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Gran circo Taddei e altre storie di Vigàta

Gran circo Taddei e altre storie di Vigàta di Andrea Camilleri edito da Sellerio editore Palermo – prima edizione 2011.

In questo libro il genio di Camilleri si esplica in 8 racconti brevi, tutti ambientati nella Vigàta dell’epoca fascista. Cercherò di darvene un senso senza togliervi il gusto della lettura.

Il primo racconto si intitola “La congiura” e vi si raccontano le imprese di un sarto della premiata sartoria palermitana “Stella di Pizzo” che giunge nella città per rifare il guardaroba alle signore delle alte gerarchie fasciste e che invece si ritrova coinvolto (neanche tanto suo malgrado) nelle beghe e nelle lotte intestine alla sezione femminile fascista della città.

Si prosegue con “Regali di Natale” nel quale si racconta come in Vigàta sussistono pacificamente alcuni circoli dove si giocava a carte ovviamente d’azzardo! Il circolo Famiglia & Democrazia è frequentato dal fior fiore della città ed è molto difficile entrarci tranne nel periodo tra il venti dicembre e il primo di gennaio; durante questo tempo infatti ogni socio può presentare al circolo uno o più amici(per i quali garantisce) che pagando una quota diventavano soci avventizi. Proprio uno di questi avventizi è il vero cuore di questo racconto, un uomo ricco e temuto da tutti. Il suo ingresso nel circolo sarà molto doloroso per i soci nella notte della vigilia di Natale.

Segue “Il merlo parlante” in cui vengono raccontate le disavventure di un uomo (Ninuzzo Laganà) che cerca una donna per poterla sposare. Ha le idee molto chiare su quale tipo di donna voglia e su quali caratteristiche deve avere. Trova queste cose in Daniela una ragazza che è “una stampa e una figura” con ciò che vuole Ninuzzo. Inoltre viene recapitato in ufficio un merlo indiano che genera una serie di situazioni che porteranno Ninuzzo a capire quanto si sia sbagliato nel giudicare Daniela.

Il racconto successivo è quello che da il titolo a tutto il libro “Gran circo Taddei”; Vi si racconta di quella volta in cui a Vigàta giunse il circo e di come questo abbia emozionato i vigatesi per le meravigliose esibizioni degli artisti e di come la presenza di un leone abbia stimolato la fantasia di un giovane desideroso di ereditare l’immensa fortuna della zia con cui vive, e del tentativo, effettuato da questi con la collaborazione di tre sorelle che sono le figlie del proprietario del circo, di entrare finalmente in possesso dell’eredità.

Si prosegue col racconto “La fine della missione” nel quale viene dipanata la storia dell’avvocato Totino Mascarà, della sua vita e del suo totale disinteresse verso l’amore e l’altro sesso e di come questo fatto abbia generato la diceria che “a Totino il fucile non funziona”…ma sarà poi vero?

Si incontra poi il racconto “Un giro in giostra” nel quale si analizza la sfortuna di un professore che la vita colpisce più volte. Una prima volta alla morte di suo padre quando sua madre si deve inventare un modo per poter dare qualcosa da mangiare al figlio; dopo le seconde nozze della madre con un ricco signore,la vita colpire di nuovo quando a causa di un incidente entrambi i genitori muoiono ma Nito non può ereditare per l’opposizione della sorella del secondo marito, ma soprattutto sarà sui sentimenti che Nito patirà la sua peggiore debacle!

“La trovatura” è il racconto che segue; vi si racconta di quella volta in cui a Vigàta giunse una maga chiromante e chiaroveggente che cerca di guadagnare qualche lira grazie alla creduloneria dei vigatesi. Pur essendo una cialtrona la maga però ha un cuore molto grande e prova ad aiutare le persone che si rivolgono a lei talvolta inventandosi false predizioni. Proprio da una di queste predizioni, fatte per buon cuore, nascono una serie di eventi che porteranno grande scompiglio nella vita di lei e di alcuni abitanti.

