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Fight Club

Fight Club di Chuck Palahniuk, edito da Arnoldo Mondadori Editore, prima edizione 1996.

Scommetto 10 caffè che non vi siete ancora imbattuti in un libro così strano. Attenzione: ho detto strano non brutto. Anzi! Fight Club è uno dei libri più interessanti e ben scritti non solo di Palahniuk o del suo genere ma dell’intera letteratura americana dalla fine del millennio fino ai giorni nostri.

Siccome non è buona norma mettere il carro davanti ai buoi è meglio andare per ordine, cominciando con un brevissimo riassunto.

Il protagonista di questo romanzo non ha un nome perché l’autore ha deciso di non assegnargliene uno, forse perché l’anonimato permette a noi di riconoscerci più facilmente in lui. E’ un impiegato che vive in una bella casa con arredamento moderno molto ricercato e molto costoso. E’ affetto da una gravissima forma di insonnia che ne sconvolge la vita e lo porta a ricercare le peggiori esperienze per affaticarsi e trovare un po’ sonno. L’unica cosa che sembra funzionare contro la sua insonnia è partecipare ai gruppi di auto aiuto per i malati di cancro.

La sua malattia è talmente invalidane che nel lungo periodo sarà la causa per cui perderà il lavoro dopo aver dato di matto con il suo capo.

Oltre all’insonnia il nostro protagonista soffre anche per una infinita sfiducia nel genere umano che lo porta sempre più giù nella sua spirale depressiva. Tutto fino all’incontro casuale con Tyrel Durden un eccentrico uomo che fabbrica saponette (e scoprirete partendo da cosa), che diventerà il suo guru oltre che il suo migliore amico. Ma non solo. Lentamente, proprio come fa un tumore, Tyrel si impossesserà di tutta la vita del nostro protagonista senza nome. Questi non sarà più in grado di fare alcunché di propria volontà. Anche la sua capacità di giudizio sarà completamente delegata a Tyrel.

Per cercare di aiutare tutti quegli uomini che, come il nostro protagonista, hanno problemi di svariati generi, ma connessi con la mascolinità, i due fondano il Fight Club. Una specie di associazione segreta in cui questi uomini si sfidano ad incontri di boxe molto rudimentale, senza protezioni, senza regole e soprattutto nella più assoluta segretezza con l’intento di ritrovare dentro di sé il maschio vero che la società contemporanea vuole sempre più delicato ed androgino (lamentando poi la morte della mascolinità).

Fanno le cose seriamente i due al punto che definiscono delle regole. Vi riporto le prime tre affinché possiate farvi un’idea:

“La prima regola del fight club è che non si parla del fight club.

La seconda regola del fight club è che non si parla del fight club.

La terza regola del fight club, quando qualcuno dice basta o non reagisce più, anche se sta solo facendo finta, il combattimento è finito.”

L’idea ha talmente successo che i due saranno costretti ad aprire più “succursali” (solitamente nei bar più infimi dopo l’ora di chiusura per non dare nell’occhio). Proporzionale al successo dei vari Fight Club è la loro discesa negli inferi. Non sarà più sufficiente incontrarsi e menarsi a mani nude per ripristinare l’ego maschile ma, i due costruiranno via via, una organizzazione sempre più complessa, sempre più illegale, sempre legata alla follia di Tyrel.

Ma chi è davvero Tyrel? Lo scopriremo con l’avanzare del romanzo.

Siamo di fronte ad un romanzo talmente particolare che anche il giudizio dicotomico “Mi piace / non mi piace” viene momentaneamente sospeso, davanti all’incredulità di quello che si è appena terminato di leggere. E’ quasi impossibile includere questo romanzo in uno dei generi soliti. E’ probabilmente qualcosa che fa classe a se stante.

Certamente Tyrel Durden è un nuovo rivoluzionario che si è dato la missione di distruggere il capitalismo e il consumismo dal loro interno, e che vuole combattere il vuoto pneumatico che, la società contemporanea crea nell’amino delle persone.

Grande importanza in questo romanzo hanno le ripetizioni. Tyrel ripete sincopaticamente e ossessivamente le parole, i concetti alfine che formino un’immagine precisa nella nostra mente, affascinando e trasmettendo al lettore, un senso di smarrimento che è quello che provano i frequentatori del Fight Club quando sono immersi nella società.

Palahniuk sventola la sua bandiera contro la società civile moderna, l’omologazione sfrenata, la pubblicità ossessiva che ci serve modelli difficilmente perseguibili e che obbliga la massa in recinti fatti di menzogne. Dal suo acido giudizio non si salva nemmeno quella ideologia sovversiva e un po’ radical-chic tipica del nostro tempo.

