Archivio Tag: indagine

Riccardino

RiccardinoAndrea CamilleriSellerio Editore, prima edizione 2020.

Nel bel mezzo di una notte agitata il commissario Montalbano viene svegliato dal trillo del telefono. Risponde aspettandosi Catarella ed invece c’è uno sconosciuto che dice di chiamarsi Riccardino che gli da appuntamento al bar Aurora, prima di riappendere la conversazione. Certo che si sia trattato di un errore o di uno scherzo, il commissario si rimette a dormire. Dopo poche ore suona nuovamente il telefono e questa volta è davvero Catarella che gli comunica che hanno trovato un morto. Giunto sul luogo del misfatto scopre che il morto è proprio tale Riccardino, ucciso con un solo colpo di pistola davanti ai tre amici che lo stavano aspettando.

Da un po’ di tempo al commissario manca la voglia di risolvere casi perché non prova più il piacere della caccia solitaria, perché gli anni cominciano a pesare e soprattutto perché non ha più voglia di avere a che fare con i cretini; vorrebbe demandare l’incarico al suo vice ma l’intervento del vescovo di Montelusa e di alcune personalità politiche lo obbligano a rimanere concentrato.

Anche se il caso sembra ovvio e banale, Montalbano sa che nulla è mai come sembra così aguzza i sensi sbirreschi, analizza, connette, inciampa in personaggi pittoreschi ma, nonostante metta in atto tutte le sue solite trappole e il solito impegno, il nostro eroe è confuso, insofferente ed è convinto di non essere più adatto al ruolo. L’autore comprende la difficoltà del suo personaggio così interviene direttamente concordando con lui modifiche alla trama, proponendo soluzioni e addirittura facendo intervenire il Montalbano televisivo.

Ma il commissario letterario è stanco, sfiduciato al punto che… Camilleri trova il modo di liberarsi di lui perché troppo invadente nella sua fantasia.

Per l’ultima avventura del commissario più famoso d’Italia, Camilleri trasforma il suo romanzo in un meta-romanzo, fa parlare il protagonista con l’autore e con il sé stesso del piccolo schermo alla ricerca di quelle motivazioni che hanno sostenuto Montalbano fino a questo momento.

Il Montalbano letterario si sente inferiore al proprio doppio televisivo e all’autore perché entrambi conoscono sempre tutta la storia, mentre lui deve improvvisare, indovinare e mettersi in gioco. Il Montalbano letterario vorrebbe, una volta tanto, poter decidere come vivere la propria vita in piena libertà.

Riccardino è un romanzo diverso da tutti quelli prodotti dalla grande penna di Camilleri, diverso e un po’ deludente perché la trama è abbastanza inconsistente e prevedibile, i colpi di scena scoppiano come petardi bagnati, la mancanza dell’arguzia di Livia e della forza pungolante di Augello sono evidenti; l’unica nota positiva presente è ancora una volta, la folle e scombinata follia di Catarella.

E’ evidente che l’autore si fosse stufato dell’ingombranza di Montalbano ma il modo che ha trovato per liberarsi e liberarci di lui proprio non mi è piaciuto.

Come tutte le altre avventure del commissario anche questa è ben scritto ma sembra un po’ fatto con la ricetta; dieci grammi di questo, otto di quell’altro ecc. ecc.

Il finale però è innovativo. Inaccettabile per me ma sicuramente diverso da qualsiasi altra cosa mai scritta da Camilleri.

Libro non consigliato.

La scomparsa di Stephanie Mailer

La scomparsa di Stephanie MailerJoel Dicker – Edito da La nave di Teseo, prima edizione 2018.

Orphea (stato di New York) 30 luglio 1994: vengono assassinati a colpi di pistola il sindaco della città, la moglie, il figlio e una ragazza che faceva jogging (probabilmente colpevole solo di aver visto e riconosciuto l’assassino). La polizia indaga e tenta di arrestare il sospettato principale dell’omicidio che però muore in un incidente stradale, durante l’inseguimento con la polizia.

