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Treno di notte per Lisbona

Treno di notte per Lisbona di Pascal Mercier (al secolo noto come Peter Bieri), edito da Mondadori, prima edizione 2004.

In questo libro si parla di un libro che non è quello che stiamo leggendo; il protagonista di questo libro è il paravento dietro cui si nasconde il vero protagonista e la città dove tutto avviene non è quella dove solitamente vive il nostro protagonista.

Lo so, sembra terribilmente complicato ma, se mi seguirete, prometto di essere più chiaro.

Raimund Gregorius di anni 57 (chiamato Mundus dai propri studenti) è un professore di latino, greco ed ebraico che svolge la sua mansione nel liceo di Berna; la mattina in cui inizia il nostro romanzo il professor Gregorius sta attraversando il ponte Kirchenfeld alle otto meno un quarto come tutte le mattine lavorative.

Ma questa non è una normale mattina lavorativa infatti il suo sguardo viene attratto da una cosa insolita. Vede una donna, a lui totalmente sconosciuta, gettare una lettera dalla spalla del ponte. Quasi come se si trattasse di una visione, il professore intuisce che il desiderio della donna sia quello di farla finita gettandosi anch’essa nelle acque del fiume. Immediatamente si lancia ad impedire questo gesto. La signora, grata, lo ringrazia dicendo poche parole in francese e… scrivendogli in fronte un numero di telefono.

Mentre i due si asciugano i vestiti nell’androne del Liceo dove Gregorius lavora, il professo chiede di dove sia la signora e lei risponde “Portugués”; il suono di questa parola inizia uno strano processo di scavo nella mente dello stimato professore.

Tale scavo accelera quando, poche ore dopo l’incontro, Gregorius si trova nella libreria spagnola dove casualmente viene in contatto con un libro che reca in copertina la seguente iscrizione: AMADEU INACIO DE ALMEIDA PRADO, UM OURIVES DAS PALAVRAS, LISBOA 1975.

L’attrazione verso il libro è tale che, dopo essersene fatto tradurre alcune pagine dal libraio, decide comunque di acquistarlo nonostante non parli portoghese. Compra anche un dizionario di portoghese e inizia a tradurre il testo di Prado.

Quello che trova scritto in questo libro è talmente affascinante ed evocativo che il nostro eroe, uomo di solito prevedibile, calmo e razionale decide in modo inaspettato di andare a Lisbona con il treno della notte.

Qui indagherà sulla complicata vita dell’autore e attraverso questa analisi avrà la possibilità di analizzare sé stesso e la propria esistenza.

Grazie alle idee e riflessioni che trova nel libro di Prado, Gregorius permette a sé stesso di mettersi in discussione per la prima volta, scoprendo finalmente chi è in realtà l’uomo che si nasconde dietro il cattedratico; questa nuovo occhio con cui guarda il suo passato scruterà approfonditamente tutta la sua esistenza mettendo delle luci accecanti su eventi e decisioni che lo hanno portato a chiudersi nella propria solitudine.

Si tratta chiaramente di un romanzo non di facilissima lettura anche se lo stile di scrittura è fluentissimo e molto gradevole; Il continuo ricorrere alle filosofie di Prado, permette al lettore di leggere contemporaneamente due storie, e di poter mettere in relazione le esistenze dei due protagonisti entrambi intrappolati nel proprio passato.

I personaggi sono tanti e finemente raccontati; la storia che scoprirà chi avrà la voglia di rapportarsi con questo libro, è una di quelle che si artigliano al cuore e non lo lasciano più.

Concludo con una citazione presa dagli scritti di Prado: “perché poi è così difficile mantenere aperto lo sguardo? Siamo esseri pigri, bisognosi di ciò che è noto, familiare. Curiosità come raro lusso sul terreno dell’abitudine. Stare saldi e saper giocare con l’apertura, questa sì sarebbe un’arte. Bisognerebbe essere Mozart. Un Mozart di un futuro aperto”.