Nonostante lo stile sia frammentario la lettura risulta comunque scorrevole e fluida. Opera indubbiamente originale nei contenuti e nel modo di raccontarli, ha nella figura del flashback il suo centro di rotazione, da cui parte e a cui sempre ritorna.

Romanzo cruento, violento, volgare, sporco, inquietante e per alcuni versi apocalittico. Non si può negare però che abbia anche una qual certa vena comica. Siamo sicuramente di fronte ad un libro molto originale e, a suo modo, paradossale: un romanzo che fa sobbalzare sulla poltrona e che non lascia indifferenti. O si ama, o si odia.

Libro molto consigliato.

La ragazza del treno

La ragazza del treno di Paula Hawkins, edito da Piemme, prima edizione 2015.

Sulla copertina di questo libro, ancora prima del nome dell’autrice e del titolo campeggia questo monito: “Non fidarti di ciò che vedi dal finestrino di un treno. Le vite degli altri non sono mai come sembrano”.

Mentre leggevo questo libro ho avvertito come la sensazione che si dipanassero davanti ai miei occhi dei pannelli tutti uguali, tutti dipinti di differenti tonalità di grigio. Si perché la vita della protagonista è grigia, monotona, ripetitiva. La protagonista stessa, Rachel, è grigia; grigia perché non ha amici e la sua vita ruota tutta intorno alla routine casa-lavoro. La città in cui è ambientato il libro, Londra, viene raccontata come tetra, spenta, grigia appunto, anche se sappiamo che nella realtà tutto si possa dire della capitale delle terre di Albione, tranne che sia una città grigia.

Rachel, una donna di 32 anni affetta da gravi problemi di alcolismo, vive a Londra e per raggiungere il lavoro prende tutti i giorni il treno che, monotonia nella monotonia, fa sempre le stesse fermate sia in stazione sia al di fuori. Rachel ha preso l’abitudine di scrutare la vita degli altri dal finestrino del treno quando questo si ferma. Tra le fermate non ufficiali, ce n’è una alla quale Rachel è molto affezionate. Si tratta di una fermata in attesa che venga dato il verde per entrare in una stazione e, nei pochi istanti concessi, spia la vita di una coppia a cui ha assegnato anche nomi di fantasia di Jess e Jason. Sembrano la classica famigliola felice.

In realtà si chiamano Megan e Scott Hipwell e la loro esistenza non è così perfetta come sembra.

Rachel gode della ripetitività di quello che vede perché la sua vita sentimentale è stata una vera Waterloo. Sposata a Tom la sua storia è naufragata per il suo alcolismo e Rachel non riesce a farsene una ragione soprattutto perché l’ex-marito ha iniziato una nuova relazione con Anna e dalla loro unione è nata una splendida bimba.

Una mattina però, quando il treno si ferma davanti alle finestre della casa di Megan e Scott, quello che Rachel vede non è il classico quadretto idilliaco a cui era abituata bensì Megan che bacia appassionatamente (e di questo Rachel non ha il minino dubbio) un uomo che non è suo marito.

Data la propria condizione Rachel prende il tradimento di Megan come uno schiaffo morale personale e continua a pensarci per giorni e giorni fino a quando si rende conto che Megan è scomparsa. Convinta di essere ella stessa coinvolta in qualche modo nella scomparsa della donna, Rachel si mette ad indagare parallelamente alla polizia, ficcandosi in parecchi guai e scoprendo, alla fine, più su se stessa e la sua dipendenza dall’alcol che su quanto effettivamente accaduto.

Ovviamente trattandosi di un giallo non aggiungerò altro, ma il libro ha uno stile narrativo molto particolare infatti, nello sviluppo della storia si alternano tre voci narranti. Quella di Rachel appunto, ma anche quella di Megan e di Anna. Ognuna di esse contribuisce ad erigere un mosaico che porterà il lettore alla scoperta della verità.

Il libro ha sicuramente il vantaggio di un ritmo incalzante ed asfissiante. Il lettore è trascinato a leggere sempre un pezzo in più. L’autrice sicuramente ha trovato il modo di incatenare la curiosità del lettore alle pagine. I personaggi sono tutti molto ben descritti sia nei tratti fisici ma soprattutto in quelli psicologici; questo ci permette di entrare nella testa di Rachel, per esempio, e di capire come l’obnubilamento da alcol la porti a vedere, pensare, progettare situazioni assurde.