L’ultimo racconto si chiama “La rivelazione” e racconta del lento riprendere della vita nella città di Vigàta nei mesi successivi allo sbarco degli americani e della conseguente liberazione dal giogo fascista. Nella gioia di quei giorni però si affaccia un problema; il previsto ritorno dal confino di Luici Prestìa “comunista arraggiato”, viene sistematicamente rimandato in quanto questìultimo si fa arrestare ogni qual volta termina di scontare la sua pena. Nella sezione di Vigàta del Partito Comunista si comincia a discutere sul perchè di questo comportamento e si giunge alla decisione di mandare un iscritto a parlare con il Prestìa in modo da capire cosa gli stia passando per la testa. La rivelazione che Prestìa fa sarà sconvolgente e al tempo stesso genererà delle “grosse risate”.

Tutti i racconti hanno uno sviluppo che non ho voluto raccontare ovviamente per non togliere al lettore il gusto della scoperta, ma vi assicuro che ognuno di essi un finale imprevisto e, alcune volte, divertente.

Inutile dire che la lingua parlata è il dialetto siciliano che ormai caratterizza molti degli scritti di Camilleri; quel dialetto che anche noi, non avvezzi, abbiamo imparato a comprendere ed amare.

Pur trattandosi di racconti, e quindi avendo necessità di essere brevi e concisi, i personaggi e le loro psicologie sono ben disegnati, ciò dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto l’amore per la letteratura e la fantasia possano aiutare a creare uno scritto non banale nè noioso.

Se vi piace Camilleri, anche senza Montalbano, allora questo è un libro che certamente amerete tanto quanto l’ho amato io.

XY

XY di Sandro Veronesi edito da Fandango Libri – prima edizione 2010.

…sarà durissima creare questo post, perché il libro è veramente complesso!

Dunque, andiamo per ordine; personaggi e interpreti: Un prete, una psicologa, undici cadaveri, un paese nell’alto Trentino che si chiama San Giuda, i pochi abitanti del paese e un assassino o una serie di assassini.

Alla psicologa, che per la cronaca si chiama Giovanna Gassion, dopo quindici anni si riapre una ferita ad un dito – ferita che si era procurata per una sua disattenzione nel tagliare il pane necessario per la colazione prima di una gara di sci talmente importante che avrebbe potuto aprirle la strada per la nazionale di sci; contemporaneamente nel bosco che divide il comune di San Giuda da quello di Serpentina undici persone vengono brutalmente uccise; il prete, che al secolo si chiama don Ermete, è tra i primi ad accorrere ed ovviamente l’immagine della carneficina si imprime indelebilmente nella sua memoria e nei suoi incubi. Vengono chiamati gli inquirenti che fanno il loro lavoro.

Alcuni dei morti erano abitanti del paesino e questa tragedia fa si che i pochi abitanti di San Giuda inizino un percorso che li porta lentamente, ma inesorabilmente, alla follia; Il sacerdote chiede alla psicologa di trasferirsi al paese (nella canonica insieme a lui, con tutto il correre di voci che questo genera) per aiutarlo a risolvere i problemi psicologici che si sono sviluppati nei suoi paesani.

Il rapporto tra il prete e la dottoressa procede lentamente; le due persone si scambiano le impressioni sugli abitanti del paese. Si raccontano le loro vite, i loro casini, le loro paure (non pensate a nulla di sessuale… rimarreste delusi.)

Il fulcro del libro, che inizialmente ruota sulle conseguenze degli omicidi, sulle relazioni tra le persone e sugli aspetti psicologici dei loro rapporti, con il procedere della narrazione si sposta dai morti e dalle indagini alle teorie psicologiche sulla elaborazione del dolore, sulla elaborazione del lutto, sulla schizofrenia, e sui disturbi mentali di cui soffrono i vari abitanti del paese.

Le teorie vengono spiegate in maniera chiara ma non noiosa e quindi la lettura del libro risulta essere scorrevole e interessante.