Vent’anni dopo Jessie Rosemberg, quarantacinquenne capitano della polizia statale di New York ed ex ispettore di Orphea ai tempi dell’omicidio, viene avvicinato da Stephanie Mailer, giornalista freelance, che gli rivela che nel 1994 ha preso un grosso granchio e che l’assassino dei Orphea è ancora a piede libero.

Nonostante sia ormai prossimo alla pensione, Rosemberg decide di riaprire il caso quando scopre che la giornalista Mailer risulta irreperibile da oltre tre giorni.

Si troverà a dover dipanare una grossa matassa formata dai due filoni principali: scoprire che fine ha fatto Stephanie Mailer e dare un volto ed un nome all’assassino di Orphea.

Lo affiancheranno in questa nuova avventura il sergente Derek Scott e il vicecapo Anna Kanner. Seguiremo i tre investigatori lungo strade inaspettate in un continuo viaggio nel tempo che potrebbe sembrare complicato, ma che la bravura dell’autore rende lineare.

In vent’anni tante cose sono cambiate; soprattutto i rapporti tra i cittadini. Si sono create nuove alleanze e i vecchi accordi si sono sfilacciati. Gli investigatori dovranno fare opera di cucito per ripristinare la situazione al momento dell’omicidio.

I tre detective, incalzati dai superiori, rimestano nel torbido in fondo del barile, per far tornare a galla tutti gli elementi necessari alla riuscita dell’indagine. Proprio quando sembra che le loro fatiche siano inutili ecco la comparsa in scena di un nuovo personaggio. Kirk Harvey è uno scrittore, probabilmente affetto da disturbi mentali, ex capo della polizia di Orphea all’epoca degli omicidi e autore teatrale per hobby, che, avendo intuito l’identità del vero colpevole, è rimasto ben nascosto e solo ora decide di condividere con la polizia le sue certezze.

Queste nuove rivelazioni permetteranno ai tre poliziotti di dipanare l’intricatissima matassa formatasi nel tempo, e di assicurare alla giustizia il colpevole.

Questo romanzo sembra una collezione di scatole cinesi perché ogni volta che si analizza una situazione questa riporta ad un’altra che porta alla precedente e via di seguito. Però nonostante la complessità della trama, la vicenda scorre lineare e facilmente comprensibile per il lettore.

Le descrizioni e i flashback sono necessari per rendere semplice la fruizione della storia, così come la polifonia delle voci narranti è utile per rendere via via più chiaro lo svolgersi degli eventi; Ogni voce porta con se un piccolo pezzetto di verità che, aggiunto al puzzle dell’indagine aiutano il lettore ad arrivare ad un finale sconvolgente e rocambolesco.

L’autore è sicuramente abile nel cucire le varie storie e le varie anime dei personaggi per creare una trama avvincente e particolare. Tutti i attori sono soltanto accennati in quanto, nel corso del romanzo si scoprono ulteriori sfaccettature.

Libro di facile lettura nonostante la ponderosità; personaggi delineati quel tanto che basta a farli vivere nell’immaginazione del lettore; trama piacevole e ben congegnata; finale rocambolesco e inaspettato.

Dicker dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, di essere un cavallo di razza nella redazione di questo tipo di romanzi che strizzano l’occhio al giallo ma anche al noir. Abile nel tenere alta l’attenzione del lettore e nell’immaginare situazioni originali.

Libro consigliato.

La verità sul caso Harry Quebert

La verità sul caso Harry Quebert di Joel Dicker edito da Bompiani,prima edizione 2012.

La preparazione di questa recensione è stata, ad oggi, la più difficile di sempre. Non sapevo da quale aspetto volevo affrontare questa storia e quindi ho deciso di andare un po’ a zonzo in questo romanzo e vedere cosa ne usciva fuori.

