne cinesi straordinariamente attraenti e anche un nuovo equilibrio per la sua psiche.

Soprattutto scoprirà che la sua vita è sempre stata piena di tanti segreti e che tutte le persone della sua vita gli hanno raccontato una strana storia che solo ora, scoprendo tutti i segreti degli altri e anche i suoi, inizia finalmente ad avere un senso.

Si potrebbe quasi dire che questo libro di Coe sia un viaggio metaforico alla ricerca del proprio io più profondo, fatto da un uomo qualunque che scopre di non essere poi così uguale agli altri.

 

Il libro delle anime

Il libro delle anime di Glenn Cooper edito da EditriceNord, prima edizione 2010.

Questo è un libro che parla di un libro; il libro a cui ci si riferisce è stato scritto nel 1297 da innumerevoli scrivani coi capelli rossi e gli occhi verdi forse toccati dalla grazia divina, forse dal tocco del diavolo. E’ un libro strano perchè non è né un saggio, né un romanzo. In realtà il libro fa parte di una biblioteca molto più grande formata da un’infinità di volumi in cui sono contenuti il nome e la data di nascita e di morte di tutti gli uomini vissuti dall’VIII secolo in poi.

Questa biblioteca è stata ritrovata ed è ora segretamente ospitata nella famigerata Area 51 ma un volume è stato trafugato e rispunta fuori ad un’asta scatenando immediatamente una battaglia tra lo sconosciuto ma molto agguerrito Club 2027 e il capo della sicurezza dell’Area 51.  Quando il libro viene assegnato al Club 2027 la CIA, il Pentagono e l’FBI si mettono in moto per recuperare quel testo, perchè questa falla nella sicurezza dell’Area 51 mette a repentaglio l’operazione Helping Hand che deve partire entro pochissimi giorni.

Ovviamente non vi racconto come va a finire; però diciamo che se l’idea del libro è sicuramente interessante lo svolgimento della trama è abbastanza banale e anche i supposti colpi di scena si rivelano essere abbastanza inutili. Ammetto che non mi è particolarmente piaciuto, senza infamia e senza lode.

Glenn Cooper sa sicuramente come si scrive ma questo romanzo non ha spunti, nè idee, non è particolarmente interessante. Non voglio dire che sia noioso anzi la lettura è sicuramente scorrevole ma manca dei grandi colpi di scena o della suspance di Wilbur Smith.

Questo volume segue il precedente “La biblioteca dei morti” ma non è necessario aver letto il primo per poter poi leggere questo, anche se i riferimenti sono parecchi.

I promessi sposi

I promessi sposi di Alessandro Manzoni pubblicato in una infinità di edizioni sia scolastiche che generiche. Prima edizione 1827 e poi rivisto dall’autore e ripubblicato in versione definitiva tra il 1840 e il 1841.

E’ un romanzo storico ambientato in Lombardia tra il 1628 e il 1630 i cui protagonisti “principali” sono un tal giovanotto appellato Renzo Tramaglino e una giovine timorata di Dio chiamata Lucia Mondella che sono promessi sposi appunto ma che, per una serie di vicissitudini, convoleranno a nozze solo con quasi 3 anni di ritardo. Nella prima versione il nome del protagonista maschile è però Fermo.

Ne avevo letto alcuni passaggi nei tempi andati delle scuole superiori e non mi era particolarmente piaciuto (anche perchè le cose imposte non sono mai gradite) ed ero timoroso di riprenderne la lettura perchè mi ricordavo le fatiche per concentrare la mia attenzione sul modo di scrivere e sulla storia che ne veniva raccontata; invece devo ammettere che, tranne alcuni passaggi dove il Manzoni si sofferma a raccontare delle “grida”, della condizione di Milano durante la peste, del comportamento delle varie signorie, non è stata una lettura ne noiosa ne difficoltosa.

Non starò qua a tediarvi con una storia che è arcinota ma concentrerò la mia attenzione su alcuni personaggi e sulle emozioni e sensazioni che ho avuto nel corso di questa lettura.