I personaggi e le loro psicologie sono ben narrate al punto che sembra quasi di vedere dall’alto gli attori muoversi nei loro rispettivi ruoli come se si godesse della prospettiva “di Dio”.

Deve essere stato molto difficile per l’autore raccontare così chiaramente tutti le deviazioni psicologiche dei vari personaggi. Indubbiamente si tratta di un libro più mentale che fisico tanto è vero che la parte relativa agli omicidi, che sono la causa di tutto questo sconvolgimento, ad un certo punto diventa secondaria mentre acquista sempre maggiore rilievo la descrizione dei vari stati psichici di tutti gli attori di questa immane tragedia.

Ovviamente, come tutte le indagini, anche quella della tragedia di San Giuda giunge ad una soluzione che non anticipo per non togliere al lettore il gusto della scoperta e della lettura stessa ma, di sicuro, è una soluzione-ponte che serve solo a traghettare il lettore nella condizione di iniziare una riflessione profonda sui cambiamenti mentali che le tragedie ed il lutto portano alla nostra vita.

Ottima l’idea di far raccontare ai due attori principali la loro versione dei fatti in maniera indipendente (quasi se ognuno di essi stesse scrivendo un proprio diario) e soltanto alla fine le due voci narrative si fondano per arrivare al cuore vero della storia.

Libro abbastanza difficile ma sicuramente una lettura consigliata.

Il profumo delle foglie di limone

Il profumo delle foglie di limone di Clara Sànchez edito da Garzanti – prima edizione 2011. 

Sono in imbarazzo a scrivere di questo romanzo perché non mi è piaciuto proprio. Nonostante sia stato osannato dalla critica e molto pubblicizzato dalla casa editrice devo ammettere che ho trovato questo libro noioso, inutile, banale, senza trama e anche scritto male. 

Forse è la formula che ha usato l’autrice che non mi piace. Ci sono due voci narranti nel romanzo ed ogni evento viene fatto raccontare da entrambi in una specie di coro alternato. Questo aiuta a comprendere come gli accadimenti possano essere visti in maniera differente dai due attori, ma onestamente rende il libro ripetitivo e noioso. 

Ammetto che il tema raccontato nel libro sia interessante; infatti raccontare di come vivano gli ex nazisti nella società contemporanea, nascondendosi e creandosi una nuova vita e nuovi legami sociali può essere valido ma, l’autrice in questo testo tratta l’argomento solo di sfuggita senza mai addentrarsi in quelle meccaniche psicologiche che sarebbe stato importante analizzare. 

Tutto il libro ruota intorno a due personaggi principali: Sandra è una trentenne in crisi, incinta, che è “scappata” da casa per affrontare serenamente la sua maternità, che fugge anche dal rapporto con il padre del bambino perché non ritiene l’uomo adatto a lei e non si sente sufficientemente innamorata; e Julian un anziano pensionato con una salute cagionevole che si mette di nuovo in caccia degli ex nazisti, che si nascondono nel paese, quando il suo amico Salva gli invia una lettera in cui gli comunica di averne trovati alcuni. 

Sandra entra involontariamente in contatto con la coppia di criminali nazisti che si sono distinti, nel passato, per la loro ferocia ma che agli occhi della ragazza sembrano tanto buoni e gentili; Questi si prendono cura di lei quando si sente male sulla spiaggia e da quel momento Sandra entra in confidenza con loro che la attirano nella loro rete. Sarà compito di Julian mettere la ragazza in guardia dai due vecchietti ma questo non le impedirà di infilarsi (di sua spontanea volontà) in una situazione potenzialmente pericolosa. 

Questa prima parte del libro non è poi malissimo, ma da questo momento in avanti il libro non avanza e non indietreggia; le posizioni rimangono congelate e tutti i protagonisti sembrano ballare un minuetto che non porta a nessuno sviluppo. 

Anche le descrizioni dei luoghi o degli attori di questa storia sono lacunose. Non si riesce ad immaginarsi i personaggi; non vengono date sufficienti descrizioni dei luoghi nonostante la storia si dipani in Costa Blanca con i suoi magnifici panorami.