Libro sicuramente molto psicologico che mostra al lettore i danni causati nello specifico dall’alcolismo ma in senso più generale da tutte le dipendenze.

Da libro è stato tratto nel 2016 un film che ambienta però la storia negli Stati Uniti.

Libro consigliato.

Central Park

Central Park di Guillaume Musso, edito da Bompiani, prima edizione 2016.

Il romanzo prende le mosse, proprio come dice il titolo, da Central Park alle 8 del mattino.

Alice si sveglia su una panchina e non riconosce il paesaggio, ha la camicetta macchiata di sangue e la cosa che più la preoccupa è il fatto di essere ammanettata ad un perfetto sconosciuto.

Al suo risveglio il giovane dichiara di chiamarsi Gabriel e di essere un famoso pianista jazz. I due non hanno documenti, né cellulari né tantomeno denaro.

Si rendono immediatamente conto di essersi risvegliati in Central Park e la mente analitica di Alice, che fino al giorno prima era una poliziotta francese, inizia immediatamente a calcolare se c’è sufficiente tempo per la trasvolata oceanica.

L’unica certezza di Alice è che la sera precedente è uscita con le amiche, si è abbondantemente ubriacata e poi… non ha altri ricord.

Pensa di essere stata narcotizzata e rapita ma di nuovo è assalita da una gran quantità di perché a cui non sa dare una risposta plausibile.

Il fatto di trovarsi in una città straniera senza documenti e per di più ammanettati tra loro consiglia ad Alice e Gabriel di muoversi con grande cautela, di agitare il meno possibile le acque e soprattutto, di non rivolgersi alla polizia americana.

Seguiremo i due in giro per la città nord-americana attraverso peripezie, fughe rocambolesche, intrighi, sparatorie e tante avventure fino al momento in cui tutti i nodi verranno al pettine e Alice finalmente inizierà a ricordare ma, ovviamente di più non voglio svelare.

Ci troviamo di fronte ad un classico libro giallo perché fino alla fine riesce a mantenere la suspence su quello che capiterà ai nostri due protagonisti. Devo però ammettere che l’idea del finale è un po’ deludente, e anche un po’ confusa.

Sembra che l’autore, nel tentativo di mantenere alta la tensione fino alla fine abbia dimenticato di pensare ad un finale logico per l’avventura che ci ha raccontato ed abbia raffazzonato una conclusione stiracchiata.

La scrittura è molto piacevole e la storia è scorrevole. I personaggi sono ben disegnati ed è facile immaginarseli mentre scorrazzano per le streets e le avenues della grande mela. E’ facile affezionarsi a questi due scavezzacollo ma, e lo ribadisco…, peccato per il finale un po’… bho.

Libro non totalmente consigliato.

Pantumas

Pantumas di Salvatore Niffoi edito da Feltrinelli prima edizione 2012.

Come al solito Niffoi scrive un racconto corale che avvince il lettore e gli permette di sognare con la solita ricetta di storie minime di una Sardegna poco nota, dura ma al contempo, dolce e affascinante.

L’azione si svolge nel paese di Chentupedes (un paese barbaricino di cinquanta anime e quindi cento piedi), nel novembre del 1964.

Nel paese è tradizione che i morti siano in coppia, cioè solitamente alla morte del marito segue immediata la morte della moglie e viceversa. Questa tradizione viene spezzata con la morte di mannoi Lisandru.

Mannai Rosaria Niala è così convinta che il cielo si sia preso suo marito anzitempo, che lo aspetta pregando per un anno intero; alla scadenza dell’anno, come per magia, mannoi Lisandru ritorna in vita e lei lo accoglie con la stessa gioia con cui una sposa accoglie il marito di ritorno da un lungo viaggio.

Mannai Rosaria è certa che sia tornato per morire assieme a lei ma prima che questo accada è necessario raccontare i passaggi importanti della vita di Lisandru e a questo compito si dedica Serafinu Marradu che proietta le bobine del film della sua vita.

Nel mentre che il racconto avanza Lisandru ringiovanisce (Benjamin Button barbaricino) fino a giungere ad essere un infante tra le braccia della moglie che capisce di essere pronta a partire insieme a lui.

Libro fantastico; Niffoi ha abituato molto bene i suoi lettori. Anche le pagine di questo romanzo sono impregnate dai profumi, dagli odori, dai sapori ma soprattutto dagli umori di quella terra stupenda che è la Sardegna, con le sue asprezze accompagnate dalle sue meravigliose dolcezze; da un popolo forte e fiero dalla storia millenaria e delle sue tradizioni.