Libro molto consigliato a chi ha palato fine.

Narciso e Boccadoro

Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse, edito da Mondadori (ma è solo l’edizione che ho letto io), prima edizione 1930, prima edizione italiana 1933.

Convento di Mariabronn; quasi casualmente si incontrano due che diventeranno probabilmente i migliori amici del mondo. Si tratta del giovane ascetico Narciso e del più sanguigno Boccadoro.

Entrambi sognano di diventare monaci ma, mentre Narciso è introspettivo e con una particolare capacità di “vedere” dentro al cuore delle persone, Boccadoro ha una vocazione instillata dal padre che lo vuole monaco affinché non ricordi la madre che, non sopportando la monotonia della vita da coniugata, è scappata quando il bimbo era ancora piccolo.

Narciso, nonostante la giovane età, è già insegnante del convento e si dibatte nei dubbi sul ruolo da avere nei confronti dell’amicizia con Boccadoro che sente molto vicino alla propria anima, ma al contempo ne intuisce le differenze.

Durante una chiacchierata Narciso rivela all’amico i suoi dubbi sulla vocazione di quest’ultimo, affermando che la vita claustrale non è fatta per lui. Boccadoro è un artista e come tale dovrebbe vivere facendo esperienze e lasciando uscire il vero se stesso; inoltre aggiunge che, soltanto analizzando e prendendo coscienza del proprio passato e dei propri ricordi con la madre potrà lasciarsi il problema alle spalle e continuare a crescere in armonia.

Le parole del giovane insegnante sono talmente vere e potenti da portare Boccadoro a perdere i sensi. Quando si riprende è sicuro di quello che deve fare.

Comincia così la vita vagabonda di Boccadoro che lo porterà in molti luoghi sconosciuti, in situazioni piacevoli e potenzialmente pericolose ma, soprattutto, darà la possibilità a Boccadoro di amare moltissime donne. Ognuna di esse rivelerà un pezzetto di mondo al giovane viaggiatore.

Nel corso di questo lungo viaggio (che dura oltre tre anni) Boccadoro imparerà l’arte dell’intaglio divenendone un maestro. Ciò gli permette di aprire il vaso di Pandora delle esperienze racchiuse nel suo cuore e nella sua anima. Capisce che grazie a questa arte potrà finalmente dare sfogo a quelle immagini che ha dentro di se.

Il suo desiderio per le donne lo metterà in serio pericolo prima di permettergli di ritornare a Mariabronn per ritrovare l’amico Narciso ormai diventato abate priore.

Si tratta di un romanzo molto introspettivo infatti durante i suoi vagabondaggi, ma anche durante le conversazioni tra i due amici, si trattano i grandi temi della filosofia, di cosa sia la felicità e di quale sia il ruolo che ognuno di noi ha in questa vita.

Da questo libro si esce sicuramente cambiati, oserei dire migliorati perché i concetti di cui è pregno, sono distillati così chiaramente che, involontariamente, ce ne nutriamo con voluttà.

I due amici rappresentano l’archetipo di quel personaggio tanto caro ad Hesse che è “colui che cerca”; infatti entrambi sono alla ricerca di sé stessi, del proprio ruolo nel mondo e di quella felicità a cui tutti dobbiamo tendere.

Narciso la troverà nell’ascetismo religioso, Boccadoro invece nella crapulosità sentimentale. Questo ci insegna che non esiste una sola via per il raggiungimento del nostro paradiso, ma che ognuno di noi deve costruirsi la propria strada.

Tipico di molti scritti di Hesse è il messaggio recondito: la nostra felicità e completezza non sono doni gratuiti che riceviamo dalla natura, ma sono il premio per tutte le lotte che dobbiamo fare nella vita.

Tralascio di analizzare la grande capacità scrittoria di Hesse perché sarebbe inutile ribadire ciò che altri, molto più titolati di me, hanno già espresso.