Conseguentemente il finale è piatto e prevedibile. 

In fondo in questo libro manca un po’ di brivido, di suspance e di quell’adrenalina che fa si che il libro intrighi ed interessi, in modo da giungere al finale con quell’ansia e quella tensione che tanto affascinano il mio animo di lettore. 

L’autrice, nella veloce intervista pubblicata al temine del libro, viene definita come una appassionata di psicologia; peccato però che, nel libro che ha composto la psicologia dei personaggi sia completamente assente. Sarebbe stato bello leggere del rapporto tra i due nazisti, di cosa pensavano di questa ragazza e di quali piani provassero a portare avanti, e invece nel libro si dice che il marito è succube della moglie e che forse la ama davvero, ma oltre non è dato sapere. 

Sempre nell’intervista l’autrice scrive che l’argomento del libro sia “la paura” e come ognuno di noi la affronti in maniera differente. Per fortuna che ce lo ha fatto sapere, perchè nel libro anche di questo non vi è traccia. 

In conclusione, assolutamente un libro NON consigliato.

Il lago dei sogni

Il lago dei sogni di Salvatore Niffoi edito da Adelphi – prima edizione 2011.

E’ impresa ardua scrivere di questo libro; impresa che fa tremare vene e i polsi. Perchè è un libro che va in tantissime direzioni senza prediligerne una sola. E’ un libro che racconta la storia di una intera comunità, un intero paese (Melagravida) più che di una sola persona anche se una vera protagonista c’è: Itria Nilis “conosciuta a Melagravida e nel circondario col nomignolo di Panedda per via delle sue carni morbide e bianche come il latte appena cagliato”.

Niffoi ci racconta una nuova favola dove i protagonisti girano intorno ad una innominabile sventura, quella di aver perduto la capacità di sognare; era accaduto in un giorno d’estate quando “l’aria era chiara e tirata come la pancia di una lucertola. Tutti gli abitanti di Melagravida sentirono distintamente un boato salire dalla gola di Matzalocos verso il monte Tumbacanes. […] I sogni si erano messi a correre all’improvviso impauriti, inseguiti dall’alito caldo del vento che li spingeva lontani, verso la montagna, oltre le nuvole gonfie di scuro che bollivano come il mosto che fermenta. Sogni veloci come cani cacciati a sassate, con la lingua di fuori, che leccano, abbaiano, e mordono, prima di trovare un posto sicuro dove rifugiarsi”.

Nel paese dunque non si sogna più ma d’improvviso è proprio Itria Panedda Nilis che, per prima, ricomincia a sognare seguita pian piano da tutto il paese. Sembra quasi che la ritrovata capacità di sognare dei paesani corrisponda ad una rinnovata voglia di vivere ed ecco che Niffoi si impadronisce delle storie, delle leggende e delle cattive abitudini degli abitanti di Melagravida (che nome straordinarimente evocativo), e inizia a raccontarcele con la sua incredibile capacità affabulatoria in un dialetto come quello sardo ricco di angolature e forte come un bicchiere di “filuferru”.

Non c’è molto altro da dire in quanto non è il classico romanzo che si sviluppa attorno ad un’idea centrale bensì è una raccolta di storie che contengono ognuna una morale che spetta al lettore interpretare. Tante storie quante sono gli abitanti di questo paesino; tante storie quante sono le idee che percorrono le menti degli uomini; tante storie che si intrecciano tra loro dando vita a nuove favole, nuove avventure, nuove esperienze che di certo il buon Niffoi sarà in grado di raccontarci nei prossimi romanzi che scriverà, e che io attendo con grande ansia.

 

Instant Love

Instant Love di Luca Bianchini edito da Mondadori  – prima edizione 2003.

Comincio ringraziando l’amico C. P. che me lo ha consigliato.

