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Maschio bianco etero

Maschio bianco etero di John Niven, edito da Einaudi, prima edizione 2014.

Kennedy Marr è uno che vive come un nababbo, coccolato e avvolto dal proprio egoismo. E’ giovane, è bello, veste alla moda e non si pone limiti. Nato nella vecchia Inghilterra rurale, Kennedy ha scritto un libro che ha fatto grande successo e che ancora adesso gli permette di vivere come un signore in California. La California è il posto ideale per lui perché qui gli eccessi sono più eccessi e nessuno sembra minimamente preoccuparsene.

Gli stravizi continui però non hanno influito solo sulla sua qualità scrittoria; infatti questi vanno di pari passo con una grave crisi creativa che non gli permette di scrivere una riga da oltre cinque anni. Ovviamente del suo live style risentono fortemente anche le sue finanze che al momento sono molto asfittiche per uno che spende e spande senza che ci sia mai un limite. Per arrotondare scrive squallide sceneggiature per il mostro fagocita pellicole che è Hollywood.

Inatteso giunge un ingente premio letterario attribuito al nostro protagonista da un piccolo college inglese che come controprestazione gli richiede solo di insegnare scrittura creativa per un anno ai loro studenti.

Se Kennedy dovesse accettare sarebbe un’ottima notizia per i pub e gli spacciatori della zona ma, il nostro protagonista, è lambiccato da una infinità di dubbi.

Intanto non gradisce lasciare la sua amata California e per un tempo così lungo, poi c’è il problema della destinazione, il college si trova in una sperduta campagna e non è “sufficientemente” vicino a nessuna grande città che gli permetta di mantenere i suoi vizi.

Per aggiungere beffa al danno nel college che, così disinteressatamente gli offre il premio, lavora la sua ex moglie nonché madre di sua figlia. I loro rapporti dopo il divorzio, sono nulli e anche nei confronti della figlia è sempre freddo e scostante perché, si giustifica, non è quel tipo di padre sempre presente nella vita dei figli post divorzio.

Ultima preoccupazione che vaga nella mente obnubilata del nostro protagonista è che il college è pericolosamente vicino alla casa di sua madre con cui praticamente non intrattiene rapporti.

Questa vicinanza lo obbligherebbe a doverla visitare spesso cosa che Kennedy preferirebbe non fare per il semplice fatto che non è capace di affrontare la madre soprattutto ora che soffre così tanto.

Che farà il nostro eroe? Correrà il rischio di risistemare, almeno temporaneamente, le sue finanze nella squallida e silenziosa campagna inglese oppure si farà nuovamente irretire dalle sontuose e rutilanti luci di Hollywood?

Che John Niven sia un scrittore con uno stile disturbante ormai si è capito bene dopo i primi due suoi successi “Uccidi i tuoi amici” (che in Italia sarà pubblicato solo nel 2019) e “A volte ritorno” recensito in queste pagine ma, in questo romanzo, al suo stile si accoppia anche l’amarezza di vedere quanto un uomo possa rimanere immaturo nonostante sia quasi di mezza età.

Il Kennedy che conosciamo nelle prime pagine è un uomo gretto, stupido, distratto, assolutamente edonista ed immaturo al punto da non riuscire nemmeno ad organizzarsi una serena vecchiaia. Talmente arrotolato sul proprio ego da non ascoltare nemmeno i buoni consigli di chi lo circonda.

Il linguaggio è quello tipico di Niven. Forte e sboccato. Non usa panegirici, dice le cose dirette sul muso. I suoi personaggi sono tutti ben definiti anche se sembra sempre che ci sia qualcos’altro da scoprire su di loro.

Camminano tutti sulle uova per non disturbare il sonno egoistico di Kennedy. Tutti provano a proteggerlo perché non abbia mai a soffrire, quando invece quello di cui avrebbe proprio bisogno è una buona bastonata sui denti, di quelle che la vita è così brava a dare.

Libro consigliato.

Nessuno come noi

Nessuno come noi di Luca Bianchini edito da Mondadori prima edizione 2017.

Prendendo ispirazione da un famosissimo quadro di Magritte “Ceci n’est pas un livre”, infatti questo romanzo è una macchina del tempo; lo inizi, ti rapisce e ti ritrovi soavemente nel 1987.

Nel liceo torinese quell’anno si trovano in classe tre grandi amici; Vincenzo, detto Vince; Caterina ovviamente detta Cate, e Spagna. Sono inseparabili al punto che, i loro compagni di classe li apostrofano “Tre cuori in affitto” come la famosissima sit-com in onda in TV.

Vince, il vero protagonista di tutta questa avventura, è un normale quasi diciassettenne che prova a destreggiarsi tra il desiderio di uniformità alla moda paninara, in voga in quegli anni e le difficoltà economiche della propria famiglia. Vive nella periferia di Torino, in un piccolo appartamento al piano rialzato e, mai ha trovato il coraggio di invitare a casa gli amici.

Tutti gli adolescenti hanno un grande amore in fondo al cuore e il nostro protagonista non si discosta da questo “clichè”. Ama perdutamente la sua amica Cate che ovviamente non se ne rende conto e continua, crudelmente, a chiedergli consigli amorosi.

Spagna è l’amica alternativa che abbiamo avuto tutti in classe. In questo caso si tratta di una ragazza dark che cerca di “reclamizzare” se stessa, aderendo ad una moda controversa.

La tranquilla navigazione di questo terzetto di terza liceo viene improvvisamente sconvolta dall’apparire del nuovo alunno. Romeo: bullo, ripetente, quasi diciottenne. A differenza degli altri tre “amigos”, Romeo è benestante per non dire schifosamente ricco.

Il mix è chiaramente esplosivo. Assisteremo alla vita di questo quasi quartetto, dal suo difficile formarsi fino alla fine di un anno scolastico scandito dalle lezioni della professoressa più simpatica del mondo, Betty Bottone, che inconsciamente e con grande sobrietà, insegnerà ai ragazzi quanto sia importante rincorrere i propri sogni rimanendo però con gli occhi ben spalancati.

Conosceremo le paure più profonde e le gioie più intime di questo quartetto.

Vince, Cate, Romeo e Spagna partiranno per il loro viaggio alla scoperta di se stessi portandosi solo la loro ingenuità; senza computer o smartphone ad indicargli la via, dovranno fare affidamento solo sulle proprie forze e sulla loro amicizia nutrita di bigliettini e preghiere perché il telefono di casa squilli e che sia libero.

Ultima notazione quasi inutile: in trasparenza al personaggio di Vince, si intravede il giovane Bianchini alle prese con la sua crescita.

Ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, Bianchini dimostra la sua grandissima abilità nel raccontare, attraverso storie minime, i grandi processi formativi dell’uomo; In altri romanzi ci ha esposto la “formazione” degli adulti con i gravi problemi che caratterizzano la nostra epoca, ma in questo tenue racconto è tornato alla soavità dei giovani, degli adolescenti raccontando con grande maestria quelli che sono gli anni più “difficili” della vita.

La scrittura è piacevole e permette al romanzo di scivolare come le placide acque del Po; i personaggi sono raccontati quel tanto che basta per permettere al lettore di figurarseli e di arricchirli con quei ricordi che ognuno di noi ha di quell’epoca.

Se, come me, siete stati adolescenti o giovani alla fine degli anni ‘80, sarà come immergervi in un fiume di dolcissimi ricordi. Se invece quegli anni non li avete conosciuti allora sarà un buon modo per assaporarli sulla punta della lingua.

Libro consigliato perché dolce come “un cuore di panna”!