Renzo Tramaglino: che dire del povero Renzo? E’ lavoratore della seta e contadino, che si trova impelagato in una condizione assolutamente lontana dal suo immaginario per colpa di un signorotto spavaldo e smargiasso; Cerca di opporvisi per quanto è in suo potere ma una volta compreso che l’impresa è troppo ardua si china, come fa il grano quando il vento lo attraversa, alle volontà superiori alla sua aspettando che passi la bufera.

Lucia Mondella: è la classica brava ragazza dell’epoca tutta casa e chiesa che si trova insidiata dal desiderio di concupiscenza del signorotto che vorrebbe togliersi con lei la voglia. Si abbandona passivamente alla preghiera e alla sua fede nella Madonna; allucinante ai miei occhi di uomo moderno il suo incontro con l’Innominato dove l’unica cosa che riesce a fare è pregarlo, per “l’amor di Dio”, di desistere dal suo proposito. Tutta la sua narrazione è composta di occhi bassi, di testa china, di preghiera e di riserbo. Insomma una persona di una noia mortale.

Don Abbondio: il parroco del paese che si spaventa per ogni cosa. L’incontro con i bravi di don Rodrigo lo mette in un tale stato di agitazione che rimarrà presente per tutta la narrazione. Un uomo senza spina dorsale che si lascia guidare più dalla sua paura che dal suo mandato apostolico come giustamente gli ricorda il Cardinal Federigo quando lo riprende per il suo mancato matrimonio di Renzo e Lucia.

Cardinal Federigo: è l’Arcivescovo di Milano, nipote di San Carlo Borromeo e a sua volta in odore di santità a detta del popolo che lo ha conosciuto e amato soprattutto per le moltissime azioni caritatevoli fatte a favore dei più poveri; nel romanzo si trovano svariati aneddoti sulla sua carità cristiana e sul suo privarsi del superfluo per dare al popolo il necessario (situazione non consueta a quell’epoca).

Ci sono poi alcune considerazioni che vorrei trarre pur non avendo io alcun titolo per farlo. Innanzi tutto i personaggi sono tutti dannatamente buoni; Renzo, Lucia, Perpetua, Agnese, padre Cristoforo sono tutti di una bontà sconfortante. Nonostante sembra che la vita si accanisca contro di loro, dalle loro bocche non esce mai una parola di disperazione; la cosa che più si avvicina è la preghiera alla Madonna con relativo voto di castità che Lucia fa la notte che è prigioniera nel castello dell’Innominato.

L’innominato poi è un trionfo di bontà; dipinto prima come un brutto ceffo, abile nel far del male alla gente e nell’ottenere tutto quello che voglia con i mezzi meno leciti, rapisce Lucia e, quando questa lo prega di lasciarla libera, ha una conversione talmente repentina da lasciare esterreffatti. Concordo che il libro è dedicato alla bontà, alla mitezza ma soprattutto alla provvidenza divina, ma questa conversione immediata è veramente incredibile. Questa sua conversione ne fa quindi un personaggio melenso e stucchevole che però fa il gioco del Manzoni.

Questo libro è stato scritto con un intento ben preciso da Manzoni, quasi con una “missione”; quella di raccontare l’importanza della provvidenza divina; inoltre l’autore lo scrive nel periodo della sua vita in cui maggiormente era preso dalla fede cristiana e quindi si capisce chiaramente l’intento che l’autore ha messo nello scriverlo.

Non mi è spiaciuto leggere questo romanzo storico e di formazione; non nego però che di fronte a certe scelte dell’autore, a certi escamotages utilizzati e a certa facilità di perdonare il male ricevuto, non mi sia venuto a volte da sorridere.

Concludo con la frase usata dal Manzoni per chiudere la sua opera: “… se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta[…]. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.”.

 

Trent’anni e una chiacchierata con papà

Trent’anni e una chiacchierata con papà” di Tiziano Ferro – edito da Kovalski – prima edizione 2010.

 

E’ l’autobiografia del cantate latinense in cui Tiziano si racconta a cuore aperto. Ci mette a conoscenza delle sue emozioni, dei suoi sogni, delle sue speranze ma soprattutto delle sue paure.

 

Il cantante ha quindici anni quando inizia a scrivere un diario in cui, come tutti gli adolescenti, apre il suo cuore.

 

E’ un diario normale, come quelli di migliaia di altri ragazzini come lui; anche se lui ha un grande sogno e una grande compagna: la musica.

