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Io sono il messaggero

Io sono il messaggero di Markus Zusak, scritto nel 2002, vincitore del Children’s Book Council of Australia nel 2003. È stato pubblicato per la prima volta in Italia nel 2006 da Mondadori con il titolo La quinta carta, per poi essere tradotto nuovamente con il titolo Io sono il messaggeronel 2015, edito da Frassinelli.

Il romanzo racconta l’avventura vissuta da Ed Kennedy, diciannovenne tipico abitante dei sobborghi cittadini. Tassista, nonostante la sua giovane età, ama leggere e giocare a carte insieme ai sue tre migliori amici. Molto innamorato di Audrey che però non vuole legarsi per non rischiare di soffrire come è già successo in passato.

Durante una rapina in banca, fatta da uno che sembra proprio un principiante, Ed ferma il rapinatore quasi senza rendersene conto. Grazie alla fama dovuta a questo accadimento Ed ritrova ad essere scelto come destinatario per delle missioni che sono scritte su carte da gioco. La prima carta che gli viene consegnata è l’asso di quadri. Sulla carta Ed trova tre indirizzi e un orario in cui fare la sua visita. Ed capisce che dovrà fare qualcosa per cambiare la vita di alcune persone. Terminata questa prima missione la ricezione delle carte da gioco si arricchisce di qualche piccolo enigma per comprendere dove fare l’intervento successivo. Dopo l’asso di quadri Ed riceverà in ordine quello di fiori, poi picce ed infine quello di cuori.

Se all’inizio dell’avventura era solo la curiosità a spingere Ed, man mano che si avanza nella lettura si capisce che Ed inizia davvero a credere nel suo ruolo di messaggero anche se non ha la minima idea di chi ci sia dietro a tutto questo. Lo vedremo coinvolto nel tentativo di fermare la violenza domestica di un uomo verso la propria donna; sarà un ottimo compagno negli ultimi giorni di una donna ultraottantenne rimasta sola; porterà autostima ad una ragazzina.

Ogni volta che termina le missioni indicate su una carta, gliene viene consegnata una nuova. Con l’avvento dell’asso di cuore il gioco cambia un po’. Questa volta, destinatari delle sue “buone azioni” non sono più degli emeriti sconosciuti bensì i suoi più cari amici. Ritchie, Marvin e Audrey. Come nei casi precedenti il messaggio non è semplice ma, questa volta c’è la componente emotiva della conoscenza e amicizia a complicare le cose.

Chiaramente la chiave di volta di tutto il libro è l’ultima missione; quella con Audrey perché in questo caso c’è la componente dell’amore. I due si piacciono da molto tempo e non si sono mai concessi di amarsi perché le paure di soffrire li hanno sempre consumati. Ed e Audrey sono migliori amici da moltissimi anni e finalmente i due si diranno le cose che conservano nel cuore da sempre e faranno evolvere la loro amicizia in qualcosa di più profondo.

Diversamente da quanto ci si aspetta l’asso di cuori non sarà l’ultima carta che Ed riceverà, infatti ci sarà un’ultima consegna su cui il ragazzo troverà indicato il proprio indirizzo. “Che cosa vuol dire tutto questo?” si chiede il ragazzo – sarà compito del lettore scoprirlo insieme all’identità del vero mandante.

Dalla descrizione può sembrare un libro ricco di tanta tensione ed invece l’atteggiamento vagamente menefreghista di Ed riesce bene a smorzare questa suspance. Il lettore è catturato dalla curiosità di scoprire come evolve la storia eppure deve seguire Ed con la sua indolenza, con la sua flemma che però da tempo al lettore di riflettere su quanto sta accadendo e di farsi un’idea propria di tutta la situazione.

La scrittura è semplice ed efficace, ogni attore è disegnato dall’autore in maniera non troppo approfondita ma sufficiente per farci conoscere e comprendere le sue scelte ed i suoi comportamenti. Ed ci sta subito simpatico proprio perché in quasi tutte le famiglie c’è un personaggio come lui, il suo rapporto con gli amici ci ricorda le nostre amicizie di gioventù. Insomma è un libro che ci conquista con la sua semplicità. Non ha orpelli inutili ed anche la scrittura è semplice e diretta. Proprio per questa sua schiettezza è un libro che segna il lettore nel profondo e insegna che la vita è sempre e comunque una lotta.

Libro consigliato.

Il rifugio dei cuori solitari

Il rifugio dei cuori solitari di Lucy Dillon edito da Garzanti – prima edizione 2011.

“Agli inizi di febbraio, Rachel Fielding vantava una carriera di un certo prestigio come PR per società operanti su Internet, un compagno che le comprava regolarmente dei fiori e si vestiva meglio di lei, una donna delle pulizie ed un’età cutanea di tre anni inferiore a quella anagrafica, ossia trentanove. Meno di due settimane dopo, tuttavia, con un’unica semplice mossa era riuscita a perdere l’amore della sua vita, l’appartamento di Chiswick e il lavoro.”.

