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Quando vieni a prendermi?

Quando vieni a prendermi? di Alessandro Cattelan, edito da Mondadori, prima edizione 2011.

Anche l’ex conduttore di X-Factor si cimenta nella scrittura, forse sull’onda del successo, forse perché un libro non si nega quasi a nessuno.

Il protagonista di questa storiella si chiama Santiago e sta vivendo il periodo tra i trenta e i quaranta in apparente serena letizia.

Fa un lavoro che gli piace anche se ha un contratto di quelli che in qualsiasi momento il capo può mandarti a spasso e senza particolari motivi. Questo fatto porta una grande ansia nella sua vita ed è anche causa di un grande stress perché, senza la stabilità del lavoro anche tutti gli altri ambiti della vita vacillano.

Ha una fidanzata conosciuta per caso e, per lei, ha fatto di tutto, per amarla, per capirla, per tenersela stretta. Le ha anche chiesto di sposarlo mentre si trovavano sugli scogli e c’era un bel tramonto salvo poi rimangiarsi immediatamente le sue stesse parole.

E’ un brav’uomo, dolce, delicato, sensibile eppure sente che alla sua vita manca di qualcosa.

Santiago è conscio del fatto che la sua esistenza si agita come una massa e gelatinosa senza avere una vera e propria forma, si agita in contro tempo a come si agita lui e questo gli da sempre la sensazione che una parte di sè arrivi sulle cose con un attimo di ritardo. Come è naturale questa sensazione di indeterminatezza gli fa paura, gli toglie il sonno. Sente che deve dare una scossa alla sua vita ma non gli è chiaro cosa sia necessario fare.

E così, un po’ per gioco e un po’ seriamente, Santiago fa un colpo di testa. Senza dire niente a nessuno, improvvisamente inizia un viaggio in giro per il mondo, senza meta, senza scopo, alla ricerca di quel qualcosa che qui gli manca.

Lo seguiremo nel suo peregrinare all’inseguimento di se stesso; lo vedremo, per esempio, in Giappone, fare “l’elargitore di complimenti per donne trascurate”, o in Australia perdere la testa per una donna bellissima.

Seguendo le sue avventure, vedremo se il nostro piccolo esploratore, riuscirà a trovare quello che sta cercando.

Cominciamo col dire che non si tratta di Tolstoi o di Pirandello, così tanto per buttare lì i primi due nomi che mi sono venuti in mente.

Il libro è scorrevole e la storia è sufficientemente leggera, ma nonostante il tentativo dell’autore, la storia ha veramente pochissimo spessore. E’ talmente anonima che si rischia di dimenticarla un giorno dopo aver finito di leggerla.

Nel corso della lettura si ha veramente la sensazione di provare ad afferrare il fumo. Attenzione non sto dicendo che il romanzo sia brutto o mal scritto, ma semplicemente che il risultato finale è troppo impalpabile.

I personaggi sembrano bidimensionali e, se li si immagina recitare sul palco di un teatro, ecco che diventano anche legnosi e un po’ scolastici.

E’ evidente che l’autore ci abbia provato fino in fondo e abbia tentato di produrre una piccola gemma, magari ispirato da storie minime scritte da altri grandi autori, ma purtroppo il risultato che abbiamo tra le mani non è quel piccolo capolavoro a cui forse Cattelan aspirava.

Libro da leggere sulla spiaggia per far passare il pomeriggio mentre si prende il sole.

Libro non consigliato.

Guida galattica per autostoppisti

Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams, edito da Arnoldo Mondadori Editore, prima edizione 1979.

Tanto per cominciare, non facciamoci prendere dal panico; siamo sì davanti ad un libro di fantascienza ma, al suo interno troveremo moltissima fanta(sia) e pochissima scienza.

Come ovviamente anticipato dal titolo si tratta di una guida turistica galattica, scritta sotto forma di enciclopedia che giocherà un ruolo fondamentale nel corso di questo romanzo e dei sui successori.

