Archivio Tag: pseudonimo

Bianco letale

Bianco letaleRobert Galbraith, editore Salani, prima edizione 2019.

Oggi analizziamo il quarto romanzo della serie con protagonista Cormoran Strike scritto da J. K. Rowling con lo pseudonimo di Robert Galbraith.

Nella primavera 2012 i nostri protagonisti si muovono in una Londra in fervida preparazione dei giochi olimpici quando, totalmente inatteso, negli uffici dell’agenzia investigativa di Strike giunge un ragazzo di nome Billy Knight con evidenti problemi psicotici che vuole denunciare di aver visto l’omicidio di un bambino, nella tenuta dei Chiswell dove viveva con la sua famiglia e dove il padre lavorava.

Ci sarà un fondo di verità in quello che dice Billy o sono soltanto le folli esaltazioni di una persona disturbata?

Parallelamente a questo Strike viene assoldato dal ministro della cultura, Jasper Chiswell, per indagare su qualcuno che lo sta ricattando, minacciando di denunciarlo alla polizia, per una cosa accaduta sei anni prima, se non farà quello che lui gli chiede.

Tutto questo immerso nella salsa melensa e appiccicosa della relazione mai partita e contemporaneamente mai sopita tra Cormoran e la sua socia Robin che proprio come un elastico li allontana e poi li avvicina, si raffredda per poi bruciare improvvisamente come l’inferno.

Come se il loro connubio professionale impedisse lo svilupparsi profondo dei loro sentimenti che i due fanno fatica a gestire per colpa di parole non dette, emozioni nascoste per vergogna, ma anche partner sbagliati di cui è difficile sbarazzarsi. La tensione emotiva tra i due non cala mai per tutta la durata del romanzo palesandosi in scaramucce e battibecchi da teneri innamorati.

Seguiremo i due investigatori nelle loro fatiche per dipanare le due storie, fino ad un finale adrenalinico ed inatteso.

La Rowling /Galbraith si dimostra maestra nella gestione della suspance e ci fa fare un viaggio attraverso tutta Londra raccontando una storia avvincente in circa ottocento pagine. No fatevi scoraggiare dalla ponderosità del libro perché in realtà, l’incalzare degli eventi e il loro ritmo fanno in modo che le pagine vi scappino sotto le dita come percorse da un vento violento. L’intreccio è magistralmente realizzato e di facile lettura. I personaggi sono chiaramente caratterizzati e non si ha mai la sensazione di confonderli tra loro.

In conclusione possiamo dire di essere di fronte ad un romanzo raffinato ed elegante che rimane impresso per tanto tempo nella mente.

Non è necessario leggere i precedenti tre libri per poter seguire questo, ma varrebbe la pena farlo.

Libro consigliato.

I due hotel Francfort

I due hotel Francfort di David Leavitt edito da Mondadori, prima edizione 2013.

L’ultimo romanzo in ordine di pubblicazione di Leavitt è ambientato nella Lisbona del giugno 1940. Si tratta di una città che trabocca di persone che cercano di scappare dall’imminente guerra che si sente rumoreggiare alle frontiere. Le persone che ivi si trovano sono talmente numerose che tutti gli alberghi sono pieni all’inverosimile, al punto che sono affittate anche le poltrone delle hall e gli scantinati. E’ una situazione insostenibile, le persone si spostano in gruppo quasi fossero formiche alla ricerca di cibo.

All’interno di questo romanzo la topografia della città è così importante che una mappa di Lisbona è pubblicata all’inizio della storia per facilitare il lettore nel suo peregrinare.

In tutto questo carnaio di lusitani e stranieri, l’attenzione dell’autore si concentra su due coppie. Julia e Pete Winters e Edward e Iris Freleng.

Julia e Pete Winters sono cittadini americani molto per bene e residenti a Parigi, un po’ snob e molto annoiati mentre Edward e Iris sono spregiudicati giramondo, autori di gialli di successo con lo pseudonimo di Xavier Legrand. Le due coppie vivono pigramente la loro vita in attesa che giunga la nave SS. Manhattanche li deve riportare in America; durante una passeggiata in centro i quattro si conoscono per colpa di un paio di occhiali. Sembra quasi che le due coppie siano state scelte dal destino, infatti, una delle esse risiede all’Hotel Francfort, mentre l’altra ha trovato da dormire al Francfort Hotel che incredibilmente risultano, essere due strutture differenti in due indirizzi diversi.

Tra i quattro si sviluppa una strana frequentazione che via via si trasforma in una blanda amicizia. I due uomini iniziano a girare la regione come due adolescenti mentre le due signore si ritrovano per passeggiate in città o per bere il tea in uno degli hotel e si scambiano segreti.

Il rapporto tra Edward e Pete si fa sempre più profondo ed il legame che stringono li circonda e li avvolge e ancora gira loro intorno come un gorgo che si stringe sempre più; proprio come due adolescenti si ritroveranno alla fine l’uno tra le braccia dell’altro e, anziché stupirsi (come sarebbe lecito aspettarsi vista l’epoca in cui il libro è ambientato) i due decidono di provare a portare avanti la loro storia parallela e clandestina ma, come spesso accade nei romanzi di Leavitt, il loro amore si spegnerà lentamente prima dell’arrivo della fantomatica nave.

Delle due donne, Iris sicuramente sa di quanto accade ai due uomini mentre Julia preferisce continuare il suo tran tran quotidiano che nemmeno l’avvento della guerra è riuscito a sconvolgere.

Tutti i personaggi che popolano questa storia, siano essi principali o secondari, si muovono freneticamente come se fossero attori sul palco di un teatro; è tutto un entrare ed uscire di scena; la porta girevole dei due hotel ruota sempre molto rapida e non sempre ci permette di vedere bene i personaggi che riflette.

Centro nevralgico di questo romanzo, che si rifà al modernismo americano, non è il ripercorrere la storia dei quattro personaggi, bensì il prendere atto che non sempre è possibile trovare un vero significato a ogni persona e a ogni luogo.

Ancora una volta il buon Leavitt traccia una storia che sembra destinata a grandi sconvolgimenti e, nel suo incedere, la trasforma in una storia minima in cui i protagonisti scivolano in secondo piano mentre i sentimenti, le emozioni, le ansietà salgono al proscenio per portare a termine una storia che non avremmo mai sperato di conoscere.

Le abilità letterarie di Leavitt non sono certo io a doverle scoprire. Il suo stile è fresco, attraente e i suoi personaggi sono sempre raccontati quasi di tre quarti, come se un po’ se ne stessero nell’ombra per una qual certa forma di reticenza.

Prima di calare il sipario su questa che appare come una pièce teatrale, l’ultima notazione è su una frase del libro che ho trovato molto interessante perché rappresenta un po’ la summa del modo di scrivere di Leavitt: “… ma a volte, tutto quello che riuscivi ad afferrare era il riflesso di un riflesso in una porta girevole”.

Libro molto consigliato.