 

Tiziano già a quell’età è un grande appassionato di musica; ne è affascinato, posseduto. Nella sua testa i “temi” musicali si accavallano e spingono per trovare una via di fuga.

 

Tiziano vuole lavorare nella musica ma non necessariamente fare il cantante, infatti le sue prime esperienze musicali le fa come “lavorante” in una radio di Latina.

 

Poi l’incontro con la fortuna gli fa realizzare la sua grande occasione di realizzare un suo disco ed il successo è immediato.

 

Ma tutto corre velocissimo e Tiziano si trova stritolato da un mondo più grande di lui e da persone che si interessano più al vile danaro che non alle qualità musicali del giovane.

 

Gli appuntamenti si susseguono infiniti e il giovane Tiziano non riesce nemmeno ad ascoltare i suoi pensieri; Inizia a svilupparsi nella sua anima una rabbia sorda legata alle mancanza degli amici e di quello spazio vitale che gli permetta di vivere la sua età con spensieratezza; ma anche un altro mostro inizia a far sentire il morso dei suoi denti.

 

La mancanza di un amore lo tormenta ma, non avendo ancora accettato la sua omosessualità pur riconoscendola, decide di mettere in disparte i sentimenti e l’amore.

 

Il tempo passa ed il successo aumenta per il giovane ma, con il successo aumentano le responsabilità e la maturità. Nello spirito di Tiziano la mancanza di amore comincia a diventare un peso insostenibile e lui cerca di tacitarla fuggendo prima in Messico, poi in Inghilterra ma a nulla vale il fuggire.

 

I tempi sono maturi perchè il “trentenne” Tiziano Ferro apra definitivamente il suo cuore con gli amici e la famiglia e poi con i fans, iniziando una nuova fase della sua carriera felice ed orgoglioso di quello che è ma soprattutto disponibile, finalmente, a soddisfare la sua sete d’amore.

 

Dalla lettura di questo libro esce un ritratto di Tiziano Ferro che non ci si aspetta; riflessivo, pignolo, maturo; un giovane come tanti che però deve combattere nel mondo dei grandi. Armato di una sensibilità non comune che lo porta a produrre le sue splendide canzoni ma che lo sottopone anche ad una grande sofferenza.

 

Straordinaria la motivazione del tatuaggio che si fa sul polso!

L’anno della morte di Ricardo Reis

 

 

 

 

L’anno della morte di Ricardo Reis di José Saramago edito da Einaudi – prima edizione 1984.

 

E’ la storia di Ricardo Reis che torna a Lisbona dopo 16 anni di vita in Brasile e trova un paese che fatica a riconoscere e nel quale fatica a riprendere il suo ruolo.

 

Tutto ha inizio nel capodanno del 1935 quando giunge a Lisbona il piroscafo proveniente da Rio de Janeiro sul quale è imbarcato Ricardo Reis, medico e poeta, autore di famose Odi oraziane.

 

Non ha un progetto, non è dato il motivo per il quale sia effettivamente tornato (anche se poi nel prosieguo della lettura si scopre che un motivo esiste) eppure eccolo qua a gironzolare per le strade e le piazze della zona turistica di Lisbona; non ha un posto dove dormire, non ha un lavoro, non ha portato nemmeno molto bagaglio. Sembra quasi un turista che debba fermarsi pochi giorni ed invece il suo soggiorno dura un anno.

 

Ricardo trova un albergo nelle vicinanze del porto e proprio in questo albergo prendono avvio le sue tribolazioni. Ha un po’ di danaro guadagnato in Brasile dove svolgeva la sua attività di medico e quindi decide che per qualche tempo non ha necessità di lavorare.

 

Tra le prime cose che il nostro protagonista fa (e forse è il vero scopo del viaggio) è andare al cimitero a trovare la salma di Ferdinando Pessoa da poco tumulata. Ricordo che Ricardo Reis è un personaggio nato dalla fantasia di Pessoa e quindi ha senso che Saramago, dopo averlo rivestito di carne ed ossa, gli faccia immediatamente fare questo atto di sottomissione al suo creatore.

La venerazione di Saramago per Pessoa è tale che in questo libro il “fantasma” di Pessoa incontra Reis svariate volte e cerca di fargli capire come sia la vita oltre la morte mentre Reis spiega al poeta quello che sta succedendo in Portogallo e nel mondo, quasi che, con questa spiegazione, Reis capisca meglio quello che sta vivendo.