La lingua di Niffoi è sempre un mix di dialetto e lingua italiana. Un mix perfetto che permette al lettore, anche il meno avvezzo alla lingua locale, di cogliere tutte le sfumature dei dialoghi, tutto l’amore per quella terra aspra e bellissima ma soprattutto tutti i giochi di parole che l’autore si è divertito ad inserire nei nomi e soprannomi dei luoghi e delle persone.

Come in tutti i romanzi di Niffoi, i personaggi sono appena accennati, ma sufficientemente definiti perchè l’immaginazione del lettore possa “completare il disegno”.

Leggendo questo romanzo mi è sembrato di essere tornato in Sardegna. Ho riassaporato il profumo forte del mirto, ho rivisto i colori di questa terra stupenda, narrata magnificamente da questo autore straordinario.

Libro molto consigliato.

Via da Brooklyn

Via da Brooklyn di Tim Mcloughlin edito da Marsilio prima edizione 2001.

Iniziamo con il “quarto di copertina”.

Finito il liceo per il diciannovenne Mike è tempo di scelte: restare a South Brooklyn, il quartiere di New York in cui è nato e cresciuto, oppure andarsene? Continuare gli studi, trovarsi un lavoro serie, o magari, seguendo le orme del padre, entrare nel remunerativo ma spietato mondo della malavita organizzata? In attesa di una decisione che è tutt’altro che ansioso di prendere, Mike si diverte, guadagna qualche soldo come autista per un servizio di taxi abusivi, frequenta i corsi serali al college e gioca al gatto col topo con l’eterna fidanzata Gina, disposta a tutto pur di mettergli un anello al dito. Ma due eventi, l’incontro con Kathy, sofisticata e intellettuale studentessa di Manhattan, e il brutale omicidio di un amico da parte della mafia, imprimeranno una brusca accelerazione alla vita di Mike, costringendolo a scelte molto più impegnative di quanto immaginasse.”

Dunque dunque… il giovane Mike si trova al primo vero bivio della sua vita ma preferisce bivaccare nella terra di nessuno dell’indecisione piuttosto che progettare e realizzare il suo futuro; in fondo è giovane, ha tutto il tempo per decidere cosa vuole fare da “grande”. Sarà quindi la vita che sceglierà per lui infilandolo in una situazione davvero pericolosa da cui uscirà smarrito e spaventato solo grazie all’acume e all’esperienza del padre, figura in chiaroscuro (più scuro che chiaro in realtà) ma con una propria morale.

Seguiremo Mike in giro per le strade, spesso pericolose, di Brooklyn, nei fumosi bar di periferia, nella sede della società di taxi per cui lavora, a casa di una fidanzata isterica e spasmodicamente alla ricerca di farsi sposare da Mike. Il personaggio della fidanzata è forse quello più azzeccato dall’autore. E’ isterica ma simpatica; l’ha caratterizzata talmente bene che sono riuscito ad immaginarmela perfettamente nei suoi vestitini tanto a modino.

Poi nella vita del protagonista entra la bella e intelligente Kathy che, con poche parole e pochi gesti, si abbatte su Mike e ne sconvolge mente ed esistenza, mettendone in dubbio tutte le certezze granitiche. Lei si infila come un gas benefico nella vita del ragazzo che, senza capire come, si trova cambiato nel suo intimo.

Se volete sapere di più, cercatevi questo vecchio libro e leggetelo.

E’ un buon libro, ben scritto e con una trama inusuale ma sicuramente intrigante.

I personaggi sono tanti e ben raccontati; in alcuni casi vengono solo tratteggiati non perchè non siano importanti ma perchè l’autore desidera che sia il lettore a fare uno sforzo di fantasia e a personalizzare gli attori come meglio preferisce.

E’ bellissimo girare con Mike per le strade di una New York che rimane al limite delle grandi rotte turistiche. Grazie a questo autore, il lettore si immerge in una nuova New York meno scintillante e “grattacielesca” ma sicuramente più vera e vissuta. Frequenteremo personaggi discutibili, assassini, mafiosi, persone che vivono al bordo della normalità, eppure mai sentiremo il vero brivido della paura. E’ un thriller ma di quelli soft.

In alcune descrizioni delle città ricorda uno degli autori che preferisco, David Leavitt, ma non ha il suo genio e la sua capacità di immergere totalmente il lettore nella New York che sta descrivendo.

Ottima la scrittura e buona la trama.

Niente di trascendentale ma sicuramente libro consigliato.