Il rifugio dei cuori solitari di Lucy Dillon edito da Garzanti – prima edizione 2011.

“Agli inizi di febbraio, Rachel Fielding vantava una carriera di un certo prestigio come PR per società operanti su Internet, un compagno che le comprava regolarmente dei fiori e si vestiva meglio di lei, una donna delle pulizie ed un’età cutanea di tre anni inferiore a quella anagrafica, ossia trentanove. Meno di due settimane dopo, tuttavia, con un’unica semplice mossa era riuscita a perdere l’amore della sua vita, l’appartamento di Chiswick e il lavoro.”.

Così inizia il libro della Dillon di cui vorrei parlarvi oggi. Rachel è una quasi quarantenne che si ritrova a dover fare un bilancio della sua vita e scopre di non aver ottenuto poi molto dalla propria esistenza.

Alla depressione dovuta alla fine del suo rapporto d’amore e a quello lavorativo si aggiunge la morte della zia Dot che la nomina, a sorpresa, esecutrice testamentaria.

Rachel si ritrova proprietaria della tenuta della zia composta dalla casa, il canile e il rifugio per cani abbandonati o randagi, ma prima di poter disporre di tutto ciò dovrà fare un accurato elenco di tutti i beni, chiedere l’omologazione del testamento e pagare una tassa di successione sicuramente molto elevata.

Inoltre compreso nell’eredità c’è Gem, un boarder collie con due occhi brillanti che sanno cosa stai pensando solo guardanti in faccia, e un mucchio di peli addosso, e che ha assistito alla morte della zia. Gem è il tipico esempio della stranezza di zia Dot. Solo lei puoi lasciare in eredità il suo cane ad una nipote che non ama i cani.

Rachel si trasferisce suo malgrado nella tenuta di Four Oaks per poter amministrare meglio la tenuta e così facendo entra in contatto con la realtà e la vita della zia; una vita basa fondamentalmente sui cani, ma anche sui tanti volontari che fanno funzionare il canile e sulle persone che sono interessate ad adottare un cagnolino oltre che agli abitanti del villaggio di Longhampton.

Passati i primi giorni di disagio e sempre con la certezza di non amare i cani, Rachel inizia a conoscere le persone che più assiduamente frequentano il centro ed ecco che noi veniamo a conoscenza dei problemi di Natalie e di Zoe.

Natalie è una giovane donna manager che cerca spasmodicamente di rimanere incinta senza riuscirci assillando la propria vita e quella del marito Johnny con grafici di temperatura basale e calcoli di periodi di fertilità. Zoe invece è una parrucchiera fresca di divorzio, madre di due figli, a cui l’ex marito sta facendo passare un periodo post-divorzio veramente infernale.

Un altro personaggio importante nella narrazione della Dillon è George; il rude veterinario che spesso compare a Four Oaks e che, fin dal primo istante, instaura con Rachel un rapporto astioso e nervoso.

La nostra protagonista capisce abbastanza presto di essere sotto esame nella nuova comunità e si impegna nel tentativo di far funzionare le cose nel canile in modo da poter chiedere rapidamente l’omologazione del testamento e di conseguenza poter tornare alla sua vita precedente.

Le storie di tutti questi personaggi, principali e secondari si snodano in un arco di tempo abbastanza breve e con anche qualche colpo di scena (abbastanza prevedibile comunque). Le persone si frequentano, le vite si ingarbugliano; alcune persone si avvicinano e faranno probabilmente un pezzo di strada assieme, e altre invece si allontanano definitivamente mentre Rachel è sempre più impegnata nel tentativo di dare una seconda occasione ai piccoli ospiti del canile

Il desiderio di ben figurare di fronte a tutti i suoi nuovi collaboratori e alla nuova comunità, il proprio orgoglio personale e le sue capacità manageriali conquisteranno le persone che già aiutavano la zia Dot, e sposteranno l’attenzione di Rachel dal fatto che, grazie a questo lascito, anche a lei la vita sta concedendo una seconda opportunità; quando se ne renderà conto sarà talmente impastoiata che sceglierà di… (bhe magari questo non ve lo dico).

Fin qui la sinossi del libro; ora viene la parte difficile. Il libro è quasi banale nella sua normalità, a volte genera qualche sbadiglio e, come già anticipato, anche i presunti colpi di scena sono abbastanza fiacchi. I personaggi non sono abbastanza definiti, soprattutto mancano le motivazioni psicologiche che spingono gli attori a determinati comportamenti. Forse solo il personaggio di Zoe è effettivamente ritratto a tutto tondo.

Per tutte le cose che ho appena esposto direi che questo è un libro “quasi sufficiente” come si diceva ai tempi della scuola. Ma sicuramente c’è qualcosa di assolutamente vero in questo libro e che mi sento di dover ribadire con forza. C’è un messaggio chiaro in questo libro che faccio mio ed è il seguente “i cani non sono giocattoli! E, soprattutto quando sono cuccioli, non vanno regalati a cuor leggero. I cani (ma stesso discorso vale per gatti, pappagalli e tutti gli animali domestici) sono esseri viventi che hanno tanto amore da darci ma che richiedono un impegno non indifferente. Se non siete pronti ad assumervi questo compito, allora regalate e regalatevi un peluche”.