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L’ultimo appello

L’ultimo appello di Franco Piccinelli – Editrice Il Punto – Prima edizione 1998.

Battista è un contadino, che è stato soldato e prigioniero di guerra, che sarà sindaco, che è padre, che ha amato sua moglie, che ha lavorato la sua terra e che capirà solo alla fine cosa sia stata la sua vita.

Questa storia, è nient’altro che la sua storia. Una storia fatta di sofferenze, di poche felicità, di duro lavoro nella speranza di dare ai propri figli un destino diverso dal proprio. L’io narrante è ovviamente il protagonista, Battista, che ricordando gli avvenimenti della propria vita, ce li racconta.

Il romanzo prende le mosse dal giorno in cui Battista torna dalla prigionia; gli viene tributato l’onore di una festa (modesta come si conviene ai contadini); la sua vita inizia a procedere con monotonia, la terra da far fruttare, il matrimonio da far crescere, i figli per cui bisogna costruire il futuro, i vicini da aiutare.

Il libro continua con il racconto affettuoso dei rapporti interpersonali che Battista allaccia quando accetta di fare il sindaco del proprio paese; le difficoltà che deve affrontare per cercare di migliorare la vita del piccolo borgo; l’insperata collaborazione del Notaio (che rappresenta la minoranza del consiglio comunale) che l’aiuta a realizzare molti progetti utili al paese.

In questo libello c’è anche il tempo per una piccola disavventura giudiziaria che coinvolge il povero Battista segregandolo nelle patrie galere per qualche tempo.

Non ci sono grandi sorprese (anche se un paio di colpi di scena sono effettivamente presenti, ma ovviamente non li racconto).Non c’è molto altro in questo libro. Anche se in realtà dentro di esso ci sono molte vite ma soprattutto quella di Battista, la sua storia, la sua cultura contadina, la sua forza d’animo, le sue speranze e le sue paure. Le vittorie e le sconfitte di tutta un’esistenza insomma.

Indubbiamente è un libro che prende, che non si lascia abbandonare. Un libro che si insinua dolcemente nei meandri della mente incuriosendo il lettore, attraendolo, carezzandolo con una scrittura dolce, antica, quasi fiabesca. In alcuni passaggi, la scrittura di Piccinelli, assomiglia ai racconti dei nonni, raccontati con la stessa cadenza, con lo stesso calore, con quella dolcezza che ammalia il cuore e rapisce i sensi.

Piccinelli sa come utilizzare la lingua italiana per stimolare immagini e sensazioni eppure il suo libro, una volta terminato, non lascia quella sensazione di tristezza per la fine di una avventura che non potrà mai proseguire in un altro libro.

Libro non consigliato.

Il libro segreto di Dante

Il libro segreto di Dante di Francesco Fioretti edito da Newton Compton Editori – prima edizione 2011.

Sono veramente a disagio nel tentativo di recensire questo libro perchè onestamente non l’ho capito, non mi piace lo stile usato dall’autore, ma soprattutto non ho compreso quale fosse il significato che l’autore voleva trasmettere al lettore. Ma andiamo con ordine.

Dante è appena morto di malaria (ma forse è stato ucciso da un veleno) ed ecco che in scena irrompono tre personaggi: suor Beatrice (figlia del poeta), Bernard (un ex templare) e Giovanni (un medico) i quali iniziano una indagine che si sviluppa su tre fronti per fare chiarezza su quanto è accaduto.

Cercano di decifrare, faticosamente, un messaggio in codice lasciato da Dante su nove fogli di pergamena e intanto si mettono sulle tracce dei suoi presunti assassini, scoprendo che molti nutrivano una profonda avversione per il poeta.

Tra grandi difficoltà cercheranno di trovare la chiave del segreto occultato nella “Commedia” e di scoprire chi voleva impedire al poeta di terminare la sua opera.

Ma perchè Dante aveva deciso di nascondere con così grande impegno gli ultimi tredici canti del Paradiso?

I tre dovranno destreggiarsi tra teoremi, intrighi complessi e verità da svelare, mentre sullo sfondo vedremo la crisi politica, sociale, economica e religiosa del Trecento.

Questo è quanto posso dirvi della sinossi del romanzo; per quanto invece attiene alle mie personali sensazioni devo ammettere che l’inizio del romanzo è spiazzante in quanto prende le mosse, da una situazione che vive Bernard a San Giovanni d’Acri mentre era soldato templare. Terminato questo capitolo vengono raccontati episodi legati agli altri due personaggi ma senza legami apparenti.

Fortunatamente poi i personaggi iniziano ad incontrarsi e ad avere situazioni comuni. Vero è che per tutta la durata del romanzo mi sono chiesto quale fosse la motivazione per cui l’autore ci stesse raccontando questa storia… e ancora me lo chiedo.