 

Nel corso del 1936 Ricardo ha a che fare con il sesso visto che i suoi sentimenti di amore per la cameriera dell’albergo non sono mai esplicitati e tantomeno dichiarati. Forse si innamora anche (non della cameriera) ma, i due amanti, non si concedono la possibilità di capire se la loro storia avrebbe potuto avere un futuro.

 

Il vero fulcro del libro credo che siano gli sconvolgimenti politici di quell’anno sia in Portogallo (con il dittatore Salazar e le camicie verdi) ma anche in Spagna (con l’ascesa al potere di Francisco Franco e con il supporto più morale che reale dato da Salazar) così come in Italia (con Mussolini e le sue camicie nere).

 

Reis non esprime mai le sue opinioni nonostante racconti come il popolo sia infervorato da questa fede politica che si contrappone ad un comunismo visto come negativo.

 

Come tutti i libri di Saramago, non è semplice (ma nemmeno impossibile da leggere). I concetti sono ingarbugliati anche dal modo di scrivere dell’autore che usa con molta parsimonia il punto fermo ed invece abbonda soprattutto delle virgole rendendo di fatto un po’ difficile la lettura.

 

Una volta imparato a conoscere il suo stile di scrittura però, i libri di Saramago spiegano davanti ai sensi dei lettori una profusione di immagini, suoni e profumi che fanno godere appieno del genio di questo grande letterato insignito nel 1988 del Premio Nobel per la letteratura.

 

Un grande libro.

 

Il piccolo principe

Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry; impossibile dire quante edizioni se ne trovino in commercio. – Prima edizione 1943.

 

Scrivere intorno al Piccolo principe è come scrivere riguardo al Cervino. Infinite sono le traduzioni e le edizioni che sono state pubblicate, innumerevoli gli articoli, i simposi e le tavole rotonde su questo libricino che supera di poco il centinaio di pagine ma che, nonostante il tempo e la semplicità della storia affascina incredibilmente anche l’uomo moderno proprio come affascinò i primi lettori.

 

Proprio oggi ho sentito che ne sono state stampate qualcosa come 43 milioni di copie in tutto il mondo in circa 200 lingue.

 

Il libro racconta del rapporto tra l’autore e un ragazzino dai capelli d’oro che giunge sulla terra da un altro pianeta talmente piccolo che una pecora libera non ci si può perdere. E’ un ragazzino strano che fa un mucchio di domande ma si guarda bene dal rispondere alle domande che gli vengono fatte.

 

Ad una lettura superficiale può sembrare un libricino che racconta una storiella per bambini ed invece è un vero e proprio libro formativo (peccato che gli adulti non lo leggano mai).

 

Non potrò mai dimenticare la scena del piccolo principe preoccupato per la sorte del fiore che ha lasciato sul suo piccolo pianeta che potrebbe essere mangiato dalla pecora; l’autore sente i suoi singhiozzi e scrive: “… Avevo abbandonato i miei utensili. Me ne infischiavo del mio martello, del mio bullone, della sete e della morte. Su di una stella, un pianeta, il mio, la Terra, c’era un piccolo principe da consolare! Lo presi in braccio. Lo cullai, Gli dicevo <<Il fiore che tu ami non è in pericolo… Disegnerò una museruola per la tua pecora… e una corazza per il tuo fiore… Io…>>. …Il paese delle lacrime è così misterioso”.

 

Come dimenticare la storia della volpe che chiede al piccolo principe di addomesticarla e di tornare sempre alla stessa ora così che lei possa attenderlo con felicità crescente maggiore all’avvicinarsi dell’ora del suo arrivo; oppure la conversazione del protagonista con la rosa, o con il re, e con tutti gli altri personaggi di questa mirabile fantasia.

 

Potrei ancora aggiungere tante cose su questo splendido libro; dirò solo che sono tante le lezioni che vi si possono trovare e che in ogni frase, in ogni pagina c’è un passaggio che mi fa riflettere.

 

Si potrebbe davvero riassumere tutto il libro in poche righe ma non voglio assolutamente togliere il gusto della lettura a chi si vorrà addentrare in questo paradiso in pochi fogli.