In questo libro ci sono tre personaggi principali (in rigoroso ordine alfabetico) Daniele, Rocco e Viola che diventano amici (ma sarà poi vero????) ed una ridda di personaggi minori (fortissima la zia Irvana).

A Daniele non manca nulla, Rocco è un ragazzo quasi qualunque (che però è straordinario) e Viola è una bella universitaria amante della cucina e delle scarpe con i tacchi!

Si incontrano un giorno in treno e tra loro inizia un rapporto bislacco. Si crea una interdipendenza molto strana tra i personaggi, un rapporto molto particolare, una soluzione estrema e per certi versi paradossale, in cui i confini sono sfumati, le identità confuse, l’orientamento perduto.

L’unico moodo di andare avanti è sperimentare, sperando di arrivare prima o poi ad una migliore, anche se faticosa, presa di coscienza della realtà. Imparare a volare senza rete e senza ali. Una storia raccontata con ironia e leggerezza, che sorprende per la magia con cui si forma, i profumi che lascia e quel senso di precarietà di cui non si può fare a meno.

Ammetto che all’inizio avevo qualche pregiudizio su questo libro e le prime pagine mi avevano confermato nella mia convinzione che fosse un libro adolescenziale (un po’ alla Moccia tanto per essere chiaro) ma poi, proseguendo nella lettura, i personaggi hanno cominciato a farsi più complessi rivelando profili psicologici molto interessanti.

Un libro in cui il finale non è tanto importante quanto tutta la “strada” percorsa dai vari personaggi (principali e secondari) per raggiungere quella maturità necessaria ad affrontare le nuove sfide della vita. Quasi un rito di passaggio che trasforma i vari attori da gaudenti adolescenti ad adulti consapevoli.

La zattera di pietra

“La zattera di pietra” di Josè Saramago edito da Einaudi  – prima edizione 1986.

Cosa succederebbe se all’improvviso e senza alcuna avvisaglia la Spagna si staccasse dall’Europa proprio come si spacca un cracker lungo la perforazione? Questo è quello che accade all’inizio di questo libro bellissimo. Difficile, ma bellissimo.

La penisola Iberica diventa così una “zattera di pietra”, che inizia ad errare nell’Oceano Atlantico, alla ricerca di un nuovo destino o di una nuova posizione all’interno dello scacchiere del mondo. Parallelamente alla navigazione della terra inizia la navigazione di quattro personaggi sconosciuti tra loro, ma che la vita e il peregrinare renderà molto unite. Ognuna di queste persone ha una particolarità. Una di loro traccia con un bastone una riga per terra e questa diventa permanente, nel senso che anche se viene cancellata o bagnata affinchè scompaia, riappare poi come se si trattasse di magia; c’è un uomo che sente il tremolio continuo della terra (come se fosse la vibrazione del motore che gira al minimo!); una persona che riesce a sollevare una pietra pesantissima e a lanciarla lontanissimo…e tra loro c’è anche un cane.

Con la scusa di raccontare la navigazione dell’intera penisola (ma a questo punto sarebbe meglio chiamarla isola), Saramago ci racconta la navigazione dello spirito umano nella vita, alla ricerca di quel porto felice che è la realizzazione di ogni uomo.

Libro di prodigi, di tremori terrestri, di imprevedibili magie, di presagi demoniaci e di spunti ecologici “La zattera di pietra” accompagna il lettore nel lungo viaggio all’interno dei rapporti umani, del loro sorgere e del loro tramontare; della nascita dell’amicizia e dell’amore ma anche del loro finire (a volte tragico).

Libro di grande intensa analisi psicologica “La zattera di pietra” è uno di quei libri che fai fatica mentre lo leggi, ma che quando lo hai terminato ti manca, come il sole manca all’alba.

Il sorriso di Angelica

“Il sorriso di Angelica” di Andrea Camilleri edito da Sellerio – prima edizione 2010.

…l’ennesima avventura di Montalbano; l’ennesima vittoria di Camilleri.