Così inizia il libro della Dillon di cui vorrei parlarvi oggi. Rachel è una quasi quarantenne che si ritrova a dover fare un bilancio della sua vita e scopre di non aver ottenuto poi molto dalla propria esistenza.

Alla depressione dovuta alla fine del suo rapporto d’amore e a quello lavorativo si aggiunge la morte della zia Dot che la nomina, a sorpresa, esecutrice testamentaria.

Rachel si ritrova proprietaria della tenuta della zia composta dalla casa, il canile e il rifugio per cani abbandonati o randagi, ma prima di poter disporre di tutto ciò dovrà fare un accurato elenco di tutti i beni, chiedere l’omologazione del testamento e pagare una tassa di successione sicuramente molto elevata.

Inoltre compreso nell’eredità c’è Gem, un boarder collie con due occhi brillanti che sanno cosa stai pensando solo guardanti in faccia, e un mucchio di peli addosso, e che ha assistito alla morte della zia. Gem è il tipico esempio della stranezza di zia Dot. Solo lei puoi lasciare in eredità il suo cane ad una nipote che non ama i cani.

Rachel si trasferisce suo malgrado nella tenuta di Four Oaks per poter amministrare meglio la tenuta e così facendo entra in contatto con la realtà e la vita della zia; una vita basa fondamentalmente sui cani, ma anche sui tanti volontari che fanno funzionare il canile e sulle persone che sono interessate ad adottare un cagnolino oltre che agli abitanti del villaggio di Longhampton.

Passati i primi giorni di disagio e sempre con la certezza di non amare i cani, Rachel inizia a conoscere le persone che più assiduamente frequentano il centro ed ecco che noi veniamo a conoscenza dei problemi di Natalie e di Zoe.

Natalie è una giovane donna manager che cerca spasmodicamente di rimanere incinta senza riuscirci assillando la propria vita e quella del marito Johnny con grafici di temperatura basale e calcoli di periodi di fertilità. Zoe invece è una parrucchiera fresca di divorzio, madre di due figli, a cui l’ex marito sta facendo passare un periodo post-divorzio veramente infernale.

Un altro personaggio importante nella narrazione della Dillon è George; il rude veterinario che spesso compare a Four Oaks e che, fin dal primo istante, instaura con Rachel un rapporto astioso e nervoso.

La nostra protagonista capisce abbastanza presto di essere sotto esame nella nuova comunità e si impegna nel tentativo di far funzionare le cose nel canile in modo da poter chiedere rapidamente l’omologazione del testamento e di conseguenza poter tornare alla sua vita precedente.

Le storie di tutti questi personaggi, principali e secondari si snodano in un arco di tempo abbastanza breve e con anche qualche colpo di scena (abbastanza prevedibile comunque). Le persone si frequentano, le vite si ingarbugliano; alcune persone si avvicinano e faranno probabilmente un pezzo di strada assieme, e altre invece si allontanano definitivamente mentre Rachel è sempre più impegnata nel tentativo di dare una seconda occasione ai piccoli ospiti del canile

Il desiderio di ben figurare di fronte a tutti i suoi nuovi collaboratori e alla nuova comunità, il proprio orgoglio personale e le sue capacità manageriali conquisteranno le persone che già aiutavano la zia Dot, e sposteranno l’attenzione di Rachel dal fatto che, grazie a questo lascito, anche a lei la vita sta concedendo una seconda opportunità; quando se ne renderà conto sarà talmente impastoiata che sceglierà di… (bhe magari questo non ve lo dico).

Fin qui la sinossi del libro; ora viene la parte difficile. Il libro è quasi banale nella sua normalità, a volte genera qualche sbadiglio e, come già anticipato, anche i presunti colpi di scena sono abbastanza fiacchi. I personaggi non sono abbastanza definiti, soprattutto mancano le motivazioni psicologiche che spingono gli attori a determinati comportamenti. Forse solo il personaggio di Zoe è effettivamente ritratto a tutto tondo.

Per tutte le cose che ho appena esposto direi che questo è un libro “quasi sufficiente” come si diceva ai tempi della scuola. Ma sicuramente c’è qualcosa di assolutamente vero in questo libro e che mi sento di dover ribadire con forza. C’è un messaggio chiaro in questo libro che faccio mio ed è il seguente “i cani non sono giocattoli! E, soprattutto quando sono cuccioli, non vanno regalati a cuor leggero. I cani (ma stesso discorso vale per gatti, pappagalli e tutti gli animali domestici) sono esseri viventi che hanno tanto amore da darci ma che richiedono un impegno non indifferente. Se non siete pronti ad assumervi questo compito, allora regalate e regalatevi un peluche”.