L’ultima notazione è per il valore dell’amicizia tra i due ragazzi. Essa è talmente forte da far parlare i due di un “amore”. Amore inteso come grande corrispondenza di sensi.

…se tuttavia so che cos’è l’amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo tra gli uomini”.

Libro consigliatissimo.

Nessuno come noi

Nessuno come noi di Luca Bianchini edito da Mondadori prima edizione 2017.

Prendendo ispirazione da un famosissimo quadro di Magritte “Ceci n’est pas un livre”, infatti questo romanzo è una macchina del tempo; lo inizi, ti rapisce e ti ritrovi soavemente nel 1987.

Nel liceo torinese quell’anno si trovano in classe tre grandi amici; Vincenzo, detto Vince; Caterina ovviamente detta Cate, e Spagna. Sono inseparabili al punto che, i loro compagni di classe li apostrofano “Tre cuori in affitto” come la famosissima sit-com in onda in TV.

Vince, il vero protagonista di tutta questa avventura, è un normale quasi diciassettenne che prova a destreggiarsi tra il desiderio di uniformità alla moda paninara, in voga in quegli anni e le difficoltà economiche della propria famiglia. Vive nella periferia di Torino, in un piccolo appartamento al piano rialzato e, mai ha trovato il coraggio di invitare a casa gli amici.

Tutti gli adolescenti hanno un grande amore in fondo al cuore e il nostro protagonista non si discosta da questo “clichè”. Ama perdutamente la sua amica Cate che ovviamente non se ne rende conto e continua, crudelmente, a chiedergli consigli amorosi.

Spagna è l’amica alternativa che abbiamo avuto tutti in classe. In questo caso si tratta di una ragazza dark che cerca di “reclamizzare” se stessa, aderendo ad una moda controversa.

La tranquilla navigazione di questo terzetto di terza liceo viene improvvisamente sconvolta dall’apparire del nuovo alunno. Romeo: bullo, ripetente, quasi diciottenne. A differenza degli altri tre “amigos”, Romeo è benestante per non dire schifosamente ricco.

Il mix è chiaramente esplosivo. Assisteremo alla vita di questo quasi quartetto, dal suo difficile formarsi fino alla fine di un anno scolastico scandito dalle lezioni della professoressa più simpatica del mondo, Betty Bottone, che inconsciamente e con grande sobrietà, insegnerà ai ragazzi quanto sia importante rincorrere i propri sogni rimanendo però con gli occhi ben spalancati.

Conosceremo le paure più profonde e le gioie più intime di questo quartetto.

Vince, Cate, Romeo e Spagna partiranno per il loro viaggio alla scoperta di se stessi portandosi solo la loro ingenuità; senza computer o smartphone ad indicargli la via, dovranno fare affidamento solo sulle proprie forze e sulla loro amicizia nutrita di bigliettini e preghiere perché il telefono di casa squilli e che sia libero.

Ultima notazione quasi inutile: in trasparenza al personaggio di Vince, si intravede il giovane Bianchini alle prese con la sua crescita.

Ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, Bianchini dimostra la sua grandissima abilità nel raccontare, attraverso storie minime, i grandi processi formativi dell’uomo; In altri romanzi ci ha esposto la “formazione” degli adulti con i gravi problemi che caratterizzano la nostra epoca, ma in questo tenue racconto è tornato alla soavità dei giovani, degli adolescenti raccontando con grande maestria quelli che sono gli anni più “difficili” della vita.

La scrittura è piacevole e permette al romanzo di scivolare come le placide acque del Po; i personaggi sono raccontati quel tanto che basta per permettere al lettore di figurarseli e di arricchirli con quei ricordi che ognuno di noi ha di quell’epoca.

Se, come me, siete stati adolescenti o giovani alla fine degli anni ‘80, sarà come immergervi in un fiume di dolcissimi ricordi. Se invece quegli anni non li avete conosciuti allora sarà un buon modo per assaporarli sulla punta della lingua.

Libro consigliato perché dolce come “un cuore di panna”!