 

Chiudo questo mio piccolo commento con quella che ritengo la frase più bella di tutto il libro.

 

“… E se allora un bambino vi viene incontro, se ride, se ha i capelli d’oro, se non risponde quando lo si interroga, voi indovinerete certo chi è. Ebbene, siate gentili! Non lasciatemi così triste; scrivetemi subito che è ritornato…”.

Il signore di Barcellona

Il signore di Barcellona di José Lloréns edito da Mondadori  – prima edizione 2008.

 

Cominciamo col dire che questo è un grande libro e Lloréns è un grande scrittore. Il testo scorre piacevole, ricco di colpi di scena, sentimenti (non per forza buoni) e le descrizioni di Barcellona che stimolano la fantasia ad immaginare le strade e le case dove avvengono gli avvenimenti.

 

Barcellona, anno 1052. Quando Martì Barbany de Montgrì, giovane contadino, varca per la prima volta le porte della città che cambierà per sempre la sua vita, un anello e una piccola pergamena sono tutto quello che possiede e che gli serve per riscattare la cospicua eredità lasciatagli dal padre (che quasi non conosce).

 

Da qui prendono avvio una serie di avventure che porteranno il giovane Martì a viaggiare per mezzo mondo, a conoscere moltissime persone che, abilmente, sfrutterà per cercare di coronare il sogno di diventare cittadino di Barcellona. Per raggiungere questo sogno diventerà commerciante ma anche marinaio, armatore e non disdegnerà di combattere quando la vita lo metterà davanti a situazioni che si possono risolvere solo con un po’ di violenza per contrastare violenze maggiori.

 

Nel corso delle sue avventure si innamora anche della bella Laia, che però appartiene ad un gruppo sociale molto più elevato del suo. Martì si impegna quindi a fare buoni affari in modo da poter migliorare il suo stato sociale per riuscire a realizzare anche il suo sogno con lei.

 

La storia di Martì si intreccia con quella dell’amore tra Ramòn Berenguer I, conte di Barcellona, e Almodis de la Marca, contessa di Tolosa, il cui legame adultero minaccia la pace della città, causando problemi politici con le contee vicine e addirittura con il Papa.

 

Questo è un romanzo che emoziona; il racconto di un’epoca oscura. Llorén da vita ad una minuziosa ricostruzione della Barcellona medioevale dell’XI secolo, una città che si vede crescere, vivere e pulsare pagina dopo pagina.

 

I patti, le alleanze, gli intrighi di palazzo, l’ambizione economica e la convivenza tra le differenti religioni sono animati dai sentimenti più intensi: passione, amicizia, invidia, lealtà e onore.

 

L’insegnamento che si trae da questo grande romanzo credo possa essere così sintetizzato: grazie all’impegno e alla determinazione (ma anche una dose di fortuna e a buone conoscenze) nessun obiettivo ci è precluso, sia che noi siamo nobili o poveracci.

Canto di Natale

Canto di Natale di Charles Dickens edito in una quantità quasi infinita di edizioni e case editrici – prima edizione 1843.

Arriva il Natale e io non potevo esimermi dal pubblicare un post su questo meraviglioso libello.

La storia è semplice; Ebenezer Scrooge è un uomo che l’avidità ha reso crudele, cinico e cattivo al punto di lamentarsi dell’imminente Natale come di una perdita di tempo e di denaro (visto che non può imporre ai suoi dipendenti di lavorare anche il giorno di Natale).

Nella notte della vigilia, nella sua casa fredda, vuota e solitaria (proprio come la sua vita) riceverà la visita di tre fantasmi; il fantasma dei Natali passati, quello del Natale presente e quello dei Natali futuri che gli faranno capire di quanti e quali errori si sia caricata la sua vita e a quali conseguenze si stia avviando rapidamente.

E’ una favola, ed in particolare una favola insieme da leggere e da raccontare (Dickens stesso ne fece innumerevoli letture pubbliche, ricusando soltanto di esibirsi davanti alla regina Vittoria). Come tutte le favole ha una sua morale. Ma non si tratta di una morale a senso unico, consolante e patetica.

