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La scomparsa di Stephanie Mailer

La scomparsa di Stephanie MailerJoel Dicker – Edito da La nave di Teseo, prima edizione 2018.

Orphea (stato di New York) 30 luglio 1994: vengono assassinati a colpi di pistola il sindaco della città, la moglie, il figlio e una ragazza che faceva jogging (probabilmente colpevole solo di aver visto e riconosciuto l’assassino). La polizia indaga e tenta di arrestare il sospettato principale dell’omicidio che però muore in un incidente stradale, durante l’inseguimento con la polizia.

Vent’anni dopo Jessie Rosemberg, quarantacinquenne capitano della polizia statale di New York ed ex ispettore di Orphea ai tempi dell’omicidio, viene avvicinato da Stephanie Mailer, giornalista freelance, che gli rivela che nel 1994 ha preso un grosso granchio e che l’assassino dei Orphea è ancora a piede libero.

Nonostante sia ormai prossimo alla pensione, Rosemberg decide di riaprire il caso quando scopre che la giornalista Mailer risulta irreperibile da oltre tre giorni.

Si troverà a dover dipanare una grossa matassa formata dai due filoni principali: scoprire che fine ha fatto Stephanie Mailer e dare un volto ed un nome all’assassino di Orphea.

Lo affiancheranno in questa nuova avventura il sergente Derek Scott e il vicecapo Anna Kanner. Seguiremo i tre investigatori lungo strade inaspettate in un continuo viaggio nel tempo che potrebbe sembrare complicato, ma che la bravura dell’autore rende lineare.

In vent’anni tante cose sono cambiate; soprattutto i rapporti tra i cittadini. Si sono create nuove alleanze e i vecchi accordi si sono sfilacciati. Gli investigatori dovranno fare opera di cucito per ripristinare la situazione al momento dell’omicidio.

I tre detective, incalzati dai superiori, rimestano nel torbido in fondo del barile, per far tornare a galla tutti gli elementi necessari alla riuscita dell’indagine. Proprio quando sembra che le loro fatiche siano inutili ecco la comparsa in scena di un nuovo personaggio. Kirk Harvey è uno scrittore, probabilmente affetto da disturbi mentali, ex capo della polizia di Orphea all’epoca degli omicidi e autore teatrale per hobby, che, avendo intuito l’identità del vero colpevole, è rimasto ben nascosto e solo ora decide di condividere con la polizia le sue certezze.

Queste nuove rivelazioni permetteranno ai tre poliziotti di dipanare l’intricatissima matassa formatasi nel tempo, e di assicurare alla giustizia il colpevole.

Questo romanzo sembra una collezione di scatole cinesi perché ogni volta che si analizza una situazione questa riporta ad un’altra che porta alla precedente e via di seguito. Però nonostante la complessità della trama, la vicenda scorre lineare e facilmente comprensibile per il lettore.

Le descrizioni e i flashback sono necessari per rendere semplice la fruizione della storia, così come la polifonia delle voci narranti è utile per rendere via via più chiaro lo svolgersi degli eventi; Ogni voce porta con se un piccolo pezzetto di verità che, aggiunto al puzzle dell’indagine aiutano il lettore ad arrivare ad un finale sconvolgente e rocambolesco.

L’autore è sicuramente abile nel cucire le varie storie e le varie anime dei personaggi per creare una trama avvincente e particolare. Tutti i attori sono soltanto accennati in quanto, nel corso del romanzo si scoprono ulteriori sfaccettature.

Libro di facile lettura nonostante la ponderosità; personaggi delineati quel tanto che basta a farli vivere nell’immaginazione del lettore; trama piacevole e ben congegnata; finale rocambolesco e inaspettato.

Dicker dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, di essere un cavallo di razza nella redazione di questo tipo di romanzi che strizzano l’occhio al giallo ma anche al noir. Abile nel tenere alta l’attenzione del lettore e nell’immaginare situazioni originali.

Libro consigliato.

Milioni di milioni

Milioni di milioni di Marco Malvaldi – edito da Sellerio, prima edizione 2012.

Avete mai letto un giallo che però non è un giallo? Ecco, questo è esattamente il succo di questo libro. E’ il primo libro di Malvaldi che leggo e sono quasi sicuro che sarà anche l’ultimo.

Nel comune di Montesodi Marittimo (che a dispetto del nome si trova in montagna), quasi un cognome su due contiene il patronimo Palla. Tale secondo cognome è l’eredità del vecchio marchese Filopanti Palla che era un gran gaudente.

Un’altra caratteristica degli abitanti del comune è una forza quasi sovrumana; per questo motivo una università invia il genetista Piergiorgio Pazzi insieme ad un’esperta di archivi con il compito di studiare le ragioni di questa forza.