Il racconto in sé è anche abbastanza attraente ma senza alcun vero slancio di genialità e senza alcun vero sussulto. Quasi mai, nel corso della lettura, mi sono ritrovato a parteggiare per uno qualsiasi dei personaggi principali, o ad odiare uno dei cattivi. Insomma i buoni sono scialbi come minestrine e i cattivi sono inconcludenti.

L’unico motivo per cui poteva essere interessante la lettura di questo romanzo era la descrizione della situazione socio-politica dell’epoca, ma anche questo filone è stato soltanto accennatto dall’autore lasciando, nella mente del lettore, più dubbi che certezze.

Forse non ho capito io il libro, o forse lo stile usato dall’autore non è consono alle mie corde; fatto sta che ho fatto parecchia fatica a leggere poco più di 250 pagine e che al termine non ho tratto alcun piacere dalla lettura, oltre ad avere la sensazione di aver perduto del tempo.

Se qualcuno ha letto questo libro e dovesse avere avuto sensazioni differenti dalle mie, lo prego di farmelo sapere. Sono aperto al dialogo anche perchè, forse, mi sono perso qualcosa di importante.

Libro NON consigliato.

 

La rizzagliata

La rizzagliata di Andrea Camilleri edito da Sellerio – prima edizione 2009.

Ormai i libri di Camilleri sono tanti quante sono le stelle in cielo; devo però dire che questo in particolare non mi ha entusiasmato come era accaduto con altri.

Cominciamo col dichiarare subito che in questo romanzo non c’è Montalbano. O meglio, c’è, ma solo di sfuggita; in una battuta che il protagonista dice alla sua segretaria.

Continuiamo aggiungendo che questo libro ha una caratteristica particolare rispetto ai predecessori, infatti Camilleri ha scritto questo libro per il mercato spagnolo e solo successivamente è pervenuto sui patri lidi. Il titolo in spagnolo è “La muerte de Amalia Sacerdote”; premiato su suolo iberico dove ha vinto il prestigioso “Premio Internacional RBA de Novela Negra” nel 2008.

Dopo questo note intorno al libro, finalmente lo apriamo e ci addentriamo, come giovani esploratori, tra le sue pagine.

Il protagonista si chiama Michele Caruso ed è il direttore del telegiornale regionale di Raitre; E’ un uomo normale la cui vita privata ha da poco subito un duro colpo grazie alla propria moglie che lo ha “cacciato” di casa semplicemente dicendogli di essersi innamorata di un altro.

Il lavoro è tutto quello che rimane a Michele che svolge le sue funzioni in maniera irreprensibile anche se il fatto di dover scegliere cosa mandare in onda, genera inevitabilmente degli attriti con i colleghi.

Nella città viene trovata assassinata con il cranio sfondato (probabilmente da un pesante posacenere) la giovane Amalia Sacerdote figlia del segretario generale dell’Assemblea Regionale Siciliana; la magistratura invia un avviso di garanzia al fidanzato della giovane, Manlio Caputo, che è figlio del leader del partito della sinistra siciliana (che invece si trova all’opposizione). Quel cadavere crea non pochi problemi per le rivalità politiche dei genitori dei due giovani e per le evidenti connessioni con i poteri economico, giudiziario, giornalistico e politico dell’isola.

Michele decide di non passare nell’edizione principale, la notizia dell’avviso di garanzia in attesa di avere tutti i riscontri del caso facendo così “bucare” la notizia alla propria testata.

Il romanzo si snocciola nelle trame dell’inchiesta e tra le scrivanie (vere e virtuali) della redazione del giornale che ne segue lo sviluppo.

Grazie a questo romanzo Camilleri ci porta nei due templi sacri del nostro mondo moderno; quello della magistratura e quello invece del giornalismo.

Vedremo come nell’ambito di magistratura esistano le stesse ripicche ed asservimenti ad potere che ben conosciamo in altre realtà del vissuto quotidiano; Come tra i giornalisti e le testate ci sia una lotta feroce a chi per primo arriva su una notizia e quali siano le lotte intestine e i peggiori mezzi che si mettono in campo per poter avere la dichiarazione più importante.

Oltre ad illustrare la straordinaria rete di collegamenti che porterà Michele Caruso a salvarsi da tutti i pericoli che questa notizia/inchiesta poteva riservare, si illustrano al contempo le straordinarie (?) connessioni che si attivano quando la politica vuole salvare se stessa e di quanto il mondo di certo giornalismo e di certa politica siano asserviti al “potere”.

Sicuramente un buon libro ma non all’altezza di altre cose scritte da Camilleri con o senza la presenza ingombrantissima di Montalbano.