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Baci da Polignano

Baci da PolignanoLuca Bianchini, edito da Mondadori, prima edizione 2020.

Dopo sette anni dall’ultima volta, Luca Bianchini torna a Polignano e riprende a raccontarci la storia della famiglia Scagliusi, di Ninella con la sua tribù e della accogliente comunità polignanese che non si fa mai i fatti propri.

Le emozioni e i sentimenti non possono essere i medesimi di sette anni fa, ma queste nuove sensazioni sono altrettanto piacevoli e positive.

Durante il tempo non raccontato sono successe un sacco di cose. Ninella ha una tenera conoscenza con un architetto di Milano molto più giovane di lei, Chiara e Damiano hanno avuto una bambina pestifera che li comanda a bacchetta, sostenuta dalla nonna Scagliusi che la vizia comprandole tutto quello che la bambina possa desiderare.

Infine, quando don Mimì ha scoperto che donna Matilde, la moglie, lo cornifica con Pasqualino il tuttofare di casa, ha raccolto il proprio orgoglio e, con pochi stracci in una valigia, se ne è andato a vivere fuori dal suo palazzo che tutti in paese chiamano “il Petruzzelli”.

Proprio la stessa Matilde che ha lottato per tutta la vita con l’ombra di Ninella dietro le spalle, alla prima occasione ha buttato il marito fuori dalla porta come se fosse uno straccio vecchio per tirarsi in casa un rozzo tuttofare. Ma lo sappiamo tutti che l’amore è cieco!

In questo romanzo Bianchini finalmente può far si che la storia si concentri su quei due “ragazzi” ormai agée che sono Ninella e don Mimì che finalmente potrebbero amarsi apertamente ed alla luce del sole ma, come sempre nella vita, c’è qualcosa o qualcuno che si mette di traverso.

Don Mimì ritorna dunque da Ninella solo per trovarla impegnata in una relazione a distanza con una specie di toy-boy milanese. Viene quindi coinvolto da un amico in una serie di viaggi nelle città europee alla ricerca di situazioni piccanti e particolari che però poco divertono il nostro Mimì e lo lasciano parecchio deluso.

Lui è uno più da cose semplici inoltre ha passato tutta la sua vita ad occuparsi della coltivazione e vendita delle patate e proprio non ci riesce a diventare un viveur ed un tombeur de femme.

E così tra fare la spesa al supermercato o tuffarsi dalla scogliera in ricordo della spensieratezza di quando si era giovani, vediamo i due protagonisti di questo ennesimo racconto sbagliare, perdersi e rendersi conto dell’importanza di una persona solo quando si ha paura di perderla per sempre. E’ in questo momento che bisogna avere il coraggio di tornare indietro.

Lo faranno i due protagonisti oppure lasceranno che le loro vite li portino nuovamente alla deriva l’uno distante dall’altro ma, indissolubilmente legali l’uno all’altro?

Non c’è bisogno che vi parli dei personaggi perché l’arte affabulatoria di Bianchini è caratterizzata sempre dalla grande attenzione a non caricare eccessivamente le descrizioni dei personaggi o del contesto narrativo. Li abbiamo conosciuti due libri fa e oggi siamo ancora qua, seduti a tavola a festeggiare con loro.

Questo romanzo è la chiusura perfetta della storia anche perché si inizia a notare una certa stanchezza nel racconto; si intuisce la mancanza di quella freschezza che abbiamo respirato negli altri romanzi su Polignano.

E’ stato bello ritrovare tutta la banda e fare con loro un ultimo giro di valzer (anche se essendo in Puglia è più facile che fosse una taranta!), assaporare insieme dolci ricordi ma nel corso della lettura di questo romanzo, ci siamo tutti resi conto che siamo ai titoli di coda.

Come in quelle sere d’estate quando il vento increspa la pelle facendoci capire che tra poco tornerà il freddo, ci stringiamo ancora di più intorno al falò immaginato dal buon Luca Bianchini e solleviamo insieme i calici in un ultimo brindisi prima che la vita ci disperda come granelli di sabbia.