Il genetista viene ospitato dalla signora Annamaria Zerbi Palla, maestra in pensione del paese, che durante la notte muore. Sembra una morte naturale (visti i problemi di cuore della vecchia signora) eppure ad un esame più attento si scopre che si tratta di un omicidio.

Sia il maresciallo che il sindaco sono concordi nel non rivelare agli abitanti del paese, che si tratta di un omicidio per non agitare le acque, e di conseguenza, per avere maggiore agio nel condurre le indagini.

Nella notte in cui si è svolto l’omicidio una gran nevicata ha isolato il paese dal resto del mondo, impedendo a chiunque di entrare, ma soprattutto, all’assassino di uscire.

Visto che Pazzi è stato ospitato dalla defunta e che è stato lui a scoprire l’omicidio si sente personalmente interessato e inizia a collaborare con i due improvvisati detective; tutto sembra convergere sulla colpevolezza del genetista quando, con l’aiuto dell’archivista…

Il resto ovviamente lo scoprirete da voi.

Il libro è scritto con una ironia che vorrebbe, negli intenti dell’autore, ricordare quella di Camilleri senza mai riuscire davvero ad avvicinarsi al genio siciliano; al massimo strappa un tenue sorriso senza mai prorompere in una vera risata.

I personaggi, seppure pochi, non sono minimamente raccontati nei loro veri sentimenti. Solo la scrittura è scorrevole e quindi rende il libro veloce e molto facile alla lettura.

Non c’è molto altro da dire se non che anche il colpo di scena che porta alla risoluzione del caso, è un colpo di scena un po’ banale. Infatti, un giallista un po’ esperto capirebbe agevolmente la chiave che muove tutta l’indagine e giungerebbe alla conclusione molto prima dell’autore.

Insomma per tutto quanto sopra indicato sono rimasto abbastanza deluso da questo romanzetto, soprattutto per l’enorme pubblicità con cui è stato proposto il volume.

Libro non consigliato.

 

L’ultimo appello

L’ultimo appello di Franco Piccinelli – Editrice Il Punto – Prima edizione 1998.

Battista è un contadino, che è stato soldato e prigioniero di guerra, che sarà sindaco, che è padre, che ha amato sua moglie, che ha lavorato la sua terra e che capirà solo alla fine cosa sia stata la sua vita.

Questa storia, è nient’altro che la sua storia. Una storia fatta di sofferenze, di poche felicità, di duro lavoro nella speranza di dare ai propri figli un destino diverso dal proprio. L’io narrante è ovviamente il protagonista, Battista, che ricordando gli avvenimenti della propria vita, ce li racconta.

Il romanzo prende le mosse dal giorno in cui Battista torna dalla prigionia; gli viene tributato l’onore di una festa (modesta come si conviene ai contadini); la sua vita inizia a procedere con monotonia, la terra da far fruttare, il matrimonio da far crescere, i figli per cui bisogna costruire il futuro, i vicini da aiutare.

Il libro continua con il racconto affettuoso dei rapporti interpersonali che Battista allaccia quando accetta di fare il sindaco del proprio paese; le difficoltà che deve affrontare per cercare di migliorare la vita del piccolo borgo; l’insperata collaborazione del Notaio (che rappresenta la minoranza del consiglio comunale) che l’aiuta a realizzare molti progetti utili al paese.

In questo libello c’è anche il tempo per una piccola disavventura giudiziaria che coinvolge il povero Battista segregandolo nelle patrie galere per qualche tempo.

Non ci sono grandi sorprese (anche se un paio di colpi di scena sono effettivamente presenti, ma ovviamente non li racconto).Non c’è molto altro in questo libro. Anche se in realtà dentro di esso ci sono molte vite ma soprattutto quella di Battista, la sua storia, la sua cultura contadina, la sua forza d’animo, le sue speranze e le sue paure. Le vittorie e le sconfitte di tutta un’esistenza insomma.

Indubbiamente è un libro che prende, che non si lascia abbandonare. Un libro che si insinua dolcemente nei meandri della mente incuriosendo il lettore, attraendolo, carezzandolo con una scrittura dolce, antica, quasi fiabesca. In alcuni passaggi, la scrittura di Piccinelli, assomiglia ai racconti dei nonni, raccontati con la stessa cadenza, con lo stesso calore, con quella dolcezza che ammalia il cuore e rapisce i sensi.

Piccinelli sa come utilizzare la lingua italiana per stimolare immagini e sensazioni eppure il suo libro, una volta terminato, non lascia quella sensazione di tristezza per la fine di una avventura che non potrà mai proseguire in un altro libro.

Libro non consigliato.