Certo il protagonista si riscatta; certo l’eroe autentico è il modesto impiegato piccolo borghese con la sua famiglia. Ma in questa favola c’è altro.

C’e la polemica contro lo sfruttamento dell’individuo, contro l’ideologia della classe dirigente dell’epoca che aveva da poco promulgato la legge repressiva chiamata “legge dei poveri”.

Ricordo che Dickens nel periodo in cui scrisse questo libello era legato al movimento rivendicativo dei Cartisti.

Resta il fatto che solo la paura riesce a scuotere Scrooge il quale è diventato, suo malgrado, un simbolo di taccagneria e crudeltà, al punto che la Disney (che ha fatto di questa opera svariate versioni con i suoi personaggi a cartoni animati) chiamò proprio Scrooge quello che in Italia è noto come Zio Paperone.

E’ indubbio però che Scrooge appartiene alla galleria dei grandi personaggi letterari di tutti i tempi, e che questa favola, nonostante abbia quasi 200 anni, sia ancora giovane e fresca e che ancora una volta ci riaccende nel cuore quella speranza di un domani migliore.

Il piacere

Il Piacere di Gabriele d’Annunzio edito da Einaudi.

Quando ho preso in mano questo libro avevo tanti timori; mi spaventava quello che avevo già letto di d’Annunzio (solo alcune poesie) e ricordavo la difficoltà nell’interpretare cosa volesse significare, ricordavo le sue frasi attorcigliate su se stesse, le sue metafore oscure, la sua lingua desueta e altissima…

Bene, di tutto ciò, in questo libro non c’è traccia. E’ un romanzo bellissimo, molto scorrevole ma al contempo molto riflessivo.

Il protagonista è Adrea Sperelli, un aristocratico romano di antica nobiltà, che vive una vita splendida (e senza nessun problema) che di divide tra mondanità, cene di gala, balli e donne.

Proprio le donne sono la “rovina” della beatitudine di Sperelli. Egli si innamora prima di Elena Muti con la quale ha una relazione di letto molto violenta che la donna interrompe senza dare vere spiegazioni al giovane (che però le scoprirà poco più tardi); e successivamente di Maria Ferres che sarà per lui un amore casto (anche se lui vorrebbe ma lei… niet!), angelicato, idilliaco; anche questo secondo idillio andrà male (anche perchè partiva da basi veramente poco solide) e Andrea tornerà alle attrattive di una Roma corrotta e lussuriosa, invischiato in una perversa sovrapposizione psicologica delle due donne amate.

Allucinante vedere come già nell’epoca in cui accadono gli avvenimenti narrati,  la maldicenza e il pettegolezzo regnassero sovrani, infatti le conversazione di Andrea con i suoi “amici” vertono sempre sulle donne, sulle quelle che hanno già conquistato, su fino a dove si sono spinti, e su come abbiano fatto a conquistarle.

Per me che conosco un pochino il centro di Roma (dove si ambienta buona parte del romanzo) è stato anche bello poter immaginare i tragitti che vengono fatti o a piedi ma più spesso in carrozza e “vedere” la meraviglia dei colori di Roma raccontanti magnificamente da d’Annunzio.

Alcuni momenti del racconto poi sono veramente intriganti, come per esempio quando Andrea partecipa alla gara ippica con le conseguenze di questa sua partecipazione per lui stesso, per i suoi amori e per la totalità della sua vita.

Per concludere vorrei riportare un paio di frasi, tratte dal romanzo, che mi sono particolarmente piaciute: “in quella carezza così tenue era tanto abbandono che fu su l’anima di lui la foglia di rosa sul calice colmo. La passione traboccò”;

“Preferite fra i mesi neutri l’aprile o il settembre? Il settembre. E’ più femminino, più discreto, più misterioso. Pare una primavera veduta in sogno”.

“… come se, penetrando nell’animo della donna, egli penetrasse nell’anima sua propria e ritrovasse la sua propria falsità nella falsità di lei”.

Sono decisamente entusiasta di questo libro, mi aspettavo un libro verboso e noioso ed invece è un libro frizzante e anche un pò “piccante” senza mai scadere nel volgare.

Non saprei dire se il personaggio di Andrea Sperelli mi sia più simpatico o più antipatico, certo non si può dire che lui sia una persona che lascia indifferenti.

Consigliatissimo.