Libro consigliato.

Il nostro piccolo pazzo condominio

Il nostro piccolo pazzo condominio di Fran Cooper edito da Newton Compton Editori, prima edizione 2018.

Il libro che ci apprestiamo a conoscere può sembrare, a prima vista, un libricino leggero leggero, senza alcun peso specifico, una storiella morbida su cui sdraiarsi prima di andare a fare la nanna. Invece durante la lettura si scoprono angoli duri come pietre, gibbosità inaspettate che premono sulla nostra coscienza, molle che non molleggiano più dure come palle di piombo.

Il protagonista della nostra avventura è Edward che arriva a Parigi in una torrida giornata di giugno. A differenza di quello che si può pensare Edward non è a Parigi per turismo ma sta scappando dai propri incubi che non gli permettono di dormire bene dalla morte della sorella. Si trasferisce, temporaneamente, nell’appartamento vuoto di un’amica al numero 37 di Rive Gauche, una via anonima nella Parigi meno turistica che possiate immaginare.

Niente boulevard e luci romantiche ma un palazzo inquietante e pulsante dei segreti dei suoi inquilini. Tra queste mura c’è chi parla troppo e chi invece tace, chi gode della solitudine e chi anela una compagnia. Nel corso della narrazione conosceremo i vari condomini, come ad esempio, la madre sull’orlo di una crisi di nervi causato dal post partum, che deve riappropriarsi del suo ruolo di donna prima che del suo stesso corpo e soprattutto, dare un po’ di requie al suo cervello sempre intento a giudicarsi.

Edward attraverserà un percorso difficile durante la sua permanenza in questo condominio, un percorso accompagnato sempre da due ali di folla formata dai suoi condomini che lo aiuteranno nutrendosi della sua difficoltà, della sua gioventù e soprattutto del suo dolore. Questo cammino li lascerà tutti ripuliti, rinnovati come se tutte le loro anime e ansie fossero fresche di lavanderia.

Come anticipavo, questo romanzo fa riflettere attraverso questa rete di straordinaria umanità che è tangibile, nonostante ogni condòmino stia ben attento a rimanere perfettamente estraneo agli altri.

Le storie di questo romanzo potranno sembrare slegate tra loro ma, come affluenti minori di un fiume, irrimediabilmente si avvicinano sempre di più fino a fondersi in un unico flusso narrativo che presto ci verrà svelato e che ci permetterà di vedere compiutamente il progetto della sua autrice.

Proprio come nella vita reale, anche i personaggi di questo romanzo sono nascosti dentro se stessi. Come se fossero cipolle, quando togliamo una pelle ecco che se ne svela una nuova, sottostante che brilla nella sua epifania e chiede di essere raccontata.

Chiaro è l’intento dell’autrice di comunicarci il suo punto di vista; la sua ricetta per trovare la soluzione dei problemi di tutte queste persone. L’amore; ma non la passione bruciante di certi romanzi ma quel calore dolce e costante che accarezza i nostri cuori affannati.

La trama risulta indubbiamente avvincente anche perché il personaggio di Edward non è anche che quel giovane che tutti noi siamo stati, e che continua a vivere nel nostro profondo. La nostra anima quindi, più che il nostro cervello, seguirà Edward nel suo peregrinare, nel suo innamorarsi, nel suo conoscere e disconoscere, nel suo affascinarsi e crescere.

Le porte degli appartamenti si apriranno via via al suo tocco, alcune solo di pochi centimetri altre si squaderneranno davanti a lui mettendo a nudo tutto ciò che si trova al loro interno.

Lettura semplice ma profonda; indubbiamente consigliata!

Marcovaldo

Marcovaldo di Italo Calvino, edito da Mondadori prima edizione 1963.

Il titolo completo di quest’opera di Calvino è “Marcovaldo ovvero le stagioni in città”.Le “stagioni” perché i racconti sono divisi nelle quattro stagioni come se l’autore ripercorresse un anno intero con il suo protagonista.