Come ci sentiremmo noi se, il nostro mentore, la persona che abbiamo ammirato maggiormente nella vita e che abbiamo avuto la fortuna di conoscere veramente bene, che è stata nostro docente universitario prima, poi relatore insieme a noi della nostra stessa tesi e poi, per finire, nostro sincero amico; come ci sentiremmo se questa persona fosse di colpo accusata di un omicidio avvenuto trentatré anni prima in circostanze poco chiare e se questo omicidio riguardasse una ragazzina quindicenne?

Ecco questo è il perimetro da cui muove questo romanzo. Vedremo il protagonista Marcus Goldman, un giovane scrittore con alle spalle un solo romanzo ma di enorme successo, intento a scrivere il secondo romanzo che però fatica a decollare. Le scadenze si avvicinano, la casa editrice preme per avere i primi capitoli, l’ispirazione non c’è e Marcus è distratto, gira per la città, decide di andare a chiedere consiglio al suo carissimo amico Harry Quebert. E’ sicuro che, anche questa volta, con il suo aiuto, la situazione si sbloccherà. D’altronde Harry non lo ha mai tradito. Marcus ha una cieca fiducia in lui.

Ed ecco che scoppia la bomba. Vengono ritrovate nel giardino della casa di Harry le ossa di un cadavere ed il manoscritto del libro più famoso di Harry, scomparso molti anni addietro.

Il giovane scrittore è frastornato, non riesce a credere che la persona che lui tanto ammira possa essere un assassino eppure tutti gli indizi che trova la polizia convergono nella stessa direzione. Harry è l’assassino. Ci credono tutti in città e negli Stati Uniti. Harry viene formalmente incriminato ed arrestato. Le biblioteche ritirano il suo libro dagli scaffali, le librerie rifiutano di venderlo. Torreggia sempre più gigantesca l’ombra della pena di morte per Harry. Tutti sono sicuri di aver trovato il pedofilo assassino… tutti tranne Marcus.

Inizia da qui la seconda parte del libro durante la quale noi, insieme a Marcus, riemergeremo dal quel limo schifoso in cui ci ha fatto affondare l’accusa di omicidio. Marcus nel tentativo di mantenere alto il morale di Harry decide di svolgere una indagine parallela a quella ufficiale della Polizia; e siccome non sa come muoversi decide di ricominciare da capo.

Va a parlare con i poliziotti che, all’epoca dei fatti, si erano occupati delle ricerche della ragazzina, ripercorre i luoghi che si suppone lei frequentasse, parla con le sue vecchie amiche…

Da questa seconda indagine Marcus si forma un’immagine mentale ben diversa da quella raccontata dai verbali stesi dagli investigatori; il comportamento della giovane risulta molto strano e i genitori di lei ancora di più. Come nella realizzazione di un puzzle sarà il corretto posizionamento di un piccolo elemento che porterà la luce in quel groviglio di cavi che è questo caso.

Siamo davanti ad un romanzo che affronta con obiettività un tema che era molto complesso trent’anni fa e che oggi non suscitava più il medesimo scalpore; parliamo delle delle relazioni amorose tra persone di età molto diversa.

Il testo è sicuramente scorrevole ed attrattivo al punto che si fatica ad interrompere la lettura. Disseminate con perizia, nel corso del romanzo, troviamo sorprese che cambiano il punto di vista sulle persone, sulle situazioni, sulle indagini precedentemente svolte. La trama è ben costruita e accompagna fedelmente il lettore nel cammino fino alla rivelazione finale. La bravura dell’autore porta il lettore a chiedersi continuamente, se le informazioni che sta ricevendo siano vere o se si tratti di un tentativo di depistaggio, se ci si può davvero fidare della persona che si ha di fronte o se invece sarebbe meglio temerlo e starci alla larga.

I personaggi sono pochi ma ben delineati Siamo in presenza di un giovane autore (poco più che trentenne al momento attuale) di cui sentiremo parlare in futuro.