Ho perso il conto di quanti libri di Camilleri con protagonista Montalbano ho letto; probabilmente tutti! eppure anche in questo libro non c’è traccia di stanchezza nè in chi li scrive (probabilmente Camilleri si è triturato i “cabbasisi” di Montalbano) nè in chi li legge (proprio come me).

L’istinto “sbirresco” di Montalbano si attiva quando iniziano ad accadere una serie di furti molto strani. Tutti i furti hanno due momenti ben distinti; Quando i proprietari sono nella casa di vacanza vengono addormentati con lo spray e vengono rubate solo le chiavi della casa di città che viene poi rapinata in un secondo momento ma sempre nel corso della stessa notte. Solo questi secondi furti fruttano un bel bottino; infatti i rapinati sono proprietari di beni di grande valore.

Montalbano sente puzza di bruciato in questi furti e nel corso della sua indagine entra in contatto (!) con la bella Angelica che lo riporta ai tempi delle cotte adolescenziali e la cui bellezza fa sì che Montalbano usi, nei suoi pensieri (neanche troppo puliti), i versi de “L’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto e della poesia “Adolescente” di Vincenzo Cardarelli. Inoltre Montalbano viene sfidato dal capo della banda che gli preannuncia l’ultimo furto aggiungendo che non sarà mai capace di comprendere il perchè di quel furto nè dove avverrà.

L’indagine prosegue e sembra non approdare a nulla anche perchè Montalbano decide di nascondere il segreto che gli rivela Angelica e invece piano piano i pezzi del puzzle vanno al loro posto e, l’istinto di Montalbano approda felicemente alla riva della soluzione.

Il bello di questa nuova avventura (come di tutte le precedenti) si trova non tanto nella trama quanto nella familiarità dei personaggi (la perspicacia di Montalbano, la logica stringente di Fazio, l’amicizia coadiuvante di Augello oltre allo straodinariamente macchiettistico Catarella, e di tutti gli altri); nella capacità di Camilleri di raccontarci la sua meravigliosa terra, nel farci sentire i profumi e i sapori della sua Sicilia ma soprattutto nella musicalità meravigliosa di un dialetto difficilissimo eppure così comprensibile una volta lette solo poche pagine.

Consigliatissimo!

 

I terribili segreti di Maxwell Sim

I terribili segreti di Maxwell Sim” di Jonathan Coe edito da Feltrinelli  – prima edizione 2010.

Adoro Coe, ma gli ultimi libri mi avevano un pò deluso… invece questa nuova fatica è veramente straordinaria. E’ un libro che prende perchè in ogni pagina c’è una nuova sorpresa… bhe andiamo con ordine.

Maxwell Sim è un uomo di 48 anni che vede la sua vita messa a soqquadro dal recente divorzio dalla moglie e dalla partenza di lei e della loro figlia per un’altra città.

Questo evento fa si che Maxwell si infili in un tunnel buio e freddo chiamato depressione che lo porta a chiedere una sospensione dal lavoro nel grande centro commerciale e a rimettere in gioco tutta la sua vita.

Mentre si trova a Sidney per fare visita al padre, con il quale non ha mai avuto un rapporto vero e sincero, si reca in un ristorante sul molo e vede una donna cinese che gioca a carte con la figlia e invidia il loro rapporto sincero e amorevole; questa visione spinge Maxwell ad analizzare la sua vita alla ricerca del momento in cui ha cominciato a deragliare.

Tornato in Inghilterra accetta il posto di lavoro di commesso viaggiatore di una nuova società che produce spazzolini da denti ecocompatibili; si mette in macchina con mente aperta e le migliori intenzioni e durante la sua prima missione inizia a rimuginare sui suoi ricordi di infanzia che, sistemandosi come i pezzi di un puzzle, gli permetteranno di vedere l’immagine della sua vita.

Ben presto si accorge che il viaggio prende una direzione più seria che lo porta nei luoghi più remoti delle isole britanniche ma, soprattutto nei più profondi e bui recessi del suo passato.