Arthur Dent, come ogni mattina, si sta lavando i denti quando, riflesse nello specchio del bagno vede delle simpatiche ruspe gialle che si accingono ad entrare nel suo giardino. Si precipita fuori in pigiama e giacca da camera svolazzante, solo per scoprire che da mesi è stata decisa la distruzione della sua casa per far posto ad un bellissimo, nuovissimo, futuristico svincolo autostradale.

Urge la difesa della sua proprietà e l’unica soluzione che riesce a farsi venire in mente è di sdraiarsi davanti alle ruspe per impedirne il movimento.

Arthur è lì sdraiato per terra quando all’improvviso si palesa il suo salvatore. Il suo caro amico Ford Prefect giunge e, dopo essersi dichiarato alieno e prima ancora che Arthur abbia finito di spiegargli la situazione, gli dice che la sua battaglia è inutile perché è previsto che il mondo sia distrutto proprio oggi e che al suo posto verrà costruito un bellissimo, nuovissimo, futuristico svincolo intergalattico.

Le astronavi giunte per la distruzione della terra sono il mezzo inconsapevole attraverso cui i due amici si salvano; Infatti saliranno a bordo di una queste astronavi come clandestini salvandosi la vita ma, al contempo, infilandosi in una serie surreale di avventure nello spazio.

Arthur scoprirà dunque un universo completamente sconosciuto e di grande importanza saranno le informazioni presenti sulla guida. Una specie di antesignano e-book parlante e che può essere aggiornato da Ford.

Inizieranno a viaggiare avanti e indietro nello spazio infinito, a volte come clandestini appunto ed altre come ospiti.

Conosceranno una serie di alieni uno peggio dell’altro.

Entreranno in contatto anche con Zaphod Beeblebrox ex Presidente della Galassia, bicefalo (e le due teste non sono mai d’accordo tra loro), che li convincerà ad accompagnarli su un pianeta ai confini dell’universo per liberare una ragazza terrestre di nome Trillian che, guarda caso, è la stessa ragazza che ha provato a corteggiare Arthur la sera prima della distruzione della terra, durante una festa.

I tre non sono soli durante questa missione; li accompagna un robot di nome Marvin, che soffre di una fortissima e al tempo stesso divertentissima depressione. Marvin però è davvero un robot eccezionale infatti è bravissimo a guidare l’astronave dove si trovano che si chiama “Cuore d’Oro” e che viaggia grazie alla “propulsione di improbabilità infinita”.

I nostri eroi gireranno in lungo e in largo l’universo per finire poi sul pianeta Magrathea dove scopriranno quale fosse il progetto originale per la terra e si imbatteranno in qualcuno che è alla ricerca della “risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto”!

Sono conscio del fatto che non si capisce nulla, ma non è colpa mia, è il libro che è scritto così. Questo è un libro particolare a cui non si può restare indifferenti. O lo si ama alla follia, e si citano le sue battute tra amici strizzandosi l’occhio, come se si appartenesse ad un club segreto, o non si riesce ad andare oltre le prime pagine.

La storia nella sua assurdità è ben congegnata e funzionante, i personaggi sono incredibilmente caratterizzati. Dalle manie di Arthur che pretende di bere un autentico tea inglese nelle profondità della galassia, si passa alle stranezze di Ford che sembra sempre che stia vivendo una realtà diversa da quella di tutti gli altri ma che, alla fine, sarà il vero nucleo di tutta la storia.

La saga è composta anche dai successivi titoli che sono: Ristorante al termine dell’universo (1980); La vita, l’universo e tutto quanto (1982); Addio, e grazie per tutto il pesce (1984); Praticamente innocuo (1992); E un’altra cosa… (2009) scritto da Eoin Colfer.

Nel 2005 dal libro è stato tratto un film di pari titolo, molto fedele al romanzo.

Se siete pazzi come me adorerete questo libro, se invece siete sani di mente e sobri… mi spiace per voi, non sapete che cosa vi perdete!

Ho smesso di piangere

Ho smesso di piangere di Veronica Pivetti edito da Mondadori. Prima edizione 2012.

