Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio di Amara Lakhous, edito da Edizioni EO, prima edizione 2006.

Ma che bello questo libro, ma che bello questo libro, ma che bello questo libro. Per niente facile fare una sinossi però.

Roma, piazza Vittorio, nell’ascensore di un condominio viene trovato un cadavere.

Immediatamente le indagini (che non ci verranno raccontate) si indirizzano sull’intervista dei vari condòmini. Tutti sono convinti di sapere chi sia l’assassino. Da ogni abitante del palazzo ci verrà raccontata una storia che sembrerà fine a se stessa, ma che poi intrecciandosi a tutte le altre, ci porterà a vedere la realtà sotto molte luci diverse; a vedere la verità in base alla cultura e all’educazione di ogni condòmino; sembrerà quasi che la loro capacità di elaborare la realtà sia imbrigliata dalle convenzioni più comuni. Rappresentano forse degli stereotipi?

Ogni personaggio però, ha una propria identità chiara che si delinea perfettamente nel corso del racconto facendosi portavoce di una personalità effettivamente “reale”; proprio in questo si trova la chiave dell’ironia di questo romanzo. Perché ognuno di noi ci si può riconoscere. In ognuno di loro, c’è un pezzetto di noi.

Tra le accuse della portinaia, convinta che l’assassino sia uno degli immigrati che “girano” nella zona, la badante peruviana che vive nel terrore di perdere il lavoro e che si “ammazza” di televisione, si ubriaca e si concede al primo che capita la domenica pomeriggio, ascoltiamo esterrefatti le tante altre storie che si intersecano mandando in secondo piano la ricerca dell’omicida.

Tutte queste storie sono intervallate dagli “ululati” di un non meglio precisato Amedeo che sembra essere una voce narrante “sovrana” ed invece è solo la cassa di risonanza attraverso cui queste storie sono legate le une alle altre. Ad ogni ululato conosceremo anche un pezzetto della vita precedente di questo oscuro figuro che frequenta gli immigrati e li tratta con sincero affetto.

Ma chi è veramente Amedeo? E soprattutto, perché è scomparso?

E’ bello questo modo di raccontare una diversità che ormai non notiamo nemmeno più. Tutte queste storie raccontano una realtà che spesso non conosciamo perché temiamo di “sporcare” la nostra educazione e la nostra cultura con educazioni e culture differenti.

Può sembrare un libricino leggero leggero, quasi letteratura da spiaggia, eppure ogni volta che si chiude il libro ci si ritrova a riflettere su una condizione di disagio su cui, forse, non abbiamo mai riflettuto abbastanza.

Si ride in questo libro certo ma si fanno anche riflessioni profonde. Alla fine di questo romanzo indubbiamente avremo una mentalità diversa anche solo per il fatto che abbiamo buttato un’occhiata in questo mondo.

L’autore, algerino di nascita, vive a Roma dal 1995 e ha vinto nel 2006 il premio Ennio Flaiano per la narrativa ed il premio Recalmare – Leonardo Sciascia.

Inoltre nel maggio 2010 è uscito il film omonimo diretto da Isotta Toso.

Ovviamente libro consigliato per un po’ di riflessione con il sorriso sulle labbra.