Nel corso del suo viaggio incontrerà “vecchie” un pò suonate che se la prendono con le multinazionali, amiche con cui avrebbe potuto avere relazioni d’amore, donne cinesi straordinariamente attraenti e anche un nuovo equilibrio per la sua psiche.

Soprattutto scoprirà che la sua vita è sempre stata piena di tanti segreti e che tutte le persone della sua vita gli hanno raccontato una strana storia che solo ora, scoprendo tutti i segreti degli altri e anche i suoi, inizia finalmente ad avere un senso.

Si potrebbe quasi dire che questo libro di Coe sia un viaggio metaforico alla ricerca del proprio io più profondo, fatto da un uomo qualunque che scopre di non essere poi così uguale agli altri.

 

Il libro delle anime

Il libro delle anime di Glenn Cooper edito da EditriceNord, prima edizione 2010.

Questo è un libro che parla di un libro; il libro a cui ci si riferisce è stato scritto nel 1297 da innumerevoli scrivani coi capelli rossi e gli occhi verdi forse toccati dalla grazia divina, forse dal tocco del diavolo. E’ un libro strano perchè non è né un saggio, né un romanzo. In realtà il libro fa parte di una biblioteca molto più grande formata da un’infinità di volumi in cui sono contenuti il nome e la data di nascita e di morte di tutti gli uomini vissuti dall’VIII secolo in poi.

Questa biblioteca è stata ritrovata ed è ora segretamente ospitata nella famigerata Area 51 ma un volume è stato trafugato e rispunta fuori ad un’asta scatenando immediatamente una battaglia tra lo sconosciuto ma molto agguerrito Club 2027 e il capo della sicurezza dell’Area 51.  Quando il libro viene assegnato al Club 2027 la CIA, il Pentagono e l’FBI si mettono in moto per recuperare quel testo, perchè questa falla nella sicurezza dell’Area 51 mette a repentaglio l’operazione Helping Hand che deve partire entro pochissimi giorni.

Ovviamente non vi racconto come va a finire; però diciamo che se l’idea del libro è sicuramente interessante lo svolgimento della trama è abbastanza banale e anche i supposti colpi di scena si rivelano essere abbastanza inutili. Ammetto che non mi è particolarmente piaciuto, senza infamia e senza lode.

Glenn Cooper sa sicuramente come si scrive ma questo romanzo non ha spunti, nè idee, non è particolarmente interessante. Non voglio dire che sia noioso anzi la lettura è sicuramente scorrevole ma manca dei grandi colpi di scena o della suspance di Wilbur Smith.

Questo volume segue il precedente “La biblioteca dei morti” ma non è necessario aver letto il primo per poter poi leggere questo, anche se i riferimenti sono parecchi.

I promessi sposi

I promessi sposi di Alessandro Manzoni pubblicato in una infinità di edizioni sia scolastiche che generiche. Prima edizione 1827 e poi rivisto dall’autore e ripubblicato in versione definitiva tra il 1840 e il 1841.

E’ un romanzo storico ambientato in Lombardia tra il 1628 e il 1630 i cui protagonisti “principali” sono un tal giovanotto appellato Renzo Tramaglino e una giovine timorata di Dio chiamata Lucia Mondella che sono promessi sposi appunto ma che, per una serie di vicissitudini, convoleranno a nozze solo con quasi 3 anni di ritardo. Nella prima versione il nome del protagonista maschile è però Fermo.

Ne avevo letto alcuni passaggi nei tempi andati delle scuole superiori e non mi era particolarmente piaciuto (anche perchè le cose imposte non sono mai gradite) ed ero timoroso di riprenderne la lettura perchè mi ricordavo le fatiche per concentrare la mia attenzione sul modo di scrivere e sulla storia che ne veniva raccontata; invece devo ammettere che, tranne alcuni passaggi dove il Manzoni si sofferma a raccontare delle “grida”, della condizione di Milano durante la peste, del comportamento delle varie signorie, non è stata una lettura ne noiosa ne difficoltosa.