E’ un gran bel libro che tratta di un argomento difficile quale è la depressione, e della difficoltà dei malati di far credere ai “sani” la propria condizione. Veronica racconta con sincerità, e quella ironia tipica del personaggio la sua odissea, il suo viaggio di rinascita.

Scopo nemmeno troppo velato di questo scritto è sicuramente quello di dare testimonianza della grave malattia che affligge più persone di quelle che potremmo immaginare, ma anche quello di cercare di infondere una speranza a tutti coloro che sono malati.

Indubbiamente si tratta di un libro verità che racconta una sofferenza durata anni e lascia il lettore basito su quanto sia stato bravo il personaggio pubblico Pivetti, per tutto il tempo della sua malattia, a recitare ruoli brillanti mentre “moriva” dentro, mentre tutto quello che anelava nel cuore era semplicemente morire.

La causa scatenante della depressione di Veronica è stato un problema tiroideo, ma non è poi così importante quale sia stato il motivo (che per ogni malato può essere diverso). Il punto è che la malattia è latente nell’animo e poi all’improvviso, come un interruttore pronto a scattare, si attiva con rabbia. C’è come qualcosa che si rompe dentro, che si alza ed inizia la sua opera distruttiva e che, per le persone famose, di successo e ricche è ancora più difficile da far credere specie, se come nel caso di Veronica Pivetti, sono dedite all’ironia.

Seguire la nostra “eroina” tra medici che non hanno la capacità di ascoltare, buone amiche (per fortuna che esistono) che si assumono il ruolo di “cani guida per ciechi” e fans ignari (che vorrebbero la corrispondenza perfetta tra personaggio e attore), significa vederla compiere il suo calvario che la porta a riacquistare il suo equilibrio senza perdere la verve e a conoscersi molto più in profondità.

Il tutto ovviamente raccontato con quello spirito goliardico che personalmente associo a Veronica Pivetti e a quella ironia che trasuda dalla sua pelle. Durante la lettura del libro me la vedevo girare per Milano (o Roma a seconda dei casi) per recarsi dai vari specialisti o per andare dalla propria casa a quella dell’amica che l’ha sostenuta (certe volte non solo psicologicamente) con quella sua adorabile aria stralunata e trasognata che tanto amo in lei.

Ho trovato molto triste e al contempo molto vero (e sono contento che l’abbia scritto) il racconto del rapporto interrotto con il suo cane; Veronica ha capito che, nel momento più buio della depressione, non c’era spazio per nessun altro al di fuori di sé stessa. Che tutte le sue energie dovevano essere focalizzate nel tentativo di superare quel grave handicap che le era caduto addosso. Ripeto, è molto triste ammettere di aver abbandonato il proprio cane, ma al contempo era l’unica cosa che poteva fare. A parziale scusante diciamo che il cane non è stato abbandonato, ma soltanto “parcheggiato” per qualche tempo a casa dell’amica.

C’è una frase che mi piace molto e che con la quale voglio chiudere questo breve racconto, dice: “Una volta ero perfettamente funzionante, ero nuova di trinca. E credevo che fosse quella la verità. Ora sono un po’ rattoppata, ho un’anima patchwork, e una psiche in divenire. Ed è questa la verità. Ma va bene così, perchè la vita si fa con quello che c’è…”

Ultima notazione veloce. Non pensate che sia un libro triste e noioso; ci si diverte un sacco in questo libro, non fosse altro che per il ritrovato spirito dell’autrice. Ci si ritrova a sorridere delle sue sventure perchè tutto viene affrontato seriamente ma sempre con quella leggerezza d’animo e quel sorriso un po’ sghembo che è tipico di Veronica Pivetti. Sembra sempre che stia per dirne una delle sue o per fare una delle sue “figure”.

Libro consigliato a tutti quelli che vogliono capire di più di questa malattia del nostro tempo, e anche a tutti quelli che vogliono vedere il personaggio pubblico svestire i panni di comico e conoscere il vero cuore della donna Veronica Pivetti.