Si tratta della raccolta di venti racconti ambientati in una città che io, e probabilmente solo io, identifico in Torino, il cui protagonista, Marcovaldo appunto, è un manovale con problemi economici che male si è adattato alla vita di città; infatti spesso nel corso delle sue avventure lo vedremo rincorrere una naturalità che ormai non può più avere.

Il nostro protagonista ha ovviamente una famiglia formata dalla moglie Domitilla, e numerosi figli. Come ogni buon padre di famiglia Marcovaldo si spezza la schiena nel tentativo di dare alla sua famiglia un tenore di vita migliore possibile, ma tutti i suoi stratagemmi per fare un piccolo salto in avanti vengono frustrati dalla sorte sempre avversa.

Prova ne sia, ad esempio, il primo racconto dove il protagonista scopre, andando al lavoro, dei funghi che iniziano a crescere. Ci lascia il cuore su quei funghi; li copre perché nessuno li veda e la mattina dopo gioisce del fatto che siano cresciuti effettivamente. Il primo giorno libero va con i bambini a coglierli e tutto sembra filare liscio una volta tanto ma, quello che Marcovaldo non ha messo in conto è che la vita di un povero Cristo non cambia mai e, sempre povero Cristo rimane.

Ovviamente non ho alcuna intenzione di riassumere tutti e venti gli episodi ma di un’altro, che io trovo il più divertente in assoluto, mi sento obbligato a parlare.

Si tratta del racconto intitolato “Marcovaldo al supermarket”. In questa avventura tratta dalla stagione “inverno” vediamo il protagonista e la sua famiglia alle prese con il supermarket; le sue luci, le sue musiche, i suoi profumi. Nonostante non ci siano i soldi la famigliola decide di fare visita al grande negozio tanto per provare l’ebrezza di essere come tutti gli altri; e proprio per finzione Marcovaldo prende un carrello e inizia a mettere i vari prodotti che desidererebbe acquistare. Il progetto originale prevederebbe che per un prodotto messo nel carrello uno venga riportato sullo scaffale ma, ben presto capirà che è una battaglia persa. All’improvviso si accorge che le corsie sono terminate e che lo aspetta la lunga schiera di casse, e soprattutto, da ogni corsia esce un membro della sua famiglia con un carrello stracolmo di ogni ben di dio. Il finale è comico e al contempo tragico.

Caratteristica tipica di Calvino è quella di raccontare il meno possibile della fisicità dei personaggi o delle ambientazioni. Anche in queste opere le descrizioni degli attori e delle scene sono ridotte al minimo possibile, lasciando dunque alla fantasia del lettore il compito di riempire gli spazi, di abbellire ed arricchire le scenografie come meglio aggrada.

Come tutta l’opera di Calvino, anche questa raccolta di racconti può apparire “infantile” e dedicata al pubblico più giovane ed invece io ritengo che proprio l’infantilità di Marcovaldo e lo stile semplice e lineare della scrittura facciano di tutte le opere di questo autore, e di Marcovaldo in particolare, un opera aperta a tutti, giovani, adulti e anziani che abbiano il coraggio di mettersi in gioco.

Sì, ritengo che ci voglia coraggio a prendere in mano un libro così apparentemente semplice che invece nasconde una profondità difficile da sopportare. Insieme al “Piccolo Principe” di Saint Exupéry, questo libricino è tra le opere maggiormente complesse che io abbia mai affrontato.

Complessa perché si è facilmente tentati di fermarsi alla semplice lettura del testo, ma se si intraprende una analisi più approfondita si scopre un mondo di sottesi, di problematiche appena accennate che portano la nostra riflessione molto in profondità. Nulla vieta di leggere le avventure di Marcovaldo come semplici storie ma, così facendo, ci perderemmo tutto il sottile lavoro di ricamo fatto da Calvino nello scrivere questo bellissimo testo.

Libro fortissimamente consigliato.