Non starò qua a tediarvi con una storia che è arcinota ma concentrerò la mia attenzione su alcuni personaggi e sulle emozioni e sensazioni che ho avuto nel corso di questa lettura.

Renzo Tramaglino: che dire del povero Renzo? E’ lavoratore della seta e contadino, che si trova impelagato in una condizione assolutamente lontana dal suo immaginario per colpa di un signorotto spavaldo e smargiasso; Cerca di opporvisi per quanto è in suo potere ma una volta compreso che l’impresa è troppo ardua si china, come fa il grano quando il vento lo attraversa, alle volontà superiori alla sua aspettando che passi la bufera.

Lucia Mondella: è la classica brava ragazza dell’epoca tutta casa e chiesa che si trova insidiata dal desiderio di concupiscenza del signorotto che vorrebbe togliersi con lei la voglia. Si abbandona passivamente alla preghiera e alla sua fede nella Madonna; allucinante ai miei occhi di uomo moderno il suo incontro con l’Innominato dove l’unica cosa che riesce a fare è pregarlo, per “l’amor di Dio”, di desistere dal suo proposito. Tutta la sua narrazione è composta di occhi bassi, di testa china, di preghiera e di riserbo. Insomma una persona di una noia mortale.

Don Abbondio: il parroco del paese che si spaventa per ogni cosa. L’incontro con i bravi di don Rodrigo lo mette in un tale stato di agitazione che rimarrà presente per tutta la narrazione. Un uomo senza spina dorsale che si lascia guidare più dalla sua paura che dal suo mandato apostolico come giustamente gli ricorda il Cardinal Federigo quando lo riprende per il suo mancato matrimonio di Renzo e Lucia.

Cardinal Federigo: è l’Arcivescovo di Milano, nipote di San Carlo Borromeo e a sua volta in odore di santità a detta del popolo che lo ha conosciuto e amato soprattutto per le moltissime azioni caritatevoli fatte a favore dei più poveri; nel romanzo si trovano svariati aneddoti sulla sua carità cristiana e sul suo privarsi del superfluo per dare al popolo il necessario (situazione non consueta a quell’epoca).

Ci sono poi alcune considerazioni che vorrei trarre pur non avendo io alcun titolo per farlo. Innanzi tutto i personaggi sono tutti dannatamente buoni; Renzo, Lucia, Perpetua, Agnese, padre Cristoforo sono tutti di una bontà sconfortante. Nonostante sembra che la vita si accanisca contro di loro, dalle loro bocche non esce mai una parola di disperazione; la cosa che più si avvicina è la preghiera alla Madonna con relativo voto di castità che Lucia fa la notte che è prigioniera nel castello dell’Innominato.

L’innominato poi è un trionfo di bontà; dipinto prima come un brutto ceffo, abile nel far del male alla gente e nell’ottenere tutto quello che voglia con i mezzi meno leciti, rapisce Lucia e, quando questa lo prega di lasciarla libera, ha una conversione talmente repentina da lasciare esterreffatti. Concordo che il libro è dedicato alla bontà, alla mitezza ma soprattutto alla provvidenza divina, ma questa conversione immediata è veramente incredibile. Questa sua conversione ne fa quindi un personaggio melenso e stucchevole che però fa il gioco del Manzoni.

Questo libro è stato scritto con un intento ben preciso da Manzoni, quasi con una “missione”; quella di raccontare l’importanza della provvidenza divina; inoltre l’autore lo scrive nel periodo della sua vita in cui maggiormente era preso dalla fede cristiana e quindi si capisce chiaramente l’intento che l’autore ha messo nello scriverlo.

Non mi è spiaciuto leggere questo romanzo storico e di formazione; non nego però che di fronte a certe scelte dell’autore, a certi escamotages utilizzati e a certa facilità di perdonare il male ricevuto, non mi sia venuto a volte da sorridere.

Concludo con la frase usata dal Manzoni per chiudere la sua opera: “… se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta[…]. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.”.