Alla fine della lettura ero spiazzato perché mi domandavo se avessi letto un giallo molto ben scritto e immaginato, oppure un bellissimo libro sull’amicizia? Nel corso del libro l’amicizia tra il giovane autore e il vecchio “professore” si stringe sempre più e questo permette a Marcus di aprire le proprie difese imparando ad interagire con gli altri.

Libro consigliato.

La strada nel bosco

La strada nel bosco di Colin Dexter, edito da Sellerio prima edizione 1992.

L’ispettore Morse non prende molto spesso le ferie e quando lo fa, spesso si annoia a tal punto da rientrare prima del termine. Questa volta si dirige nel Dorset, contea nel sud-ovest dell’Inghilterra, attratto dalla sua storia, cultura e bellezze naturali.

Mentre cena ad un tavolo condiviso con una bella signora, Morse vede che, sul Times che la signora sta leggendo, è pubblicato un poema che racconta di una ragazza e di un bosco e capisce che questa poesiòla potrebbe essere la chiave per risolvere un vecchio caso di omicidio di una giovane ragazza svedese avvenuto circa un anno prima.

Visto che la vacanza volge al termine Morse decide di divertirsi con un’indagine personale che si rivelerà molto più complessa e contorta di quanto potesse sembrare all’inizio.

Tornato al suo lavoro, Morse riesce a farsi affidare il caso che nel frattempo è stato riaperto, mentre il grosso delle forze di polizia sono impegnate nella repressione di un grosso giro di violenza giovanile. Grazie al supporto del suo aiutante, il paziente sergente Lewis, che lo segue nelle sue elucubrazioni mentali e nei suoi vagabondaggi alla ricerca di conferme alle proprie teorie, Morse restringe sempre più il cerchio attorno alla verità.

Per quanto possa sembrare senza meta e senza senso il girovagare di Morse e Lewis invece ha del metodo; infatti permette ai due di eliminare via via tutte le false piste e i falsi indizi che li porteranno alla fine a identificare esattamente gli accadimenti, per quanto siano contorti e complessi e ad assicurare alla giustizia un assassino molto scaltro.

Ho fatto un po’ di fatica a leggere questo romanzo innanzitutto perché non conosco benissimo la geografia dell’Inghilterra per cui spesso mi perdevo quando il detective discuteva su quale strada potesse aver preso la studentessa svedese.

Altra caratteristica di questo romanzo è che procede molto lentamente e che si concentra su un unico elemento per volta. Pertanto fino a quando non è giunto al termine di un ragionamento continua a battere sulla medesima teoria.

Un altro motivo per cui questo giallo non mi ha impressionato è il fatto che Morse è un uomo assurdamente chiuso su sé stesso; non considera minimamente l’opinione che gli altri possano avere di lui, e attua una serie di comportamenti sgradevoli volti a tenere alla larga chiunque voglia provare a conoscerlo meglio. Forse soltanto Lewis è riuscito a capire che questa aria da burbero Morse la recita come forma di difesa, l’ha accettata ed è riuscito a penetrarla diventando quasi “amico” del detective.

E’ il primo romanzo di Colin Dexter che leggo e il suo stile di scrittura non è piaciuto molto. Infatti sembra sempre che le immagini che descrive siano viste attraverso un vetro sporco o, visto che siamo in Inghilterra, immersi nella foschia. Non si ha mai una visione limpida di quello che racconta sia che racconti la trama, la descrizione degli attori o il paesaggio.

Questo autore non è riuscito a conquistarmi al punto che, giunti al momento clou della narrazione, non ho capito esattamente chi fosse l’assassino e come il detective ci fosse arrivato. Ho quindi dovuto rileggermi tutto il capitolo per farmi un’idea chiara degli avvenimenti finali.

Per tutto quanto sopra non mi sento di dare un giudizio positivo di questo romanzo.

Libro non consigliato.